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Circa strani accidenti puoi (se vuoi) leggere Rapporto & Accenti (D.I.A.)
Dopo il famoso quanto immancabile burattino di legno ecco di nuovo Pinocchio e con lui Geppetto, un tempo, infatti, li pensavano e costruivano di legno, quando cioè, i mastri Geppetto sognavano il loro pargolo diletto; oggi dato i Tempi mutati e cambiati, taluni dicono rinnovati, li assemblano scala industriale quantunque sempre attuali quanto presenti in maniera inusuale con il proprio altrui Sogno nel divenir d’incanto ‘humani’, giacché medesimi ugual taluni ancor sostengono che con i nuovi accorgimenti tecnici in uso per poter al meglio intrattenere il pubblico da ogni palco e teatro ove inscenare il proprio ed altrui Sogno avendo marinato ogni Scuola di ordine e grado, tutto possibile, dacché ne deriva che difficile pur apostrofandoli in Superiore Rima scorgere qualsivoglia possibile differenza!
E
misfatto!
Oggi
tutti corrono a baloccarsi con Pinocchio nostro burattino diletto, e come già
detto e purtroppo neppur più di legno!
Ma chi più piacere prova per la Ragione e Conoscenza che al Bel Paese deriva, o dovrebbe, troverebbe cagione motivo e diletto lo scoprire qual Tomo Secondo al burattino di legno.
Rendo
giusto merito e con lui Memoria dismessa circa questo grande fedele il quale
immagino abbia avuto come allievo quel Reclus certamente più famoso, anche lui enciclopedico
erudito altrettanto noto, dallo stesso torrente li accolgo come, direbbe il
pio e Benedetto Generale Giulio Cesare Croce, qual impallidito inorridito smunto
Eraclito d’un Tempo irrimediabilmente perso…
(L’editore)
La seconda
novità consiste nell’introduzione degli accènti tònici sulle paròle, secondo il
sistèma già proposto e adottato dai migliori maèstri, allo scopo di facilitare
e universalizzare la rètta pronunzia della lingua italiana. L’uso di questi
accènti non è più dunque nemmeno una novità per sé stesso; sicché egli potrèbb’
èssere per questa vòlta dispensato dal subire la sòrte inevitàbile di tutte le
novità, per quanto buòne, ragionévoli ed utili; quella d’essere accòlte con
indifferènza dal pùbblico, per natura tradizionalistico, e, se occorre, anche d’esser
combattute da quei medésimi che dovrebbero èssere i più interessati a
favorirle. Qualche riflessione in propòsito non tornerà tuttavia inopportuna.
Pròprio non c’è peggiór malato di quello che del
suo male non s’accòrge.
Bisognerebbe
peraltro diffóndersi tròppo, entrare in tròppi particolari per dimostrare come
attualmente, spècie nelle province d’Italia forse più popolose e colte,
infinitamente maggiore del bisogno d’imparare a bène scrivere, sia quello di apprèndere
a ben parlare. Me ne appèllo a chiunque siasi occupato un po’ della matèria, o
abbia anche soltanto avuto occasione di istituire semplicemente a orécchio un
paragone tra i divèrsi mòdi di parlare la lingua italiana, di quelli che
predicano, insegnano, arringano, o semplicemente conversano secondo i divèrsi
paesi, o secondo le persone che ai divèrsi paesi appartengono.
Che babilònia pel sémplice dato e fatto d’una
cattiva pronùnzia!
Intanto è
più facile trovare, per esèmpio a Torino Milano, cento persone che pronunziano
benissimo il francese, che una la quale pronunzi tollerabilmente l’italiano
(l’esempio del futuro Reclus mi appare più che valido).
Quelli che
hanno fatto un corso di studi, e son venuti in in contatto con gènte molto
educata, tanto tanto, o per udito, o per qualche stùdio a propòsito, si sono
formati l’abitudine d’una pronùnzia un po’ meno infelice, e sòrton fuori meno
facilmente con cèrte idiotàggini,
con certi qui prò quo di pronùnzia, specialmente di piane e di sdrùcciole, che
fanno ridere i polli.
Non così la gran maggioranza, che ha finito la
sua carrièra di studi colle elementari, dove si cominciava coll’ a-bi-ci-di, insegnando a
lèggere a-be-ce-de, e si tirava innanzi coll’u lombardo, inesorabilmente acuto
come una lancia, e via col rèsto come veniva, sotto il dettato del più
imperterrito tradizionalismo.
Parecchi di questa grande maggioranza, continuando ad erudirsi
colla lettura di libri o di giornali, sono giunti a levarsi ad un cèrto grado
di cultura, e sanno a tèmpo e luògo sciorinare il loro bravo discorsetto nell’aula
del consiglio comunale, o del comizio agràrio, della congregazione di carità; e
sarebbero usciti con plàusi anche da qualche pùbblica assemblèa, se lo scòglio di
quella lunga o di quella brève non avesse fatto naufragare d’un tratto in una
pùbblica risata tutta la loro eloquènza.
Già per
questi, come per tutti quelli che, al pari dell’autore di questo scritto, hanno
oltrepassato da tròppo tèmpo l’età della discrezione, non c’è che incrociare le
braccia e ripètersi — oportet studuisse. — Ma ora dobbiamo pensare a rèndere migliore della nòstra in tutti i
sènsi la nuòva generazione che va crescèndo nelle scuòle e nelle famiglie.
Ma l’Autore è altresì persuaso che sarebbe una
sciocchezza sperarla giacché più facile incontrare una moderna Fata ex turchina
che un Pensiero Retto, quando e dove si sa che nessuno gli darebbe rètta in
merito a codesto altrettanto cogitato Sogno. Peraltro, se la proposta si
riducesse a quella dell’accentatura dei libri destinati all’insegnamento della
lingua italiana, specialmente nelle scuòle primàrie, ginnasiali e normali, mi
pare che nessuno dovrèbbe farle il viso dell’arme, e gridare, come pure s’è
fatto in altri tèmpi, all’inùtile, all’impossibile, all’assurdo.
Se volete ottenere qualche còsa di durévole, cominciate senz’altro
dagli Abbicci e dai primi gradi di lettura: in séguito, un buon Dizionàrio, una
buòna Grammàtica una buòna Antologia e alcuni libri di lettura più popolare e più
in uso nelle scuòle.
Soprattutto
- e come già detto - all’attenzione di piemontesi altolocati quanto da lombardi accompagnati
non men che napoletani e siciliani giostrari e pupari fondare e seminare averi
e ricchezze per ogni Feudo e longobardo legato, i qual tutti affollano e
affolleranno, o al contrario e roverso, marineranno (in latitanza o protetta accordata
superiore parlamentare appartenenza) gradi superiori quanto Elementari del
comune sapere, evadendo di concerto giusto accento e retto componimento, anche
se esplicitato in dotto intervento gettonato alla sala comunale qual futura
aula parlamentare, raccomandiamo loro
e per sempre, oltre l’accento detto, anche giusta corretta pronunzia per quanto
espresso oppur con la Fata ex turchina o Alcina cogitato, così che li si possa ‘differenziare’
dalla raccolta e/o sterco all’isola (ex penisola) ecologica seminato, in quanto
se pur ottimo concime non men che fertilizzante, l’odore offende lo stomaco
quanto la Ragione - e con Lei - il Verde Pensiero sull’ali dorate dell’Elmo
nutrito che fu del povero Scipio…
(A. Stoppani)
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