Precedenti capitoli:
introdotto dal Signor de Montaigne
Prosegue con il...:
Parlamento de'gli animali tutti (30)
ovvero, al passo del Lupo (31/2) (2) & (33)
Quando il
cielo è stato brutalmente separato, oppure ed al contrario, unito e congiunto
in un improprio pensiero teologico il quale invoca un Dio di pace misericordia
ed uguaglianza in tutti gli Elementi della Terra e del Cielo, sino alle più alte
inaccessibili mète dell’Universo, congiunto ed in futuro accordo con una
dottrina non confacente all’uguaglianza dell’uomo, per rendere un intento
immateriale confacente al potere, allora invochiamo il Parlamento delle sane e
più ragionevoli ‘bestie’, ovvero come il Santo, e tanti altri prima e dopo di
lui, intuirono l’Elevato Pensiero di Dio suggerire più retta sana e dotta
politica attraverso ogni forma di Vita.
Così se
dovesse accadere che il Santo venga rinnegato così come ogni Eretico che ne
rimembra la Memoria persa, allora possiamo appellarci alla vera santa e più
antica Dottrina, di colui cioè, il quale raggiunse la vera e più certa
Illuminazione, unita all’Albero della Vita, l’ombra che dispensa più saggia
umile consapevolezza e certezza di appartenere al Divino sottratto al potere
dell’uomo. Ed in qual Tempo, così come impone il credo alieno all’umana
comprensione, essere braccati in Ragione di un più elevata e più profonda
universale Dottrina di compassione, soprattutto verso l’uomo accecato dalla
brama ed istinto di materiale antico sovrano potere!
Prendo suggerimento e merito da codesto
Parlamento dal Croce intonato qual vero cantico rimato…
Ovvero, quando, potremmo ancora rimare ed accordare con ugual corda allo spartito accompagnato della nostra Beatrice, il suono del comune liuto della Ragione, al di sopra dell’altrui sfarzoso ricco baldacchino; quando poco, in verità et per il vero, nulla si è riconosciuto al Cesare cantore della Vita, qual Primo Vangelo prosato Rimato et anco cantato e mai ciarlato; e quanto poco s’intende il nobile signore chiuso nel piccolo suo castello dal villano protetto circa il vero ingegno sceso in Terra e fattosi Poesia in Rima, in sintonia con la Natura intera.
Allora,
potremmo accordare et concordare: “ahimè quell’uomo com’anche lo suo Maestro,
come colui chi per medesima Via l’ha preceduto, quell’homo sì! È per il vero
caduto”…
Domandirà
lo villico astuto macellaro, dov’era’ito senza lo bussolotto che mi deve tutte
le mattine, giacché queste le sole e più vere fatiche sopraffine: ovvero da
quando la Legge del nostro mastro padrone dal cielo alla terra cameriere di
tutte le Tavole desinate, sino alle più impervie digiunate salite alla brace
del Golgota, ovvero al bar del Teschio, là ove ad ogni hora del giorno e della
notte, si possono udire gli antichi precetti di Matteo, il penitente apostolo
martire dei pagani da lui braccati per ogni digiunata afflitta selva condannata
all’oblio…
Matteo,
l’apostolo martire senza pass e aperitivo, senza denari e calzari, senza
caciotta e pagnotta, senza terra e dio, colui ovvero, che in suo comando lo
sconfisse, moltiplicando ossi buchi e saporiti agnelli, così come fringuelli e
veloci cerbiatti ungulati; con lo permesso nel compiuto dovere dell’antico
vecchio lascito testamentario partorito da madre madonna: il bar del borgo ove
il figliolo si disseta; il bar di Magna Madonna la migliore edicola della
vallata, sottratta alla più antica e perseguitata strega Cibele, senza più
acqua et fiume, solo il miglior Spirito importato dalla collina del convento!
Quando dal rifugio (interno), il più elevato nunzio apostolico legato (non ancora del tutto alcolizzato), ovvero l’apostolo Matteo ordinò: ‘va fratello, uccidi ogni bestia di codesto mondo creato! Uccidi azzanna in nome mio ogni essere diverso dal nostro appetito il quale attraversa il (privato) Giardino; ogni rifugiato nell’oscura selva annidato del nostro Paradiso, qual eretico cantore dispensatore d’una insana Rima, preghiera da noi giammai compresa. Va uccidi e mortifica ogni bestia sopraffina! Non men del Diavolo di quel lupo con cui si accompagna il Croce della nostra pena.
Lo Tempio
trabocca, signor miei, di questi e mille altri antichi lasciti testamentari
accompagnati da oscuri eventi nonché vangeli; li quali presenziano come e più
di pria: “va’ lavora fannullone! non rimare e cantare altro dio fuor del mio
bancone, e lo sudore deve scendere dalla fronte tua e del Dio che diabolicamente
t’accompagna, mai viduto ne visto, perché se ben lu videssi[mo] l’accopperei al
tempo dovuto, Straniero fannullone magna a’uffo et anco cornuto”.
ANIMALI
che
parlano:
Messer
Asino
Il
gallo
Il
bue
Il
grillo
Il
gatto
Il
rossignuolo
Il
cane
La
pecora
Il
porco
La
spipola
La
rana
La
ranella verde
La
cicala
La
chioccia
Il
cucco
La
rondina
L'anitra
L'oca
Il
chiù avvero allocco
La
grue
La
tortora
Lo
smerlo
L'upupa
Il
pulcino
La
gazza
Il
pappagallo
La
quaglia
La
zenzala
Il
calabrone
La
vespe
L'ape
Il
colombo
Il
buratto del fornaio
Le
campane
Il
tamburo
Il
frullo del mangano
La
botte del vino
La
piva
Il
liuto
La
tromba
Il
fiasco
La
musica
Al cortese lettore il Croce (3 ottave & 8 terzine):
OTTAVE
TRE:
Quando
formolli lor tal gratia diede
Che
così chi del tutto ha somma cura,
Volse,
per mantener il Mondo in piede,
Perché
l'huomo parlando, si procura
Di
quanto gli bisogna, e si richiede
Ode,
parla, discorre, opra ed intende
E
co'l parlar il tutto al fin comprende. (1)
Ma
gl'uccelli e i quadrupedi a quai dono
Tal
concesso non venne, hor che diranno
Le
genti, udendo di lor voci il suono,
E
ch'essi parlar schietti sentiranno?
Né
ciò gran stupore fia, che dov'io sono,
Opre
di maraviglie ogn'hor si fanno,
E
se le piante già parlar tal'hora,
Perché
parlar non puon le bestie ancora? (2)
Qui
dunque se n'udiranno una gran parte,
Venute
a me da lochi ermi e selvaggi,
Per
esortarmi a dover por da parte
La
Poesia, mostrandomi con saggi
Avvisi,
che s'io seguo simil arte,
Ch'in
premio al fin n'havrò pene ed oltraggi,
Prendila
dunque, e leggela e vedrai
Ch'un
tal capriccio non udisti mai. (3)
TERZINE OTTO:
C’è
chi li macella
Chi
li vuole senza alcuna favella
Su’un
tavolo sperimentare infame vil natura. (1)
C’è
chi li bracca
Chi
li caccia li perseguita
Per
il solo gusto della propria natura. (2)
C’è
chi li mazza
Con
un colpo secco
Come
per dir son io lo più scemo! (3)
Solo
per vil paura
Che
qualche verso divenuto strofa, (4)
Potrebbe
portare
Antica
rovina
Contrara
tutta alla vera Genesi della Storia. (5)
Troppo
antica, favola senza Memoria
Della
prima parola udita: ‘Va’ homo conquista e divora!
Che
l’ultimo è lo rutto quanno fora tutto ruina ancora!’ (6)
C’è l’idiota chiuso entro una stanza
Dentro
un letto
Senza
luce che tutto lo monno divora, (7)
Si
move come un soldatino
Un
burattino una marionetta
Solo perché sensibile da insensibile favella. (8)
(D’altrui pregevole diletto quando lo numero non acor ballata
solo banchetto senza Cesare
mai aver ricevuto e fors’anche compreso!)
[Prosegue... fiere & bestie...]
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