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Interazioni fra Ambiente & Salute (14/5)
Nella Genesi tratte... (15)
Prosegue nella:
Giornata mondiale della Fauna (17)
Sottovalutare il pericolo ci porta alla
conclusione d’una errata interpretazione del costante ruolo della ‘pestilenza’
intesa non solo come malattia durante l’intero arco della vita umana dovuta
all’uomo; ed altresì il negare di fatto il suo contributo alla sviluppo -
volontariamente o non - della stessa malattia dall’uomo innescata… ci sembra
una grave difettevole lacuna protratta nello svolgimento nella totalità del
Tempo in cui rilevata, e che tratterebbe i problemi globali, non riuscendo però
nella duplice manifesta gravità di poterli o volerli risolvere, pur volendone
isolare il principio, intervenendo privandoli delle concause taciute dei
fattori scatenanti.
L’attuale conoscenza ci porta a questo dato di
fatto sia per ciò che riguarda concause che il negarle quali ruoli determinati
nella stessa Genesi da cui l’Uomo.
Se prima eravamo in un certo modo giustificati
allo stato attuale non lo siamo più, e tutto ciò che ne deriva un processo e
non solo storico ed economico di costante regresso compreso quello della
Conoscenza.
Regresso che a qualcuno può far comodo.
A qualcuno ma non certo alla globalità ove
qualcuno e non ognuno prospera.
Quindi il negare una concausa nei fattori
ambientali di cui il maggior responsabile del suddetto inquinamento durante i
secoli dell’intera propria ed altrui evoluzione determina una mancanza di
correlazione dei principi base sia della Storia della Geografia nonché quelli
specifici dell’Ecologia intesa non più come singola scienza dell’ambiente, ma
Scienza applicata, con tutte le branchie che la contraddistinguono,
indispensabile per comprendere i meccanismi della Vita quindi dell’Economia che
l’uomo nello sfruttamento incessante della Natura con le limitate sue risorse
non determina e calcola con sufficiente attenzione.
Il contare i morti ed innescare la paura pensando di isolare il morbo non risolve il problema della detta (universale mondiale) pandemia, semmai nella corretta gestione come l’universale visione dei meccanismi che ne determinano la secolare ascesa, ed il sottrarli all’attenzione, o ancor peggio, alla conoscenza ignorandoli o ponendoli nella falsa evidenza, significa aggravare il danno come non rilevare l’anello di congiunzione di concause determinandone, volontariamente o non, il progredire a svantaggio dell’intera comunità.
Il contare i morti ed innescare la paura pensando di isolare il morbo non risolve il problema della detta (universale mondiale) pandemia, semmai nella corretta gestione come l’universale visione dei meccanismi che ne determinano la secolare ascesa, ed il sottrarli all’attenzione, o ancor peggio, alla conoscenza ignorandoli o ponendoli nella falsa evidenza, significa aggravare il danno come non rilevare l’anello di congiunzione di concause determinandone, volontariamente o non, il progredire a svantaggio dell’intera comunità.
Il curare e giustamente prevenire come, altresì,
l’ignorare non significano più e di certo applicare la giusta conoscenza quando
e per l’appunto si ignorano isolandole le concause dall’intero contesto, così
come si vorrebbe delimitare il morbo isolandolo propriamente da ciò che più
propriamente lo ha scatenato. Bensì intervenire non più come nei trascorsi
secoli bui ciechi sull’intero corpo di Gaia, pensando di risolvere con un
unguento una preghiera una denuncia contro l’untore il propagare della
malattia, la qual malattia come ogni cancro tende colpire ogni equilibrio
preesistente - in cui e per cui - nella Natura compreso tutto ciò che da lei
deriva si possono trarre i giusti benefici di un corpo sano.
Il negare un argomento ampiamente dedotto il quale se ignorato o peggio isolato - più e peggio del morbo - non potrà farci evolvere come razza umana bensì retrocedere a ciò che è ed èra. La terapia - ogni terapia - pur non aggravando e giustamente sfociando nell’ansia o delirio deve tener conto della cura, giusta cura che tutto ciò comporta, se sbagliamo diagnosi curando con una semplice terapeutica indistinta aspirina un’esteso e ben più grave danno compresa l’ulcerata e troppo spesso ignorata psiche, non avremmo risolto nulla fin qui progredito, ed altresì arrecheremo nella lunga portata dell’evoluzione dello stesso corpo sano divenuto malato - un sol corpo malato, l’irreversibile aggravamento che condurrà all’inevitabile lento declino.
Il negare un argomento ampiamente dedotto il quale se ignorato o peggio isolato - più e peggio del morbo - non potrà farci evolvere come razza umana bensì retrocedere a ciò che è ed èra. La terapia - ogni terapia - pur non aggravando e giustamente sfociando nell’ansia o delirio deve tener conto della cura, giusta cura che tutto ciò comporta, se sbagliamo diagnosi curando con una semplice terapeutica indistinta aspirina un’esteso e ben più grave danno compresa l’ulcerata e troppo spesso ignorata psiche, non avremmo risolto nulla fin qui progredito, ed altresì arrecheremo nella lunga portata dell’evoluzione dello stesso corpo sano divenuto malato - un sol corpo malato, l’irreversibile aggravamento che condurrà all’inevitabile lento declino.
Sia questo biologico chimico e psicologico
rilevato e quantunque rivelato.
L’economia si regola - o dovrebbe - su questo
principio e non certo come un tempo interpretato alla venuta di Darwin, sul più
forte proiettato nella lunga durata della propria pretesa, se invece come il
piccolo o grande orto seminato, prevale arte ed ingegno d’un più probabile
ciarlatano o ancor peggio, più forte esempio inteso come razza tradotta in
forza e ricchezza, otterremo la breve durata certamente della suddetta
ricchezza ma non certo della forza.
La forza risiede nel saper ben calcolare come
valutare l’interesse globale e rapportarlo alla scala dei valori morali
correttamente applicati a beneficio di ognuno, e quando si chiede l’urgenza ad
un malato qualsiasi medico che abbia espresso giuramento motivo del proprio
compito, o un giudice che vuol ben giudicare il proprio imputato sottraendosi
da ugual giuramento di Verità, ed entrambi ignorando il motivo del loro
specifico mandato, farebbero un grave danno alla medicina e con essa un torto
alla Legge così come applicata, cui ognuno aspira nella cura della verità detta
ma taciuta, compreso il Diritto alla giusta disciplina che dall’esistenza
deriva correttamente partecipata.
Se sussisterebbe vizio di Dottrina, sia la sfera
dell’intera Scienza, così come il vasto evoluto campo del Diritto
risentirebbero i tarli del Tempo e retrocederebbero ad un infausto dubbio
principio nemico del vero progresso
raggiunto e dalla Conoscenza come dalla Verità precluso ed ignorato.
Cedendo terreno al morbo contrastato…
Ne conseguirebbe, ignorando patologica avversa
condizione contratta in cui sia il malato quanto il reo evolvono e degradano nel
malessere apostrofato e giudicato ma quantunque propagato verso una impropria
dottrina: né Medicina o Legge che sia potrà risolversi in retta Scienza se il
medico come il giudice esulerebbero dall’intero contesto in cui l’appestato
diventa ‘untore’ e l’untore degno erede d’una sconosciuta scienza…
Tutto questa la Storia ci insegna e non solo
della Scienza!
Un’incisione
di Albrecht Durer del 1528 ci ha
tramandato un’immagine imperitura dei vari flagelli che durante quest’epoca si
aggiunsero alle normali cause di mortalità:
i quattro cavalieri dell’Apocalisse!
Quest’immagine
ha origine dall’ultimo libro del Nuovo Testamento e l’identità dei cavalieri è
stata variamente interpretata nel corso della Storia, ma nella versione
prevalente tre di essi designati come a Guerra, la Carestia e la Peste, il
quarto come la Morte.
Il terzo di questi è chiamato Peste.
Un giorno
avevo appena a riflettere su quei cali di concentrazione della CO2 – stavo leggendo mentre
pranzavo la recensione di un libro, quando mi cadde l’occhio sulla parola
‘peste’, mi alzai da tavola e presi il volume dell’inciclopedia. Lì lessi, come
già sapevo, la peste bubbonica aveva causato la pandemia denominata ‘peste
nera’ della metà del Quattordicesimo secolo, nonché le successive esplosioni
dei secoli XVI e XVII, ma appresi anche che una grande pandemia si era
verificata durante l’èra romana negli anni 540-542. I tassi di mortalità in
entrambe le pandemia erano stati incredibilmente elevati, e a prima vista le
pandemie si correlavano abbastanza bene con i cali di concentrazione
dell’anidride carbonica.
Come ha
sostenuto J. Diamond (in questo blog non casualmente riproposto) in Armi,
acciaio e malattie, furono gli stessi successi dell’agricoltura a favorire
la diffusione delle malattie. Nelle epoche precedenti gli esseri umani che
vivevano di caccia, pesca e raccolta erano dispersi in piccoli clan o tribù. Se
una malattia colpiva un clan o un gruppo locale, alcuni (o magari la maggior
parte) dei suoi membri poteva morire, ma vi erano poche probabilità che
contagiassero gli altri.
La
correlazione fra pandemie e cali della concentrazione di CO2 atmosferico era una
prospettiva promettente, ma qual nesso intercorre causale fra i due fenomeni?
Come
potevano le pestilenze e le altre malattie provocare le cadute di anidride
carbonica?
Un
possibile meccanismo in grado di sottrarre anidride carbonica dell’atmosfera in
pochi decenni conseguente la ricomparsa in vaste zone del manto forestale,
conseguenza della mortalità causata dalle pandemie. Si immagini il seguente scenario:
durante gli anni precedenti l’eruzione della pestilenza, il graduale
disboscamento è andato eliminando lentamente il carbonio dal suolo a tassi
tipici del periodo che va da 8000 anni fa all’inizio dell’èra industriale. Il
risultato è stato il lento aumento dei livelli di anidride carbonica
atmosferica. Poi sopraggiunse una pandemia, che nei 50 anni successivi causa
una mortalità di massa fra la popolazione umana, un diffuso abbandono di terre
coltivate, la rinascita dei boschi e foreste e l’assorbimento di anidride
carbonica dall’atmosfera.
I tassi ai
quali la CO2 viene assorbita durante
la ricrescita delle foreste sono molto più elevati di quelli ai quali vi viene
immessa durante il disboscamento, che di regola è molto graduale, e in un arco
di circa 50 anni dall’esplosione della pestilenza le concentrazioni di anidride
carbonica scendono a valori minimi.
A questo
punto sono possibili vari scenari: se le pandemie cessano, la popolazione
riprende possesso delle terre abbandonate, taglia gli alberi ricresciuti nel frattempo
e ripristina le coltivazioni. Mentre ciò accade, il carbonio viene restituito
all’atmosfera e la CO2 risale rapidamente ai
livelli anteriori alla pestilenza. Ma se la peste riappare ripetutamente ad
intervalli decennali dopo l’esplosione iniziale, può passare più di un secolo
prima che le terre abbandonate vengano rioccupate.
Se infatti
volgiamo all’attuale maggior bacino della peste, là ove spesso dimora e si
sviluppa, noteremmo che in questa grande Regione la ricrescita dei boschi
sull’anidride carbonica atmosferica durante l’èra romana e il Medioevo
attestano che tutti i terreni arativi erano stati disboscati circa 3000 anni
fa, quanto meno nelle popolose regioni centrosettentrionali. A quel tempo la
Cina aveva superato la densità demografica di 11 abitanti per Kmq, che nel 1089
aveva già causato il disboscamento quasi totale dell’Inghilterra. Ho immaginato
che la sovrabbondante popolazione cinese avesse occupato tutti i terreni
agricoli abbandonati durante i crolli demografici delle epoche romana e
medievale, e che dunque la ricrescita dei boschi avesse avuto dimensioni minime
nonostante l’altissima mortalità di quei tempi.
Da questi
risultati discende che le variazioni di anidride carbonica determinate dalle
pandemie potrebbero aver svolto un ruolo importante nelle variazioni climatiche
degli ultimi 2000 anni. Per una sensitività del sistema climatico pari a 2,5° C
per raddoppio della quantità di CO2 presente nell’atmosfera, riduzioni, causate dalle pandemie,
dell’ordine di 4-10 parti per milione dei livelli di CO2 avrebbero determinato un
raffreddamento del clima globale dell’ordine di 0,04-0,1°C. Tali raffreddamenti
avrebbero rappresentato una frazione notevole delle variazioni di temperatura
osservate fra il periodo più freddo dell’èra romana, quello più caldo del
Medioevo e quello ancor più freddo della piccola èra Glaciale.
Il nesso
fra pandemie e anidride carbonica atmosferica è rilevante anche per gli studi
delle emissioni di carbonio durante la prima parte dell’èra industriale. Le
emissioni di carbonio causate dai cambiamenti climatici nelle modalità di
utilizzo del suolo sono state ricostruite dal 1840 in poi, e con estrapolazioni
più sommarie per la parte precedente dell’Ottocento. Secondo l’interpretazione
comune delle tendenze a cavallo dei secoli XVIII e XIX, il disboscamento aveva
cominciato a intensificarsi all’inizio dell’èra industriale, ma fu dopo il 1840
che subì una brusca accelerazione.
…Il nesso
fra pandemia e concentrazione di anidride carbonica introduce un nuovo fattore
da prendere in considerazione in queste ricostruzioni…
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