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Nella Tana del Lupo con la... (6)
Prosegue nella...
Tecnica del colpo di Stato (8) &
...nella Cancelleria di ciò che mai...Stato... (9)
….Che siano cani, gatti, cavalli o pennuti, una
cosa è certa: all’ombra di tantissimi personaggi – condottieri, avventurieri,
monarchi, intellettuali, e persino Filosofi – hanno vissuto animali fedeli e
super coccolati.
Amici così preziosi che sono diventati famosi…
(All'attenzione delle forze dell'Ordine & Sicurezza allego foto segnaletica...)
(All'attenzione delle forze dell'Ordine & Sicurezza allego foto segnaletica...)
Qual trama?
Qual Storia?
Direte voi popolo che suda lavora et impera, soprattutto oggi
che regna il nuovo acclamato decreto Sicurezza della devota governante della
Storia.
Ed allora mi par cosa lieta annunziare in codesta ‘terra padana’
abitata da valorosi intrepidi sicuri villani una Novella Storia (nuova), come
meglio misurare, cioè, la distanza fra il valoroso cane e non più bestia ed il
proprio padrone in onor di medesima Foresta.
…Dacché ne deduciamo il giusto distinguo per detto enunciato fra
il cane, e non più bestia, ed il risultato del calunniatore e truffatore della
Storia… così calcolato…
…Giacché il richiamo dovuto, in questa epica avventura, non
proviene dalla dovuta Foresta, là ove dimora Saggia Retta Vera Parola, bensì da
un sacco di cemento o cimento con cui si misura e costruisce il letame della
Storia, in spalla e di corsa per la futura sicurezza (scortata &) da ognuno
votata….
…Talché l’odierna Novella va’ narrata ed apostrofata con i
personaggi, i ridicoli personaggi che l’affollano nei particolari dell’amara
Storia, con gli incaricati della sicurezza vigilare per ognuno offeso nella
quieta che affolla la cassa continua e non più Bancomat in onor della truffa
allo Stato da cui il distinguo ispirare fedele nobile ululato, dalla Sicurezza
segnalato…
…Come dicevo all’inizio di cotal ‘misfatto’ accompagnato da un
valoroso cane, che tanto vale giacché non men del padrone, il quale non
ulula alla luna ma talvolta impreca ed abbaia, almeno così dicono gli
incaricati della sicurezza dalla disciplina accompagnata, contro i ciarlatani
di cotal Terra inviolata e votata, la quale non gradendo la Rima a loro
dedicata ed apostrofata, pensano, o almeno vorrebbero, perseguitare il fiero
cane il quale per il coraggio mostrato in campo, talvolta là ove esiliato
all’interno della propria tana, impreca contro ogni malaffare dalla selva
richiamato…
Così l’italica Storia si snoda nei cavillosi, non più processi,
ma indubbi intenti di come si vorrebbe tacitare Parola ululato e vera Difesa
con la quale il nobile fidato sovente apostrofa il prossimo, non più azzannato,
ma reclamato qual Elemento alieno della Natura donde mi dice, il valoroso, o
meglio valorosa, proviene il Dio che la comanda.
…Giacché solo un Dio vedendo l’Uomo così perseguitato ha pensato
bene donargli un guerriero e non certo pecunia ad allietare il gregge che
riposa pascola e lavora…
Il resto del Regime votato alla sicurezza di uno o più
Colonnelli che ben rimembriamo nell’epica loro disavventura…
Ma l’Uomo accompagnato dal Nobile pone il ‘fallo’ avvistato!
La parola non men della Rima, o della letteratura non gradita, e
là ove dimoro esiliato nel ventre gravido colmo di lardo nell’intestina lotta
(futuro sterco della Storia) del popolo padano, ‘intestino’ della grande truffa
ai danni dello Stato, reclamare disappunto offesa e disturbo per un fiero prode
che abbaia al misfatto e non certo, loro, i padani, almeno dicono ciarlano
numerano e rottano, truffa al
malcapitato… qual vero aggredito!
Forse per chi di truffa si intende, di truffa vorrebbe tentate o
meglio attentare al ‘mal capitato’ indifeso, così non posso che rimare di
contrasto al prossimo intento di codesta buffonata dagli incaricati della
Sicurezza scortata, veicolata e navigata al porto della Rima corrisposta, per
dir loro che se molestati dal prode fedele intelligente scudiero, ne deduco e
calcolo che la Ragione cammina con l’istinto, giacché l’umano a differenza
della Natura… ‘mente’.
Cioè, pur l’eccelsa ‘mente’ che il lamento circa la dovuta
sicurezza ispira e difetta, e non solo della detta intelligenza, giacché ho già
espresso che la distanza fra stupidità e follia (non certo genialità come il Lombroso insegna, ma pura
idiozia mutata in insana collettiva demenza divenuta isteria) colma istante e
momento (e futuro movimento) non men del passo (e futura oca) il qual si fa
breve e talvolta condiviso (come la cronaca e la statistica enumera) fra un
ubriaco un pazzo ed un calunniatore formare dovuto Tempo e Secolo in medesimo
‘passo’ transitato offeso e molestato, accompagnato dall’insana difettevole
pretesa d’esser un normale tutore e servitore dell’ordine nella normalità con
cui si cinge e figura per ogni marittima, nell’umanità con cui si palesa, nella
sicurezza con cui votato, si prefigge e prefigge oscuro destino e non solo per
il fiero Lupo reclamato.
…Chi tanto vale, come presto leggerò, possiede di certo un
nobile ‘amico’ il quale con questa mia
gratifico circa quanto dalla Sicurezza imputato ed inquisito…
…E se i fieri umani (putti e ciarlatani) i quali il Lupo
giornalmente divora, ‘pecunia’ truffata allo Stato nel loro odierno raggiro
(futuro Sterco della Storia), dico loro con questa mia, che ogni truffa misfatto
e ciarlatana ipotesi ora raccolta e da loro additata, o peggio incaricata, sarà
dal sottoscritto al meglio pubblicizzata in quanto padrone del fiero Lupo non
men della sua parola la qual Rima ispira…
Promettendo a lui e solo a Lui la vera Difesa…
…Negata!
…Lo difenderò per ogni ‘pecunia’ azzannata et anco apostrofata
così la potranno contare per ogni notte votata alla Sicurezza preferita. Per
ogni putto accompagnato divorato nell’alto Serio Villaggio in cui ogni scemo di
guerra mostra il proprio ed altrui fiero coraggio…
…Spero che questa mia non offenda gli ‘offesi’ incaricati e
votati alla sicurezza e la disciplina difenderò la Natura e con Lei l’intera
selva dal muratore aggredita in libera corsa per ogni foresta non del tutto
divorata, anche e se accompagnato con i tutori dell’ordine di stato (purtroppo)
incaricato, ricordando loro che difficilmente li priverò di cotal nobile
compagnia allontanando semmai il morbo della loro normal pazzia…
…Ed in ultimo, se il Lupo della Foresta temete potrebbe esser un
Serio problema non del tutto curato, problemi d’una infanzia affissa ad uno
sguardo dalla culla ad un letto transitato, non guardate il Lupo nel letto del
Fiume accompagnato al nobile suo creatore, semmai, abdicate la vista al vostro
canale preferito ove gli stupidi della Storia non men della vostra dubbia e
ciarlatana Sicurezza compongono la futura pazzia ad ognuno donata…
Qual motto e araldo imperare e trionfare…
…Sì! Ripeto meco, ai fatto bene mia amico ad abbaiare la tua
Strofa verso gli imbecilli di questa e futura Storia…
CAPRICCI IMPERIALI.
Ne sapeva qualcosa l’imperatore romano Onorio
(384-423 d.c.), passato alle cronache per essersi preoccupato più della sua
voliera che dell’impero. Secondo lo storico Procopio di Cesarea, quando nel 410
d.c. un eunuco lo avvertì che Roma era caduta, il sovrano gridò:
“ma se poc’anzi ha mangiato dalle mie mani!”.
Tra i suoi volatili c’era infatti un’enorme
gallina da lui battezzata Roma, a cui era affezionatissimo. Rassicurato sulle
condizioni del pennuto, tirò un sospiro di sollievo, mentre l’urbe veniva
devastata dal barbaro Alarico.
Ancor più
celebri le bizzarrie di Caligola, crudele con i sudditi quanto premuroso col
suo cavallo Incitatus. Secondo Svetonio, “non solo gli assegnò una stalla di
marmo [...], coperte di porpora e finimenti tempestati di pietre preziose, ma
gli regalò un palazzo e [...] progettò di nominarlo console”.
SOLDATI CON GLI ZOCCOLI.
Stravaganze a parte, i grandi condottieri hanno
sempre avuto un debole per i cavalli, a partire da Giulio Cesare, che conquistò
le Gallie in groppa ad Asturcone, suo fedele destriero con, dice sempre
Svetonio, “piedi simili a quelli di un uomo e con le unghie tagliate a forma di
dita”, al quale eresse una statua nell’urbe.
Quasi due millenni dopo, a varcare le Alpi dalla
Francia all’Italia sarà Napoleone in sella a Marengo, suo proverbiale “cavallo
bianco”, il cui scheletro è conservato al National Army Museum di Londra. Lo
splendido stallone arabo restò con Bonaparte fino alla battaglia di Waterloo
(1815), quando fu portato in Gran Bretagna, dove morì alla veneranda età di 38
anni.
A godersi la “pensione” nell’isola di Caprera
insieme al padrone fu invece Marsala, giumenta donata a Giuseppe Garibaldi
appena sbarcato con i Mille in Sicilia (1860). Il vecchio generale si circondò
anche di altri quattrozampe, tra cui muli, asini e cani da caccia, divenendo un
pioniere dell’animalismo (è a lui che si deve la fondazione, nel 1871, della
“Società Protettrice degli Animali contro i mali trattamenti che subiscono dai
guardiani e dai conducenti”, antenata dell’ente Protezione Animali). La
giumenta dell’eroe dei due mondi si spense a trent’anni, e a nulla valse il
tentativo di rianimarla facendole bere... del marsala.
Tra gli equini più celebrati di sempre, nessuno
supera però Bucefalo, inseparabile “commilitone” di Alessandro Magno (356-323
a.c.). Offerto inizialmente al padre Filippo II, era così selvaggio da
risultare inavvicinabile. Finché Alessandro, adolescente, intuì che cosa non
andava: l’animale aveva paura della propria ombra. E così, tra lo stupore degli
astanti, riuscì a domarlo. Bucefalo lo seguì nella conquista dell’impero
persiano, nel corso della quale venne persino rapito da banditi dell’ircania,
nel Nord dell’odierno Iran. Spirò a trent’anni nella vittoriosa battaglia sul
fiume Idaspe (326 a.c.). Addolorato, il macedone lo seppellì con tutti gli
onori e fondò in sua memoria la città di Bucefala (oggi Jhelum, in Pakistan).
DINASTIE CANINE.
Le attenzioni di Alessandro riguardarono anche
un altro fedele amico a quattro zampe: il cane Peritas, così amato da
guadagnarsi anche lui, una volta morto, il nome di una città. Secoli dopo salì
invece agli onori delle cronache Math, imponente levriero di Riccardo II
Plantageneto, re d’Inghilterra dal 1377 al 1399. Stando al cronachista Jean
Froissart (1337-1405), la bestia seguiva solo il padrone, finché un giorno non
lo abbandonò per legarsi al duca Enrico di Lancaster, suo cugino. Il sovrano
pensò si trattasse di un presagio funesto, e in effetti poco dopo il Lancaster
lo spodestò.
Da allora a oggi, i regnanti d’oltremanica non
hanno mai perso l’abitudine di circondarsi di cani, e in tempi più recenti tra
i maggiori cinofili spiccano due regine: Vittoria ed Elisabetta II. La prima,
sul trono dal 1838 al 1901, allevò numerosi cagnolini e patrocinò la Royal
Society for the Prevention of Cruelty to Animals, primo ente di protezione
animali britannico. Nel suo lunghissimo regno, iniziato nel 1952, Elisabetta II
è stata invece affiancata da un’intera
Alessandro Magno amò così tanto il suo destriero
che gli dedicò una città: Bucefala!
DESTINI DIVERSI.
Nel novero dei cani “eroici” un posto d’onore
spetta a Titina, fox terrier dell’esploratore Umberto Nobile (18851978), oggi
imbalsamata al Museo storico dell’aeronautica di Vigna di Valle (Roma). Quando
nel 1928 il dirigibile Italia si schiantò sui ghiacci del Polo Nord, la
cagnetta fu tra gli otto superstiti che riuscirono a tornare a casa, dopo 40
giorni di sofferenze in mezzo ai ghiacci.
Molto più tranquilla, invece, l’esperienza di
Fala, scottish terrier del presidente americano Franklin Delano Roosevelt
(1882-1945), immortalato accanto a lui nel Roosevelt Memorial di Washington.
Intelligente e vivace, divenne il beniamino della stampa, guadagnandosi il
grado di “soldato onorario” dopo che la Casa Bianca stanziò una cifra simbolica
a suo nome per sostenere lo sforzo bellico nella Seconda guerra mondiale.
Intanto, in Germania, Adolf Hitler si faceva
immortalare con Blondi, femmina di pastore tedesco a cui insegnò persino dei
giochi di abilità. Già dai tempi in cui era un semplice caporale, durante la
Grande guerra, il Führer aveva una predilezione per i cani, tanto da aver
adottato un trovatello di nome Fuchsl (Volpino). Quanto a Blondi, quando Hitler
si ritrovò assediato nel bunker di Berlino, decise di ucciderla con una fiala
di cianuro, eliminando anche i cuccioli, per poi suicidarsi.
POTERE FELINO.
Tra i potenti del passato non sono mancati anche
“gattofili”, come il cardinale Richelieu, padrone dei destini di Francia dal
1624 al 1642. «Inflessibile e dal cuore di ghiaccio, ebbe solo due amori: il
potere e i gatti, al punto che per andargli a genio era necessario apprezzarli,
scrive Marina Alberghini nel libro Gatti di potere (Mursia). ‘I loro nomi
passarono alla storia: Mounard il Focoso, Soumise, Serpolet, Gazette, Ludovico
il Crudele, Felimare e Lucifero’.
Tre secoli dopo, sensibili al fascino felino
furono persino due nemici come Benito Mussolini e Winston Churchill. Del primo
sappiamo che possedeva uno splendido gatto d’angora di nome Tobia, al quale si
dice fosse molto affezionato, mentre tra i numerosi mici del secondo rimase
negli annali Nelson, che lo accompagnò a Downing Street quando fu nominato
primo ministro (1940).
Lo stesso Churchill descrisse il loro incontro:
“Lo vidi una volta cacciare un grosso cane dall’ammiragliato. Decisi allora di
adottarlo e di chiamarlo come Nelson, il nostro grande ammiraglio”. Giunto
nella nuova residenza, il gatto espulse un proprio “concorrente” appartenuto
all’ex premier Neville Chamberlain: la “rivalità felina” non sfuggì alla
stampa, che la paragonò all’inimicizia tra lo stesso Chamberlain e Churchill.
Il sodalizio tra gatti e premier britannici è d’altronde una vera tradizione,
tanto che ancora oggi esiste la carica di “Capo cacciatore di topi per
l’ufficio di Gabinetto” (“Chief Mouser”) per i felini che occupano il numero 10
di Downing Street.
ISPIRAZIONI.
Spesso animali e padroni si sono assomigliati.
Poll, pappagallo cenerino del presidente americano Andrew Jackson (17671845),
ereditò per esempio dal proprietario l’abitudine al turpiloquio. La cosa
imbarazzante è che sfoggiò le sue “abilità” oratorie nientemeno che al funerale
del suo padrone,
“eccitandosi e iniziando a bestemmiare”,
raccontò il parroco.
Ben più colto fu invece Grip, corvo
chiacchierone dello scrittore britannico Charles Dickens, citato nel romanzo
Barnaby Rudge (1841). Si dice che dopo la lettura di quest’opera, Edgar Allan
Poe ne trasse spunto per la poesia Il corvo (1845).
Due anni prima, la “musa” ispiratrice del
racconto Il gatto nero era invece stata la sua amata gatta Cattarina. A fare
compagnia a Poe e Dickens furono letterati, artisti e attori come Ernest
Hemingway, Pablo Picasso, Salvador Dalí e Anna Magnani. E dobbiamo proprio a un
letterato, John Byron (1788-1824), la spiegazione perfetta del motivo per cui
tanti “vip” della Storia e dell’arte amarono così profondamente i loro amici
animali. Nei versi in memoria del suo terranova Boatswain, il grande poeta lo
lodava affermando che “possiede tutte le virtù dell’uomo senza i suoi vizi”.
Nelson, il gatto di Churchill, partecipava al
Consiglio dei ministri su una sedia personale…
(Focus)
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