Precedente capitolo:
Viaggi onirici (10)
Prosegue in:
Viaggi onirici: l'albero (12)
Da tre giorni ormai, di prima mattina, con la mente lucida e desta….,
ho una ‘visione’ che non va affatto confusa con un sogno o con una qualsiasi
fantasticheria.
Prima non sospettavo affatto che potesse esistere qualcosa oltre la
veglia e il sogno, oltre il sonno profondo e l’allucinazione; un quinto stato,
inspiegabile: una visione di processi immaginali che non hanno alcun rapporto
con la Terra.
Tale ‘visione’ fu completamente diversa da quella che ebbi nella Torre,
osservando il cristallo di carbone di Bartlett. Per quanto sono in grado di
giudicare è stata una profezia in simboli.
Vidi una collina verde e subito mi accorsi che era Gladhill, la collina
della mia stirpe, superba e ridente come appare nello stemma dei Dee. Nessuna
spada d’argento, però, vi era infissa; come nell’altro campo dello stemma,
dalla sua rotonda sommità si levava invece un albero
verde, ai piedi del quale sgorgava una fonte d’acqua perenne che
scorreva allegramente verso il basso.
Questa ‘visione’ mi rallegrò, e dalla vasta pianura brumosa in cui mi
trovavo mi diressi verso la collina per dissetarmi all’antica fonte della mia
stirpe. Mi meravigliai di percepire tutto ciò come reale e al contempo come
immagine simbolica. E mentre salivo su per la collina, d’un tratto riconobbi
con una bruciante chiarezza interiore di essere io stesso l’albero sulla collina: con il
tronco, che era il mio midollo spinale, volevo levarmi fino al Cielo, e
attraverso i rami e le fronde – ramificazioni visibili dei miei nervi e delle
mie vene – mi espandevo nell’aria.
… E sentivo le linfe e i moti del sangue e della gioia pulsare in
quell’albero di vene e di nervi che avevo dinanzi e al contempo divenivo
cosciente di me stesso in Lui, con orgoglio.
La fonte argentea che sgorgava ai miei piedi rispecchiava poi,
all’infinito, i miei figli e i figli dei miei figli, quasi essi scendessero dal
futuro per partecipare alla celebrazione di un’imminente, e tuttavia sin d’ora
effettiva, resurrezione nella Vita
Eterna.
Ciascuno di loro aveva un volto diverso, ma tutti mi rassomigliavano (Eretici morti per mano violenta di
un Obsessos…. Morti al rogo dell’ignoranza e dell’ingiustizia….); sicché ero io – così mi
parve – colui che imprimeva su di loro il suggello della nostra stirpe in modo
da preservarli per sempre dalla morte destinata loro per mano violenta dell’Inquisizione… e dal
Tramonto della verità.
… E la sentivo con orgoglio riverente….
Quando fui più vicino all’albero
scorsi d’un tratto, tra i rami più alti che formavano una sorta di corona, un
duplice volto; una faccia sembrava maschile, l’altra femminile, ma entrambe si
confondevano in una sola testa. E su questa figura ancipite stava sospesa, in
una luce d’oro, una corona sormontata da un cristallo di indicibile splendore…
Nel viso femminile riconobbi subito la Sovranità perduta; avrei gridato
di giubilo se non me l’avesse impedito un inatteso e lacerante dolore, allorché
vidi e sentii che la testa maschile non era la mia, ma quella di un uomo molto
più giovane; una testa, però, dai tratti assai più gai rispetto a quella che
portavo sulle spalle sin dai tempi dell’innocente giovinezza…
…. E sebbene una sorta di melanconia cercasse di convincermi che la
creatura nata dall’albero ero io stesso nei lontani anni della mia
fanciullezza, dovetti spietatamente riconoscere l’inganno, perché vedevo bene
che non era la mia, quella testa, bensì di un essere lontano, emerso dalla
sorgente che stava ai miei piedi, di un essere irraggiungibile nel Tempo a me
concesso, un…. un altro!
Stolto, tu che nemmeno
ora riconosci te stesso! Cos’è il Tempo? Cos’è la metamorfosi? Anche dopo
secoli io sono: Io sono dopo cento tombe, e sono dopo cento resurrezioni! Osi
alzare la mano contro l’albero, tu che ne sei solo un ramo, nient’altro se non
una goccia della fonte che scorre ai tuoi piedi?
Allora guardai commosso verso la corona dell’albero di noi Eretici e
vidi che l’essere ancipite muoveva le labbra, indi udii da un’altezza e una
lontananza infinite un grido che giunse fino a me con grande fatica:
Un uomo che non smette
di credere infine vive! Cresci fino a me e io sarò te! Sperimenta vivendo te
stesso e sperimenterai me, me…
Caddi ai piedi dell’albero
e ne abbracciai il tronco con venerazione. Fui scosso da un tale pianto che il
velo di lacrime mi nascose la ‘visione’… sinché riuscii di nuovo a scorgere,
nella mia stanza, la modesta lampada da notte, mentre dalle fessure delle
imposte chiuse penetrava la prima luce del mattino.
Udii ancora la voce dell’albero, come se parlasse da dentro di me:
Vuoi diventare
immortale? Sai tu che un simile percorso di metamorfosi impone molti processi
del fuoco e dell’acqua?! La materia dovrà attraversare molteplici stadi di
sofferenza!
Tre volte dunque, in ‘visioni’ avute di prima mattina, mi sono stati
mostrati il simbolo, il senso e la via… Il cammino per giungere a me stesso, al
di là del Tempo e della morte - sia quando sia -, è duplice.
Una delle vie è incerta, affidata al caso, segnata da briciole che gli
uccelli del cielo potrebbero divorare prima che io torni indietro. E tuttavia
voglio tentarla perché se avrò fortuna potrebbe essermi di grande aiuto per…
ricordarmi nuovamente di me in futuro. E
cos’altro è mai l’immortalità, se non rimembranza?
Dunque scelgo la via magica della scrittura; in questo diario metto nero su bianco ciò che mi è stato rivelato circa.....
(Prosegue....)
Dunque scelgo la via magica della scrittura; in questo diario metto nero su bianco ciò che mi è stato rivelato circa.....
(Prosegue....)
Nessun commento:
Posta un commento