CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

giovedì 15 agosto 2019

I NOMADI (15)













































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L'ultimo sceriffo al polo (14)

Prosegue con...















Casy il Predicatore (dedicato a W.G.) (16) &



















La testa d'albero (17)













Salve!

Mi ha chiamato il ‘produttore’ per documentare l’orrore, in questa remota Regione, ora solo depressa Regione per cause ‘interne’, in cui il Governatore ancorato…

Per ‘interne’ Ragioni di Stato…

Qui in tal luogo posso in tempo reale, qual inviato speciale di Innominati, rendere di pubblico dominio l’orrore nelle alte valle bergamasche.

Ad aggiungersi al dramma, la precoce scomparsa d’un più che noto cicloturista, dopo un ‘bagnetto’ non del tutto digerito con l’amico idraulico giù al nord di ben altro confino…




Dicevo, nel campo ove dimoro, l’orrore il costante depresso orrore va’ narrato per queste desolate lande e valli bergamasche, ove rifugiati esiliati esalano l’ultimo disperato rotto dopo l’ennesima bottiglia giusto per affogare la desolata disperazione del proprio ed universale Governatore alla poltrona assiso in procinto di fare del Campo esempio universalmente riconosciuto qual esiliato ricovero per tutti i nomadi di questa omerica terra….




Mamme e bambini, viaggiatori e rappresentanti di commercio uniti, venditori di muri edili riuniti in bagnetti e future cooperative, muratori disoccupati chiamare fratelli oltre’alpe per l’abbraccio e un misero tozzo di pane, ex graduati ex gladiatori ex celebrolesi di guerra con solo la penna neppure il cappello rimembrare l’antica caccia, biondi fanciulli in preda alla costante morsa della fame urlare ed imprecare e bestemmiare la Madonna, cacciatori e pescatori in cerca dell’ultima preda giusto per saziare il cancro di ugual inappagato appetito, bianchi color latte piangere al bancone alla briosce preferita giacché gli è stata promessa solo quella, poppanti e lattanti deambulare senza tempo e confino in frasi suggerite dall’appetito di qualcuno, raccoglitori di frutta scondita pagata pochi centesimi alla libbra e casetta: il nero raccoglie consenso, giovani ed anziani bivaccare fuori dal bar preferito e cacare il breve suggerito comizio non più armistizio, il Governatore vilipeso giacché non regna il giusto alcolico consenso, direttici da campo future Kapò annunziare depressa depressione braccata e suggerita nell’ultimo digitale modello da campo, giovani ubriachi tentano di scavalcare la staccionata e confino fino al bagnetto del vicino, gli edili disoccupati riuniti in fila al passo dell’oca vicino alla loggia sperare in miglior campo quando lui… l’Innominato sarà Governatore di Stato…




Tutti uniti dal motto contro un solo (un solo nemico) e ogni Dio!





In questa stagione dell’anno, quando nelle vaste coltivazioni della California arriva il momento del raccolto – grappoli d’uva rigonfi, prugne, mele e lattuga e il cotone che matura in fretta – le nostre strade pullulano di lavoratori migranti, un gruppo di raccoglitori nomadi, colpiti dalla povertà e spinti dalla fame e dallo spettro della fame a vagare di campo in campo, di raccolto in raccolto, su e giù per lo stato, inoltrandosi un bel po’ nell’Oregon e per un breve tratto nello stato di Washington.




Ma è la California a ospitare e a richiedere la maggior parte dei nuovi nomadi.

In questi articoli verrà effettuato uno studio sintetico di questi vagabondi.

Ci sono almeno 150000 migranti senzatetto che percorrono lo stato in lungo e in largo, e si tratta di un esercito abbastanza numeroso da meritare l’attenzione di ogni abitante della California.




Il viaggiatore di passaggio a cui capita di assistere agli spostamenti dei migranti sulle strade principali, li trova misteriosi, perché d’improvviso le carreggiate si riempiono di bagnarole scoperte cariche di bambini e di biancheria sudicia, di utensili da cucina anneriti dal fuoco.

I carri merci e i vagoni aperti che avanzano sui binari sono carichi di uomini. E poi, altrettanto d’improvviso, questa gente scompare dalle strade principali.

Nelle vie secondarie e lungo i fiumi vicini, dove c’è poco passaggio, sono sorti gli accampamenti squallidi e sporchi dei vagabondi, e i frutteti si riempiono di raccoglitori, tagliatori ed essiccatori.  




La peculiarità dell’agricoltura californiana richiede la presenza di questi migranti e li obbliga a spostarsi. Pesche e uva, luppolo e cotone non possono essere raccolti da braccianti stanziali. Per esempio, un grande pescheto che durante tutto l’anno richiede il lavoro di venti uomini, ne richiederà ben duemila per il breve periodo della raccolta e del confezionamento.

E se la migrazione di questi duemila non avviene, se dev’essere rimandata anche solo di una settimana, il raccolto marcirà e andrà perduto.




Pertanto, troviamo strano l’atteggiamento che viene tenuto in California nei confronti della categoria che fa funzionare la nostra agricoltura. I migranti sono necessari, e sono odiati.

Quando arrivano in una regione, incontrano l’avversione che i residenti dispensano da sempre al forestiero, all’estraneo.

L’odio per lo straniero è presente lungo tutta la storia umana, dai villaggi primitivi fino al nostro sistema agricolo industriale altamente organizzato.




I migranti sono odiati per diversi motivi: sono persone sporche e ignoranti, portano malattie, richiedono una maggiore presenza delle forze dell’ordine, fanno aumentare le tasse per l’istruzione scolastica all’interno di una comunità e, se gli viene consentito di organizzarsi, possono mandare a monte le colture stagionali semplicemente rifiutandosi di lavorare.

Non vengono mai accolti in una comunità o nella vita comunitaria.

Vagabondi di fatto, non è mai concesso loro di sentirsi a casa dove sono richiesti i loro servizi.




Vediamo ora che tipo di persone sono, da dove vengono e quali sono le rotte dei loro vagabondaggi.

In passato appartenevano a razze diverse, erano incoraggiati a venire in California e spesso introdotti come manodopera a buon mercato; erano tutti stranieri, e per questo venivano ostracizzati, segregati e ammassati come bestie. Se solo provavano a organizzarsi, venivano rimpatriati o arrestati, e non avendo dei rappresentanti nessuno prestava attenzione ai loro problemi.




Negli ultimi anni, però, i migranti stranieri hanno iniziato a organizzarsi, e dopo questo campanello d’allarme in molti sono stati rimpatriati, perché si era formato un nuovo bacino dal quale ricavare una gran quantità di manodopera a basso costo.

Nel Midwest la siccità ha spinto le popolazioni rurali dell’Oklahoma, del Nebraska e di intere zone del Kansas e del Texas a migrare verso ovest.

Le loro terre sono devastate e non potranno tornarvi mai più.

A migliaia stanno attraversando le frontiere a bordo di auto vecchie e sgangherate, sono bisognosi, affamati e senza una casa, pronti ad accettare una paga qualunque pur di mangiare e nutrire i propri figli.




E questa è una novità per la manodopera migrante, perché in genere i lavoratori stranieri venivano introdotti senza i loro figli e senza nulla di ciò che rimaneva della loro vecchia vita.

Di solito arrivano in California dopo aver speso tutti i soldi per il viaggio, al punto di vendere, durante il tragitto, coperte, utensili e i loro attrezzi da quattro soldi per comprare la benzina.

Arrivano frastornati e abbattuti, in genere mezzi morti di fame, e hanno una sola necessità da soddisfare immediatamente, quella di trovare un lavoro con una paga qualunque per dare da mangiare alla famiglia. E in California c’è un solo settore che li possa assorbire.

….Non avendo diritto ai sussidi, sono costretti a diventare braccianti nomadi…

(J. Steinbeck, Nomadi)












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