CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

mercoledì 15 settembre 2021

A PASSO DI LUPO (14) (33)

 










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Ritorno degli ubriachi (24)








Uno dei motivi – numerosi, tanti, troppi, non ce la farò ad elencarli tutti, e in effetti vi dedicherei l’intero seminario... uno dei tanti motivi per cui ho scelto, in questo insieme di proverbi, quello che forma il sintagma ‘a passo di lupo’, è proprio perché l’assenza del lupo è anche espressa nell’altra operazione silenziosa del ‘passo’, del vocabolo ‘pas’ che implica e lascia percepire, ma senza alcun rumore, la selvaggia intrusione dell’avverbio di negazione (‘pas’, passo di lupo, non ci sono lupi, non c’è il lupo) l’intrusione clandestina dell’avverbio di negazione ‘non’ nel nome, nel ‘passo di lupo’. Un avverbio abita un nome. L’avverbio ‘non’ si è introdotto in silenzio, a passo di lupo, nel nome del ‘passo’.

 

Tutto ciò per dire che là dove le cose si annunciano a ‘passo di lupo’, il lupo non c’è ancora, non il lupo reale, non il lupo cosiddetto naturale, non il lupo letterale. Il lupo non c’è ancora là dove le cose si annunciano ‘a passo di lupo’. C’è solo una parola, un vocabolo, una favola, un lupo delle favole, un animale favoloso, addirittura un fantasma (phantasma nel senso dello spirito greco; o fantasma nel senso enigmatico della psicanalisi, per esempio nel senso in cui il totem corrisponde ad un fantasma); c’è solo l’altro ‘lupo’ che simboleggia un’altra cosa - un’altra cosa o qualcun altro, l’altro la figura favolosa del lupo, come un sostituto o un suppletivo metonimico, annuncerebbe e dissimulerebbe, paleserebbe e maschererebbe.




 E non dimenticate che in francese si chiama ‘loup’, ‘lupo’ anche la maschera del velluto nero che un tempo indossavano le donne soprattutto, le ‘dame’ più spesso degli uomini, indossavano, in un certo periodo, in certi ambienti, e in particolare in occasione dei balli in maschera. Il suddetto ‘lupo’ permetteva loro di vedere senza essere viste, di riconoscere senza lasciarsi riconoscere.

 

E l’essenza di questo lupo inafferrabile di persona se non attraverso la parola di una favola, questa assenza afferma allo stesso tempo il potere, la risorsa, la forza, l’astuzia, lo stratagemma di guerra, lo stratagemma o la strategia, l’operazione dell’invisibile dominio. Il lupo è tanto più forte, il significato del suo potere è tanto più terrorizzante, armato, minaccioso, virtualmente predatorio in quanto in questa denominazione, in queste locuzioni, il lupo non appare ancora di persona ma solo nella persona teatrale di una maschera, di un simulacro, di una parola, cioè di una favola o di un fantasma.




 La forza del lupo è tanto più forte, addirittura sovrana, ha tanto più ragione di tutto in quanto lupo non c’è, non c’è il lupo stesso, salvo un passo di lupo, eccetto un ‘passo di lupo’, tranne un ‘passo di lupo’, solo un ‘passo di lupo’.

 

Direi allora che questa forza del lupo insensibile (insensibile perché non lo si vede né lo si sente arrivare, insensibile perché invisibile e non udibile, dunque non sensibile, ma anche insensibile perché tanto più crudele, impassibile, indifferente alla sofferenza delle sue vittime virtuali), dico allora che la forza di questa bestia insensibile sembra aver ragione di tutto perché attraverso questa singolare locuzione idiomatica (avere ragione di, quindi prevalere su, essere il più forte), si annuncia la questione della ragione, quella della ragione zoologica, della ragione politica, della razionalità in generale: che cos’è la ragione?

 

Che cos’è una ragione?

 

Una buona o una cattiva ragione?




 E voi vedete bene che quando passo alla domanda ‘che cos’è la ragione?’ alla domanda ‘che cos’è una ragione?’, buona o cattiva, il senso della parola ‘ragione’ è mutato.

 

E cambia ancora quando passo da ‘aver ragione’ (dunque avere una buona ragione da far valere in un dibattito o in una lotta, una buona ragione contro una cattiva ragione ingiusta), la parola ‘ragione’ cambia quindi ancora quando passo da ‘avere ragione’ in una discussione ragionevole, razionale, ad ‘aver ragione di’ in un rapporto di forza, una guerra di conquista, una caccia, addirittura una lotta all’ultimo sangue.

 

(J. Derrida)




 Tutto il popolo rassicuro quando osservo il panorama da questa grande loggia; la povera serva lo sa, per questo si aggrazia ogni mattina per non essere da meno della giumenta cui godo il latte della vita. Affinché ogni mia voglia desiderio e credo, si possano deliziare e soddisfare così come Dio intende volere e piacere accompagnati all’istinto appagato, nel nome del peccato da me e per sempre perseguitato.

 

Sono anche Giudice, e quando condanno il pover’uomo sulla forca, quello che cercò la sua sposa in un’anima prigioniera della stessa sventura, e di lei si impossessò liberandola dalla tortura…, recito la mia preghiera affinché Dio allontani codesta malsana e deviata natura. Io lo giudicai reo di assassinio nei confronti di un contadino a cui aveva rubato il quotidiano peccato: moglie sposata o bestia accudita non fa differenza nell’arcana mia scienza, per la legge è serva di Dio e anche del villano nominato nella sentenza, mai di certo il cuore suo batteva per un Trovatore in cerca di una diletta.

 

Musa o intelligenza che ispira la sua strana sostanza, rima accompagnata alla strofa della vita, io giudico dove dimora la donna e la bestia accudita dal servo custode e pecunia della terra asservita alla dura fatica.

 

Mi han raccontato, testimoni timorati della parola di Dio, che la portò in una casa dove con lei divideva l’amore, e quando il marito tradito li colse con il frutto proibito dell’insano et immondo peccato, il reo bandito lo scannò come un agnello imprecando e maledicendo Dio.

 



Io che sono Giudice per conto e in nome di Dio, su una forca lo appesi come la mela del giardino proibito. Lei, poi, la promisi sposa e serva del Dio custode di codesto giardino, recitare le eterne preghiere nel circolo ristretto di un albero dove mai più le sarà consentito di assaporare il frutto della vita se in lei vuol scontare la vergogna e la colpa, altrimenti sarò costretto ad purgare il giovane suo corpo dal Demonio che ancora la divora.

 

Questo misero capitolo della vita ogni tanto mi divora, così quando posso prego con la mia serva iniziandola al frutto del peccato punito nel ricordo del martirio nel quale io fui Giudice di Dio!

 

Quando in separata sede cavalco e governo l’intero Creato le stringo bene i fianchi per farla meglio godere, le alzo la veste fin dove lei ha custodito il suo bel nido, poi come ogni cacciatore affondo la lancia nel profondo del ventre per spargere il seme della mia natura. Lei soffre e scalcia come fosse divorata o pentita di questa vita così mal nutrita. Poi spalanca il bosco suo ad un lupo, un assassino ben vestito cacciatore del Regno di Dio; così comanda e recita il versetto, ogni bestia fu da lui creata per soddisfare l’istinto della vita, ed ora l’agnello o la pecora che qui io sacrifico…, un urlo di godimento porterà all’altare del Dio così ben servito.




 Ora però non perdiamoci in codesta sconcia natura, il politico del Regno è un uomo più che degno perché porta la parola di Dio ben scolpita nel gesto e nell’esempio. Come ho già detto, così è scritto nel Libro, questo il verbo e il miracolo scolpito assieme all’araldo del mio buon nome, ben visibile nella grande Cattedrale da me costruita rifugio di ogni anima dove il pastore è eterno custode.

 

Ognuno sia punito per il peccato commesso e l’adulterio è tradimento che conosce ugual punizione di Dio: povertà di un gesto dettato dall’istinto come i due amanti da me giudicati e trattati come lupi assatanati. Lui è sepolto senza una tomba, lei dimora nel Regno Sovrano di Dio senza memoria né storia, solo l’eterna preghiera per chiedere perdono del suo peccato.

 

Ora è una suora timorata della mia parola.

 

Lui è concime della terra, sia nutrimento per le bestie affinché la sua anima e le ossa siano di quelle!

 

Lei ha scoperto la sola legge del Creato, perché all’inganno confuso per amore si è abbandonata senza alcun timore. Che viva e si nutra nel ricordo e nel rimpianto della sua terra, quando da donna era poco più di una bestia, e il lavoro conosceva come sola ricchezza e preghiera.




 Senza legge e disciplina, la mia parola, dopo questa cavalcata mattutina, non sarebbe il fertile seme della terra.

 

Il Creato è il mio regno.

 

Il concime è la strofa o la rima… di un Diavolo… nominato Eretico, da me sempre braccato e seppellito là dove la terra chiede il suo nutrimento e l’eterno sacrificio.

 

A me non resta che raccoglierne la ricchezza.

 

A me non resta che governare la fertile Terra.

 

(G. Lazzari, lo Straniero)




(a) È giusto che ciò che è giusto sia seguito, è necessario che ciò che è più forte sia seguito.




(b) La giustizia senza la forza è impotente: la forza senza la giustizia è tirannica.




(c)  La giustizia senza la forza è contestata, perché ci sono sempre malvagi; la forza senza giustizia è messa sotto accusa.




 (d) Bisogna dunque mettere insieme la giustizia e la forza e, perciò fare ciò che è giusto sia forte, o ciò che è forte sia giusto.




 (e) La giustizia è soggetta a contestazioni, la forza è riconoscibilissima e senza dispute.




(f) Così non si è potuto dare la forza alla giustizia, perché la forza ha contraddetto la giustizia, e ha affermato che quella era ingiusta, e ha detto che solo lei era giusta.




(g) E così non potendo far sì che ciò che è giusto fosse forte, si è fatto sì che ciò che è forte fosse giusto.

 

(J. Derrida)




 

[…] È da evidenziare a questo punto, il motivo del ‘passo del lupo’ nel momento in cui ci accingiamo nel formulare, quindi nel celebrare, un evento nefasto, dimenticando ciò che al meglio o al peggio nella forza lo ha sottratto ad una presunta ragione; ed all’opposto, la ragione armata di forza nell’applicazione d’una determinata giustizia condannata in maniera unanime.

 

Risulta altrettanto evidente a distanza di circa venti anni dal misfatto (11/9/2001) che lo ha generato, luoghi ed intenti che ci portano - per ancor meglio approfondirli - nei termini sopra detti e posti, ovvero evidenziati, dal punto (a) al punto (g).




 Così come i fatti in cui intervengono forze ‘regolatrici’ poste in ugual contesto fra giustizia e forza, altrettanto simmetrici e ugualmente posti in rette e prospettive anamorfiche, da cui la miglior rappresentazione deducibile, ancor prima della parola e superiore alla stessa, posta nella logica contesa della filosofia (politica), della dottrina, e l’economia sovrana - abdicata e comandata, o meglio sponsorizzata ad uso ed esercizio dei sovrani rappresentati.

 

Quindi uomini e lupi, uomini lupi, uomini al passo del lupo, e lupi in fabula; potremmo ancor ed a ragione affermare, circa l’icona del quadro di Holbein, la quale rappresenta la staticità del Tempo immutato; e quindi ed ancora domandarci, chi in verità e per il vero, evoluto secondo prospettive e anamorfiche applicazioni dei concetti che intercorrono fra la giustizia e la forza (così come applicati e estranei al più alto ideale dell’Arte da cui la Vita)!




La cosa certa, è che purtroppo anche se la Natura ha una propria gerarchia, una politica scritta nei propri geni, mai potrebbe conseguire tal fine a danno del proprio stesso ambiente, qualcuno e se non erro un filosofo, affermò che la Natura troppo povera di mondo per possederlo per intero. L’uomo invece superiore nella costante ricchezza di mondo! Ebbene ci rifacciamo per questo ambito disquisito a chi scelse la povertà contraria al 'sacrificio' offerto dal predatore per conto della dedotta materia!

 

Ovvero andando a prefigurare tutte le Verità rimosse qual maschera dell’intera vicenda, e andando a giustificare le ragioni di una e più guerre, dobbiamo domandarci e porci in seria riflessione soprattutto in questo momento, quando gli stessi ambasciatori sembrano aver fallito ogni prospettiva, ove si annida la maschera di velluto nero… sopra detta.

 

Ovvero, quella maschera che in vero cela il viso che guarda pur non essendo vista, che muove l’intero gioco pur conferendo l’apparente invisibilità celata da un velluto nero.  




Solo esaminando i rapporti che intercorrono ed esistono, non più fra forza e giustizia, ma fra il volto e la maschera, potremmo raggiungere e conseguire una verità assunta come monolitica ma sicuramente inapplicabile, quale prospettiva di equilibro fra forza e giustizia.

 

Ma sappiamo altrettanto bene che l’utopia così come l’idealismo di qualsiasi filosofo come teologo, perdono i punti determinanti del proprio giusto corretto ‘teorico’ pensiero, immediatamente quando lo stesso in tutta la sua precisione precipita nell’amorfismo abissale d’una determinata prospettiva materiale.




(sottratta al Capitale d’una o più teorie economiche divenute politiche, le quali, purtroppo con tutti i giusti accenti rilevati nel determinato periodo storico, hanno seminato, involontariamente, il contrario di ciò in cui scritta una determinata immateriale verità conseguente all’umano; così i rapporti fra forza e giustizia mutati sino al totale rovesciamento dei termini stessi in cui prospettati e non più confacenti all’umanità; quindi ed ancora rimossi… ed il Capitale stesso inteso come benessere civile rivolto ai bisogni dell’uomo rafforzato nell’illogicità del profitto applicato proteso nel costante eccessivo margine di guadagno, e plus valore ottenuto nella rinata differenza di classe, l’esempio calzante ci giunge proprio in questi giorni concernente l’energia gestita dal Capitale economico e il suo rincaro a danno di ignari consumatori…; quindi il nodo nel ciclicità del tempo posto neppure risolto, affermerebbe il fisico Einstein, ovvero immobile e rivolto al caos della materia originaria di cui ogni sovrano per contraddistinguere la propria forza, abbisogna…)




Quindi solo l’utopia di un rovesciamento di prospettive potrà risolvere il compito materialistico della Storia, da taluni incarnata nella falsa ragione e finalità dell’economia al servizio dell’umanità.

 

Questa utopia è altrettanto ‘materialmente’ posta da Secoli, ovvero da quando l’uomo nato, in Ragione della Parola e del Pensiero che ne deriva nella prospettiva data e conferita  dall’intero Universo, da cui nata; dall’apparente ‘nulla’ dell’immateriale osservato. Dalla prospettiva d’una ugual caverna protratta nei secoli del Tempo contato quanto disquisito in ogni ambito.




La Chiesa, la Dottrina, la Fede, in questo preciso momento, almeno che non intervenga una ortodossa corrotta politica materialista al fine e conseguente al potere, sta facendo molto nel proprio ed altrui cammino, nel proprio ed altrui Sentiero, nel proprio ed altrui ambito discorsivo.

 

Sta dando pane con cui sfamare non solo il corpo ma anche l’Anima da cui il corpo dipende, l’Anima afflitta di questo secolo ammalato e non solo di peste; almeno tutto ciò che prima non è stato mai fatto o addirittura pensato!

 

(evidentemente una determinata critica costruttiva, accompagnata da un altrettanto buon esame di coscienza rivolta al Dio pregato, non in maniera falsa o ‘mascherata’, ma nella vera essenza posta e convergente e reciprocamente scambievole, ed ovvero adottando un buon esempio, e quindi risolvendo una incompiuta equazione storica posta fra un antico paganesimo e un cattolicesimo riconciliato; andando quindi a rimarginare tutte quelle fratture e divisioni della Storia, una Storia in cui il cammino scritto nel fine unito e mai disgiunto, giacché pensato meditato e pregato nell’utopia dell’uomo composto da forza e giustizia divina).




 Seppure in ambito puramente ereticale, e sicuramente parlando e disquisendo da Eretico, riconosco in taluni contesti dottrinali, anche non cattolici, i motivi con cui celebrare, e al meglio ricreare (e non certo indottrinare con tutte le ragioni della forza come costantemente vediamo in taluni contesti politici), l’uomo conforme alla sua Natura, da cui una determinata forza politica nella prospettiva d’una falsa giustizia rivolta al benessere d'ognuno, sta operando conseguentemente e paradossalmente nell’umano - inteso come uomo sottratto, però, alle ragioni della propria umanità -; tutto ciò detto per ricordare ad ognuno, anche al più inclemente ateo, che seppure la divisione esiste, il fine rimane lo stesso, il medesimo ideale di far convergere forza e giustizia sottratte alle false paradossali ragioni materiali di una Storia immobile e mai evolute nelle nefande conseguenze per sempre ‘premeditate’ (nel motivo della maschera)… e mai potremmo affermare create!  

 

(Giuliano)    










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