CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

martedì 19 ottobre 2021

LA TERZA RIVOLUZIONE (3)

 










Precedenti rivoluzioni:


Industriali  (1)  &  (2)


Prosegue con la...:










Terza Rivoluzione  [1/3]


Per ciò detto:


ovvero la rivoluzione green:







La transizione (dal FattoQuotidiano) 


& la Legge


Prosegue ancora:








Con la triste realtà dei fatti (4)  &  (5)


& con il Linguaggio politico (6)








Questa nota introduttiva appena sufficiente per intenderne il degrado in cui l’uomo evoluto dicono compiuto, precipitato, beninteso ne abbia coscienza e percezione e non solo ‘olfattiva-visiva’…




(così come la Natura afflitta avverte la ‘puzza’ e non certo più l’odore contraddistinguerne l’orma, l’impronta, ugual terreno di comune vita impropriamente transitato, mai sia detta caccia per medesimo istinto di sopravvivenza o diritto di proprietà privata violata; afflitta o ancor meglio aggredita e non certo da un predatore suo simile con cui fondare i geni della dovuta sopravvivenza per ogni specie vivente in Terra; anche in ciò, ovvero in codesta ‘transitata’ selezione ogni specie si è evoluta secondo rigide regole di Natura, così l’uomo che guarda non scorgendone il Superiore Disegno o Architettura, di solito molto più sensibile all’impalcatura  [per leggerla o contemplarla sino al graduale suo ed altrui miglioramento, ovvero dall’uomo ammirata attraverso la grande vetrata o grada ciò che al di fuori regna ed orna il ricomposto ordine, ovvero, le bellezze del sommo arredo nella differenza di stile e linguaggio],  e mai sia detta estinzione precoce per mano dell’insensato inetto intelletto privo di qual si voglia ragione ben ornata come arredata, o ancor meglio, corredata e sontuosamente adornata in vari stili, usi, ed esclusivi superiori mascherati costumi di corte; anche in ciò riconosciamo il linguaggio primordiale corrotto, come qualsiasi Eretico disquisirebbe e distinguerebbe, così come l’ortodosso, circa la vera natura dell’uomo e il diavolo, e il Dio che sovrintende cotal grammatica o falso intendimento in ciò cui Creato; tralasciamo i sempre combattuti esorcizzati Dèmoni della Terra, ovvero tutti quelli in ugual differenza sentenziati qual esseri mezzi-uomini e mezzi-animali, certi bestiari non più graditi all’industriosa macelleria [tralasciamo altresì di ricordare che il noto dottore deriva da siffatta compagnia in ugual impalcatura posta sul dismesso piano regolatore della macellata Storia, si riconoscono infatti, per tutti i mezzi-animali in uso di buona lettura non ancor divorati, accompagnati da mezzi-uomini in utilizzo e/o costante esercizio di una strana pratica medica scritta in ugual dottrina, la quale ha ugualmente indistintamente macellato ogni Dèmone di questa terra in medesimo consumato appetito posto al rogo della ragione], la qual per sua evoluta natura macella indistintamente tanto gli umani quanto gli animali donde deriva più fruttuosa dottrina; semmai essere accorti sulla scadenza posta sulla confezione unica in ugual codice a barre dalla macelleria in ‘offerta’, e si prega di mantenere  in luogo fresco ed asciutto per la dovuta conservazione - o ugual sopravvivenza - prima di essere servito al tavolo dell’industriosa mensa; da ciò vien solitamente postulato il ciclo di ‘conservazione’ della Storia e il suo amletico linguaggio alla mensa d’ogni Impero: “Essere o non Essere questo il dilemma, oppure macellare e macellando pregare, saziando il fantasma del dio sacrificato? Macellare per non essere macellati, e macellando pregare il fantasma d’un èvo trapassato?”; per poi in questo ciclo umano avvertire l’odore dello sterco depositato e l’intestino che lo  conia nel principio della zecca sua eterna compagna paladina e sposa, la quale anche lei succhia il sangue della vittima per poi  coniare moneta di sopravvivenza; in ciò cui fondata la semina entro la muta zolla cogitare ergo sum su questa mia Terra recintata; ovvero seminare l’indescrivibile solfureo elemento zolfo dell’inferno, cotto lento al fuoco, o peggio ancora, al rogo dell’immisurabile appetito, mai sia detta fame della digiuna ragione, la bocca utile solo al nutrimento per ogni cosa che ancor viva si muove ornare la Natura morta dell’uomo e la sua povera profetica favella…).




Quella rimossa percezione del proprio Essere ed appartenere al mondo presidiandone (oppure ed ancor meglio, attentandone) ogni linguaggio, al ché, un buon Filosofo prima dell’Ecologo disquisirebbe, come fin qui detto e fatto, giacché ne ha perso ogni uso, compresa quella capacità, unica, affine al Mondo della Natura, ovvero pensare più che connettersi al fine di presidiare più antica profonda Conoscenza, riaffermando i dismessi geni del proprio Essere ed appartenere all’Universo intero, più che fondare corto-circuiti di nuovi reti neurali.

 

Osservare l’Uno qual unico Essere vivo e cogitante sottratto e rimosso al proprio indistinto ‘atto’ subordinato - o meglio subappaltato - alla distorta prospettiva della ridotta percezione umana, scissa e frammentata nella raggiunta schizofrenia, qual dislessica finalità scritta nell’assoluta materiale certezza da un averso ed altrettanto unico linguaggio, presidiarne ed attentarne parola e intento.




 Finalità coniata ed incisa con sempre miglior definizione nella paradossale condizione ottenuta avversa alla Natura e nei Secoli contata, non avendo capito differenza fra riserva ‘aurea’ & ‘moneta’ (ottenuta così come la ricchezza); ogni sguardo e segreto intendimento circa il ‘valore’ negato, sacrificato all’altare umano, non avendo in verità e per il vero, seppur nei minimi particolari calcolato dalla più piccola invisibile particella sino allo specchio dell’Universo, donde proviene l’Elemento scisso e successivamente manipolato, ovvero come e perché si compone l’essere cogitante all’autopsia cui destinato e ben imbalsamato, o peggio, ibernato e conservato.

 

La gnosi di codesti nuovi alchimisti della ‘materia’ ci è sconosciuta, così come il nuovo linguaggio adottato ci è altrettanto incomprensibile nella comune volontà di voler porre l’inizio d’una nuova fine senza linguaggio alcuno colma e condita di dotta parola, ad uso esclusivo del composto criptato linguaggio umano, ovvero tradurre in impropri benefici economici quanto fin qui raggiunto in cotal misfatto.




 Da qui il miracolo per ogni beato futuro cittadino, la dottrina si riconosce nel caffè della mattina!

 

In questa realtà traduciamo e meglio comprendiamo la differenza fra la Natura e l’uomo.

 

Fra il santo e il ciarlatano!

 

Chi in verità in grado di perpetrare - nonché interpretare - ancora e di più l’inganno criptato dalla maschera umana attraverso il suo incomprensibile linguaggio per sempre alieno al mondo scisso della  Natura sacrificata?




 Essere disonesti con se stessi così come l’insegnare ciò che non si pensa e neppur pensare, è la peggiore frode per ciò che distingue il Linguaggio scisso della Natura che crea e il maestro che insegna, ovvero si è soliti dire ed anche postulare, che chi non in grado di far nulla è solito insegnare!

 

La differenza di siffatto linguaggio scritto nella capacità di creare, e il maestro oppure la maestrina di ogni Ragione che lo interpreta o recita, la quale è convenuta alla nausea olfattiva uditiva di ogni proclama non più compreso dalla Natura, con cui acclama se stessa privata e scissa dal teatro di tutto ciò che in verità e per il vero Crea.




 Si accomodino quindi al ripiano o soppalco della nuova armata o peggio cementata armatura, la facciata lo stile sarà dedotto secondo le regole del congiunto piano quinquennale, quindi sottratte dal benessere comune di chi muto li osserva, dacché solo in quel luogo il linguaggio assume plus valore ottenuto al ‘pil’ calcolato in accelerazione, altro accento dalla Selva del comune linguaggio criptato mentre li osserviamo non comprendiamo!   

 

Ci scusino loro signori siamo poveri e pazzi di Mondo!

 

Siamo mezzi-alberi e mezzi-animali privi di sano intelletto con l’intestino ulcerato dallo  sterco seminato in odor di cemento ben armato.

 

A tutti gli altri privi di ricchezza raccomandiamo…




Guarda ed osserva la Natura nei miti occhi della propria mitezza destinata all’umano, anche negli eccessi della propria collera regna Ragione di superiore incompresa sorte di subordinata dipendenza da cui l’umano, e per quanto ti sei sin qui affannato nel contenerla quanto sfruttarla, sappi che chi ha posto differenza ha creato la ‘misura’ del Tempo in cui scisso Infinito e Finito.

 

Dio e uomo!

 

Ove poni il tuo sguardo tapino!?




Nella vasta distesa della Selva o nel momentaneo tepore del tronco abbattuto? Il tuo egoismo regna et impera nel tener il Genio lontano dalla Selva affinché non se ne canti e lodi la benefica infinita bellezza.

 

Eppure il tuo composto accento, la nordica altezza, la stirpe e  l’appartenenza che ti distingue o dovrebbe, parente d’ogni forma di umano razzismo, compie il consumato gesto dell’impropria ricchezza.

 

Quanto sei meschino uomo!   

 

Corri a preservare il tuo fumoso calorico tepore al rogo d’ogni più Infinita disconosciuta conoscenza.

 

Corri alla Selva giacché c’è un Albero in mezzo al vasto coro che reclama diversa ricchezza!

 

Corri edifica la tua antica nuova fortezza feudo e differenza d’ogni Infinita disgrazia!




Osserva se ancora riesci in questa impresa senza l’apporto edile della povera tua ed altrui cagionata favella, e quindi medita (se ci riesci senza la nuova app  al palmare della digitata mano) come la più piccola impercettibile foglia cade dal proprio ramo alla stagione convenuta, e come l’uomo ne raccoglierà o prederà il suo frutto per ogni primavera, ebbene quel frutto apparterrà sempre ad una incompresa misura saziare l’umano appetito, ma certamente non la sua conoscenza che ne presiede il violento istinto.

 

Ne hai mai osservato il Disegno?

 

Sempre uguale!

 

Come il linguaggio scritto per ogni nota musicale, la quale eppure mai hai ben compreso udito e mai provare ugual lamento (così hai detto!), al freddo o futura silente poesia del tuo incompreso sguardo, quando poni l’orecchio così come l’oculo non men del futuro gusto e/o appetito dei sensi ‘privati’ della percezione totale del mondo a cui ti sei appena connesso.

 

Ma a cosa sei connesso tapino!?




Non odi ogni tanto un fremito della Terra intera imprecare la propria lingua. Corri al tuo ultimo elevato rifugiato riparo che Madonna progresso crolla al regno dell’antica Cibele insegnare la Rima segreta!

 

Beato te uomo che nulla comprendi ed intendi, questa la tua sola grande presunta segreta ricchezza pur avendo compreso l’intero Universo naufragato!   

 

Si ciberà di questo frutto, come dell’agnello sacrificato ed immolato (mentre noi assieme meditiamo comune riparo d’un’antica caverna dall’Universo da cui proveniamo…),  e questo pascolerà libero o ungulato nei vasti piani d’una superiore conoscenza osservare il tuo appetito assiso ad un ignobile gesto e trofeo di caccia, lui saprà sempre aggrapparsi alla più alta cornice della Storia naufragata ed appestata.




 Te sprofonderai nell’abisso del tuo riparo ben edificato. Questo non certo un augurio ma il conto di quanto sin fin qui ottenuto all’ultimo minuto da quando sei appena nato ultimo tapino, e quanto oltremodo disquisito, se ben comprendi calcoli e adotti l’equazione ottenuta fra Infinito e Finito, con impareggiabile ineguagliato indefinibile ‘superiore’ finito linguaggio.

 

Mai nato!

 

Osserva il freddo sopraggiungere non atteso al tuo capezzale promettere primavera, quando l’intero ghiaccio presidiava la terra, ebbene l’Essere ‘posseduto’ mantiene il costante attributo del miglioramento per ogni grado misurato nei Secoli dell’impropria Ragione contata per ogni anello di ugual Albero in cui nati; nella differenza espressa di questa breve formula, la quale si pone fra Infinito e Finito nel regno incompreso della dottrina.

 

Chi il ritratto di quanto creato?




Per ogni grado di giudizio in merito e conseguente nuovo linguaggio, i gradi del tuo improprio clima hanno alterato ogni forma di Vita, hanno mutato la Vita, certo sei un grande comunicatore hora al tuo essere si è applicata la costante d’un linguaggio finito.

 

Noi volgiamo lo sguardo all’Infinito mio piccolo amico!  

 

E per quanto ti ingegni di calcolare misurare decifrare contenere e manipolare, per quanto ti sforzi di falsare ogni bilancio, di presidiare l’intero Creato, di imprecare crocifiggere e calunniare la Natura intera, il morbo dell’inutile tua pazzia da un pazzo - in nome e per conto della Natura sua amica - sarà indicata ed apostrofata; il tuo linguaggio soffocherà nella bestemmia qual vero cancro e non certo nella Rima della divina superiore Natura.

 

(Giuliano)




 In una battuta, si potrebbe dire che non è sufficiente affermare che il capitalismo di oggi (specificato e sollecitato nel nostro caso, quindi tradotto, qual capitale umano da presunti ‘geni’ presidiato, formarne la ‘corteccia’ o spessa membrana ‘intellettiva’ da ciò da cui il capitale della tradotta conoscenza e coscienza, da chi privo della stessa disquisito, in quanto solo d’incompreso istinto meccanicistico dato per ogni Elemento frammentato dal Tutto; quindi ripetiamo, l’Uno e il Tutto nei rispettivi rovesciamenti di ruoli interpretativi sin qui dati e postulati, andando a porre ad una nuova deriva ogni traguardo per ogni grado ed anello dell’Albero qui sezionato nel tronco con le proprie umane radici in terra, d’un presunto Capitale ottenuto nel genio della ricchezza, all’inizio del Tempi ugual medesimo Genio risiedeva in ben diverso Creato, formare l’umano, hora ne ristabiliamo lo stesso grado per ogni Gene della perduta dismessa abdicata memoria) è un capitalismo cognitivo, ovvero che valorizza e organizza la conoscenza e le informazioni prodotte dal lavoro di una moltitudine globale ovunque assoggettata ad almeno una catena di montaggio numerica e a un dispositivo digitale (tutti hanno almeno un telefono cellulare).

 

Il capitalismo ha sviluppato forme di intelligenza autonoma e di scala superiore.

 

Si deve dire: il capitale stesso “pensa”.




Un po’ come quando la prospettiva moderna di Leon Battista Alberti nacque portando a Firenze le tecniche di proiezione ottica e astrazione geometrica dei matematici di Baghdad, raddrizzando molti quadri sghembi, aggiungendo una dimensione di profondità all’estetica e aprendo dunque una visione nuova delle spazio collettivo e politico, così sarebbe oggi salutare importare una visione aliena nella filosofia politica (e in particolare nella cosiddetta Italian Theory), per potere vedere i network globali e l’orizzonte tecnologico globale con la profondità e la proiezione di un nuovo paradigma, che faccia emergere e dischiuda uno spazio collettivo e politico più complesso.

 

Si dà oggi un salto di qualità, un passaggio di paradigma, una breccia epistemica che dovrebbe essere riconosciuta da qualunque forma di pensiero. Urge un Machiavelli del nomos tecnologico globale. Il limitato punto di vista “di parte” ha bisogno di un nuovo paio di occhiali per osservare la nuova profondità del “tutto” macchinico. Si prendano quattro esempi macroscopici e quattro aree di tensione politica con le quali tutti si devono confrontare, ovvero: il monopolio dell’economia digitale da parte di Google, Facebook e altri social media; le gigantesche reti della distribuzione e della logistica, come Amazon o Walmart; il recente datagate, ovvero lo scandalo che ha coinvolto le agenzie di intelligence americane intorno all’intercettazione e analisi dei metadati delle comunicazioni globali; i sensori, i calcolatori e i modelli attraverso i quali il cosiddetto cambiamento climatico della terra si dice venga registrato, calcolato e previsto.

 

Ognuna di queste infrastrutture tecnologiche sta ridisegnano i confini del nomos politico degli stati tradizionali semplicemente aprendo nuovi spazi ed estendendosi in nuove dimensioni.

 

(M. Pasquinelli)








 

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