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Prosegue con le mani...:
La pratica della corruzione e della dissoluzione
o rimozione della Verità non una prassi consolidata solo in Russia, ma
ampiamente diffusa con radici ben salde anche in italia, ed oltremodo con
taluni personaggi politici addirittura in complice sintonia e affinità di
intenti da qui fino alla grande Casa Russia con Villa!
Non meno della prassi (ben consolidata in taluni
luoghi) dell’intimidazione verso tutti coloro che operano al di fuori di
determinati corrotti meccanismi, sia dell’industria anarchica privata quanto
pubblica in reciproco rapporto di lecita-dipendenza ed intesa sorretta da madre
corruzione.
Sia in tutti quei livelli ove i rapporti fra stato e mafia continuano a prosperare (pur le contrarie apparenze) per un principio simmetrico ad un determinato ‘fine’ scritto in un illecito conseguimento di un insano obiettivo economico (soprattutto in tempi pandemici) non tanto ‘comunitario’, bensì ‘improprio interesse di stato’.
Infatti, come afferma il breve articolo a voi proposto
in questa giornata della terra, nell’analisi conclusiva quale premessa per un
libro di Travaglio-Gomez nella lapidaria affermazione e sentenza, circa
l’incapacità…
oggi peggio di allora, emerge con
nitore l’incapacità della classe dirigente di questo paese di
creare le condizioni perché si possa vivere secondo le regole comunemente
accettate del mondo occidentale, del quale dichiariamo di voler far parte
(e per tali regole si intendono comprese tutte quelle facenti parte nella tutela della Natura, che seppur apparentemente salvaguardata, in realtà continuamente predata proprio per quell’antico rinnovato patto fra stato e mafia il quale viene non solo sottoscritto nella falsa ragione della corrotta economia, bensì elevato ai livelli più alti dei vari interessi economici coinvolti, e rendendo di fatto impossibile il conseguimento del rispetto delle regole nei cosiddetti ‘giochi di reciproca copertura’; ma oltre modo, come ho potuto verificare di persona, coloro che operano in tal senso nella tutela e rispetto della Natura ingiustamente perseguitati…).
Ciò vuol dire che, seppure la lotta alla mafia in
diligente opera eppure il controllore non controllato cela una deviata
corruzione ai fini dello stato (così come in Russia e non solo).
Per cui a codesti signori rinnoviamo i trascorsi avvenimenti di ‘mani eternamente sporche e non certo di onesto lavoro in Terra pulita’…
Un quarto di secolo è passato da quando, il 17 febbraio 1992, a Milano fu arrestato Mario Chiesa, fatto che è stato considerato l’inizio di quelle indagini che i mezzi di informazione hanno chiamato Mani pulite.
Quella non
era la prima volta in cui un pubblico amministratore veniva sorpreso in
flagranza di corruzione, e non fu l’ultima. Per quale ragione, venticinque anni
dopo, quell’accadimento viene ancora ricordato, tanto da portare a una nuova
edizione di un articolo che ricostruisce quella vicenda e quelle che seguirono?
Credo che
la spiegazione sia da ricercare nel sorprendente (anche per gli inquirenti)
sviluppo delle indagini, innescate da quell’episodio, che in un tempo
relativamente breve (specie se rapportato ai tempi dell’amministrazione giudiziaria)
portò alla scoperta di un numero impressionante di reati e al coinvolgimento di
migliaia di politici, funzionari e imprenditori.
Che cosa aveva fatto la differenza fra quelle indagini rispetto ad altre precedenti e successive?
In questi
venticinque anni si sono sentite in proposito, da parte di vari commentatori,
numerose sciocchezze, quali lo sapevano
tutti, dov’era prima la magistratura?, è stato un golpe (orchestrato, a seconda
dell’ideologia di chi sosteneva tale tesi, dai comunisti, dalla Cia, dai poteri
forti ecc.) e altre stravaganze.
Anzitutto
non è vero che lo sapevano tutti. Né i miei colleghi né io, pur avendo la
percezione che i reati di concussione, corruzione, finanziamento illecito dei
partiti politici e false comunicazioni sociali fossero ben più numerosi di
quanto risultava dalle statistiche giudiziarie, immaginavamo le dimensioni
dell’illegalità, quali emersero dalle indagini. idee religiose della stessa
verità eterna (a chi la pretesa della verità eterna rimane Mistero più del
Mistero nel Sacro enunciato). Ma noi parliamo qui piuttosto in termini di
indagine spirituale di una ‘capacità’ e dobbiamo studiarla psicologicamente…
Neppure i cittadini immaginavano che la corruzione avesse raggiunto tali dimensioni e soprattutto che appartenenti a partiti di opposti schieramenti si dividessero le tangenti, e rimasero attoniti quando Bettino Craxi, alla Camera dei deputati il 29 aprile 1993, parlò di un sistema di finanziamento illegale alla politica che coinvolgeva tutti, senza che nessuno dei deputati presenti in aula (fra cui certamente ve ne erano pure di onesti, ma ignari di ciò che era accaduto all’interno dei loro partiti) si alzasse a rivendicare la propria estraneità e il proprio sdegno nel sentirsi accomunare al generale ladrocinio.
Del resto
nelle statistiche giudiziarie i reati di corruzione apparivano (e appaiono
tuttora) come poco numerosi, ma ciò non deve stupire.
La
corruzione ha infatti alcune caratteristiche della mafia, fra cui la
sommersione e il contesto omertoso, e ha una cifra nera (differenza fra delitti
commessi e delitti denunziati) altissima.
La corruzione non si commette di fronte a testimoni; è un reato a vittima diffusa, non viene subita da una persona fisica determinata che abbia l’interesse a denunciarla; e le pratiche comprate sono quasi sempre le più a posto, le più curate; se a ciò si aggiunge che le leggi vigenti rendono difficile scoprirla e reprimerla, vi sono ragioni sufficienti per spiegare perché prima (ma anche dopo) sia emerso nelle statistiche giudiziarie pochissimo di quel sistema di illegalità diffusa che le indagini del 1992-95 svelarono.
Queste
considerazioni rispondono anche alla domanda dov’era prima la magistratura?. Mi
sono sempre chiesto perché mai tale domanda (almeno per quel che ne so, ma non
mi stupirei del contrario) non sia stata formulata anche a proposito dei
procedimenti di mafia.
Le indagini
sulla mafia, solo dalla collaborazione di Tommaso Buscetta in poi, hanno potuto
evidenziare l’esistenza di Cosa nostra come struttura unitaria con regole
radicate. Prima i magistrati e le forze di polizia non avevano la minima idea
della struttura interna a tale organizzazione. Peraltro
è ben possibile che alcuni di coloro che pongono queste domande retoriche
sapessero sia della corruzione che della mafia, ma allora il quesito da
porre a costoro dovrebbe essere: ‘Se lo sapevi perché non hai informato le
Procure della Repubblica?’.
(Prosegue...)
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