CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

giovedì 4 aprile 2019

QUANDO DIO RIDE













































Precedenti capitoli:

Circa i Diritti d'Autore (1)  (2)  (3)

Prosegue in:

Quando Dio ride (Seconda parte)  &

Circa i Diritti d'Autore (Quarta parte)














“Gli dei, gli dei sono più forti; il tempo cade  davanti a loro; le ginocchia di tutti gli uomini si piegano; tutte le preghiere e le sofferenze degli uomini salgono come l’incenso verso di loro; sì, ché questi sono dei, Felici.”

Carquinez si era finalmente rilassato. Diede un’occhiata alle finestre sferraglianti, guardò verso l’alto il tetto spiovente e ascoltò per un momento il selvaggio ruggito del sud-est mentre pareva volesse afferrarlo tra le sue fauci muggenti assieme l’intero bungalow.

Poi sollevò il suo bicchiere davanti al fuoco e rise di gioia attraverso il vino d’orato.

‘È bellissimo, è soavemente dolce, è un vino da donna, e fu fatto bere ai santi vestiti di grigio’.

‘Lo coltiviamo sulle nostre calde colline!’,

dissi io, con un perdonabile orgoglio californiano.

‘Ieri hai camminato attraverso le viti da cui proviene!’

Valeva la pena di sentire Carquinez!

Non era mai veramente se stesso fino a quando sentiva il dolce calore della vite cantare nel suo sangue. Era un artista, è vero, sempre un artista; ma in qualche modo, sobrio, il tono acuto e l’inclinazione svanivano dai suoi processi mentali e lui era incline a divenire mortalmente noioso come una domenica britannica - non banale come gli altri uomini, ma relativamente a Monte Carquinez quando era davvero se stesso.

Da tutto ciò non si può dedurre che Carquinez, che è il mio caro amico e più caro compagno, era un ubriacone. Tutt’altro: raramente sbagliava. Come ho detto, era un artista. Sapeva quando ne aveva abbastanza, e abbastanza per lui era l’equilibrio – l’equilibrio tuo e mio quando siamo sobri.

La sua era una temperanza saggia e istintiva che poteva essere quella di un greco. Eppure era lontano dall’esserlo.

‘Sono azteco, sono Inca, sono spagnolo’,

…gli ho sentito dire.

E in verità guardandolo sembrava un composto di strane razze antiche con la sua pelle scura e l’asimmetria e primitività delle sue caratteristiche. I suoi occhi, sotto le sopracciglia massicciamente arcuate, erano distanti e neri con l’oscurità che è barbara, mentre, davanti ad essi stavano perennemente cadendo un ciuffo di capelli attraverso i quali guardava come un satiro birichino da un boschetto.

Indossava sempre una morbida camicia di flanella sotto la giacca di velluto a coste e la cravatta sempre rossa. Quest’ultima rappresentava la bandiera rossa (un tempo aveva vissuto con i socialisti di Parigi), e simboleggiava il sangue e la fratellanza dell’uomo. Inoltre, non era mai stato visto senza un sombrero di pelle  a larghe tese. Si diceva persino che fosse nato con questo particolare copricapo. E nella mia esperienza è divertente vedere quel sombrero messicano che chiama un taxi a Piccadilly o schiacciarsi nella calca della ferrovia elevata di New York.

Come ho detto, Carquinez era animato dal vino  ‘come l’argilla fu animata rapidamente dal soffio divino’, secondo il suo modo di dire. Confesso che era ereticamente intimo con Dio; e devo aggiungere che non c’era né eresia né blasfemia in lui. Era sempre onesto e, purché aggravato dai paradossi, molto frainteso da coloro che non lo conoscevo bene. Poteva essere elementarmente rozzo come un selvaggio; e altre volte delicato come una cameriera, o scaltro come uno spagnolo.

Infatti non era lui Azteco? Inca? Spagnolo?

E ora devo chiedere scusa per lo spazio che gli ho dedicato. (lui è mio amico e gli voglio bene).

La casa stava tremando per la tempesta, mentre si avvicinava di più al fuoco e rise attraverso il bicchiere. Mi guardò, e con maggior lucentezza dei suoi occhi e con la loro vigilanza, compresi che aveva raggiunto il punto culminante.

‘E quindi pensi di aver vinto contro gli dei?’,

chiese.

‘Perché gli dei?’.

‘Chi se non loro ha posto la sazietà nell’uomo?’,

…gridò.

‘E da dove viene la volontà in me per sfuggire alla sazietà?’,

…chiesi trionfalmente.

‘Di nuovo gli dei’,

disse sorridendo.

‘È il loro gioco che giochiamo, mischiano tutte le carte e prendono la posta. Non pensare di essere scappato fuggendo dalle pazze città. Tu con le tue colline ricoperte di vite, i tuoi tramonti e le tue albe, la vostra vita casalinga e semplice!

‘Ti ho osservato da quando sono venuto, non hai vinto hai capitolato. Hai parlamentato con il nemico. Hai confessato che sei stanco. Hai volato sventolare la bandiera bianca. Hai giocato un trucco, un vile trucco. Hai esiliato al gioco. Ti rifiuti di giocare. Hai gettato le tue carte sotto il tavolo e sei scappato per nasconderti, qui tra le tue colline’.

Si scostò i capelli lisci dagli occhi lampeggianti, e appena interrotto si arrotolò una lunga sigaretta marrone messicana.

‘Ma gli dei sanno che è un vecchio trucco, tutte le generazioni di uomini ci hanno provato …e perso. Gli dei sanno come comportarsi con uno come te. Perseverare è possedere, e possedere vuol dire essere sazio. E così tu, nella  tua saggezza hai rifiutato di perseverare più a lungo. Avete scelto di smettere: benissimo vi sazierete con questo. Ottimo. L’hai semplicemente barattato per la senilità. E la senilità è un sinonimo di sazietà. È la maschera della sazietà. Bah!’.

 ‘Ma guardami!’,

…esclamai.

Carquinez è stato sempre un demone per trascinare l’anima di qualcuno per farci stracci e brandelli.

Mi squadrò con sguardo fulminante.

‘Non ne vedete i segni’,

…dissi con aria di sfida.

‘La decadenza è insidiosa’,

ribatté.

‘Sei più che maturo’.

Ho riso e perdonato la sua diavoleria.

Ma lui rifiutò di essere perdonato.

‘Non lo so?’,

chiese.

‘Gli dei vincono sempre, ho visto giocare gli uomini per anni e secoli quello che sembrava un gioco vincente. Alla fine hanno perso’.

‘Non fai mai errori?’,

…ho chiesto.

Ha soffiato molti anelli di fumo meditativi prima di rispondere.

‘Sì, sono stato quasi ingannato, una volta. Lascia che te lo racconti. C’era Marvin Fiske (un idealista, un poeta, un amante della Natura come della Verità e della Bellezza).

Ti ricordi di lui?

E il suo volto dantesco e l’anima del poeta, cantando il proprio ed altrui canto dello Spirito innalzava il suo inno all’Amore? E c’era Ethel Baird (bella come Madre Natura pura come ogni suo Elemento cantato), che anche tu devi ricordare’.

‘Una santa Madonna’,

dissi!

‘Proprio Santa come l’Amore! E più dolce! Solo una Natura e Donna fatta per l’amore spirituale, e ancor meglio come posso spiegartelo? Intriso di santità come la stessa tua aria, qui, è impregnata dal profumo dei fiori. Bene, si sono uniti: Uno ha generato l’altro, l’altro ha generato Lei. Senza peccato alcuno! Hanno giocato una partita con gli dei’.

‘E l’hanno vinta, hanno gloriosamente vinto (pur perdendo l’intera mano)!’.

(Poi la Terra s’è spaccata gli dei - o il tuo dio - hanno perso o vinto la partita il dilemma rimane…)

Lo interruppi!

Carquinez mi guardò con compassione e la sua voce era come una campana funebre.

‘Hanno perso, in modo supremo, in modo divino, in modo colossale’.

‘Ma il mondo crede diversamente’,

…mi azzardai freddamente.

‘Il mondo congettura, il mondo vede solo il volto delle apparenze. Ma io so. Ti è mai venuto in mente di chiedermi perché ha preso il velo, sepolta in quel doloroso convento di morti viventi?’.

‘Perché Lei lo amava così tanto che quando morì...’…

 La parola mi fu troncata sulle labbra dal sogghigno di Carquinez.
















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