giovedì 21 giugno 2012
IL TRAMONTO DELLA CUCCAGNA
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Il tramonto del mito di Cuccagna si svolge lento e inesorabile nell'arco
del XVII secolo.
Il grande, antico mito popolare innervato dalla tensione sociale del rinno-
vamento del cambiamento dei rapporti di proprietà e, in generale, dell'-
ansia utopistica del mutamento del costume civile perde lentamente vigo-
re e slancio.
...Il cuoco della nuova Cuccagna - tutta calata in una dimensione comple-
tamente culinaria e gustativa - viene generalmente indicato con precisi dati:
egli è il 'Panunto', soprannome di Domenico Romoli, celebre trattatista
'de re coquinaria', autore della 'Singolare dottrina'.
Dal gradioso e fascinoso anonimato della Cuccagna antica, da un remoto
sovrano senza nome, misterioso come un idolo incarnato dal sogno, si
discende a un cuoco, sia pur prestigioso, segnato dagli anni dei comuni
mortali.
Dal mito si passa alla storia, dalla festa collettiva al piacere privato.
Cuccagna diventa un soggetto di pertinenza dell'ars lecandi: un teorema
gastronomico sostituisce il tripudio alimentare dei poveri e degli affamati.
Alla serialità rituale delle portate del pranzo rinascimentale - inframezzate
da intermezzi, musiche, spettacoli, buffonerie capricciose -, all'ordine li-
turgico del banchetto, si sostituisce il disordine e la confusione della gran-
de abbuffata.
Una abbondanza sguaiata e laida, da taverna, prende il posto dell'opulen-
za regolata, armoniosa e 'decorosa' del banchetto di corte: il 'mirabil or-
dine' e la 'somma armonia' di Cristoforo di Messisburgo e degli altri trat-
tatisti cortigiani viene spazzato via da un'ondata di mascelle in movimento.
Il disordinato e caotico riempirsi del ventre vuoto, il risucchio della 'bom-
bance', dell'eccesso, dell''outrance' gastronomica, coincide con la filosofia
di Carnevale, ripugnante a quella misura che è condizione di regolata e du-
ratura salute.
La battaglia fra i due opposti princìpi simula il conflitto fra Carnevale e
Quaresima: 'Una vera e propria 'danse macabre', se si pensa che quell'e-
legante giocoliere, il trinciante, quasi ministro di un'incontro vendetta, col
suo profluvio di carni frolle e speziate propinava giorno per giorno, impla-
cabilmente, a una livida parata di commensali obesi e gottosi, un veleno
mortale'.
I 'paese della mirabilità' incerti e senza confini, l''insula del Convivere' dal-
l'ignota ubicazione, vengono accantonati per un luogo molto più ristretto
ma concreto la cucina; e i vecchi utopistici sogni si ridimensionano nella
filosofia dell'unto e del pieno, si restringono nell'etica tutta gastronomica
del 'pignato grasso'.
Il cuoco sostituisce il re, le folle affamate si assottigliano in una riservata
compagnia di privilegiati ghiottoni o in una scuola di 'gastrolati', nella qua-
le il 'maestro' erudisce nella 'professione' i 'noviziati' seguendo la 'singolar
dottrina' di trattare cibi.
La 'bombance' popolare s'ingrandisce in una 'nobil scienza' nella quale l'-
edonismo culinario accantona il piacere comunitario della 'panza piena',
in cui anzi la plebea pancia viene sostituita dal ventre e dalla scienza del
ventre.
Le ricette tendono a questo punto a obliterare le vivande, la dottrina cu-
linaria lo spontaneismo incolto e alla buona della 'kermesse' popolare.
Sia lode a Domenico Romoli che n'insegna tante sorte di vivande
con tanti condimenti per sì famosa compagnia e per creppa cuore
di Lesinanti; bona l'opra maccaronea, felice paese di Coccagna
dove chi arroste, chi cocina, chi fa guazzetti, chi pizze, chi torte,
chi bianco mangiare, chi pastoni, chi pasticci, chi gioca di denti,
chi di mascelle, chi di punta, chi di roverso, chi di fuori, chi di
dentro, chi fa notomia, chi gioca di brocca ....altri si trastullano
con tinche riverse, cefali marini, triglie in graticola, altri con
pottaggi di maccarelli, calamaretti di latte, telline con le cappe,
uova di storione stufato, cardo al modo di tartufi, linguate ma-
rinate con agresto, ostreghe in bruggia, lamprede alla portughe-
se, teste d'ombrine, tocchetti d'anguille alla fiorentina, minestre
di prugnoli, panza di sulmone, savor bianco d'amandole.
Ad altri piaccioni le laccie di fiume, pasticci di pere, ischiaccia-
tine con polvere di ramerino, polpe in pottaggio alla polacca,
schiene d'arenghe, mirausto di miccarelli, zibibi stufati, teste
di tonno coverte di mirausto, laccie lattinate, tocchetto d'an-
guille, testicoli dorati, piccioni in ganestrata, pasticcio di vi-
tella battuta alla francese, pollastri stufati e vermicelli di ri-
cotta, pan dorato con rignonata di vitella, capponi di mangiar
bianco semplice con cannella di melegrane forti di sopra, pet-
to di capretto in genestrata, budelle di vitella ripiene alla lom-
barda, croce di trippa di vitella alla fiorentina, paperi stufati
alla polacca, minestra di ravioli di carne....
Currete cuochi generosi, ciabattini volenterosi, i ricchi e dana-
rosi signori son appen arrivati fin alle porte delli boschi e del-
le ricche chiese, son padroni dello vostro bello paese. Correte
che la panza del signore e ora vuota come una botte, e se vuoi
contare qualcosa in questo bello paese, da cuoco e cameriere
da servo e buffone per il tuo ricco e fiero padrone......lo dovrai
servire come fosse il primo luminare in ogni suo arguto dire.
Tu stai zitto, se vorrai campare un po' più a lungo, e a lui do-
vrai servire anche le dotte rime, perché è sempre lui il primo
signore di ogni reame.........
(Piero Camporesi, Il paese della fame)
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