Prosegue in:
Cosa è la pedagogia (2)
La storia di un ruscello, anche di quello che nasce e si perde fra il
muschio, è la storia dell’Infinito…
Quelle goccioline che scintillano hanno attraversato il granito, il
calcare e l’argilla; sono state neve sulla fredda montagna, molecola di
vapore di una nuvola, bianca schiuma sulla cresta delle onde; il sole, nel suo
corso giornaliero, le ha fatte risplendere dei più vividi riflessi; la pallida
luce della luna le ha cosparse di vaghe iridescenze; il fulmine le ha
trasformate in idrogeno e ossigeno, e poi con un nuovo impatto ha fatto scorrere
come acqua quegli elementi primordiali. Tutti gli agenti dell’atmosfera e dello
spazio, tutte le forze cosmiche hanno lavorato insieme per modificare
continuamente l’aspetto e la posizione dell’impercettibile gocciolina.
Anch’essa è un mondo, come gli astri che ruotano nei cieli, e la sua
orbita si sviluppa di ciclo in ciclo in un movimento senza sosta. Ma il nostro
sguardo non è abbastanza ampio da abbracciare nel suo insieme il circuito della
goccia e ci limitiamo a seguirla nei suoi giri e nei suoi salti, da quando
appare nella sorgente fino a quando si mescola con l’acqua del grande fiume o
dell’oceano. Deboli come siamo, cerchiamo di misurare la Natura secondo le
nostre capacità; ogni suo fenomeno si riduce per noi alla quantità ridotta di
impressioni che abbiamo provato.
Che cos’è il ruscello, se non l’angolino grazioso in cui abbiamo visto
l’acqua scorrere all’ombra degli alberi, in cui abbiamo visto oscillare l'erba
flessuosa e fremere giunchi degli isolotti?
La sponda fiorita su cui ci piaceva stenderci al sole sognando la
libertà il sentiero sinuoso che costeggia la corrente e che seguivamo a passi
lenti osservando il filo dell'acqua, l’angolo di roccia da cui la massa
compatta si tuffa in una cascata e si infrange in schiuma, la sorgente gorgogliante:
nel nostro ricordo, più o meno, il ruscello è tutto qui.
Il resto si perde in una nebbia indistinta.
La sorgente soprattutto, il punto in cui il rivolo d’acqua, fin allora
nascosto, improvvisamente appare: ecco il luogo affascinante verso il quale ci
sentiamo irresistibilmente attratti. Che la sorgente sembri dormire nel prato
come una semplice pozza fra i giunchi, che gorgogli nella sabbia giocando con
le pagliuzze di quarzo o di mica che salgono, scendono e rimbalzano in un
vortice ininterrotto, che sgorghi modestamente fra le due pietre, all’ombra
discreta dei grandi alberi, oppure che zampilli rumorosamente da una fessura
della roccia: come non sentirsi affascinati da questa acqua che, appena
sfuggita all’oscurità, riflette così allegramente la luce?
Se anche noi godiamo del quadro
incantevole della sorgente, ci è facile capire perché gli arabi, gli spagnoli,
i montanari dei Pirenei e tanti altri di ogni razza e clima che abbiamo visto
nelle sorgenti degli ‘occhi’ attraverso i quali esseri rinchiusi nel buio delle
rocce vengono per un attimo a contemplare il verde e lo spazio.
Da sempre la trasparenza della sorgente è stata simbolo della purezza
morale; nella poesia di tutti i popoli l’innocenza è paragonata allo sguardo
terso delle fonti, e il ricordo di questa immagine, trasmesso da un secolo all’altro,
è diventato per noi un’ulteriore attrattiva. Verosimilmente quell’acqua poi si
sporcherà; passerà su detriti di roccia e su vegetali in putrefazione;
stempererà terre fangose e si caricherà dei rifiuti impuri lasciati dagli
animali e dagli uomini; ma qui, nella sua conca di pietra o nella sua culla di
giunchi, è così pura, così luminosa, che sembra aria condensata: solo i
riflessi cangianti della superficie, gli improvvisi gorgoglii, i cerchi concentrici
delle increspature, i contorni indecisi e fluttuanti dei ciottoli sommersi
rivelano che questo fluido così limpido è acqua, così come lo sono i grandi
fiumi melmosi. Se ci chiniamo sulla fonte, scoprendo i nostri volti stanchi e
spesso incattiviti che si riflettono in quest’acqua così limpida, non possiamo
far a meno di ripetere istintivamente, anche senza averlo mai imparato, il
vecchio canto che i parsi insegnavano ai loro figli:
Avvicinati al fiore, ma non spezzarlo!
Guarda e dì sommessamente: Ah, se fossi così
bello!
Nella sorgente cristallina non lanciare una
pietra!
Guarda e pensa sommessamente:Ah, se fossi così
puro!
A migliaia e migliaia i ‘pastori dei popoli’, perfidi o pieni di buone
intenzioni che siano, si sono armati della frusta e dello scettro o, più abili,
hanno ripetuto per secoli e secoli formule di obbedienza per rendere docili le
volontà e stupide le menti; ma per fortuna tutti questi signori, che volevano
asservire gli altri uomini con il terrore, l’ignoranza o lo spietato meccanismo
dell’abitudine, non sono riusciti a creare un mondo a loro immagine, non sono
stati capaci di trasformare la Natura in un grande giardino di mandarini
cinesi, con alberi torturati a forma di mostri e di nani, vasche geometriche e
grotte artificiali all’ultima moda.
La Terra, con la grandiosità dei
suoi orizzonti, la freschezza dei suoi boschi, la trasparenza delle sue
sorgenti, è rimasta la grande educatrice e ha continuato a richiamare le
nazioni all'armonia e alla ricerca della libertà.
Una montagna che mostra nevi e ghiacciai in pieno cielo al di sopra
delle nuvole, una grande foresta in cui rimbomba il vento, un ruscello che
scorre fra i prati, spesso hanno fatto più degli eserciti per la salvezza
del popolo. Ora
spetta a tutti gli uomini che amano la poesia e la scienza, a tutti coloro che
vogliono lavorare per la felicità umana, togliere il (cupo e triste) sortilegio
lanciato contro le sorgenti dai preti ignoranti del Medioevo...
(Elisée
Reclus, Storia di un ruscello)
Ciò che
sorprende da questo geografo e sotto certi aspetti primo Ecologo non sono solo
le sue parole, che suscitano indubbio amore e antico rispetto cui tanto
abbisogniamo in questo Secolo ove la volgarità regna incontrastata padrona di ogni Poesia nei
secoli creata da una Natura sovrana.
Vita
dettata da una ‘Parabola al canone ripetuta’, o peggio, da un politico
recitata, il quale, come secolare ‘copione’ impone per ogni piazza e vicolo
della sua venuta il teatrino cui affida la Giostra o Torneo ai pupi comandata,
non previene il male seminato ma ne fa concime del piatto saporito quale illustre ben voluto ed onesto ciarlatano
all’Economia asservito, quale primo principio riverito. In ragione di un falso
motivo di Stato in quanto mal nutrito e gestito: chi nei Secondi cresciuto
pensa risolvere il male seminato in ragione di un minuto, quanto evoluto e
perduto in secoli e millenni di Memoria distrutta, giammai da una clima
impazzito ma da un principio barattato per Economia all’industria anarchica
motore di vita.
Non avendo per il vero capito la misura e statura della Natura, la quale impone i valori che fondano moneta alle eterne ragioni della vita in tutti i principi abortiti confusi e barattati, in quanto sappiamo bene la stratigrafia della Patria così poco amata, se pur bella e Pia, troppo spesso confusa ed ubriaca da falsi e corrotti motivi.
Non avendo per il vero capito la misura e statura della Natura, la quale impone i valori che fondano moneta alle eterne ragioni della vita in tutti i principi abortiti confusi e barattati, in quanto sappiamo bene la stratigrafia della Patria così poco amata, se pur bella e Pia, troppo spesso confusa ed ubriaca da falsi e corrotti motivi.
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