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D'uno o più quadri nella giusta... (24/5)
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Roma,
trenta miglia. Ci fecero delle difficoltà, come altrove, a causa della peste di
Genova.
Scendemmo
all’Orso dove restammo anche il giorno seguente; dopo di che, il 2 dicembre 1580, prendemmo alcune
camere in affitto da uno spagnuolo, proprio di fronte a Santa Lucia della
Tinta. Ci trovammo ben sistemati in tre belle camere con sala, dispensa,
scuderia e cucina, a venti scudi il mese: oltre a ciò, il padrone ci forniva il
cuoco e la legna per cucinare.
Di solito
qua gli appartamenti sono un po’ meglio ammobiliati che a Parigi, tanto più che
si fa un gran uso di cuoio dorato per rivestire le stanze di qualche pregio. Lì
vicino, al Vaso d’oro, avremmo potuto ottenere, allo stesso prezzo, un alloggio
tappezzato con tessuti d’oro e di seta, come quello di un re; però, a parte il
fatto che le camere fossero troppo dipendenti l’una dall’altra, il signor de Montaigne giudicò che tanta
magnificenza era, non solo inutile, ma anche inquietante per la conservazione della
mobilia, ché ciascun letto valeva quattro o cinquecento scudi. Nella nostra
pensione avevamo pattuito di venir forniti quasi come in Francia quanto a
biancheria, di cui – secondo l’usanza del paese – sono un po’ più scarsi.
Adesso la
città è posta tutta lungo le sponde del Tevere, di qua e di là. Il quartiere
collinoso, ch’era la sede della città vecchia e dove il signor de Montaigne aveva l’abitudine di compiere ogni giorno
gran passeggiate e visite, è cosparso di qualche chiesa, di poche case e dei
giardini dei cardinali. Egli giudicava da ben chiari indizi che l’aspetto di
questi colli e degli avvallamenti dovesse essere del tutto mutato dall’antico,
considerata l’altezza delle rovine, e teneva per certo che in molti punti si
camminasse sul culmine di case intiere. Dal livello dell’arco di Severo è
agevole arguire che ci troviamo più di due lance sopra l’antico piano stradale,
e per vero quasi dovunque si cammina sulla sommità di vecchie mura che pioggia
e passaggio dei veicoli mettono a nudo.
Non condivideva l’opinione di quanti paragonavano la libertà di Roma con quella di Venezia, e soprattutto per questi motivi: le abitazioni stesse erano sì poco sicure, che di solito si consigliava a coloro che vi tenevano ricchezze appena rilevanti di affidare la borsa in custodia ai banchieri della città, per non trovarsi il forziere scassinato com’era accorso a parecchi; item, l’uscire nottetempo non era per nulla sicuro; item, questo 1° dicembre il generale dei cordiglieri era stato improvvisamente destituito dalla carica e rinchiuso in prigione per essersi sfogato aspramente durante una predica, in cui si alludeva al papa e ai cardinali, l’ozio e il lusso dei prelati della Chiesa, senza entrar in particolari e solo ricorrendo con qualche vivacità di tono ai soliti luoghi comuni che si usano a questo proposito.
Giungendo in città, la dogana gli aveva visitati i bauli frugando tra gl’indumenti sin la più insignificante minuzia, mentre nella maggior parte delle altre città d’Italia questi funzionari si contentavano che gli venissero semplicemente mostrati, e oltre a ciò gli avevano tolto tutti i libri trovati, allo scopo di esaminarli, e questo richiedeva tanto tempo, che chi avesse dovuto servirsene poteva ben considerarli perduti; si doveva poi tener conto che i criteri erano così strani, che un libro di preghiere alla Madonna, per il solo fatto di essere parigino e non romano, risultava sospetto, e del pari quelli di certi dottori tedeschi contro gli eretici, ché – per confutarli – ne menzionavano gli errori. A tale proposito si compiaceva assai della propria fortuna ché – pur essendo stato prevenuto di tutto ciò e avendo attraversata la Germania – nonostante la sua curiosità, non gli si era trovato nessun libro proibito. Comunque alcuni signori di là lo avvertirono che, quand’anche gliene avessero trovati, se la sarebbe cavata col solo sequestro dei libri.
Dodici o quindici giorni dopo il nostro arrivo si sentì male, e a causa di un’insolita infiammazione ai reni che lasciava temere qualche ulcera, si decise – su pressione d’un medico francese del cardinale Rambouillet e con l’aiuto del suo abile farmacista – a prendere per la prima volta, e sulla punta d’un coltello bagnato in precedenza con un po’ d’acqua, della cassia a grossi pezzi che inghiottì molto facilmente, ricevendone beneficio due o tre volte.
Il giorno
successivo ingerì trementina di Venezia, proveniente – dicono – dalle montagne
del Tirolo: due grosse porzioni avvolte in un’ostia sopra un cucchiaio
d’argento bagnato con una o due gocce di certo sciroppo gradevole al gusto; non
ne risentì altro effetto che odore di violetta di marzo nell’orina. Dopo ciò
prese per tre volte, ma non di seguito, una specie di bevanda che aveva
esattamente sapore e colore della mandorlata, tanto che il medico asserì che
non si trattava d’altro; però il signor
de Montaigne pensa che vi fosse dentro qualcosa delle quattro semenze
fredde.
Il sorbire questa bevanda non presentava nulla d’incomodo né di strano, salvo il tempo stabilito: troppo mattutino, [dovendosi bere] tutta tre ore prima di colazione. Non avvertì in che gli avesse giovato questa mandorlata, ché anche dopo provò il medesimo malessere; in seguito, il 23 dicembre, sopraggiunse una forte colica, per il che si pose a letto verso mezzogiorno, rimanendovi fino a sera, quando espulse parecchia sabbia e poi una grossa pietra, dura, lunga e compatta, rimasta cinque o sei ore nel canale della verga. Durante tutto questo tempo, dopo il bagno, aveva sempre un gran beneficio di corpo, grazie al quale pensava d’essere al riparo da guai peggiori, e saltava molti pasti, sia a pranzo, sia a cena.
Il giorno
di Natale ci recammo alla messa del papa in San Pietro, dove il signor de Montaigne ebbe un buon
posto per osservare a suo agio tutto il rito. Molti particolari sono diversi:
[dai soliti] vangelo ed epistola si recitano prima in latino e poi in greco
come avviene anche il giorno di Pasqua e quello di San Pietro. Il papa fece la
comunione a molti, e con lui officiavano i cardinali Farnese, Medici, Caraffa e
Gonzaga. Per bere nel calice si usa un certo strumento come precauzione contro
i veleni. Gli parve inconsueto che, durante questa e altre messe, papa,
cardinali e prelati rimanessero seduti e, per quasi tutta la durata, a testa
coperta, intrattenendosi e chiacchierando: queste cerimonie appaiono più
imponenti che pie.
Il
29 dicembre il signor d’Abein, allora nostro ambasciatore, nobile studioso e da
gran tempo amicissimo del signor de
Montaigne, fu del parere che questi si recasse a baciare il piede al papa.
Il signor d’Estissac salì con lui sulla vettura del detto ambasciatore; e,
quando costui venne ricevuto in udienza, li fece chiamare dal cameriere del
papa. Trovarono il pontefice e, con lui, l’ambasciatore solo, secondo le
consuetudini: egli si tiene accanto un campanello e lo suona quando desidera
che venga qualcuno.
Prima entrò
il signor d’Estissac, dopo il signor de
Montaigne, poi il signor de Mattecoulon e il signor du Hautoi.
Avanzato un
passo o due nella stanza, in un angolo della quale stava assiso il papa, coloro
che entrano, chiunque essi siano, pongono un ginocchio al suolo e attendono che
il pontefice impartisca loro – come fa – la benedizione; dopo di che si
rialzano per avanzare fin quasi a metà della stanza. Invero i più non si
avviano direttamente a lui attraversando la sala nel mezzo, bensì procedono
strisciando un po’ lungo la parete per rivolgerglisi alfine dopo aver compiuto
quel giro.
A metà di
tale percorso si pongono ancora su un ginocchio e ricevono la seconda
benedizione; ciò fatto, vanno verso il papa, sino a un tappeto che gli è steso
sette od otto piedi dinanzi, e al limite di esso si mettono ginocchioni.
A questo
punto, l’ambasciatore che li presentava si piegò a sua volta su un ginocchio,
rialzando al papa il manto sul piede destro, calzato in una pantofola rossa con
una bianca croce sopra. Gl’inginocchiati si trascinarono senza levarsi fino al
piede, chinandosi a terra per baciarlo: il
signor de Montaigne asserisce che il papa aveva alzato un poco la punta del
piede; tirandosi da parte, si fecero posto l’un l’altro perché il bacio
avvenisse sempre nello stesso punto. Ciò fatto, l’ambasciatore ricoprì il piede
del papa e, ripostosi a sedere, gli disse quanto giudicò opportuno per
raccomandare il signor d’Estissac e il
signor de Montaigne.
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