CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

venerdì 15 maggio 2020

L'ESPOSIZIONE UNIVERSALE (15)




















Precedenti capitoli:

Due per Due (11/13)  &

Le nuove esposizioni evolutive [capitolo completo] (14)

Prosegue nello:

Spirito di conquista (16/18)














Il Dr. Alfred Russell Wallace, in un recente lavoro, sostiene che il Diciannovesimo secolo è del tutto unico in quanto ha inaugurato una nuova èra. Per coglierne i meravigliosi risultati, ci dice, dovrebbe essere confrontato con un lungo periodo storico, piuttosto che con un altro secolo, il progresso che questo Secolo comporta, infatti, è definito quasi interamente materiale e intellettuale, e il merito di ‘completezza’ è conferito al materiale.

Per quanto discutibile possa essere la sua conclusione, non ci possono essere controversie né sul progresso qualitativo o quantitativo rilevato con il rapporto adottato dallo stesso ‘da e per’ l’umanità quale nuovo coefficiente e parametro di vita nel Secolo che si sta chiudendo né, ed al contrario, il danno causato… 




Nella presente retrospettiva diventa evidente la visione più ampia, circa differenza fra ‘materiale e intellettuale’ quali ‘forze alleate’ che si sono costantemente spinte in avanti ‘fianco a fianco’, ‘progredendo’, e successivamente, come leggeremo, ‘regredendo’ verso la stessa identica ‘solitudine’ di come nate ed applicate, la quale ‘solitudine’ nulla ha da condividere con un diverso stato Spirituale specchio dell’Anima quantunque riflessa nella ‘materia’; la qual Anima esula per propria ‘condizione’ [o Stato] da una diversa (retro)prospettiva  nell’Infinita aspirazione di una assoluta condizione trascendente, alla quale, per sua indelebile  ‘partecipazione’, per sempre si ‘eleva’, come disquisirebbe Plotino (durante ugual viaggio in ascensore verso l’alta Torre) circa la Natura [dell’Anima] con i vari principi di cui molti Filosofi si sono espressi ammirandola dal basso come dall’alto…




Quindi può far ‘progredire’ solo l’immateriale donde proviene in una più profonda riflessione ove lo stesso Wallace convergerà rapportando, il proprio ‘fallace’ impegno ‘evolutivo’; giacché conferendo merito al citato Wallace, se ‘Evoluzione e Ragione’ non vengono simmetricamente ed adeguatamente applicate non avremmo un confacente reale stato evolutivo quantificabile e rilevabile; eccetto che, in momentanei ‘equilibri puntinati’, ove nicchie della stessa ‘evoluzione’ rappresentano ‘germi e geni’ del mutamento nella prospettiva del ‘cambiamento’ sociale rilevato nella breve e lunga distanza (così come ragiona un evoluzionista), quindi, adottato quale ‘mutazione’; ma sappiamo altresì che la ‘mutazione’ specificata tanto dal Wallace, che dal suo collega Darwin, presenta una selezione entro la specie stessa riflessa in ‘ragione’ della Vita; quindi se alla statistiche aggiornate del presente articolo rapportiamo le odierne, entro ‘mutazioni selezioni e specie’, potremmo rilevare il ‘mutamento’ detto difettare - in ciò e per ciò - che intendiamo uomo, e non solo dal punto di vista genetico ma altresì umano e psicologico…




Quindi determinare la ‘variabile’, come stiamo per l’appunto facendo, variabile intesa ed applicata non solo nel vasto campo tecnologico, ma altresì, anche artistico e sociale, così da poterne ‘specificare’ e successivamente intendere ed esaminare con detti parametri le ‘differenze’ e non solo ‘genetiche’, ma psicologiche e sociali’ derivate che dette ‘mutazioni’ sottintendono e comportano, riflesse in tutto ciò - in cui e per cui - l’animale uomo si è contraddistinto e da cui evoluto, pur differenziandosi nella propria linea evolutiva; rilevando così, nell’arco di poche generazioni rispetto alle stesse ‘variabili’ adottate nei secoli, porre in essere una differente condizione, notevole, anche e soprattutto,  oltre che per l’improvviso carattere che si presenta esteso nella temporalità  rapportato all’ambiente di adattabilità; in senso pratico e reale, avremmo tradotto  adottato nonché specificato, la ‘selezione’ entro l’evoluzione detta nell’arco di Secoli, in cui potremmo solo in futuro, stabilirne ed intenderne la ‘mutazione’.




Così come la Natura per millenni ha migliorato apportando alla Vita nell’Ambiente in cui evoluta come lo stesso Wallace che ne ha studiati i principi, nella Terra all’interno dell’Universo ove nata.

Quindi per concludere suddetta introduzione, il lavoro, il presente lavoro, non solo una isolata opera di restauro archeologico, ma un documento più che prezioso il quale adotta gli stessi principi dei naturalisti nonché evoluzionisti detti, per verificare ed applicare il vasto campo da loro dedotto rapportato alle odierne condizioni… Rapportate altresì, alla sociologia oltre che del progresso economico quale specchio (come già detto) ed indice della vera condizione evolutiva…




Rilevando così una differenza sostanziale in cui per sempre la stessa Anima che lo ha partorito pur aspirando ai benefici della nuova condizione economica dedotta aspira e in qual tempo difetta…

Difettare intendo per tutti i mali rilevati vecchi e nuovi e futuri…

Taluni pensatori e filosofi ci aiuteranno in questa breve ricerca.

Per concludere, esaminare i molti documenti introdotti specchio del loro e nostro comune Tempo condiviso qual specifica del progresso tecnologico, mi sembra un aspetto importante che pone le dovute differenze in un ambiente nel quale l’esposizione rappresenta la condizione globale di civile o incivile indubbia appartenenza nella differenza posta.

(Autore & Curatore del Blog)



  
L’evoluzione dell’esposizione internazionale di oggi è un risultato evidente di questo matrimonio materiale e intellettuale. Sembra che sia trascorso molto tempo tra le ‘fiere’, e le grandi esposizioni in cui le nazioni del mondo ne incarnano il pensiero d’apparente uguaglianza. All’esposizione come alla fiera ed nel futuro magazzino si può acquistare di tutto!

Dalla prima di questa ‘classe di mostre’ sono nate le ‘imprese internazionali’, le successive e più famose ‘Compagnie’, e poi ancora, le più note fiere mondiali, e successivamente come mostre ed esposizioni internazionali.




La prima mostra delle industrie di tutte le nazioni fu quella che si tenne a Hyde Park, a Londra, nel 1851. Fu una evoluzione delle mostre annuali della Society of Arts, e inizialmente fu progettata per essere solo un’impresa nazionale, ma su una scala più estesa rispetto alle precedenti mostre della società. Il compianto Principe Alberto, marito della regina Vittoria, tuttavia, concepì l’idea di aprire questa particolare mostra all’industria del mondo. Il suo suggerimento ha subito incontrato il favore del Consiglio della Società, nonché dei principali produttori inglesi e del pubblico in generale. Fu ottenuto un mandato reale che nominava una commissione per ‘gestire una mostra delle opere dell’industria di tutte le nazioni’ e di questo Società il Principe Alberto ne divenne presidente.




Il 21 febbraio 1850, i commissari si sentirono giustificati nel fare un annuncio pubblico che l’edificio avrebbe coperto un’area di sedici a venti acri; che sarebbe stata pronta per il ricevimento delle merci entro il 1° gennaio 1851; e che la mostra sarebbe stata aperta al pubblico il 1° maggio successivo. I piani per un edificio presentati da Sir Joseph Paxton furono adottati dopo che un gran numero di progetti era stato preso in considerazione. Chiesero una vasta struttura di ferro e vetro, in qualche modo simile al grande giardino d’inverno che aveva eretto per il Duca del Devonshire a Chatsworth. È stato firmato un contratto con i signori Fox e Henderson per la costruzione dell’edificio, in base al quale dovevano ricevere £ 79,800, e i materiali dell’edificio dovevano rimanere di loro proprietà. Il 3 febbraio, la struttura completata è stata consegnata formalmente ai commissari.




Mentre era in corso l’erezione dell’edificio, il Dr. Lyon Playfair è stato scelto per decidere e classificare la vasta gamma di articoli che si cercava di riunire sotto il titolo generale di ‘Oggetti di arte industriale e produttiva’. Le ha organizzate e suddivise in quattro grandi sezioni: materie prime, macchinari, manufatti e belle arti, che a loro volta sono state divise e suddivise in un vasto numero di classi e divisioni più piccole. La raccolta di reperti nazionali è stata affidata ai comitati distrettuali di tutte le principali città e località manifatturiere e, in risposta agli inviti estesi a tutte le colonie britanniche e ai vari governi stranieri, quasi tutti i paesi d’Europa, insieme agli Stati dell’Unione nordamericana, repubbliche sudamericane, India, Egitto, Persia e lontane isole dei mari.




La mostra è stata aperta dalla regina Vittoria il giorno stabilito e è proseguita fino all’11 ottobre. Il numero totale di espositori è stato di circa 15.000. Durante i 114 giorni la mostra è stata aperta per un totale di 6.063.986 persone  che l’hanno visitata, una media giornaliera di 42.111. Il numero più grande in un solo giorno è stato il martedì della settimana di chiusura, 109.915. Un tentativo di accertare il numero di visitatori stranieri ha sviluppato il risultato inaspettato che non più di 40.000 stranieri hanno visitato Londra oltre la media annuale di 15.000. Il risultato finanziario della mostra è stato davvero notevole. Le entrate totali da tutte le fonti ammontano a £ 506.000 e le spese totali a circa £ 330.000, lasciando un surplus di £ 176.000, che è stato successivamente aumentato a £ 186.436.




La nostra incisione rappresenta questa terrazza nel momento in cui il signor Eiffel  ha issato in cima alla Torre la bandiera nazionale. In questo stesso momento il signor Gontamin si avvicina all’ingegnere e si congratula con lui calorosamente. Pochi minuti dopo, il gruppo ufficiale, attraversando la terza piattaforma, brinda con champagne in onore del signor Eiffel, e presto riprendono il cammino nella Torre in cui gli operai erano riuniti per la pausa pranzo.

La Torre Eiffel, senza dubbio, rappresenta il vero grande successo dell’Esposizione. Non guardare da lontano il gigantesco monumento, giacché per l’approccio con cui bisogna predisporsi per questa futurista architettura figlia del nostro Secolo, consiste nel  posizionarsi al centro della Torre, tra i quattro pilastri principali.




Si rimane schiacciati da questa massa e nel contempo ti domandi,  come può l’uomo costruire opere simili, di cui in proporzione è solo un nano infinitamente piccolo. Di fronte a un dipinto o una statua conservi una sensazione di felice smarrimento, questa emozione rilassante che la vista del bello determina negli uomini che possono scorgerlo e coglierlo nelle sue gradevoli proporzioni.

Non è la stessa impressione prodotta dalla Torre: l’uomo è colto da un sentimento di ammirazione misto ad un solenne tributo di grandezza e maestosità principiato spontaneamente dalla meravigliosa opera, una gioia di cui sentiamo e percepiamo il trionfo sulla materia.




Non si può concludere siffatta breve introduzione senza volgere lo sguardo all’ornamento dei pannelli della prima piattaforma. Oltre all’attuale decorazione, in gradevole stile nonostante la sua semplicità, come vedremo dai nostri disegni, il signor Eiffel ha dato l’ordine di scrivere in lettere d’oro i nomi di molti uomini famosi. Quanto al suo, non ha bisogno di essere scritto su un singolo pannello: può essere letto dall’alto verso il basso della Torre gigante alle fondamenta al campanile.

L’attività che regnò al Champ de Mars dall’inizio dell’anno, necessaria per la costruzione costringe l’apertura dei cantieri di notte. Si dovette ricorrere alla forza degli elettricisti per la necessaria illuminazione; ed è stato un aspetto meraviglioso vedere questi lavoratori operare incessantemente come in pieno giorno, grazie a quarantacinque lampade ad arco con un’intensità media di milioni da candele distribuite nei vari Palazzi del Champ de Mars.

Dall’alto verso il basso delle mansioni ben distribuite, dalle più umili alle più importanti, dall’operaio all’ingegnere, con il loro semplice compito, ognuno ha contribuito al massimo sforzo volto per realizzare la grande impresa chiamata ‘mostra’…




Lo spettatore o il visitatore che sia per ciò che deriva, si trova immerso in questo nuovo palcoscenico, lo spettacolo è assicurato dall’intera Compagnia e non tanto dall’Opera, bensì dall’apparato scenico che fa mostra di se al misero costo d’un futuro biglietto da cinematografo, l’arte non ancor del tutto perfezionata se pur ‘comparse’ ed ‘attori’ si alternano al ‘Primo Piano’ dell’ultimo ‘regolatore’ dell’intera futura sceneggiatura facciata dell’intera avventura; il ‘Quinquennale’ non ancor approdato anche lui attende la rivoluzione a conferma del proprio ‘libero’ Stato, non ancora avversato dal mito delle stelle, alte dipinte e scolpite, mute e sonore, or bianche or nere or a colori, tutto nelle mente del grande ‘regista’, Dio una misera comparsa; poi recitare frammentate, brevi parole, in Primo Piano al modico prezzo di ugual porto franco così come il ‘copione’ prevede e sovrintende; Vie Boulevard e cantieri sopra e sotto il cielo e che Dio - nell’ultima comparsa – appena si intravede, lo hanno ‘montato’, oppure se meglio vi piace, in linguaggio consono, è stato ‘tagliato’: di Lui è rimasto qualche breve frammentato basso gotico... 




...capitello al di sotto della Torre; carrozze e velocipedi, bar e saloon, vapore e rumore sparati a tiro di cannone in onore di qual si voglia futuro imperatore, dèi dell’indiscussa nuova ‘dottrina’; la Torre immortala il Progresso e con lui ogni futuro ‘maestro’; ed ove alla teatralità d’un tempo ugualmente rappresentato, si è innestato un nuovo ‘processo’ o consequenziale piano ‘filmico’, ‘tecnico’; ove ognuno al centro del nuovo palcoscenico ‘elettrificato’… per chi la riceve e per chi ne fa’ dono, rassicurando l’intero palcoscenico che non regna ‘nevrosi’ solo qualche isolato ‘pazzo’ al piano di sotto far silente secolar rumore pregando ad hore stabilite, tantè che hanno provveduto ad illuminarlo a dovere; è il preludio d’un Film ove lo spettatore diviene d’incanto interprete in fotogrammi storici ben ‘illuminati’ così come ‘montati’ per i vari ‘set’ e non più  celebrazione del Sacro, bensì del rito dissacrato; la trama a soggetto per singolo ‘stand’ ora assume la sequenza filmica del kolossal concernente un nuovo rito, fors’anche il mito preferito delle masse…




La distrazione e il raccoglimento vengono contrapposti in un modo tale che consente questa formulazione: colui che si raccoglie davanti all’opera d’arte vi si sprofonda; penetra nell’opera, come racconta la leggenda di un pittore cinese alla vista della sua opera compiuta.

Inversamente, la massa distratta fa sprofondare nel proprio grembo l’opera d’arte. 

Ciò avviene nel modo più evidente per gli edifici.

L’architettura ha sempre fornito il prototipo di un’opera d’arte la cui ricezione avviene nella distrazione e da parte della collettività. Le leggi della sua ricezione sono le più istruttive.

Gli edifici accompagnano l’umanità fin dalla sua preistoria.




Molte forme d’arte si sono generate e poi sono morte.

La tragedia nasce coi greci per estinguersi con loro e per poi rinascere dopo secoli; ma ne rinascono soltanto le regole. L’epopea, la cui origine risale alla giovinezza dei popoli, si estingue in Europa con l’inizio del Rinascimento.

La pittura su tavola è un frutto del Medioevo e nulla può garantirle una durata ininterrotta.

Ma il bisogno dell’uomo di una dimora è ininterrotto.

L’architettura non ha mai conosciuto pause, la sua storia è più lunga di quella di qualsiasi altra arte; rendersi conto del suo influsso è importante per qualunque tentativo di comprendere il rapporto tra le masse e l’opera d’arte.

Delle costruzioni si fruisce in un duplice modo: attraverso l’uso e attraverso la percezione. O, in termini più precisi: in modo tattico e in modo ottico. Non è possibile definire il concetto di una simile ricezione se essa viene immaginata sul tipo di quelle raccolte per esempio dai viaggiatori di fronte a costruzioni famose.

Non c’è nulla, dal lato tattico che faccia da contropartita di ciò che, dal lato ottico, è costituito dalla contemplazione.












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