CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

domenica 15 marzo 2020

LA PRIMAVERA (12)












































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Di statistiche (11/1)

Prosegue in ciò che...:

Non è stato detto (13/4)













In questo stesso mattino pur se volgiamo gli occhi alla morte come alla vita sia noi, e chi al meglio la preannuncia, con i suoi profumi suoni e raggi di sole quali carezze di future certezze, qualcuno o tutti contemplano la sua Corona  fondare l’eterna avventura della sopravvivenza pensando chi il più forte di codesto Creato offeso…

Quando tutti in questo regno derivato e mal accudito parlano di morte e peste nera noi salutiamo la Vita e con essa la stagione che più caratterizza la sua armonia.




Signori miei è quasi Primavera la dovreste sentire bussare all’uscio pur non essendo ancora Aprile, prestatele dovuta attenzione anche se pensate alla morte a cui sono spalancate le porte!

Bussa alla medesima soglia d’ognuno pur non essendo sua pretesa nella parentela contesa, per ricordarvi - da quando esiste Madre Natura e un Dio che così bella la fece come una Madonna - che ugual preghiera ufficia l’Evento e futura - trista o lieta - Novella: si accompagna con un leggero velo d’amore come una soffice nebbia quale prematura luce: un’alba che infonde gioia e volontà di vivere fors’anche sopravvivere.




Come per dire ed ad ognuno dedicare il messaggio, o se preferite, la segreta Rima dello stesso Dio venerato.

L’Inverno del nostro oscuro avvenire deve’esser superato, pensiamo e ammiriamo Lei qual donzella e Madonna riconoscendo ogni sua Creatura per ogni Pietra e Legno profanata o da profanare ancora!




Ed anche se l’Inverno si è pronunciato rigido come il Tempo antico nel suo discorso severo e apparentemente avverso alla Vita, proprio mentre un Figlio nasceva, ci ricorda anche lui specchio d’ogni Stagione scritta in Cielo quanto in Terra.

Il calore dell’Armonia qual donata Primavera, donna feconda seminare la Terra da cui la Vita.

Il gelido rigido Inverno qual Testamento di rancore e non solo freddo donde proviene la strana Rima (di cui testimone) per ciò cui vilipeso nell’equilibrio corrotto per ogni simmetrico fiocco di neve precipitato, ed al contrario coniato in roversa moneta abdicata all’evoluto da Lui nato.




Sua figlia Primavera offesa anche se compie, o vorrebbe, la propria funzione del Rito abdicato alla moneta!

E da cui la Natura…

Non della moneta! Bensì del ciclo scritto nell’Infinita stagione in nome e per conto della Vita…




Un padre severo questo: muto silente nominato Inverno, si vede nel Cielo si spera dall’alto del suo Olimpo ai molti Dèi delegati: non comandi neve pioggia grandine e saetta.

…Una cometa e una pietra parlano per sua muta Parola non ancora Verbo…




Durante l’Infinito suo Regno (ed io l’ho visto!) ha radunato tutte le sue specie, le più forti le più disgraziate unite, quelle insomma che non erano del tutto addormentate o perite e quantunque sopravvissute…, e ancor da nascere; e dopo un breve consulto con i pochi Geni rimasti scampati a guardia della Grotta, Tana dell’ultimo riparo comandato o un lontano Tempo dai Profeti annunziato, ha scritto uno strano Testamento come e più d’un Re ingannato.

Dal consulto adirato è passato all’insulto…




I suoi Figli, i più fedeli, gli unici sopravvissuti nel Regno muto quale Castello arroccato fra il ghiaccio e la neve, hanno provato a decifrarne il senso, hanno sfogliato la corteccia qual vera fame di sapere, giacché il Grande Albero dell’Universo, là ove è solito riporre il solitario imperscrutabile Pensiero non ancora ululato, i rami solo una visibile cornice dove non si scorge quadro del severo suo apostrofare: silente come l’intero Universo (ed io so’ perché l’ho visto!) o invisibile bianco mare.

I loro teschi vuol appendere e farne trofeo ed imporre  una dura pena avvenire per tutto ciò di cui tradito e per tutto il male arrecato per ogni feudo e verde Regno creato, poi coniare regale moneta e non parlare o delegare Profeta alcuno ove cinta l’ammenda!




Ed io so quel che dico perché pur muto dal freddo nascosto l’ho visto!




Debbono attendere e pregare sua figlia Primavera vicino alla tana vicino alla grotta, poi salire ancor più in alto, giacché la fame e la paura li ha spinti troppo in basso nel destino di ugual avventura: devono salire l’impervia Vetta rubare la Cima del capitano strappare l’inutile corda d’acciaio all’intruso che un tempo havea Creato. Poi riprendersi ogni rifugio sottratto al Regno fondato, e da lì amministrare ogni Giardino ed ogni nuovo Dio sia eletto e censito.

Dèi di nuovo nati et hora incaricati!

Ed io so’ quel che dico perché questo suo segreto dire hora sto tradendo et anco testimoniando…!  




Poi ho udito che tal proclama incaricato debba essere annunziato con lieto cinguettio seppur cacciato, Lui di caccie è buon intenditore nonché creatore come di scoppi saette e dardi esplosi o scagliati!

Poi ha incaricato sua Figlia Primavera, giacché èra pur stanco di cotal baccano cingere le mura come ogni tana ed universale Universo reciso ma non certo da Lui presidiato, giacché la notte ha vegliato meditato e criptato segreto Testamento.




Lei, figlia compagna amante prediletta, sposa segreta, deve ricordare la Vita, proclamarne il lieto Evento, anche se il regale nobile Padre suo nel citato Testamento non ha risparmiato nessuno, deve pronunziare cotal Novella, agli interpreti penserà al Tempo dovuto ben scolpita quale indecifrabile scrittura o universale cantico, e quando la pista della loro lenta discesa si scioglierà alla neve della ciclica venuta, allora dovrà indicare il letto del loro amore nominato Fiume, là ove poter conoscere un suo ambasciatore: un Dio ignorato come una vena del braccio ferito della dura contesa non ancor guerra.

Ed io so’ quel che dico perché l’ho visto adirato vicino ad una costola sporgeva dalla vena, èra tramonto il sole splendeva et ardeva sembrava una Poesia forse una Preghiera in cui leggere la sua Rima.

Ed io so’ quel che dico perché l’ho udito gridare aiuto!

Mi sono nascosto vicino ad una grotta da basso la gente mi cercava e derideva…!




Io so’ quel che dico giacché se pur non visto l’Inverno discutevamo principiare quanto Creato, sotto una coltre ghiacciata come una coperta che piano scorreva, parlavamo d’amore per la Vita mentre qualcuno celebrando uno strano istinto, scivolava sino ad uno impervio destino non avendoci visto, eravamo troppo in basso pur ben alti nell’Universo non certo né ammirato né pregato.

E neppure sentivamo freddo!

Lui faceva conto dei danni, pensa di richiamare l’intera famiglia suddivisa, di tuonare battaglia, di rifondare il Regno usurpato. Il Re pensò così,  di legiferare nuovi decreti per tutti lontani e vicini sudditi dimenticati, giacché le idee sembrano ancor più chiare quando decreta Parola.




Ed un fiocco un solo fiocco mi asciuga una lacrima, la costola affiorata vicino alla vena si copre diviene una Vetta, mi indica il Sentiero mi dice che la strada è difficile, mi porterà linfa e parole!

Poi le trasformerà in Dolore solo per farmi comprendere ove risiede l’errore.

Ed io so’ quel che dico l’ho visto piangere e benedire il mio cammino…




…Poi radunare e comandare segreta Guerra, se pur incaricata la sua prediletta di annunziarla come lieta Primavera, mentre nel roverso umano motto cogitano alla morte, e senza creanza alcuna fondare la crosta non ancora solida roccia, solo fuoco lento divenire qualcosa che assomiglia ad una sfera luccicare medesima orbita muovere stentatamente orme e rumore come un errore non del tutto percepito, poi piano illuminare fioca luce pur non essendo un alveare…

Qualcosa di incandescente come e più del fuoco da cui il Ferro della contesa!

Chi formerà solida Terra?!




Così il Re decise di riunire tutte le forze in campo, così in cielo come in Terra quanto in mare, da poter risorgere vincitore in codesta contesa.

Moltiplicò forze aeree navali e terrestri, giacché regna difficile respiro soffocato gas scomposto raggrumato un qualcosa di già creato ma alterato et avvelenato, l’offesa e pari alla ferocia…che mette in campo!

Chi miglior atleta e guerriero non men dal Fisico lo potrai dedurre.

Ascolta il suo canto in questa Primavera di Guerra!




Ed io so’ quel che dico perché l’ho visto anche quando ha gridato di tacitare silenzio ed allora sono scivolato neppure caduto, quasi mi volesse nominare Lucifero.

Poi fui perdonato…

Come dicevo moltiplicò nello sforzo tutte le famiglie in campo richiamate dalla riserva mentre provvede a moltiplicare colori e tinte affinché l’uomo, futuro sconfitto, le possa solo pregare ma non certo ammirare.

Solo da ben lontano alla distanza convenuta ove tanta offesa, havea ed ha seminato, destinando ogni regno usurpato al proprio padrone spodestato, legiferando nuovi troni da ridistribuire e rifondare…

Mentre Noè andava bestemmiando…




Riaprì al pubblico il suo bel Giardino (non ancora parco) incaricò di nuovo Demonio - paralisi e vittoria - senza conoscenza alcuna, poi contattò Eva ed il suo compagno, proclamò che ci sarebbero voluti molti più giorni per quanto deciso dispensando ogni Profeta raccomandandolo ad un diverso Sogno meglio curato, dacché il campo non ben seminato neppure la mela maturata, ci penserà Primavera, sua figlia sposa diletta, amante segreta, comandare il Tempo fondare il mare della Luce donde ogni cosa proviene, attenderne piano la dovuta crescita divenire Vita, qualcosa che corregga l’insana rotta da quei demoni transitata, naufraghi d’un’immonda èra e non certo eresia.

Diede compito di curare ogni malato non men del capitano.

Compreso l’affogarlo!




Congiuntamente forze di Cielo Terra & Mare sono riunite. La sua ira feroce come e più d’ogni Elemento richiamato, il suo urlo un ululato dalla foresta udito e non certo scolpito. La scrittura ben incisa per ogni cieco ad ogni nuova deriva.

Voi potete anche ridere per ciò che’ho udito letto e veduto, giacché riconosco e solo in questa hora comprendo appena la forza del suo dolore divenire Guerra! 









                  

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