Precedenti capitoli:
Di ciò che fu' e divenuto (3/4)
Prosegue con...:
& il patrimonio immateriale (6)
(il tribunale della Storia rinnoverà il processo all’Eretico)
Mi sorprende rilevare come la politica edile adottata nelle più piccole vallate sino alla cima della vetta, nella perenne dimostrazione della distruttività umana, con annesse tutte quelle reazioni a catena da chi beneficiando del potere sul denaro - e non solo - andando a perseguitare chi paladino della Verità, e quindi attenendosi agli stessi immutati parametri storici in cui l’Eretico - e non solo italiano - per sempre perseguitato non men che ‘processato’ [da qui fino alle vaste steppe della Russia]; sappiano con elevata maestria instaurare qual premessa d’una impropria politica, simmetrica ad una specifica politica monetaria della BCE, la quale come già evidenziato nei suoi paradossi italiani, tenda in realtà a promuovere una scelta ecologica contraria ai fini del raggiungimento tanto sbandierato per tutti coloro che non conosco le false premesse dell’economia detta in ogni luogo ove espliciti le proprie condizioni sulla Natura.
Chiaramente l’Eretico italiano - e non solo lui - verrà processato dal suo stato il quale dovrà ottenere lo scopo dedotto dal ‘falso bilancio’ adottato (ed ancor peggio istituzionalizzato) nel PIL dato dalla 'summa', [+] sia della politica applicata alla Natura intera compresa l’umana di cui si promuove paladino di fatti puramente economici sottratti alla disgiunta Verità; [+] sia della globale verità comunitaria in cui la stessa (economia) opera o dovrebbe; [-] sottratti ai veri benefici di cui la Natura abbisogna!
Per alcuni, il denaro è la “Radice di tutti i mali”, mentre altri hanno suggerito “Il denaro è potere”. Ciò che è assolutamente vero è che la nostra economia semplicemente non può funzionare senza questo. Al centro del nostro sistema monetario c’è la moneta della banca centrale, perché è ciò che le banche usano per effettuare pagamenti tra loro. Il quadro delle garanzie specifica le regole attraverso le quali le banche centrali iniettano denaro nel sistema bancario, in modo che le banche possano effettuare questi pagamenti. Inoltre, poiché i mercati finanziari moderni sono sempre più organizzati attorno alle garanzie collaterali, il trattamento delle garanzie collaterali da parte delle banche centrali - le condizioni alle quali accettano obbligazioni o prestiti concessi dalle banche - invia un segnale potente ai mercati finanziari privati. Le regole sulle garanzie delle banche centrali hanno effetti a catena significativi per le condizioni monetarie e finanziarie nell’economia in generale.
Il quadro delle garanzie dell’Eurosistema - la Banca centrale europea (BCE) e le banche centrali nazionali dell’area dell’euro - è al centro dell’attuazione della politica monetaria della BCE. Problematicamente, le regole che dettano questa componente centrale delle operazioni di politica monetaria della BCE non sono adatte allo scopo.
Nella sua
forma attuale, il quadro delle garanzie non è solo in contrasto con gli
obiettivi democraticamente definiti dell’accordo di Parigi e del Green Deal
dell’UE, ma sostiene attivamente anche i fallimenti dei mercati finanziari e
rafforza il carbon lock-in. Inoltre, contraddice i principi della stessa BCE di
standard di rischio rigorosi necessari per la corretta attuazione della
politica monetaria, minando al contempo gli elevati standard prudenziali a cui
essa cerca di tenere conto delle istituzioni finanziarie private.
Ci concentriamo sulle regole sulle garanzie per le obbligazioni societarie e dimostriamo che il quadro delle garanzie dell’Eurosistema ha una polarizzazione del carbonio: favorisce le società di combustibili fossili e altre società ad alta intensità di carbonio in modo sproporzionato rispetto al loro contributo all’occupazione nell’UE e alla produzione diretta di beni e servizi. Nel complesso, le società ad alta intensità di carbonio emettono il 59% delle obbligazioni societarie che la BCE accetta come garanzia, mentre il loro contributo complessivo all’occupazione nell’UE e al valore aggiunto lordo (VAL) è inferiore al 24% e al 29%, rispettivamente. Il quadro di garanzia della BCE incoraggia implicitamente le società di combustibili fossili ad attingere sempre più ai mercati obbligazionari: ad esempio, dimostriamo che quattro grandi società di combustibili fossili (principalmente gas) fanno affidamento su obbligazioni sovvenzionate dal quadro di garanzia della BCE per oltre la metà del finanziamento complessivo.
L’ammissibilità non è l’unico modo attraverso il quale la BCE sostiene i settori ad alta intensità di carbonio: anche gli scarti di garanzia più bassi svolgono un ruolo importante. Lo scarto di garanzia medio nei settori non ad alta intensità di carbonio (13,93%) è dimostrabilmente superiore a quello dei settori ad alta intensità di carbonio, comprese le società di combustibili fossili (13,33%), le società ad alta intensità energetica (11,03%), i servizi di pubblica utilità non rinnovabili (13,36%) e le aziende che si occupano di trasporti ad alta intensità di carbonio (10,27%).
Le 10 società di combustibili fossili con gli scarti di garanzia a livello aziendale più bassi beneficiano di uno scarto di garanzia compreso tra l’1% e il 4% circa. Questi scarti di garanzia bassi segnalano efficacemente ai mercati finanziari che questi ‘Beni’ sporchi portano rischio molto basso, creando condizioni di finanziamento favorevoli per il loro assetto economico. Per aiutare strutturalmente a riallineare l’attuazione della politica monetaria della BCE (e il più ampio settore finanziario) con gli obiettivi del Green Deal dell’UE e una transizione socialmente giusta, proponiamo tre scenari politici che consentirebbero alla BCE di rendere più verde il suo quadro di garanzia [leggi il rapporto completo].
Secondo Greenpeace, ‘Il rapporto mostra che la BCE ha sostenuto asset per un valore di circa 300 miliardi di euro, a beneficio di oltre 60 società, tra cui Shell, Total, Eni, OMV e Repsol’.
Un rapporto
pesante che arriva alla vigilia della riunione del consiglio direttivo della
BCE sulla politica monetaria e fornisce ‘Tre scenari alternativi che la
BCE potrebbe adottare per sostenere la
transizione verso le energie rinnovabili e per affrontare l’emergenza
climatica, in modo da allinearsi all’Accordo di Parigi sul clima’.
La direttrice esecutiva di Greenpeace International, Jennifer Morgan, ha ricordato che
La Banca Centrale Europea ha in ventre
una quantità importante di asset ad alta intensità di carbonio. Invece di
favorire i combustibili fossili, la BCE deve subito escludere questi asset
tossici e cambiare le regole per affrontare l’emergenza climatica in corso. Una
transizione verde e giusta verso un mondo resiliente senza CO2 deve essere la
priorità per la Banca Centrale Europea.
Per Greenpeace la BCE
Attribuisce a questi asset fossili un valore sproporzionato in base ai probabili sviluppi futuri del mercato che potrebbero essere determinati dalle indicazioni della politica comunitaria sul clima.
Come si legge nel rapporto,
Il settore dei combustibili
fossili, l’industria ad alta intensità energetica, i trasporti ad alta
intensità di carbonio e le utility non rinnovabili costituiscono il 59% delle
obbligazioni societarie ammissibili nel quadro delle garanzie collaterali della
BCE, pur contribuendo solo al 24% dell’occupazione aziendale e al 29% del
valore aggiunto lordo.
Greenpeace
spiega che lo studio mostra come più della metà dei
241,6 miliardi di euro di obbligazioni societarie detenute dalla BCE alla fine
di luglio 2020 siano state emesse da imprese ad alta intensità di carbonio, che
contribuiscono in modo significativo alle emissioni dell’Ue e alimentano
ulteriormente la crisi climatica.
Lo studio è stato è stato pubblicato alla vigilia di un incontro tra BCE e i rappresentanti della società civile – tra cui Greenpeace – per discutere la revisione delle politiche della banca, comprese le linee guida monetarie. Greenpeace ricorda che La Banca Centrale Europea detiene infatti obbligazioni di molti dei peggiori emettitori dell’Ue, tra cui Eni, Total, Shell, OMV. Queste aziende non sono solo dei grandi inquinatori, ma giocano anche un ruolo marginale rispetto all’occupazione e alla creazione di valore aggiunto. L’analisi indica infatti che il 62,7 per cento delle obbligazioni detenute dalla BCE proviene da settori ad alta intensità di carbonio, e che questi contribuiscono solo per il 17,8 per cento all’occupazione e per il 29,1 per cento al Valore Aggiunto Lordo nell’area dell’euro.
Secondo Jennifer Morgan, direttrice esecutiva di Greenpeace International, ‘E’ ora di smettere di nascondersi dietro la cosiddetta market neutrality e iniziare a tenere conto dell’impatto delle nostre scelte sugli altri e sul Pianeta. La Banca Centrale Europea deve respingere le obbligazioni delle aziende che stanno distruggendo il clima, soprattutto in considerazione della loro minore importanza in termini di occupazione e di valore economico per i cittadini europei. Il consiglio direttivo della banca deve rivedere la sua politica monetaria, smettere di acquistare obbligazioni dai grandi inquinatori e sostenere la transizione verso un mondo verde ed equo’.
Greenpeace Italia evidenzia che ‘Tra i beneficiari della politica monetaria della BCE c’è Eni, azienda controllata dallo Stato italiano, nonché maggiore emettitore nazionale e tra i primi a livello mondiale. Nello studio si evidenzia come, nel 2019, Eni si sia resa complessivamente responsabile di 296 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 equivalente (scope 1-2-3). A fare peggio del Cane a sei zampe solamente Total e Shell, che però hanno un migliore indice di “intensità delle emissioni”, ossia il rapporto tra le emissioni e i ricavi. Nonostante le sue pessime performance ambientali, Eni ha ricevuto fondi dalla BCE per continuare ad alimentare le proprie attività inquinanti’.
Luca Iacoboni, responsabile della campagna energia e clima di Greenpeace Italia, conclude: ‘Nei prossimi anni Eni progetta di aumentare la propria produzione di petrolio e gas, due dei principali responsabili dell’emergenza climatica in atto. Dopo il 2025 l’azienda continuerà inoltre ad aumentare le estrazioni di gas, puntando su false soluzioni come il CCS o la riforestazione per compensare le proprie emissioni. Questo non è un piano di decarbonizzazione in linea con gli obiettivi di Parigi, e per tale motivo Eni non dovrebbe ricevere soldi pubblici per inquinare, né dalla BCE né dal governo italiano, in queste settimane impegnato nel decidere l’allocazione dei fondi per la ripartenza post lockdown’.
Nessun commento:
Posta un commento