Precedenti capitoli:
Due per Due (11/13) &
Le nuove esposizioni evolutive [capitolo completo] (14)
Prosegue nello:
Spirito di conquista (16/18)
Il Dr. Alfred Russell Wallace, in un recente lavoro,
sostiene che il Diciannovesimo secolo è del tutto unico in
quanto ha inaugurato una nuova èra. Per coglierne i meravigliosi risultati, ci
dice, dovrebbe essere confrontato con un lungo periodo storico, piuttosto che
con un altro secolo, il progresso che questo Secolo comporta, infatti, è
definito quasi interamente materiale e intellettuale, e il merito di ‘completezza’
è conferito al materiale.
Per quanto
discutibile possa essere la sua conclusione, non ci possono essere controversie
né sul progresso qualitativo o quantitativo rilevato con il rapporto adottato dallo
stesso ‘da e per’ l’umanità quale nuovo coefficiente e parametro di vita nel Secolo
che si sta chiudendo né, ed al contrario, il danno causato…
Nella
presente retrospettiva diventa evidente la
visione più ampia, circa differenza fra ‘materiale e intellettuale’ quali ‘forze
alleate’ che si sono costantemente spinte in avanti ‘fianco a fianco’, ‘progredendo’,
e successivamente, come leggeremo, ‘regredendo’ verso la stessa identica ‘solitudine’
di come nate ed applicate, la quale ‘solitudine’ nulla ha da condividere con un
diverso stato Spirituale specchio dell’Anima quantunque riflessa nella
‘materia’; la qual Anima esula per propria ‘condizione’ [o Stato] da una
diversa (retro)prospettiva nell’Infinita aspirazione di una assoluta
condizione trascendente, alla quale, per sua indelebile ‘partecipazione’, per sempre si ‘eleva’, come
disquisirebbe Plotino (durante ugual
viaggio in ascensore verso l’alta Torre) circa la Natura [dell’Anima] con i vari principi
di cui molti Filosofi si sono espressi ammirandola dal basso come dall’alto…
Quindi può
far ‘progredire’ solo l’immateriale donde proviene in una più profonda
riflessione ove lo stesso Wallace convergerà rapportando,
il proprio ‘fallace’ impegno ‘evolutivo’; giacché conferendo merito al citato Wallace, se ‘Evoluzione e Ragione’ non vengono simmetricamente ed adeguatamente applicate non avremmo un confacente reale stato
evolutivo quantificabile e rilevabile; eccetto che, in momentanei ‘equilibri puntinati’, ove nicchie della stessa ‘evoluzione’ rappresentano
‘germi e geni’ del mutamento nella prospettiva del ‘cambiamento’
sociale rilevato nella breve e lunga distanza (così come ragiona un
evoluzionista), quindi, adottato quale ‘mutazione’; ma sappiamo altresì che la
‘mutazione’ specificata tanto dal Wallace, che dal suo collega Darwin, presenta una selezione
entro la specie stessa riflessa in ‘ragione’ della Vita; quindi se alla
statistiche aggiornate del presente articolo rapportiamo le odierne, entro ‘mutazioni
selezioni e specie’, potremmo rilevare il ‘mutamento’ detto difettare - in ciò
e per ciò - che intendiamo uomo, e non solo dal punto di vista genetico ma
altresì umano e psicologico…
Quindi
determinare la ‘variabile’, come stiamo per l’appunto facendo, variabile intesa
ed applicata non solo nel vasto campo tecnologico, ma altresì, anche artistico
e sociale, così da poterne ‘specificare’ e successivamente intendere ed
esaminare con detti parametri le ‘differenze’ e non solo ‘genetiche’, ma
psicologiche e sociali’ derivate che dette ‘mutazioni’ sottintendono e
comportano, riflesse in tutto ciò - in cui e per cui - l’animale uomo si è
contraddistinto e da cui evoluto, pur differenziandosi nella propria linea
evolutiva; rilevando così, nell’arco di poche generazioni rispetto alle stesse ‘variabili’
adottate nei secoli, porre in essere una differente condizione, notevole, anche
e soprattutto, oltre che per
l’improvviso carattere che si presenta esteso nella temporalità rapportato all’ambiente di adattabilità; in
senso pratico e reale, avremmo tradotto
adottato nonché specificato, la ‘selezione’ entro l’evoluzione detta
nell’arco di Secoli, in cui potremmo solo in futuro, stabilirne ed intenderne
la ‘mutazione’.
Così come
la Natura per millenni ha migliorato apportando alla Vita nell’Ambiente in cui
evoluta come lo stesso Wallace che ne ha studiati i principi, nella Terra
all’interno dell’Universo ove nata.
Quindi per
concludere suddetta introduzione, il lavoro, il presente lavoro, non solo una
isolata opera di restauro archeologico, ma un documento più che prezioso il
quale adotta gli stessi principi dei naturalisti nonché evoluzionisti detti,
per verificare ed applicare il vasto campo da loro dedotto rapportato alle
odierne condizioni… Rapportate altresì, alla sociologia oltre che del progresso
economico quale specchio (come già detto) ed indice della vera condizione
evolutiva…
Rilevando
così una differenza sostanziale in cui per sempre la stessa Anima che lo ha
partorito pur aspirando ai benefici della nuova condizione economica dedotta
aspira e in qual tempo difetta…
Difettare
intendo per tutti i mali rilevati vecchi e nuovi e futuri…
Taluni
pensatori e filosofi ci aiuteranno in questa breve ricerca.
Per
concludere, esaminare i molti documenti introdotti specchio del loro e nostro
comune Tempo condiviso qual specifica del progresso tecnologico, mi sembra un
aspetto importante che pone le dovute differenze in un ambiente nel quale
l’esposizione rappresenta la condizione globale di civile o incivile indubbia
appartenenza nella differenza posta.
(Autore & Curatore del Blog)
L’evoluzione
dell’esposizione internazionale di
oggi è un risultato evidente di questo matrimonio materiale e intellettuale.
Sembra che sia trascorso molto tempo tra le ‘fiere’, e le grandi esposizioni in
cui le nazioni del mondo ne incarnano il pensiero d’apparente uguaglianza. All’esposizione
come alla fiera ed nel futuro magazzino si può acquistare di tutto!
Dalla prima
di questa ‘classe di mostre’ sono nate le ‘imprese internazionali’, le
successive e più famose ‘Compagnie’, e poi ancora, le più note fiere mondiali,
e successivamente come mostre ed esposizioni internazionali.
La prima
mostra delle industrie di tutte le nazioni fu quella che si tenne a Hyde Park, a Londra, nel 1851. Fu una evoluzione delle mostre annuali della
Society of Arts, e inizialmente fu progettata per essere solo un’impresa
nazionale, ma su una scala più estesa rispetto alle precedenti mostre della
società. Il compianto Principe Alberto, marito della regina Vittoria, tuttavia,
concepì l’idea di aprire questa particolare mostra all’industria del mondo. Il
suo suggerimento ha subito incontrato il favore del Consiglio della Società,
nonché dei principali produttori inglesi e del pubblico in generale. Fu
ottenuto un mandato reale che nominava una commissione per ‘gestire una mostra
delle opere dell’industria di tutte le nazioni’ e di questo Società il Principe
Alberto ne divenne presidente.
Il 21 febbraio 1850, i commissari si
sentirono giustificati nel fare un annuncio pubblico che l’edificio avrebbe
coperto un’area di sedici a venti acri; che sarebbe stata pronta per il ricevimento
delle merci entro il 1° gennaio 1851;
e che la mostra sarebbe stata aperta al pubblico il 1° maggio successivo. I
piani per un edificio presentati da Sir
Joseph Paxton furono adottati dopo che un gran numero di progetti era stato
preso in considerazione. Chiesero una vasta struttura di ferro e vetro, in
qualche modo simile al grande giardino d’inverno che aveva eretto per il Duca del Devonshire a Chatsworth. È
stato firmato un contratto con i signori Fox e Henderson per la costruzione
dell’edificio, in base al quale dovevano ricevere £ 79,800, e i materiali dell’edificio
dovevano rimanere di loro proprietà. Il 3 febbraio, la struttura completata è
stata consegnata formalmente ai commissari.
Mentre era
in corso l’erezione dell’edificio, il Dr.
Lyon Playfair è stato scelto per decidere e classificare la vasta gamma di
articoli che si cercava di riunire sotto il titolo generale di ‘Oggetti di arte industriale e produttiva’. Le ha organizzate e
suddivise in quattro grandi sezioni: materie
prime, macchinari, manufatti e belle arti, che a loro volta sono state
divise e suddivise in un vasto numero di classi e divisioni più piccole. La
raccolta di reperti nazionali è stata affidata ai comitati distrettuali di
tutte le principali città e località manifatturiere e, in risposta agli inviti
estesi a tutte le colonie britanniche e ai vari governi stranieri, quasi tutti
i paesi d’Europa, insieme agli Stati dell’Unione nordamericana, repubbliche
sudamericane, India, Egitto, Persia e lontane isole dei mari.
La mostra è stata aperta dalla regina Vittoria il
giorno stabilito e è proseguita fino all’11 ottobre. Il numero totale di
espositori è stato di circa 15.000. Durante i 114 giorni la mostra è stata
aperta per un totale di 6.063.986 persone che l’hanno visitata, una media giornaliera di
42.111. Il numero più grande in un solo giorno è stato il martedì della
settimana di chiusura, 109.915. Un tentativo di accertare il numero di
visitatori stranieri ha sviluppato il risultato inaspettato che non più di
40.000 stranieri hanno visitato Londra oltre la media annuale di 15.000. Il
risultato finanziario della mostra è stato davvero notevole. Le entrate totali
da tutte le fonti ammontano a £ 506.000 e le spese totali a circa £ 330.000,
lasciando un surplus di £ 176.000, che è stato successivamente aumentato a £
186.436.
La nostra
incisione rappresenta questa terrazza nel momento in cui il signor Eiffel ha issato in cima alla Torre la bandiera
nazionale. In questo stesso momento il signor
Gontamin si avvicina all’ingegnere e si congratula con lui calorosamente. Pochi
minuti dopo, il gruppo ufficiale, attraversando la terza piattaforma, brinda
con champagne in onore del signor Eiffel,
e presto riprendono il cammino nella Torre in cui gli operai erano riuniti per
la pausa pranzo.
La Torre Eiffel, senza dubbio, rappresenta il vero grande
successo dell’Esposizione. Non guardare da lontano il gigantesco monumento,
giacché per l’approccio con cui bisogna predisporsi per questa futurista
architettura figlia del nostro Secolo, consiste nel posizionarsi al centro della Torre, tra i
quattro pilastri principali.
Si rimane
schiacciati da questa massa e nel contempo ti domandi, come può l’uomo costruire opere simili, di cui
in proporzione è solo un nano infinitamente piccolo. Di fronte a un dipinto o
una statua conservi una sensazione di felice smarrimento, questa emozione
rilassante che la vista del bello determina negli uomini che possono scorgerlo
e coglierlo nelle sue gradevoli proporzioni.
Non è la
stessa impressione prodotta dalla Torre: l’uomo è colto da un sentimento di
ammirazione misto ad un solenne tributo di grandezza e maestosità principiato spontaneamente
dalla meravigliosa opera, una gioia di cui sentiamo e percepiamo il trionfo sulla
materia.
Non si può
concludere siffatta breve introduzione senza volgere lo sguardo all’ornamento
dei pannelli della prima piattaforma. Oltre all’attuale decorazione, in
gradevole stile nonostante la sua semplicità, come vedremo dai nostri disegni, il signor Eiffel ha dato l’ordine di
scrivere in lettere d’oro i nomi di molti uomini famosi. Quanto al suo, non ha
bisogno di essere scritto su un singolo pannello: può essere letto dall’alto
verso il basso della Torre gigante alle fondamenta al campanile.
L’attività
che regnò al Champ de Mars dall’inizio
dell’anno, necessaria per la costruzione costringe l’apertura dei cantieri di
notte. Si dovette ricorrere alla forza degli elettricisti per la necessaria
illuminazione; ed è stato un aspetto meraviglioso vedere questi lavoratori operare
incessantemente come in pieno giorno, grazie a quarantacinque lampade ad arco
con un’intensità media di milioni da candele distribuite nei vari Palazzi del Champ de Mars.
Dall’alto
verso il basso delle mansioni ben distribuite, dalle più umili alle più
importanti, dall’operaio all’ingegnere, con il loro semplice compito, ognuno ha
contribuito al massimo sforzo volto per realizzare la grande impresa chiamata ‘mostra’…
Lo spettatore o il visitatore che sia per ciò che
deriva, si trova immerso in questo nuovo palcoscenico, lo spettacolo è assicurato
dall’intera Compagnia e non tanto dall’Opera, bensì dall’apparato scenico che
fa mostra di se al misero costo d’un futuro biglietto da cinematografo, l’arte
non ancor del tutto perfezionata se pur ‘comparse’ ed ‘attori’ si alternano al ‘Primo
Piano’ dell’ultimo ‘regolatore’ dell’intera futura sceneggiatura facciata
dell’intera avventura; il ‘Quinquennale’ non ancor approdato anche lui attende
la rivoluzione a conferma del proprio ‘libero’ Stato, non ancora avversato dal mito
delle stelle, alte dipinte e scolpite, mute e sonore, or bianche or nere or a
colori, tutto nelle mente del grande ‘regista’, Dio una misera comparsa; poi
recitare frammentate, brevi parole, in Primo Piano al modico prezzo di ugual
porto franco così come il ‘copione’ prevede e sovrintende; Vie Boulevard e
cantieri sopra e sotto il cielo e che Dio - nell’ultima comparsa – appena si
intravede, lo hanno ‘montato’, oppure se meglio vi piace, in linguaggio
consono, è stato ‘tagliato’: di Lui è rimasto qualche breve frammentato basso
gotico...
...capitello al di sotto della Torre; carrozze e velocipedi, bar e saloon,
vapore e rumore sparati a tiro di cannone in onore di qual si voglia futuro
imperatore, dèi dell’indiscussa nuova ‘dottrina’; la Torre immortala il Progresso
e con lui ogni futuro ‘maestro’; ed ove alla teatralità d’un tempo ugualmente
rappresentato, si è innestato un nuovo ‘processo’ o consequenziale piano ‘filmico’,
‘tecnico’; ove ognuno al centro del nuovo palcoscenico ‘elettrificato’… per chi
la riceve e per chi ne fa’ dono, rassicurando l’intero palcoscenico che non
regna ‘nevrosi’ solo qualche isolato ‘pazzo’ al piano di sotto far silente secolar
rumore pregando ad hore stabilite, tantè che hanno provveduto ad illuminarlo a
dovere; è il preludio d’un Film ove lo spettatore diviene d’incanto interprete
in fotogrammi storici ben ‘illuminati’ così come ‘montati’ per i vari ‘set’ e
non più celebrazione del Sacro, bensì
del rito dissacrato; la trama a soggetto per singolo ‘stand’ ora assume la
sequenza filmica del kolossal concernente un nuovo rito, fors’anche il mito
preferito delle masse…
La distrazione e il raccoglimento vengono
contrapposti in un modo tale che consente questa formulazione: colui che si
raccoglie davanti all’opera d’arte vi si sprofonda; penetra nell’opera, come
racconta la leggenda di un pittore cinese alla vista della sua opera compiuta.
Inversamente, la massa distratta fa sprofondare
nel proprio grembo l’opera d’arte.
Ciò avviene nel modo più evidente per gli
edifici.
L’architettura ha sempre fornito il prototipo di
un’opera d’arte la cui ricezione avviene nella distrazione e da parte della
collettività. Le leggi della sua ricezione sono le più istruttive.
Gli edifici accompagnano l’umanità fin dalla sua
preistoria.
Molte forme d’arte si sono generate e poi sono morte.
La tragedia nasce coi greci per estinguersi con loro
e per poi rinascere dopo secoli; ma ne rinascono soltanto le regole. L’epopea,
la cui origine risale alla giovinezza dei popoli, si estingue in Europa con
l’inizio del Rinascimento.
La pittura su tavola è un frutto del Medioevo e
nulla può garantirle una durata ininterrotta.
Ma il bisogno dell’uomo di una dimora è
ininterrotto.
L’architettura non ha mai conosciuto pause, la
sua storia è più lunga di quella di qualsiasi altra arte; rendersi conto del
suo influsso è importante per qualunque tentativo di comprendere il rapporto
tra le masse e l’opera d’arte.
Delle costruzioni si fruisce in un duplice modo:
attraverso l’uso e attraverso la percezione. O, in termini più precisi: in modo
tattico e in modo ottico. Non è possibile definire il concetto di una simile
ricezione se essa viene immaginata sul tipo di quelle raccolte per esempio dai
viaggiatori di fronte a costruzioni famose.
Non c’è nulla, dal lato tattico che faccia da
contropartita di ciò che, dal lato ottico, è costituito dalla contemplazione.
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