Precedenti capitoli:
Cosa è la pedagogia? (2)
Prosegue in:
Cosa è la pedagogia? (4)
Nel 1851
i due fratelli Reclus, rientrati ad Orthez dopo aver attraversato tutta la
Francia a piedi, attaccheranno con un gesto dimostrativo il municipio del paese
protestante contro il colpo di Stato di Napoleone III e fuggirono quindi esuli
a Londra. Dall’esilio londinese Elisée troverà lavoro come amministratore in
una tenuta in Irlanda e nel 1852 lo troviamo a Liverpool, pronto ad imbarcarsi
sulla John Howell diretta a New Orleans. La sua prima impressione degli Stati
Uniti non sarà particolarmente positiva…
…E’
una grande sala d’aste dove tutto è in vendita, si possono mercanteggiare
schiavi e proprietari, voti e onori, la Bibbia e le coscienze, tutto appartiene
a chi offre (ed offrirà) di più…
In
Luisiana lavora prima come scaricatore di porto, poi come precettore presso la
famiglia di Septime Fortier nella piantagione di canna da zucchero di Felicité,
sul Mississippi, a monte di New Orleans.
In ‘Fragment d’un voyage à la Nouvelle Orléans’, Reclus racconta la sua
traversata dei Carabi, l’ingresso nel delta del Mississippi, le sue impressioni
di una New Orleans antecedente alla guerra di secessione e la disumanità della
schiavitù. Sarà proprio l’avversione verso il sistema schiavistico e le sue
convinzioni abolizioniste che lo porteranno ad abbandonare la Luisiana: egli
scrive di non poter continuare a vivere insegnando ai figli degli schiavisti e,
quindi….
…rubare
ai Neri che realmente hanno guadagnato con il loro sudore e sangue il denaro
che mi metto in tasca…
Si
rimetterà, quindi in viaggio diretto verso sud e, dopo una tappa imprevista a
Cuba per riprendersi dalla malaria, si spingerà fino in Colombia nella sierra
Nevada di Santa Marta con il sogno, presto fallito, di fondare una colonia
agricola di stampo utopistico….
Nel 1857,
dopo l’amnistia generale, rientra in Francia e si dedica alla scrittura,
pubblicando numerosi articoli; inizia, inoltre, una lunga collaborazione con la
casa editrice Hachette, per la quale scrive una serie di guide turistiche nella
collezione Joanne, a grande richiesta nel clima di entusiasmo per le
informazioni geografiche della Francia coloniale.
In
Svizzera conoscerà l’esule russo Petr Kropotkin, egli pure geografo e
anarchico, con il quale avvia una profonda amicizia e collaborazione
scientifica che continuerà per tutta la vita….
(E.
Reclus, Storia di un Ruscello)
In
ragione di quest’ultimo (Kropotkin) ritengo doverosa una nota bibliografica
tratta dalla sua opera per meglio inoltrarci nel vasto dibattito ove i principi
divisi al porto delle diverse finalità in verità conseguite, sia nel vasto ramo
dell’Ecologia, ‘materia non esiliabile’ dalla Geografia della vita; sia
dell’Economia per la quale e con la quale le divisioni oggi più che mai sono
polarizzate verso opposti ed avverse finalità con le quali confrontano e
riconoscono la vita. E con la quale l’essere ed appartenere al diritto di
ognuno, al sisma di una nuova e più certa frattura evoluto, con cui misurare la
ricchezza di ogni Terra emersa o peggio affogata nel mare della propria povertà
al Tetide mare della venuta. Disconosciuti principi vengono ‘innestati’ ed
‘elevati’ ai valori condivisi della vita non più naturale evoluzione e
condizione di ciò che eravamo, ma ciò che diventiamo nella mancanza della
libera e reciproca comunione con gli ideali e motivi con cui scritto il codice
genetico cui dobbiamo rinunciare o rinnegare il vero estinto dalla Natura
partorito.
Lo
Spirito smarrito.
L’Anima
Mundi abdicata a diversa Filosofia, che l’Economia non me ne voglia è il
ruscello a certificare il miracolo compiuto il Notaro fuggito in altro paradiso
dal pellegrino desiderato così il peccato mi pare scontato…
(curatore
del blog)
…Della varietà e dell’intensità di vita…
Può anche
darsi che, da principio, lo stesso Darwin non si sia reso perfettamente conto
dell’importanza ben più generale del fattore da lui primariamente individuato
solo per spiegare una serie di fatti relativi all’accumularsi di variazioni
individuali nelle specie nascenti. Ma egli stesso aveva previsto che il termine
che stava introducendo nella scienza avrebbe perso il suo significato
filosofico, e più vero, se fosse stato impiegato esclusivamente nel senso più
ristretto: quello di una lotta fra singoli individui per i puri mezzi di
sopravvivenza.
Già nei
primi capitoli della sua memorabile opera insisteva perché il termine fosse
preso nel suo ‘senso largo e metaforico, che comprende l’interdipendenza degli
esseri viventi e che comprende inoltre (cosa ancor più importante) non soltanto
la vita dell’individuo ma anche il successo della sua discendenza’ (L’origine
delle specie cap. III).
La teoria
di Darwin ha avuto la sorte di tutte le teorie che trattano dei rapporti umani.
Invece di svilupparla secondo gli indirizzi che le erano propri, i suoi continuatori
l’hanno sempre più ridotta. E mentre Herbert Spencer, partendo da osservazioni
indipendenti ma analoghe, ha tentato di allargare la discussione ponendo il
grande quesito su chi sono i più adatti (in modo particolare nell’appendice
alla terza edizione di Principi di etica), gli innumerevoli seguaci di Darwin hanno
ridotto la nozione di lotta per l’esistenza al suo più angusto significato. Essi
sono arrivati a concepire il mondo animale come un mondo di lotta perpetua fra individui
affamati, assetati di sangue, facendo risuonare la letteratura contemporanea
del grido di guerra. Guai ai vinti, come se fosse questa l’ultima parola della
moderna biologia. E per interessi personali hanno elevato questa lotta spietata
all’altezza di principio biologico, al quale anche l’uomo deve sottomettersi,
sotto pena di soccombere in un mondo fondato sul reciproco sterminio.
Lasciando
da parte gli economisti, che di scienze naturali non sanno che qualche parola presa
a prestito dai divulgatori di seconda mano, bisogna riconoscere che anche i più
autorevoli interpreti di Darwin hanno fatto del loro meglio per consolidare
queste false idee. Viceversa quando studiamo gli animali, non soltanto nei
laboratori e nei musei ma anche nelle foreste e nelle praterie, nelle steppe e
sulle montagne, ci accorgiamo subito che, benché in natura siano fortemente presenti
la guerra e lo sterminio fra specie diverse, e soprattutto fra differenti
classi di animali, vi si ritrova al contempo altrettanto se non più mutuo
appoggio, mutua assistenza e mutua difesa tra gli animali appartenenti alla
stessa specie, o almeno allo stesso gruppo sociale.
La
socialità è una legge della natura tanto quanto la lotta reciproca. Senza
dubbio molto difficile valutare, anche approssimativamente, l’importanza percentuale
di queste due serie di fatti. Ma se ricorriamo a una testimonianza indiretta e
domandiamo alla natura: ‘Quali sono i più adatti: coloro che sono continuamente
in lotta tra loro, o coloro che si aiutano l’un l’altro?’, vediamo che i più
adatti sono, senza dubbio, gli animali che hanno acquisito abitudini di
solidarietà. Essi hanno maggiori probabilità di sopravvivere e raggiungono, nelle
loro rispettive classi, il più alto sviluppo delle capacità intellettive e
fisiche.
Se gli
innumerevoli fatti che possono esser citati a sostegno di questa tesi vengono
presi in considerazione, possiamo affermare con certezza che il mutuo appoggio è
una legge della vita animale tanto quanto la lotta reciproca, ma che, come
fattore dell’evoluzione, il primo ha probabilmente un’importanza decisamente
maggiore in quanto favorisce lo sviluppo delle abitudini e dei caratteri più
adatti ad assicurare la preservazione e lo sviluppo della specie, oltre a
procurare con una minor perdita di energia una maggior quantità di benessere e
di felicità per ciascun individuo.
Quando si
comincia a studiare la lotta per l’esistenza sotto i suoi due aspetti, quello
proprio e quello metaforico, ciò che colpisce subito è l’abbondanza di dati sul
mutuo appoggio, e non soltanto per quanto riguarda l’allevamento della prole,
come riconosce la maggior parte degli evoluzionisti, ma anche la sicurezza dell’individuo
e il procacciamento del cibo necessario. In molte categorie del regno animale l’aiuto
reciproco è la regola. Si va scoprendo il mutuo appoggio anche fra gli animali
più in basso nella scala evolutiva, ed è lecito aspettarsi che, prima o poi, i
ricercatori che studiano al microscopio la vita elementare individuino forme di
mutuo appoggio incosciente anche fra i microrganismi.
Vero è
che la nostra conoscenza degli invertebrati, a eccezione delle termiti, delle
formiche e delle api, è estremamente limitata; e tuttavia, anche in ciò che
concerne gli animali inferiori possiamo raccogliere alcuni dati, opportunamente
verificati, di cooperazione. Le innumerevoli società di cavallette, farfalle,
cicindelidi, cicale, ecc., sono in realtà pochissimo conosciute, ma il fatto
stesso della loro esistenza indica che esse devono essere organizzate più o
meno secondo gli stessi principi delle società temporanee di formiche e api
finalizzate alle migrazioni. Quanto ai coleotteri, abbiamo fenomeni di mutuo
appoggio perfettamente osservabili fra i necrofori. Questi hanno bisogno di
materia organica in decomposizione per deporvi le uova e per assicurare il nutrimento
delle larve. Ma questa materia organica non deve decomporsi troppo rapidamente,
così hanno l’abitudine di sotterrare nel suolo i cadaveri di piccoli animali di
ogni specie che incontrano sul proprio cammino. Di norma vivono isolati, ma
quando uno di loro scopre il cadavere di un topo o di un uccello che gli
riuscirebbe difficile seppellire da solo, chiama quattro, sei, …o persino dieci
altri necrofori per portare a termine l’operazione riunendo gli sforzi; se
necessario, trasportano il cadavere in un terreno morbido e ve lo
seppelliscono, dando prova di molto buon senso e senza poi entrare in conflitto
per scegliere colui che avrà il privilegio di deporre le uova nel corpo
sepolto.
Anche da
questa breve rassegna possiamo vedere come la vita in società non costituisca l’eccezione
nel mondo animale: essa è piuttosto la regola, la legge della natura che
raggiunge il suo completo sviluppo nei vertebrati superiori. Le specie che
vivono isolate o in piccole famiglie sono relativamente poche e il numero dei loro
membri limitato. Sembra anzi molto probabile che, tranne qualche eccezione, gli
uccelli ed i mammiferi che attualmente non sono gregari, vivessero in società
prima che l’uomo invadesse il globo, intraprendendo una guerra permanente
contro di essi o semplicemente distruggendo le loro fonti primarie di
nutrimento.
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