CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

domenica 12 settembre 2021

IL PARLAMENTO DEGLI ANIMALI (29)

 






















Precedenti capitoli:


D'un racconto della Domenica


introdotto dal Signor de Montaigne 


Prosegue con il...:


Parlamento de'gli animali tutti (30)








ovvero, al passo del Lupo (31/2)  (2)  &  (33)








Quando il cielo è stato brutalmente separato, oppure ed al contrario, unito e congiunto in un improprio pensiero teologico il quale invoca un Dio di pace misericordia ed uguaglianza in tutti gli Elementi della Terra e del Cielo, sino alle più alte inaccessibili mète dell’Universo, congiunto ed in futuro accordo con una dottrina non confacente all’uguaglianza dell’uomo, per rendere un intento immateriale confacente al potere, allora invochiamo il Parlamento delle sane e più ragionevoli ‘bestie’, ovvero come il Santo, e tanti altri prima e dopo di lui, intuirono l’Elevato Pensiero di Dio suggerire più retta sana e dotta politica attraverso ogni forma di Vita.

 

Così se dovesse accadere che il Santo venga rinnegato così come ogni Eretico che ne rimembra la Memoria persa, allora possiamo appellarci alla vera santa e più antica Dottrina, di colui cioè, il quale raggiunse la vera e più certa Illuminazione, unita all’Albero della Vita, l’ombra che dispensa più saggia umile consapevolezza e certezza di appartenere al Divino sottratto al potere dell’uomo. Ed in qual Tempo, così come impone il credo alieno all’umana comprensione, essere braccati in Ragione di un più elevata e più profonda universale Dottrina di compassione, soprattutto verso l’uomo accecato dalla brama ed istinto di materiale antico sovrano potere!




 Così, come vi dicevo, mie care fiere e saggi Geni ispirati, nell’introduzione di un più nobile e certo Parlamento da voi, in silente composto antico segreto cantico presidiato; qual vero scrigno specchio del Divino, abdicato all’insano corrotto potere delle umane bestie da voi evolute, fors’anche mai nate o iniziate ai segreti principi della Natura e dell’Intelletto che da Lei deriva; di cui purtroppo sfamate e saziate solo l’ingordo appetito per tutti coloro che bramano gloria denari e congiunte ricchezze che solo voi, miei Onorevoli amici potete dispensare nel beneficio di Cristo, ovvero nel dono della Vita Eterna sottratta al perenne sacrificio di Madre Natura, così come Dio, in Ragione di codesto corrotto motivo terreno giammai compreso dal Verbo, vi elevò qual Suo incompreso Pensiero.

 

 Prendo suggerimento e merito da codesto Parlamento dal Croce intonato qual vero cantico rimato… 




Ovvero, quando, potremmo ancora rimare ed accordare con ugual corda allo spartito accompagnato della nostra Beatrice, il suono del comune liuto della Ragione, al di sopra dell’altrui sfarzoso ricco baldacchino; quando poco, in verità et per il vero, nulla si è riconosciuto al Cesare cantore della Vita, qual Primo Vangelo prosato Rimato et anco cantato e mai ciarlato; e quanto poco s’intende il nobile signore chiuso nel piccolo suo castello dal villano protetto circa il vero ingegno sceso in Terra e fattosi Poesia in Rima, in sintonia con la Natura intera.

 

Allora, potremmo accordare et concordare: “ahimè quell’uomo com’anche lo suo Maestro, come colui chi per medesima Via l’ha preceduto, quell’homo sì! È per il vero caduto”…




 Perché?

 

Domandirà lo villico astuto macellaro, dov’era’ito senza lo bussolotto che mi deve tutte le mattine, giacché queste le sole e più vere fatiche sopraffine: ovvero da quando la Legge del nostro mastro padrone dal cielo alla terra cameriere di tutte le Tavole desinate, sino alle più impervie digiunate salite alla brace del Golgota, ovvero al bar del Teschio, là ove ad ogni hora del giorno e della notte, si possono udire gli antichi precetti di Matteo, il penitente apostolo martire dei pagani da lui braccati per ogni digiunata afflitta selva condannata all’oblio…

 

Matteo, l’apostolo martire senza pass e aperitivo, senza denari e calzari, senza caciotta e pagnotta, senza terra e dio, colui ovvero, che in suo comando lo sconfisse, moltiplicando ossi buchi e saporiti agnelli, così come fringuelli e veloci cerbiatti ungulati; con lo permesso nel compiuto dovere dell’antico vecchio lascito testamentario partorito da madre madonna: il bar del borgo ove il figliolo si disseta; il bar di Magna Madonna la migliore edicola della vallata, sottratta alla più antica e perseguitata strega Cibele, senza più acqua et fiume, solo il miglior Spirito importato dalla collina del convento!     




Quando dal rifugio (interno), il più elevato nunzio apostolico legato (non ancora del tutto alcolizzato), ovvero l’apostolo Matteo ordinò: ‘va fratello, uccidi ogni bestia di codesto mondo creato! Uccidi azzanna in nome mio ogni essere diverso dal nostro appetito il quale attraversa il (privato) Giardino; ogni rifugiato nell’oscura selva annidato del nostro Paradiso, qual eretico cantore dispensatore d’una insana Rima, preghiera da noi giammai compresa. Va uccidi e mortifica ogni bestia sopraffina! Non men del Diavolo di quel lupo con cui si accompagna il Croce della nostra pena.   

 

Lo Tempio trabocca, signor miei, di questi e mille altri antichi lasciti testamentari accompagnati da oscuri eventi nonché vangeli; li quali presenziano come e più di pria: “va’ lavora fannullone! non rimare e cantare altro dio fuor del mio bancone, e lo sudore deve scendere dalla fronte tua e del Dio che diabolicamente t’accompagna, mai viduto ne visto, perché se ben lu videssi[mo] l’accopperei al tempo dovuto, Straniero fannullone magna a’uffo et anco cornuto”.




 Questa parmi una bella premessa con dedica al Croce nostro Signore, eccellentissimo saggio Consigliere di codesto e più certo Parlamento in Rima annunziato, i quali Versi noi declamiamo e alle bestie dell’umano parlamento, in quest’hora accompagnato, da una diversa Croce dedichiamo, per ogni saporito soffocato boccone, e s’intenda, sempre con lo permesso dello Superiore… mai detto e neppur nominato… 

 

ANIMALI

che parlano:

 

Messer Asino

Il gallo

Il bue

Il grillo

Il gatto

Il rossignuolo

Il cane

La pecora

Il porco

La spipola

La rana

La ranella verde

La cicala

La chioccia

Il cucco

La rondina

L'anitra

L'oca

Il chiù avvero allocco

La grue

La tortora

Lo smerlo

L'upupa

Il pulcino

La gazza

Il pappagallo

La quaglia

La zenzala

Il calabrone

La vespe

L'ape

Il colombo




 Cose insensibili che parlano:

 

Il buratto del fornaio

Le campane

Il tamburo

Il frullo del mangano

La botte del vino

La piva

Il liuto

La tromba

Il fiasco

La musica

 

Al cortese lettore il Croce (3 ottave & 8 terzine): 

 

OTTAVE TRE:




 Se gl'huomini ragionano, Natura

Quando formolli lor tal gratia diede

Che così chi del tutto ha somma cura,

Volse, per mantener il Mondo in piede,

Perché l'huomo parlando, si procura

Di quanto gli bisogna, e si richiede

Ode, parla, discorre, opra ed intende

E co'l parlar il tutto al fin comprende. (1)

 

Ma gl'uccelli e i quadrupedi a quai dono

Tal concesso non venne, hor che diranno

Le genti, udendo di lor voci il suono,

E ch'essi parlar schietti sentiranno?

Né ciò gran stupore fia, che dov'io sono,

Opre di maraviglie ogn'hor si fanno,

E se le piante già parlar tal'hora,

Perché parlar non puon le bestie ancora? (2)

 

Qui dunque se n'udiranno una gran parte,

Venute a me da lochi ermi e selvaggi,

Per esortarmi a dover por da parte

La Poesia, mostrandomi con saggi

Avvisi, che s'io seguo simil arte,

Ch'in premio al fin n'havrò pene ed oltraggi,

Prendila dunque, e leggela e vedrai

Ch'un tal capriccio non udisti mai. (3)




TERZINE OTTO: 

 

C’è chi li macella

Chi li vuole senza alcuna favella

Su’un tavolo sperimentare infame vil natura. (1)

 

C’è chi li bracca

Chi li caccia li perseguita

Per il solo gusto della propria natura. (2)

 

C’è chi li mazza

Con un colpo secco

Come per dir son io lo più scemo! (3)




 C’è chi li vede poi li punta

Solo per vil paura

Che qualche verso divenuto strofa, (4)

 

Potrebbe portare

Antica rovina

Contrara tutta alla vera Genesi della Storia. (5)

 

Troppo antica, favola senza Memoria

Della prima parola udita: ‘Va’ homo conquista e divora!

Che l’ultimo è lo rutto quanno fora tutto ruina ancora!’ (6)




C’è l’idiota chiuso entro una stanza

Dentro un letto

Senza luce che tutto lo monno divora, (7)

 

Si move come un soldatino

Un burattino una marionetta

Solo perché sensibile da insensibile favella. (8) 

 

(D’altrui pregevole diletto quando lo numero non acor ballata 

solo banchetto senza Cesare mai aver ricevuto e fors’anche compreso!)


[Prosegue... fiere & bestie...]







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