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Il racconto del cedro (3/1)
Prosegue nel...
Silenzio Bianco ovvero: che la Pace regni in questo e qualsiasi altro mondo! (5)
‘Carmen non
dura più di un paio di giorni’.
Mason sputò
un pezzo di ghiaccio guardando con tristezza la povera bestia, poi mise la
zampa in bocca e riprese a mordicchiare il ghiaccio incastrato crudelmente tra
le dita.
‘Non ho mai
visto un cane con un nome altisonante che valesse un fico secco’,
…disse
terminando l’operazione e spingendo la bestia da un lato.
‘Si sfanno
e muoiono sotto il peso della responsabilità. Ti è mai capitato di avere grane
da uno con un nome decente come Cassiar, Siwash o Husky? Nossignore! Guarda
Shookum, qua, e... oplà!’.
Lo sparuto
animale fece un balzo, e i suoi denti bianchi mancarono per un pelo la gola di
Mason.
‘Ah sì, eh?’
Un violento
colpo assestato in mezzo alle orecchie con l’estremità della frusta mandò l’animale
disteso sulla neve, tutto tremolante, una bava gialla alla bocca…
‘Io, invece
scommetto un’altra cosa’,
…replicò
Malemute Kid rivoltando il pane ghiacciato, posato davanti al fuoco a scongelarsi.
‘Ci
mangeremo Shookum prima della fine del viaggio. Che ne dici Ruth?’.
La giovane
indiana sistemò la caffetteria sopra un pezzo di ghiaccio, volse lo sguardo da
Malemute Kid a suo marito, poi ai cani, ma preferì non rispondere. Era talmente
ovvio, che una risposta non era necessaria: trecento chilometri di terreno
vergine davanti, con sei giorni scarsi di provviste per loro e niente peri
cani, non lasciavano alternative.
I due
uomini e la donna si strinsero intorno al fuoco e dettero inizio al magro pasto.
I cani erano rimasti attaccati alla slitta, poiché si trattava di una sosta nel
corso della giornata, e guardavano con invidia ogni boccone.
‘Non avremo
più pranzi dopo questo di oggi’,
…disse
Malemute Kid.
‘E dobbiamo
sorvegliare bene i cani, stanno diventando cattivi. Non ci mettono molto, se
gli capita l’occasione, a fare fuori uno di noi. E dire che sono stato
presidente a Epsworth e ho insegnato nella scuola domenicale’.
Pronunciata
questa frase del tutto irrilevante, Mason cadde in sognante contemplazione dei
suoi mocassini fumanti, ma fu risvegliato da Ruth che gli stava riempendo la tazza.
‘Grazie a
Dio abbiamo tonnellate di tè! L’ho visto crescere, giù in Tennessee! Che cosa
non darei per avere adesso una bella torta calda di granturco! Non ti
preoccupare, Ruth: non digiunerai ancora per molto, né porterai a lungo i mocassini’.
A queste
parole il volto della donna si rischiarò e gli occhi le brillarono per il suo
signore bianco, il primo uomo bianco che avesse conosciuto e il primo uomo che
avesse visto trattare una donna come qualcosa di meglio di un semplice animale
o di una bestia da soma.
‘Sì, Ruth’,
…proseguì
il marito, ricorrendo allo speciale linguaggio approssimativo che usava con lei…
‘aspetta
che arriviamo al ‘fuori’, prenderemo la canoa dell’Uomo Bianco e attraverseremo
l’acqua salata. Sì, l’acqua cattiva, acqua agitata, grandi montagne ballano su
e giù tutto il tempo. E tanto grandi, lontane lontane: si viaggia dieci sonni,
venti sonni, quaranta sonni, - enumerò i giorni sulle dita -, tutto il tempo
acqua, acqua cattiva. Poi si arriva al grande villaggio, tanta gente quante le
zanzare dell’estate prossima. Wigwams alte, oh! dieci, venti pini,
Hi-yu-Skookum’.
Gli
mancarono le parole, lanciò un’occhiata implorante a Malamute Kid,
faticosamente, col linguaggio dei segni pose uno sull’altro i venti pini.
Malamute Kid
sorrise con gaio cinismo; ma gli occhi di Ruth erano spalancati di meraviglia e
di piacere; credeva quasi che stesse scherzando, e una tale condiscenza
rallegrava il cuore della povera donna.
‘E poi si
entra in una... in una scatola, e op! si sale’;
...lanciò in
aria una tazza vuota per illustrare il concetto e, riafferrandola con destrezza,
continuò:
‘E poi,
paf, giù di nuovo. Oh, i grandi stregoni! Tu vai a Fort Yukon, io vado ad
Arctic City - venticinque sonni grande
filo, tutto il tempo io prendo il filo - dico pronto, Ruth, come stai? e tu
dici, - sei tu il mio buon marito? - e
io dico sì, e tu dici, - non posso fare buon pane, non c’è più lievito - e
allora io dico - guarda nella dispensa, sotto il pavimento; ciao - . Tu guardi
e trovi un mucchio di lievito. Tutto il tempo tu Fort Yukon, io Arctic City.
Oh, i grandi stregoni!
…Ruth
sorrise così ingenuamente alla storia fiabesca che i due uomini scoppiarono a
ridere…
Una lite
fra i cani pose fine alle meraviglie del ‘Fuori’, e quando i combattenti ringhiosi
furono separati lei aveva già legato le slitte e tutto era pronto per il
viaggio.
‘Forza!
Baldy! Avanti, Mush!’.
Mason
lavorava abilmente di frusta e, mentre i cani mugolavano a testa bassa nei
finimenti, mise in moto con una spinta la slitta di testa. Ruth seguiva con la
seconda muta lasciando alla retroguardia Malemute Kid che l’aveva aiutata a
partire. Era un omone robusto, capace di far stramazzare un bue con un sol
colpo, ma non aveva il coraggio di frustare i poveri cani.... era indulgente
con essi come raramente è un guidatore di slitte; quasi piangeva assieme a loro
la misera situazione.
‘Andiamo,
forza, mie povere bestie dalle zampe dolenti!’,
…mormorò,
dopo moltissimi tentativi di avviare il carico. Ma la sua pazienza fu alla fine
ricompensata, e, pur guaendo di dolore, i cani si affrettarono verso i loro
compagni.
Non più
conversazione; la durezza della pista non permetterà un tale diversivo. E di
tutte le fatiche più estenuanti, quella delle piste nelle terre del Nord è la peggiore.
Beato colui che può superare una giornata di viaggio, sia pure su una pista già battuta, al solo prezzo del
silenzio. E tra le fatiche che spezzano la forza di un uomo, quella di aprirsi
una pista è la peggiore.
A ogni
passo la grande racchetta sprofonda finché la neve è al livello delle
ginocchia. La racchetta va poi tirata su, ancora più su, dritta; la deviazione
di un paio di centimetri può causare un disastro; la racchettava tirata su fino
a sfiorare la superficie, poi portata in avanti e affondata di nuovo, dopodiché
l’altro piede può avanzare di mezzo metro.
Chi prova
questo esercizio per la prima volta, seppure riesce a non accavallare le
racchette e a non cadere disteso sulla pista, rinuncerà esausto dopo cento
metri. Uno che riesce a non intralciare l’avanzata dei cani per una giornata
intera ha ben diritto di infilarsi nel suo sacco a pelo con la coscienza a
posto e un orgoglio difficilmente immaginabile; e chi viaggia per venti sonni
sulla ‘Lunga Pista’ è un uomo che gli Dèi possono invidiare.
Il
pomeriggio passava e sotto l’incubo del ‘Silenzio Bianco’. I taciti viaggiatori
si piegavano alla loro fatica. La Natura ha molti espedienti per convincere l’uomo
dei suoi limiti: l’incessante scorrere delle correnti, la furia dei temporali,
il sussulto del terremoto, il lungo rullio dell’artiglieria, ma il più
tremendo, il più sconvolgente è la passività del ‘Silenzio Bianco’.
Ogni
movimento cessa: il cielo è limpido, l’aria tersa, il più lieve bisbiglio sembra
sacrilegio, e l’uomo diventa timido, terrorizzato al suono della propria voce.
Unica particella di vita in movimento attraverso le spettrali distese di un
mondo morto, egli trema di fronte alla sua audacia, capisce di essere un verme,
e nulla più.
Inusitati
pensieri si affacciano alla mente non chiamati, e il mistero di tutto il Creato
lotta per esprimersi. La paura della morte, di Dio, dell’Universo lo assale, la
speranza della Resurrezione e della Vita, l’anelito all’immortalità, il vano
sforzo dell’essenza imprigionata, è allora, se mai, che l’uomo cammina…
Solo.... con
Dio....
Sì!
Solo!
…E con Dio!
Così
trascorse il giorno.
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