CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

martedì 14 gennaio 2020

QUESTIONE SOLO DI ACCENTI (o forse regnano altri accidenti?) (18)
















































Precedenti capitoli:

Dei nostri Passi (17)  (16/5)   (13/4)

Circa strani accidenti puoi (se vuoi) leggere Rapporto & Accenti  (D.I.A.)













Dopo il famoso quanto immancabile burattino di legno ecco di nuovo Pinocchio e con lui Geppetto, un tempo, infatti, li pensavano e costruivano di legno, quando cioè, i mastri Geppetto sognavano il loro pargolo diletto; oggi dato i Tempi mutati e cambiati, taluni dicono rinnovati, li assemblano scala industriale quantunque sempre attuali quanto presenti in maniera inusuale con il proprio altrui Sogno nel divenir d’incanto ‘humani’, giacché medesimi ugual taluni ancor sostengono che con i nuovi accorgimenti tecnici in uso per poter al meglio intrattenere il pubblico da ogni palco e teatro ove inscenare il proprio ed altrui Sogno avendo marinato ogni Scuola di ordine e grado, tutto possibile, dacché ne deriva che difficile pur apostrofandoli in Superiore Rima scorgere qualsivoglia possibile differenza!

E misfatto!




Oggi tutti corrono a baloccarsi con Pinocchio nostro burattino diletto, e come già detto e purtroppo neppur più di legno!

Ma chi più piacere prova per la Ragione e Conoscenza che al Bel Paese deriva, o dovrebbe,  troverebbe cagione motivo e diletto lo scoprire qual Tomo Secondo al burattino di legno.





Rendo giusto merito e con lui Memoria dismessa circa questo grande fedele il quale immagino abbia avuto come allievo quel Reclus certamente più famoso, anche lui enciclopedico erudito altrettanto noto, dallo stesso torrente li accolgo come, direbbe il pio e Benedetto Generale Giulio Cesare Croce, qual impallidito inorridito smunto Eraclito d’un Tempo irrimediabilmente perso…

(L’editore)




 Fuòri  di qualche emendamento di sole paròle sono due soltanto le novità introdotte in questa quinta edizione, e furono entrambe suggerite dal fatto che questo libro è già, e dalla speranza che continui ad èssere, adoperato nelle scuòle come libro di lettura. La prima è quella d'una tale riduzione di prezzo, da rènderlo accessibile anche alle ìnfime classi, così che anche per le scuòle rurali non si pòssa trovare facilmente altro libro che, a parità di mòle e bellezza d’edizione, si venda per si pòca moneta.




La seconda novità consiste nell’introduzione degli accènti tònici sulle paròle, secondo il sistèma già proposto e adottato dai migliori maèstri, allo scopo di facilitare e universalizzare la rètta pronunzia della lingua italiana. L’uso di questi accènti non è più dunque nemmeno una novità per sé stesso; sicché egli potrèbb’ èssere per questa vòlta dispensato dal subire la sòrte inevitàbile di tutte le novità, per quanto buòne, ragionévoli ed utili; quella d’essere accòlte con indifferènza dal pùbblico, per natura tradizionalistico, e, se occorre, anche d’esser combattute da quei medésimi che dovrebbero èssere i più interessati a favorirle. Qualche riflessione in propòsito non tornerà tuttavia inopportuna.

Pròprio non c’è peggiór malato di quello che del suo male non s’accòrge.




Bisognerebbe peraltro diffóndersi tròppo, entrare in tròppi particolari per dimostrare come attualmente, spècie nelle province d’Italia forse più popolose e colte, infinitamente maggiore del bisogno d’imparare a bène scrivere, sia quello di apprèndere a ben parlare. Me ne appèllo a chiunque siasi occupato un po’ della matèria, o abbia anche soltanto avuto occasione di istituire semplicemente a orécchio un paragone tra i divèrsi mòdi di parlare la lingua italiana, di quelli che predicano, insegnano, arringano, o semplicemente conversano secondo i divèrsi paesi, o secondo le persone che ai divèrsi paesi appartengono.

Che babilònia pel sémplice dato e fatto d’una cattiva pronùnzia! 




Intanto è più facile trovare, per esèmpio a Torino Milano, cento persone che pronunziano benissimo il francese, che una la quale pronunzi tollerabilmente l’italiano (l’esempio del futuro Reclus mi appare più che valido).

Quelli che hanno fatto un corso di studi, e son venuti in in contatto con gènte molto educata, tanto tanto, o per udito, o per qualche stùdio a propòsito, si sono formati l’abitudine d’una pronùnzia un po’ meno infelice, e sòrton fuori meno facilmente con cèrte idiotàggini, con certi qui prò quo di pronùnzia, specialmente di piane e di sdrùcciole, che fanno ridere i polli.

Non così la gran maggioranza, che ha finito la sua carrièra di studi colle elementari, dove si cominciava coll’ a-bi-ci-di, insegnando a lèggere a-be-ce-de, e si tirava innanzi coll’u lombardo, inesorabilmente acuto come una lancia, e via col rèsto come veniva, sotto il dettato del più imperterrito tradizionalismo.




Parecchi di questa grande maggioranza, continuando ad erudirsi colla lettura di libri o di giornali, sono giunti a levarsi ad un cèrto grado di cultura, e sanno a tèmpo e luògo sciorinare il loro bravo discorsetto nell’aula del consiglio comunale, o del comizio agràrio, della congregazione di carità; e sarebbero usciti con plàusi anche da qualche pùbblica assemblèa, se lo scòglio di quella lunga o di quella brève non avesse fatto naufragare d’un tratto in una pùbblica risata tutta la loro eloquènza.

Già per questi, come per tutti quelli che, al pari dell’autore di questo scritto, hanno oltrepassato da tròppo tèmpo l’età della discrezione, non c’è che incrociare le braccia e ripètersi — oportet studuisse. — Ma ora dobbiamo pensare a rèndere migliore della nòstra in tutti i sènsi la nuòva generazione che va crescèndo nelle scuòle e nelle famiglie.




Ma l’Autore è altresì persuaso che sarebbe una sciocchezza sperarla giacché più facile incontrare una moderna Fata ex turchina che un Pensiero Retto, quando e dove si sa che nessuno gli darebbe rètta in merito a codesto altrettanto cogitato Sogno. Peraltro, se la proposta si riducesse a quella dell’accentatura dei libri destinati all’insegnamento della lingua italiana, specialmente nelle scuòle primàrie, ginnasiali e normali, mi pare che nessuno dovrèbbe farle il viso dell’arme, e gridare, come pure s’è fatto in altri tèmpi, all’inùtile, all’impossibile, all’assurdo.

Se volete ottenere qualche còsa di durévole, cominciate senz’altro dagli Abbicci e dai primi gradi di lettura: in séguito, un buon Dizionàrio, una buòna Grammàtica una buòna Antologia e alcuni libri di lettura più popolare e più in uso nelle scuòle.




Soprattutto - e come già detto - all’attenzione di  piemontesi altolocati quanto da lombardi accompagnati non men che napoletani e siciliani giostrari e pupari fondare e seminare averi e ricchezze per ogni Feudo e longobardo legato, i qual tutti affollano e affolleranno, o al contrario e roverso, marineranno (in latitanza o protetta accordata superiore parlamentare appartenenza) gradi superiori quanto Elementari del comune sapere, evadendo di concerto giusto accento e retto componimento, anche se esplicitato in dotto intervento gettonato alla sala comunale qual futura aula parlamentare, raccomandiamo loro e per sempre, oltre l’accento detto, anche giusta corretta pronunzia per quanto espresso oppur con la Fata ex turchina o Alcina cogitato, così che li si possa ‘differenziare’ dalla raccolta e/o sterco all’isola (ex penisola) ecologica seminato, in quanto se pur ottimo concime non men che fertilizzante, l’odore offende lo stomaco quanto la Ragione - e con Lei - il Verde Pensiero sull’ali dorate dell’Elmo nutrito che fu del povero Scipio…

(A. Stoppani)












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