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Un ottimo business di affari, non meno delle
armi, anzi direttamente riconducibile alla produzione di queste, è la l’altrui
capacità di inquinare ed avvelenare e non solo l’ambiente, da cui deriva oltre
la suddetta guerra qual condizione necessaria e sufficiente per produzione e
vendita di dette armi e da cui ampio margine di profitto, anche la simmetrica
capacità - o alta professionalità industriale di saper inquinare con basso margine
di responsabilità.
Vale sempre la condizione, se osserviamo bene, di
bassa responsabilità per il dovuto necessario costante impegno.
Dacché ne deduciamo che, sia chi inquina così
come colui che vende l’armatura d’offesa o difesa, necessitano ambedue del
principio per cui l’uomo ne respira il deleterio veleno; aspirando al meglio
circa la pretesa di una corretta manifestazione della Democrazia così tanto
celebrata, ma, in verità e per il vero, invisibile Elemento restituito e non
certo sano Elemento per il corretto intendimento!
Così come la Natura maestra!
Ma sappiamo bene che 'progresso' ed 'ambiente' difficilmente compatibili, soprattutto quando si indica con insistenza ruoli e
responsabilità ben celati, nella falsa ed odierna rappresentazione, del
contrario.
Nella nostra amata democrazia, ove si palesa e
ostenta libertà di informazione quanto del principio del Diritto offeso, se
solo ripetutamente si indica tramite medesimo ugual libero arbitrio vilipeso
e/o negato quanto e paradossalmente sottratto oppure ancor peggio celato, si
viene legittimante perseguitati per i reati di cui non il singolo ma l’intera
società vittima.
Dacché ne deduciamo ancora che colui che in
pubblico professa e predica solenne celebrata democrazia, in verità e per il
vero in privato coniuga controversi paradossali affari con tutti coloro i quali
negano il principio ostentato e difeso, per finalizzare cotal intento
certamente non abbisognano della Legge, bensì la forza più persuasiva delle
armi accompagnate dalla mistificazione del detto Principio predicato oppure,
ancor peggio, 'occultato', anche quando armi e principi in nome del progresso
detti ‘intelligenti’.
In nome e per conto del vero Genio prendo dovuta
distanza da tanta professata meschinità caduta nell’abisso della paradossale
democrazia ostentata e dalla Legge, ci dicono, tutelata e difesa.
Per cui quando il ‘privato’ nell’offesa subita - ma
in verità costantemente arrecata - agisce per conto di altri, come ho constatato
da presunti offesi riuniti non men che indignati - tentare di ipotizzare un
reato, rivolto verso colui che indica il costante sovvertimento sia della
Verità che del mancato rispetto per l’ambiente; ci troviamo di fronte a quel
fronte turco ove i bagni non meno di coloro che li costruiscono, manifestano
l’urgenza di esplicitare il corpo di suddetti reati, e di cui non più il
singolo, bensì l’intera inconsapevole società vittima.
Oggettivamente parlando si riscontra una
difficoltà notevole nell’esplicitare il corpo del reato in un bagno turco, ma se
i valenti muratori non superano capacità di idraulico intendimento e Genio,
vanno apostrofati per la finalità del loro corpo rigettato, né più né meno
della povera donna uccisa da mano armata da medesimo genio in ugual bagni turchi accompagnato.
Il coraggio in nome dell’articolo Primo della
Costituzione non risiede nel saper imbracciare un’arma (e non certo un secchio),
per ciò concernente il Diritto vilipeso del Libero Arbitrio attentato, ma nel
manifesto coraggio di sapersi misurare contro la falsità accompagnata dal paradosso con
cui la stessa società si maschera pur celebrando determinate azioni e di cui emergerebbe la non responsabilità del reato continuato.
Giacché il Progresso manifesta l’urgenza sia
della difesa che dell’offesa, fin tanto la Guerra rimodellare univoca globale
dovuta speranza ai pil coniugata, e mi dicono anche, quotata nella dovuta
borsa.
Insomma finché c’è Guerra regna Speranza in nome
della panza e non solo del turco bagnato!
Allora popolo che in nome e per conto di codesta
democrazia suda e lavora, non stupirti se non l’acqua precipitata e affogata
all’esterno qual Elemento offeso affogare ogni speranza della natura vilipesa,
ma il più deleterio secchio all’interno della Scala condominiale ove il popolo
muratore costruisce la propria ed altrui geniale fortuna.
Così anche oggi, e ne sono più che fiero, ho
gettato come il Dio che mi comanda e di cui prego la dovuta Rima acqua non
ancor affogata, in quanto solo una piccola porzione di materia in questa Terra
Straniera ha pur pensato e creato per tanta deficienza associata.
Ho gettato il mio secchio d’acqua pur non avendo
compiuto l’atto di cui la scrittura (scissa nella Legge di un Dio diversamente
e all’opposto coniugato, oppure ed ancora, inversamente proporzionato non men che
derivato) arrecare offesa e quantunque sempre imputata quando la Verità esula
dalla piccola porzione di materia così creata, abdicando al Cielo la Natura
della propria forza qual Elemento così ricaduto sulla parte offesa ma ancora
non annegata, giacché sappiamo bene che ogni guerra necessita del proprio
secchio per i pil della propria ed altrui fortuna per ogni materia così mal
creata, mentre l’acqua parla e fluisce verso l’abisso di questa piccola cosa
così mal digerita trascinando con se quanto d’improprio ed immondo qual corpo restituito.
Si raccomanda a tutti gli sfortunati lettori non
ancor annegati nei bagni turchi allestiti di intraprendere successiva lettura,
il che consente al dio di suddetta limitata materia di preservare ogni
improprio ed improvviso fors’anche incompreso bagnetto, o dovuto intendimento
circa Dio Legge e Natura e con loro (sacra) Scrittura.
L’articolo 674 del codice penale dispone che:
Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico
transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a
offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti
dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare
tali effetti, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a duecentosei
euro.
Gli
elementi costitutivi del reato di cui alla prima parte sono:
[1] a) il
getto di cose o b) il versamento di cose, [2] atte a: a) offendere persone o b)
imbrattare persone o c) molestare persone, [3] in un luogo di pubblico transito
o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso.
Sovente
tale articolo del codice penale viene utilizzato anche per sanzionare il c.d. “versamento di polveri” in atmosfera, che poi si sono
depositate sul terreno circostante (occupando aree più o meno vaste), da parte
di impianti o stabilimenti industriali, che può avvenire ad esempio durante le
operazioni di stoccaggio di merci pulverulente, e/o per la rottura di un
macchinario od a causa di incidenti di altro genere.
Il
versamento di polveri e il significato dell’espressione ‘nei casi non
consentiti dalla legge’.
La
giurisprudenza di legittimità si è più volte occupata di tale specifica
casistica, giungendo a chiarire quali sono i presupposti per l’applicazione dell’art.674 in tali specifiche
ipotesi.
In particolare
la Corte di Cassazione penale, Sez. III, 18/11/2010 (Ud. 21/10/2010), nella
Sentenza n. 40849- Rocchiha affermato quanto segue:
l’espressione
nei casi non consentiti dalla legge costituisce una precisa indicazione della
necessità, ai fini della configurazione del reato, che, qualora si tratti di
attività considerata dal legislatore socialmente utile e che per tale motivo
sia prevista e disciplinata, l’emissione avvenga in violazione delle norme o
prescrizioni di settore che regolano la specifica attività.
In tali
ipotesi, invero, deve ritenersi che la legge contenga una sorta di presunzione
di legittimità delle emissioni che non superino la soglia fissata dalle norme
speciali in materia.
Quindi, per
una affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui all’art. 674 cod.
pen., non è sufficiente il rilievo che le emissioni siano astrattamente idonee
ad arrecare offesa o molestia, ma è indispensabile anche la puntuale e
specifica dimostrazione oggettiva che esse superino i parametri fissati dalle
norme speciali.
Qualora
invece le emissioni, pur quando abbiano arrecato concretamente offesa o
molestia alle persone, siano state tuttavia contenute nei limiti di legge,
saranno eventualmente applicabili le sole norme di carattere civilistico contenute
nell’art. 844 cod. civ.
In altri
termini, all’inciso ‘nei casi non consentiti dalla legge’ deve riconoscersi,
contrariamente a quanto ritenuto dal precedente orientamento, un valore rigido
e decisivo, tale da costituire una sorta di spartiacque tra il versante
dell’illecito penale da un lato e quello dell’illecito civile dall’altro (Vedi
in tal senso le sentenze Corte di Cassazione: Sez. III, 10 febbraio 2005,
Montinaro, m. 230982; Sez. III, 21 giugno 2006, Bortolato, m. 235056; Sez. III,
26 ottobre 2006, Gigante; Sez. III, 11 maggio 2007, Pierangeli, m. 236682; Sez.
III, 9.10.2007, n. 41582, Saetti, m. 238011;).
Il presupposto fondamentale per la
concretizzazione del reato
Il
principio di diritto seguito ormai dal ‘diritto vivente’ è dunque quello
secondo cui il reato di cui all’art. 674 cod. pen. non è configurabile nel caso
in cui le emissioni provengano da una attività regolarmente autorizzata o da
una attività prevista e disciplinata da atti normativi speciali e siano
contenute nei limiti previsti dalle leggi di settore o dagli specifici
provvedimenti amministrativi che le riguardano, il cui rispetto implica una
presunzione di legittimità del comportamento (cfr., da ultimo, Sez. III,
9.1.2009, n. 15707, Abbaneo, m. 243433; Sez. III, 27.2.2008, n. 15653, Colombo,
m. 239864; Sez. III, 13.5.2008, n. 36845, Tucci, m. 240768; Sez. III, 1
febbraio 2006, n. 8299, Tortora, m. 233562).
La diffusione di polveri nell’atmosfera come ‘versamento
di cose’
Prosegue la
Corte, nell’ambito della medesima sentenza che “Deve tuttavia per completezza
ricordarsi che, relativamente alle emissioni di polveri, mentre la
giurisprudenza più risalente riteneva che ‘le immissioni nella atmosfera di
polveri degli impianti di uno stabilimento industriale in virtù di un processo
produttivo non integrano le condotte del “gettare” o “versare” previste dalla
prima parte dell’art. 674 cod. pen. che sono riferibili ad una attività
primaria e diretta, prevalentemente di natura dolosa» (Sez. 1, 1.6.1987, n.
11844, Barbetti, m. 177099; conf. Sez. VI, 16.5.1985, n. 8449, Spallanzani, m.
170537), la giurisprudenza successiva ha invece prevalentemente ritenuto che
«nel concetto di “gettare o versare” di cui all’art. 674 cod. pen., che punisce
il getto pericoloso di cose, rientra
anche quello di diffondere polveri nell’atmosfera» (Sez. III,
23.10.2002, n. 42924, Lorusso, m. 223033), e che «il concetto di gettare o
versare di cui all’art. 674 cod. pen. va inteso estensivamente fino a
comprendere la diffusione, comunque, di polveri nelle aree circostanti» (Sez.
I, 9.1.1995, n. 3919, Tinerelli, m. 201594; Sez. I, 22.9.1993, n. 447/94,
Pasini, m. 195922).
Questo
orientamento è stato di recente ribadito, riaffermandosi che «La diffusione di
polveri nell’atmosfera rientra nella nozione di “versamento di cose” ai sensi
della prima ipotesi dell’art. 674 cod. pen. e non in quella di “emissione di
fumo” contemplata dalla seconda ipotesi, in quanto mentre il fumo è sempre
prodotto della combustione, la polvere è prodotto di frantumazione e non di
combustione» (Sez. III, 18.12.2008, n. 16286, Del Balzo, m. 243454).
Da questa
affermazione è stata però poi fatta derivare la conseguenza che alla emissione
di polveri nella atmosfera non si potrebbe mai applicare il principio di
diritto, che qui è stato confermato, relativo alle emissioni provenienti da una
attività regolarmente autorizzata o prevista da speciali atti normativi.
E ciò
perché «la clausola “nei casi non consentiti dalla legge”, contemplata
nell’art. 674 cod. pen., non è riferibile alla condotta di getto o versamento
pericoloso di cose di cui alla prima parte della norma citata, ma esclude il
reato solo per le emissioni di gas, vapori o fumo che sono specificamente
consentite attraverso limiti tabellari o altre determinate disposizioni
amministrative (fattispecie nella quale è stata esclusa l’applicabilità di tale
clausola in un caso di diffusione di polveri nell’atmosfera provocate nel corso
di un’attività produttiva)» Sez. III, 18.12.2008, n. 16286, Del Balzo, m.
243456).
Questa
ultima tesi non può però essere condivisa per le ragioni – valevoli allo stesso
modo anche per l’ipotesi di emissione di polveri – già evidenziate da questa
Sezione in numerose decisioni relative alle emissioni di onde
elettromagnetiche, che sono state parimenti fatte rientrare nella prima ipotesi
dell’art. 674 cod. pen.
Si è quindi
ritenuto che possa darsi una interpretazione adeguatrice all’art. 674 cod.
pen., nel senso esso non preveda in realtà due distinte e separate ipotesi di
reato, ma un solo ed unitario reato nel quale la seconda ipotesi (emissione di
gas, vapori o fumo) non è altro che una specificazione della prima ipotesi,
caratterizzata non tanto dal fatto del particolare oggetto dell’emissione (gas,
vapori, fumo) quanto piuttosto dalla circostanza che è possibile che
l’emissione, ossia l’attività pericolosa, in quanto socialmente utile, sia
disciplinata dalla legge o da un provvedimento dell’autorità, e che in tal caso
il reato è configurabile esclusivamente quando essa non sia consentita, ossia
quando siano superati i limiti previsti per la specifica attività, dovendo
altrimenti presumersi legittima.
In altre
parole, le emissioni di cui alla seconda ipotesi rientrano già nell’ampio
significato dell’espressione «gettare cose», di cui in realtà costituiscono una
specie, e sono state espressamente previste dalla disposizione solo per
specificare che, quando si tratta di attività disciplinata per legge – e per
tale motivo ritenuta dal legislatore di un qualche interesse pubblico e
generale – la loro rilevanza penale nasce soltanto con il superamento dei
limiti e delle prescrizioni di settore.
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