CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

giovedì 16 gennaio 2020

LA GRANDE 'INTUIZIONE' (20)






































Precedenti capitoli:

Questione solo di accenti (o forse regnano altri accidenti?) (18)

Per gli altri accidenti ecco il Rapporto della D.I.A. (Primo sem. 2019)

Grande Ritirata (19/1)
























& ugual medesima 'ritirata' e 'intuizione'


Seriamente poste


(con allegato verbale assemblea dei Lincei) (21)


Prosegue con...:


Secessioni & Diamanti (22/4)


Il Trònfero che s'ammalvola in delizie... [...]














  Come mai questa atmosfera, dopo tanti e tanti milioni di anni, dopo tanti e tanti milioni di generazioni, mantiene ancora quella purezza che ci inebbria così, che un soffio d’aria libera è una delle maggiori delizie che si possano godere sulla terra?

Vedete come una sola persona, un solo animale basti a viziare in poche ore l’aria di una stanza. Vedete come le spaziose vòlte di un tempio non bastino ad impedire che, dopo poche ore soltanto, alcuno della folla devota non si senta venir meno per mancanza di respiro.




Non dovrebbe così viziarsi la gran stanza di tutti gli animali, ove milioni di viventi, pigiati su tutta quanta la superficie del globo, respirano da milioni di anni?

Questa stanza è vasta, non lo neghiamo: al poeta è permesso di dire che i suoi confini si confondono coi confini del cielo. Ma il fisico sa benissimo come questa stanza offre, in confronto al numero immenso delle piante e degli animali che vi respirano, un ambiente molto limitato. La scienza sembra disposta a portare fino a 800 chilometri all'incirca l’altezza di questa immensa aureola, che circonda il pianeta. Ma oltre certi limiti l’aria è così rarefatta, che la sua massa è un nonnulla in confronto del suo volume.




Riducendo tutta l’atmosfera a quella densità che si verifica sulla superficie del globo, ed è necessaria alla regolare respirazione degli animali, si può ritenere già esagerata la cifra di 20 chilometri, che si volesse assegnare allo spessore di questo strato vitale che involge la terra.

Supponete una vasta aula, la cui volta si curvasse all’altezza di 20 chilometri, ma chiusa così ermeticamente che un solo atomo di aria non potesse né entrarvi né uscirne. Fate che una folla vi rimanga stivata, e possa respirarvi per un anno, per cento, per mille, per un milione di anni.




Pensate voi che quell’aria non si vizierebbe, che si man terrebbe ancora, dopo tanto tempo, respirabile?

L’aula descritta non fa bisogno di supporla: essa è la Terra.

Vasta, mi ripeto, è davvero quest’aula: ma se volete che ogni virtù immaginativa, ogni potenza di calcolo sian vinte, non pensate alla vastità dell’ambiente, ma alla potenza della folla che vi si pigia, e alla durata della mostruosa assemblea. Provatevi un po’, o signori, a rendere più determinato davanti alla nostra mente il concetto che abbiamo espresso in termini così generali e indecisi, dicendo che milioni di viventi respirano l’aria da milioni di anni.




In questo ambiente respirano e respirarono tutti i popoli, tutte le nazioni. Sono milioni d’uomini, che vi respirano almeno da 60 secoli. Ma con loro da 60 secoli vi respirano tutte le bestie della terra e tutti gli uccelli dell’aria, tutto quel brulichio di viventi che si rimutano di generazione in generazione, e copre la terra delle sue spoglie putrescenti.

Ma i 60 secoli che la cronologia comune assegna su per giù al genere umano, sono un istante pel geologo, che vede al mondo attuale precedere cento mondi animati come il presente, o per ogni mondo milioni di generazioni di milioni di specie d’animali diversi, che tutti respirarono quest’aria che noi respiriamo.




Qui un grande magistero ci dev’essere, inteso a mantenere la purezza dell’atmosfera, inteso cioè a mantenere costante la dosatura dell’aria, ossia a stabilire sempre quelle proporzioni degli elementi che la compongono, dalle quali dipende, secondo le più volgari esperienze, la respirabilità di quel primario elemento della vita terrestre.

Noi entriamo, lo confesso, in un campo quasi inesplorato.

Osservando quante siano le cause che possono viziare l’aria, e che la viziano di fatto, quando sia per qualunque causa impedito il suo rinnovarsi in un ambiente qualunque; io penso che il magistero di cui parliamo debba essere infinitamente molteplice.




Trattandosi però, come ho detto, di limitare le nostre conversazioni nei termini di un semplice saggio di economia tellurica, è mia intenzione di circoscrivere le nostre considerazioni a uno soltanto degli elementi che compongono l’aria, anzi al minimo di essi, questo elemento, di cui parlo, è il gas acido carbonico, il quale è contenuto nell’atmosfera in ragione di un millesimo o giù di lì.

Con quale artificio la natura provvede a mantenere costante nell’atmosfera quella dose di gas acido carbonico, la cui costanza è dalla fisiologia vegetale e animale dimostrata così necessaria, che un difetto o un eccesso, come abbiamo dimostrato pei sali marini, renderebbe sulla terra impossibile la vita?...




Memori sempre che la storia del globo è scritta sulle masse minerali che lo compongono, gettiamo uno sguardo su quegli enormi ammassi di carbone, che formano anch’essi una parte non indifferente dell’ossatura del globo. Son essi che ci rappresentano la costante dosatura del gas acido-carbonico dell’atmosfera, come i calcari e il salgemma ci rappresentarono la costante dosatura dei sali marini.

Prima di entrare in materia, trovo necessario far conoscere alcun poco a miei uditori, come ho fatto precedentemente per gli altri minerali, quei combustibili fossili, che mostreremo poi rappresentare una parte così squisita nel grande magistero dell’economia tellurica. Anche qui però spero di poter esser breve, affidandomi alle cognizioni che ciascuno di voi già certamente possiede, trattandosi di materie che il progresso delle industrie ci ha reso cotanto famigliari.

(A. Stoppani)










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