domenica 21 aprile 2013
STORIA UNIVERSALE DELL'INFAMIA: la 'maffia' (7)
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storia universale dell'infamia (6)
Prosegue in:
storia universale dell'infamia: la 'maffia' (8)
Di mafiosi si parla per la prima volta nel 1862/63, in una
commedia popolare di grande successo intitolata 'I ma-
fiusi di la Vicaria', è ambientata nel 1854 tra i camorristi
detenuti del carcere palermitano.
Nell'aprile 1865 della 'maffia, o associazione malandrine-
sca' fa menzione un documento riservato firmato dal pre-
fetto di Palermo, Filippo Gualtiero, e già nel 1871 la leg-
ge di pubblica sicurezza si riferisce a 'oziosi, vagabondi,
mafiosi e sospetti in genere'.
Nel quindicennio seguente, il termine convive con l'altro
- camorra - senza riguardo a caratterizzazioni regionali,
siciliane o campane, e senza univoche differenziazioni
concettuali.
La parola camorra indica maggiormente sistemi di ...
'illegittimo controllo dei mercati, delle aste, dei beni di
privati cittadini, degli appalti pubblici, del voto, della li-
bertà di opinione....
Abbiamo però anche usi opposti: i protagonisti de 'I ma-
fiusi di la Vicaria' sono ad esempio artigiani cittadini, e
il prefetto di Palermo del 1874, Gioacchino Rasponi de-
finisce la mafia 'malandrinaggio di città', che coinvolge
anche gli artigiani già citati...
I funzionari della Destra storica dicono 'mafiosi' i brigan-
ti e i renitenti alla leva, i notabili a capo dei partiti muni-
cipali e i piccoli delinquenti, gli avversari dell'ordine pub-
blico e quelli dell'ordine sociale, gli esercenti delle mini-
ere di zolfo e i loro operai, i proprietari e i contadini.
Tra questi soggetti, così dissimili tra loro, l'unico tratto
unificante è il contesto in cui essi muovono, nella sua ec-
cezione più lata, quello di una società violenta, barbara
e primitiva nella parte inferiore come in quella superio-
re della gerarchia sociale, nella quale prefetti, questori,
comandanti militari, delegati di Ps ritengono di non po-
ter trovare per lo Stato liberale un interlocutore sociale,
ciò che il linguaggio del tempo chiama la classe media,
ma che meglio può dirsi un ceto superiore di ottimati e
di notabili: i siciliani appaiono troppo rissosi, faziosi, in-
tenti a gestire in maniera privatistica la cosa pubblica.
Governare 'popoli come questi... con leggi ed ordina-
menti all'inglese o alla belga, che suppongono un popo-
lo colto e morale come colà o come almeno nella parte
superiore della penisola', significa cimentarsi in
'un azzardoso e terribile esperimento' inevitabilmente
destinato a fallire o a sfociare nel caos e nella violen-
za.
E' questa l'opinione del prefetto di Caltanissetta, Gui-
do Fortuzzi, che potremmo definire l'ultimo degli uo-
mini della Destra.
La scoperta della diversità 'socio-culturale' dell'isola,
questa prima versione della mafia come metafora dell'-
arretratezza, si coniuga peraltro con le difficoltà del
moderatismo post-risorgimentale nel trovare un inter-
locutore anche 'politico' in una Sicilia occidentale, in
una Palermo dove l'opinione pubblica si orienta verso
repubblicani, 'regionisti' ed esponenti della Sinistra
moderata, piuttosto che verso il partito governativo.
(Prosegue...)
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