mercoledì 13 giugno 2012
LE 'NOBILDONNE' DI IMAD-ad-DIN
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Se Clemente avesse letto questo racconto si sarebbe rivoltato nella tomba
a cui nel frattempo era stato affidato.
E' però significativo, malgrado le ovvie esagerazioni e la prosa colorita d'-
Imad-ad-Din che alcune di quelle fanciulle fossero altrettanto soddisfatte
sia che 'facessero di sé libera offerta' sia che 'vendessero le loro grazie per
riconoscenza' o 'vendendosi per oro'.
Ed era proprio questo il maggior ostacolo a una legislazione che riguardas-
se la prostituzione: esistevano troppe dilettanti e praticanti occasionali il
cui controllo era impossibile. Già nell'ordinanza di Enrico II del 1161 erano
prescritte gravi pene per donne 'che vengono clandestinamente ai bordelli'
e nel 1338 troviamo William de Dalton a Londra condannato alla prigione
perché gestiva una casa di malaffare in cui ospitava donne sposate.
Un'ordinanza voluta da Enrico V ed emessa dal sindaco e dai consiglieri
della città di Londra nel 1417 per l'abolizione dei bordelli all'interno della
città denuncia nel preambolo lo stesso spinoso problema.
Dopo aver lamentato 'i molti gravi abominii, danni disturbi della pubblica
quiete, assassini, omicidi, ladrocini e altri comuni flagelli' risultati dall'alber-
gare 'uomini lascivi e donne di cattiva e disgraziata vita' in bordelli all'inter-
no della città e nei suburbi, il preambolo terminava: '.....e ciò che è peggio
...le mogli, figlie, figli, apprendisti e servi dei rispettati abitanti della City...
sono spesso trascinati e attirati in quei luoghi....e ciò a grande disonore
della City stessa....'.
Se persino le mogli e le figlie dei rispettabili cittadini avevano l'abitudine
di rifugiarsi in quelle 'sentine d'iniquità' per appagare i loro appetiti e forse
per guadagnare un piccolo spillatico, certo una povera ragazza di campa-
gna o la madre di famiglia alla fame era molto tentata di afferrare l'oppor-
tunità di alleviare la miseria propria e dei figli vendendosi: 'Siate molto
attenta', un capofamiglia parigino mette in guardia la giovane moglie, 'alle
ragazze che cercano un posto di cameriera e si presentano con referenze
di precedenti padroni' poiché spesso queste 'donne provenienti da luoghi
distanti del paese sono state svergognate per qualche vizio nella loro regio-
ne e questa è la ragione per la quale vengono a servizio da tanto lontano'.
E date le paghe offerte da persone accorte come il bravo marito, possiamo
essere sicuri che non poche servette, fossero o no 'svergognate per qualche
vizio nella loro regione' e ricorsero poi alla prostituzione per rimpinguare i
loro scarsi salari.
Ma, così facendo, si consideravano prostitute?
Avrebbero pensato, più di quanto facessero le mogli e le figlie dei loro pa-
droni, di presentarsi alle autorità competenti per farsi ufficialmente registra-
re come tali?
Di tutti i monarchi medievali, il più preoccupato dalla prostituzione dal punto
di vista morale fu San Luigi di Francia, il cui nonno, Filippo Augusto, invece,
pare non ne fosse affatto disturbato.Durante il suo lungo regno, durato dal
1226 al 1270, San Luigi fece numerosi tentativi di redimere le prostitute of-
frendo loro incentivi per abbandonare il loro commercio. Promise una volta
che ogni prostituta che si pentisse e si ritirasse a vita privata avrebbe benefi-
ciato di una pensione e inoltre volle fondare e mantenere molte case di be-
ghinaggio per le donne che avessero deciso di dedicare la loro vita, o quanto
restava di essa, alla pratica della santa virtù della castità.
Sempre in Francia, Francois Villon ci racconta che lui e i suoi compagni di
gozzoviglie entravano ed uscivano di continuo dai bordelli parigini come quel-
lo della 'Grassa Margot' dove spesso lui stesso faceva funzione d'aiutante
servendo i clienti di 'vasi da notte e vino....formaggi e frutta e pane e acqua
come desideravano' mentre a Digione, nel 1455 il procuratore-sindaco riuscì
a catturare proprio in un bordello un congruo numero di 'coquillards' del luogo.
Per quanto molti deplorassero l'alta incidenza di criminalità tra prostitute e so-
ci, furono ben pochi i papi, re, vescovi o consigli municipali medievali che vo-
lessero privarsi di una notevole rendita, tentando, come San Luigi, di abolire
la prostituzione.
Di norma, anzi le autorità (comprese quelle ecclesiastiche) tendevano al suo
controllo più diretto rendendo più severi i provvedimenti che la restringevano
a determinate zone per ridurre tanto la possibilità di venir truffati del dovuto,
quanto perché queste zone, ben definite, non venissero infestate da criminali.
(A. Mc.Call, I Reietti del Medioevo)
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