CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

martedì 13 luglio 2021

LA DONNA DELLO SCHERMO (Prima parte) (5)

 









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Seconda parte della donna dello schermo (6)


& L'età della finzione (7)





BREVE INTRODUZIONE  

 

Quando Dio messer Messerino fece,

ben si credette far gran maraviglia,

ch’uccello e bestia ed uom ne sodisfece,

ch’a ciascheduna natura s’apiglia:

ché nel gozzo anigrottol contrafece,

e ne le ren’ giraffa m’asomiglia,

ed uom sembia, secondo che si dice,

ne la piagente sua cera vermiglia.

Ancor risembra corbo nel cantare,

ed è diritta bestia nel savere,

ed uomo è sumigliato al vestimento.

Quando Dio il fece, poco avea che fare,

ma volle dimostrar lo Suo potere:

sì strana cosa fare ebbe in talento.


  

Truovo che ’l cuore ti batte fortemente…

 

ovvero: 

 

DAL LIBRO DE’ VIZÎ E DELLE VIRTUDI 




CAPITOLO I 

 

INCOMINCIASI IL LIBRO DE’ VIZÎ E DELLE VIRTUDI E DELLE LORO BATTAGLIE E AMMONIMENTI. PONSI IN PRIMA IL LAMENTO DEL FATTORE DELL’OPERA ONDE QUESTO LIBRO NASCE

 

Considerando a una stagione lo stato mio, e la mia ventura fra me medesimo esaminando, veggendomi subitamente caduto di buon luogo in malvagio stato, seguitando il lamento che fece Iobo nelle sue tribulazioni, cominciai a maladire l’ora e ’l dì ch’ io nacqui e venni in questa misera vita, e il cibo che in questo mondo m’avea nutricato e conservato.

 

E piangendo e luttando con guai e sospiri, li quali veniano della profondità del mio petto, contra Dio fra me medesimo dissi:

 

Idio onnipotente, perché mi facesti tu venire in questo misero mondo, acciò ch’ io patisse cotanti dolori, e portasse cotante fatiche, e sostenesse cotante pene?

 

Perché non mi uccidesti nel ventre della madre mia, o, incontanente che nacqui, no mi. desti la morte?

 

Facestilo tu per dare di me esemplo alle genti, che neuna miseria d’uomo potesse nel mondo più montare?

 

 Se cotesto fu di tuo piacimento, avessimi fatto questa misericordia, che de’ beni de la ventura non m’avessi fatto provare, e avessimi posto in più oscuro e salvatico luogo, e più rimosso da genti, sicché di me non fossero fatte tante beffe e scherne, le quali raddoppiano in molti modi le mie pene!




 CAPITOLO II 


LA RISPONSIONE DE LA FILOSOFIA 

 

Lamentandomi duramente nella profundità d’una oscura notte nel modo che avete udito di sopra, e dirottamente piangendo e luttando, m’apparve sopra capo una figura, che disse:

 

Figliuol mio, forte mi maraviglio che, essendo tu uomo, fai reggimenti bestiali, in ciò che stai sempre col capo chinato, e guardi le scure cose della terra, laonde se’ infermato e caduto in pericolosa malatia.

 

Ma se rizzassi il capo, e guardassi il cielo, e le dilettevoli cose del cielo considerassi, come dee far l’uomo naturalmente, d’ogni tua malizia saresti purgato, e vedresti la malizia de’ tuo’ riggimenti, e sarestine dolente.

 

Or non ti ricorda di quello che disse Boezio:

 

‘Con ciò sia cosa che tutti gli altri animali guardino la terra e seguitino le cose terrene per natura, solo all’uomo è dato a guardar lo cielo, e le celestiali cose contemplare e vedere’?




 CAPITOLO III 

 

COME LA FILOSOFIA SI CONOBBE PER LO FATTORE DELL’OPERA 

 

Quando la boce ebbe parlato come di sopra avete inteso, si riposò una pezza, aspettando se alcuna cosa rispondesse o dicesse; e veggendo che stava muto, e di favellare neun sembiante facea, si rapressò inverso me, e pigliò il gherone de le sue vestimenta, e forbìmi gli occhi, i quali erano di molte lagrime gravati per duri pianti ch’avea fatti.

 

E nel forbire che fece, parve che degli occhi mi si levasse una crosta di sozzura puzzolente di cose terrene, che mi teneano tutto il capo gravato. Allora apersi li occhi e guarda’mi dintorno, e vidi appresso di me una figura tanto bellissima e piacente, quanto più inanzi fue possibile a la Natura di fare.

 

E della detta figura nascea una luce tanto grande e profonda, che abagliava li occhi di coloro che guardare la voleano, sicché poche persone la poteano fermamente mirare. E de la detta luce nasceano sette grandi e maravigliosi splendori, che alluminavano tutto ’l mondo.

 

E io, veggendo la detta figura così bella e lucente, avegna che avesse dal cominciamento paura, m’assicurai tostamente, pensando che cosa ria non potea così chiara luce generare; e cominciai a guardar la figura tanto fermamente, quanto la debolezza del mio viso potea sofferire.

 

E quando l’ebbi assai mirata, conobbi certamente ch’era la Filosofia, ne le cui magioni era già lungamente dimorato. Allora incominciai a favellare, e dissi:

 

Maestra delle Virtudi, che vai tu faccendo in tanta profundità di notte per le magioni de’ servi tuoi?

 

Ed ella disse:

 

Caro mio figliuolo, lattato dal cominciamento del mio latte, e nutricato poscia e cresciuto del mio pane, abandonere’t’ io, ch’io non ti venisse a guerire, veggendoti sì malamente infermato?

 

Non sa’ tu che mia usanza è d’andare la notte cu’ io voglio perfettamente visitare, acciò che le faccende e le fatiche del dì non possan dare alcuno impedimento a li nostri ragionamenti?

 

E quando udì’ dire che m’era venuta per guerire, suspirando dissi:

 

Maestra delle Virtudi, se di me guerire avessi avuto talento, più tosto mi saresti venuta a visitare; perché tanto è ita innanzi la mia malizia, che m’ hanno lasciato li medici per disperato, e dicono che non posso campare.

 

Allora si levò la Filosofia, e puosesi a sedere in su la sponda del mio letto, e cercòmmi il polso e molte parti del mio corpo; e poi mi puose la mano in sul petto, e stette una pezza, e pensò, e disse:

 

Per lo polso, che ti truovo buono, secondo c’ hanno li uomini sani, certamente conosco che non hai male onde per ragione debbî morire. Ma perché, ponendoti la mano al petto, truovo che ’l cuore ti batte fortemente, veggio c’hai male di paura, laonde se’ fortemente sbigottito ed ismagato.

 

Ma di questa malattia ti credo a la speranza di Dio tostamente guerire, purché meco non t’ incresca di parlare, e non ti vergogni di scoprire la cagione de la tua malatia.

 

E io dissi:

 

Tostamente sarei guerito, se per cotesta via potessi campare, perché sempre mi piacquero e adattârsi al mio animo le parole de’ tuoi ragionamenti. 

(Bono)


(Prosegue...)









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