CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

domenica 1 dicembre 2019

ARTICOLO 1 & 674 (3)



















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Intermezzo armato (1/2)


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& Codici disciplinari, Leggi (25 anni dopo!) (5)













Un ottimo business di affari, non meno delle armi, anzi direttamente riconducibile alla produzione di queste, è la l’altrui capacità di inquinare ed avvelenare e non solo l’ambiente, da cui deriva oltre la suddetta guerra qual condizione necessaria e sufficiente per produzione e vendita di dette armi e da cui ampio margine di profitto, anche la simmetrica capacità - o alta professionalità industriale di saper inquinare con basso margine di responsabilità.

Vale sempre la condizione, se osserviamo bene, di bassa responsabilità per il dovuto necessario costante impegno.

Dacché ne deduciamo che, sia chi inquina così come colui che vende l’armatura d’offesa o difesa, necessitano ambedue del principio per cui l’uomo ne respira il deleterio veleno; aspirando al meglio circa la pretesa di una corretta manifestazione della Democrazia così tanto celebrata, ma, in verità e per il vero, invisibile Elemento restituito e non certo sano Elemento per il corretto  intendimento!

Così come la Natura maestra!




Ma sappiamo bene che 'progresso' ed 'ambiente' difficilmente compatibili, soprattutto quando si indica con insistenza ruoli e responsabilità ben celati, nella falsa ed odierna rappresentazione, del contrario.

Nella nostra amata democrazia, ove si palesa e ostenta libertà di informazione quanto del principio del Diritto offeso, se solo ripetutamente si indica tramite medesimo ugual libero arbitrio vilipeso e/o negato quanto e paradossalmente sottratto oppure ancor peggio celato, si viene legittimante perseguitati per i reati di cui non il singolo ma l’intera società vittima.




Dacché ne deduciamo ancora che colui che in pubblico professa e predica solenne celebrata democrazia, in verità e per il vero in privato coniuga controversi paradossali affari con tutti coloro i quali negano il principio ostentato e difeso, per finalizzare cotal intento certamente non abbisognano della Legge, bensì la forza più persuasiva delle armi accompagnate dalla mistificazione del detto Principio predicato oppure, ancor peggio, 'occultato', anche quando armi e principi in nome del progresso detti ‘intelligenti’.

In nome e per conto del vero Genio prendo dovuta distanza da tanta professata meschinità caduta nell’abisso della paradossale democrazia ostentata e dalla Legge, ci dicono, tutelata e difesa.




Per cui quando il ‘privato’ nell’offesa subita - ma in verità costantemente arrecata - agisce per conto di altri, come ho constatato da presunti offesi riuniti non men che indignati - tentare di ipotizzare un reato, rivolto verso colui che indica il costante sovvertimento sia della Verità che del mancato rispetto per l’ambiente; ci troviamo di fronte a quel fronte turco ove i bagni non meno di coloro che li costruiscono, manifestano l’urgenza di esplicitare il corpo di suddetti reati, e di cui non più il singolo, bensì l’intera inconsapevole società vittima.




Oggettivamente parlando si riscontra una difficoltà notevole nell’esplicitare il corpo del reato in un bagno turco, ma se i valenti muratori non superano capacità di idraulico intendimento e Genio, vanno apostrofati per la finalità del loro corpo rigettato, né più né meno della povera donna uccisa da mano armata da medesimo genio in ugual bagni turchi accompagnato.

Il coraggio in nome dell’articolo Primo della Costituzione non risiede nel saper imbracciare un’arma (e non certo un secchio), per ciò concernente il Diritto vilipeso del Libero Arbitrio attentato, ma nel manifesto coraggio di sapersi misurare contro la falsità accompagnata dal paradosso con cui la stessa società si maschera pur celebrando determinate azioni e di cui emergerebbe la non responsabilità del reato continuato.




Giacché il Progresso manifesta l’urgenza sia della difesa che dell’offesa, fin tanto la Guerra rimodellare univoca globale dovuta speranza ai pil coniugata, e mi dicono anche, quotata nella dovuta borsa.

Insomma finché c’è Guerra regna Speranza in nome della panza e non solo del turco bagnato!

Allora popolo che in nome e per conto di codesta democrazia suda e lavora, non stupirti se non l’acqua precipitata e affogata all’esterno qual Elemento offeso affogare ogni speranza della natura vilipesa, ma il più deleterio secchio all’interno della Scala condominiale ove il popolo muratore costruisce la propria ed altrui geniale fortuna.




Così anche oggi, e ne sono più che fiero, ho gettato come il Dio che mi comanda e di cui prego la dovuta Rima acqua non ancor affogata, in quanto solo una piccola porzione di materia in questa Terra Straniera ha pur pensato e creato per tanta deficienza associata.

Ho gettato il mio secchio d’acqua pur non avendo compiuto l’atto di cui la scrittura (scissa nella Legge di un Dio diversamente e all’opposto coniugato, oppure ed ancora, inversamente proporzionato non men che derivato) arrecare offesa e quantunque sempre imputata quando la Verità esula dalla piccola porzione di materia così creata, abdicando al Cielo la Natura della propria forza qual Elemento così ricaduto sulla parte offesa ma ancora non annegata, giacché sappiamo bene che ogni guerra necessita del proprio secchio per i pil della propria ed altrui fortuna per ogni materia così mal creata, mentre l’acqua parla e fluisce verso l’abisso di questa piccola cosa così mal digerita trascinando con se quanto d’improprio ed immondo qual corpo restituito.

Si raccomanda a tutti gli sfortunati lettori non ancor annegati nei bagni turchi allestiti di intraprendere successiva lettura, il che consente al dio di suddetta limitata materia di preservare ogni improprio ed improvviso fors’anche incompreso bagnetto, o dovuto intendimento circa Dio Legge e Natura e con loro (sacra) Scrittura.  





L’articolo 674 del codice penale dispone che:

Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a duecentosei euro.

Gli elementi costitutivi del reato di cui alla prima parte sono:

[1] a) il getto di cose o b) il versamento di cose, [2] atte a: a) offendere persone o b) imbrattare persone o c) molestare persone, [3] in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso.

Sovente tale articolo del codice penale viene utilizzato anche per sanzionare il c.d. “versamento di polveri” in atmosfera, che poi si sono depositate sul terreno circostante (occupando aree più o meno vaste), da parte di impianti o stabilimenti industriali, che può avvenire ad esempio durante le operazioni di stoccaggio di merci pulverulente, e/o per la rottura di un macchinario od a causa di incidenti di altro genere.

Il versamento di polveri e il significato dell’espressione ‘nei casi non consentiti dalla legge’.




La giurisprudenza di legittimità si è più volte occupata di tale specifica casistica, giungendo a chiarire quali sono i presupposti per l’applicazione dell’art.674 in tali specifiche ipotesi.

In particolare la Corte di Cassazione penale, Sez. III, 18/11/2010 (Ud. 21/10/2010), nella Sentenza n. 40849- Rocchiha affermato quanto segue:

l’espressione nei casi non consentiti dalla legge costituisce una precisa indicazione della necessità, ai fini della configurazione del reato, che, qualora si tratti di attività considerata dal legislatore socialmente utile e che per tale motivo sia prevista e disciplinata, l’emissione avvenga in violazione delle norme o prescrizioni di settore che regolano la specifica attività.

In tali ipotesi, invero, deve ritenersi che la legge contenga una sorta di presunzione di legittimità delle emissioni che non superino la soglia fissata dalle norme speciali in materia.




Quindi, per una affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui all’art. 674 cod. pen., non è sufficiente il rilievo che le emissioni siano astrattamente idonee ad arrecare offesa o molestia, ma è indispensabile anche la puntuale e specifica dimostrazione oggettiva che esse superino i parametri fissati dalle norme speciali.

Qualora invece le emissioni, pur quando abbiano arrecato concretamente offesa o molestia alle persone, siano state tuttavia contenute nei limiti di legge, saranno eventualmente applicabili le sole norme di carattere civilistico contenute nell’art. 844 cod. civ.

In altri termini, all’inciso ‘nei casi non consentiti dalla legge’ deve riconoscersi, contrariamente a quanto ritenuto dal precedente orientamento, un valore rigido e decisivo, tale da costituire una sorta di spartiacque tra il versante dell’illecito penale da un lato e quello dell’illecito civile dall’altro (Vedi in tal senso le sentenze Corte di Cassazione: Sez. III, 10 febbraio 2005, Montinaro, m. 230982; Sez. III, 21 giugno 2006, Bortolato, m. 235056; Sez. III, 26 ottobre 2006, Gigante; Sez. III, 11 maggio 2007, Pierangeli, m. 236682; Sez. III, 9.10.2007, n. 41582, Saetti, m. 238011;).




Il presupposto fondamentale per la concretizzazione del reato

Il principio di diritto seguito ormai dal ‘diritto vivente’ è dunque quello secondo cui il reato di cui all’art. 674 cod. pen. non è configurabile nel caso in cui le emissioni provengano da una attività regolarmente autorizzata o da una attività prevista e disciplinata da atti normativi speciali e siano contenute nei limiti previsti dalle leggi di settore o dagli specifici provvedimenti amministrativi che le riguardano, il cui rispetto implica una presunzione di legittimità del comportamento (cfr., da ultimo, Sez. III, 9.1.2009, n. 15707, Abbaneo, m. 243433; Sez. III, 27.2.2008, n. 15653, Colombo, m. 239864; Sez. III, 13.5.2008, n. 36845, Tucci, m. 240768; Sez. III, 1 febbraio 2006, n. 8299, Tortora, m. 233562).




La diffusione di polveri nell’atmosfera come ‘versamento di cose’

Prosegue la Corte, nell’ambito della medesima sentenza che “Deve tuttavia per completezza ricordarsi che, relativamente alle emissioni di polveri, mentre la giurisprudenza più risalente riteneva che ‘le immissioni nella atmosfera di polveri degli impianti di uno stabilimento industriale in virtù di un processo produttivo non integrano le condotte del “gettare” o “versare” previste dalla prima parte dell’art. 674 cod. pen. che sono riferibili ad una attività primaria e diretta, prevalentemente di natura dolosa» (Sez. 1, 1.6.1987, n. 11844, Barbetti, m. 177099; conf. Sez. VI, 16.5.1985, n. 8449, Spallanzani, m. 170537), la giurisprudenza successiva ha invece prevalentemente ritenuto che «nel concetto di “gettare o versare” di cui all’art. 674 cod. pen., che punisce il getto pericoloso di cose, rientra anche quello di diffondere polveri nell’atmosfera» (Sez. III, 23.10.2002, n. 42924, Lorusso, m. 223033), e che «il concetto di gettare o versare di cui all’art. 674 cod. pen. va inteso estensivamente fino a comprendere la diffusione, comunque, di polveri nelle aree circostanti» (Sez. I, 9.1.1995, n. 3919, Tinerelli, m. 201594; Sez. I, 22.9.1993, n. 447/94, Pasini, m. 195922).




Questo orientamento è stato di recente ribadito, riaffermandosi che «La diffusione di polveri nell’atmosfera rientra nella nozione di “versamento di cose” ai sensi della prima ipotesi dell’art. 674 cod. pen. e non in quella di “emissione di fumo” contemplata dalla seconda ipotesi, in quanto mentre il fumo è sempre prodotto della combustione, la polvere è prodotto di frantumazione e non di combustione» (Sez. III, 18.12.2008, n. 16286, Del Balzo, m. 243454).

Da questa affermazione è stata però poi fatta derivare la conseguenza che alla emissione di polveri nella atmosfera non si potrebbe mai applicare il principio di diritto, che qui è stato confermato, relativo alle emissioni provenienti da una attività regolarmente autorizzata o prevista da speciali atti normativi.

E ciò perché «la clausola “nei casi non consentiti dalla legge”, contemplata nell’art. 674 cod. pen., non è riferibile alla condotta di getto o versamento pericoloso di cose di cui alla prima parte della norma citata, ma esclude il reato solo per le emissioni di gas, vapori o fumo che sono specificamente consentite attraverso limiti tabellari o altre determinate disposizioni amministrative (fattispecie nella quale è stata esclusa l’applicabilità di tale clausola in un caso di diffusione di polveri nell’atmosfera provocate nel corso di un’attività produttiva)» Sez. III, 18.12.2008, n. 16286, Del Balzo, m. 243456).




Questa ultima tesi non può però essere condivisa per le ragioni – valevoli allo stesso modo anche per l’ipotesi di emissione di polveri – già evidenziate da questa Sezione in numerose decisioni relative alle emissioni di onde elettromagnetiche, che sono state parimenti fatte rientrare nella prima ipotesi dell’art. 674 cod. pen.

Si è quindi ritenuto che possa darsi una interpretazione adeguatrice all’art. 674 cod. pen., nel senso esso non preveda in realtà due distinte e separate ipotesi di reato, ma un solo ed unitario reato nel quale la seconda ipotesi (emissione di gas, vapori o fumo) non è altro che una specificazione della prima ipotesi, caratterizzata non tanto dal fatto del particolare oggetto dell’emissione (gas, vapori, fumo) quanto piuttosto dalla circostanza che è possibile che l’emissione, ossia l’attività pericolosa, in quanto socialmente utile, sia disciplinata dalla legge o da un provvedimento dell’autorità, e che in tal caso il reato è configurabile esclusivamente quando essa non sia consentita, ossia quando siano superati i limiti previsti per la specifica attività, dovendo altrimenti presumersi legittima.

In altre parole, le emissioni di cui alla seconda ipotesi rientrano già nell’ampio significato dell’espressione «gettare cose», di cui in realtà costituiscono una specie, e sono state espressamente previste dalla disposizione solo per specificare che, quando si tratta di attività disciplinata per legge – e per tale motivo ritenuta dal legislatore di un qualche interesse pubblico e generale – la loro rilevanza penale nasce soltanto con il superamento dei limiti e delle prescrizioni di settore.












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