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& il racconto completo... (12)
Dello stesso autore e la sua Barca
Robert
Benton aprì lentamente le ali, le batté diverse volte, e decollò maestosamente
dal tetto, verso le tenebre.
Venne
immediatamente inghiottito dalla sera. Sotto di lui, centinaia di minuscoli
puntini di luce si accesero su altri tetti, dai quali altre persone si stavano
levando in volo. Un bagliore viola lo sfiorò, poi svanì nel nero. Ma Benton era
in preda a uno stato d’animo diverso, e l’idea delle corse notturne non lo
attraeva.
Il bagliore
viola si avvicinò di nuovo, lanciò richiami invitanti. Benton rifiutò, si tuffò
verso strati più alti dell’atmosfera.
Dopo un po’ interruppe l’ascesa e si lasciò andare alla deriva sulle correnti d’aria che salivano dalla città che aveva sotto, la Città della Lievità. Fu invaso da un senso di ebbra meraviglia. Ripiegò le grandi ali bianche, si tuffò in mezzo alle piccole nubi che gli veleggiavano attorno in preda a una gioia frenetica, si lanciò verso l’invisibile fondo dell’immenso bacino nero nel quale volava, e alla fine scese verso le luci della città.
Il suo
tempo libero era quasi terminato.
Molto più
sotto, una luce più brillante delle altre lampeggiò un richiamo: l’Ufficio
Controllo. Il corpo puntato all’ingiù come una freccia, avvolto nel guscio
delle ali bianche, Benton partì in quella direzione. E scese, diritto e
perfetto.
Una trentina di metri al di sopra della luce, riaprì le ali, riprese controllo dell'aria, e atterrò dolcemente su un tetto.
Si
incamminò finché non si accese una luce-guida. Raggiunse la porta d’ingresso
seguendo il raggio di luce. La porta scivolò di lato alla pressione delle sue
dita, e lui la superò. Prese immediatamente a scendere, schizzando verso il
basso a velocità crescente. Il piccolo ascensore si fermò di colpo e lui entrò
nell'Ufficio Centrale del Controllore.
— Salve —
disse il Controllore. — Si tolga le ali e si accomodi.
— Ah —
sorrise il Controllore. — Le piacciono le comodità.
— Non
voglio che vadano sprecate — ribatté Benton.
Il
Controllore guardò alle spalle del suo ospite, puntò lo sguardo sulle pareti di
plastica trasparente. Dietro le pareti c’erano i monolocali più grandi della
Città della Lievità. Si estendevano a perdita d'occhio. Ognuno era…
— Per cosa voleva vedermi? — Benton interruppe le sue riflessioni. Il Controllore tossicchiò e smosse con le dita alcune graffette di metallo.
— Come sa —
cominciò — Stabilità è la parola d’ordine. La civiltà ha fatto continui
progressi da secoli, soprattutto dal venticinquesimo secolo in poi. Però è una
legge di natura che la civiltà debba progredire, oppure regredire. Non può
fermarsi.
— Questo lo
so — disse Benton, perplesso. — Conosco anche la tavola pitagorica. Vuole
recitarmi anche quella?
Il
Controllore lo ignorò.
— Però noi
abbiamo infranto quella legge. Cento anni fa…
Cento anni prima! Davvero non sembrava fosse passato così tanto tempo da quando Eric Freidenburg, degli Stati della Germania Libera, si era alzato nella sala del Consiglio Internazionale e aveva annunciato ai delegati raccolti lì che la specie umana aveva raggiunto il proprio apice. Ulteriori progressi erano impossibili. Negli anni precedenti, soltanto due grandi invenzioni erano state brevettate. Dopo di che, tutti quanti erano rimasti a guardare grafici e tabelle, avevano visto le linee scendere sempre più, in base a un fattore pari al loro quadrato, per poi svanire nel nulla. Il grande pozzo dell’ingegno umano si era inaridito, e a quel punto Eric si era alzato e aveva detto ciò che tutti sapevano, ma avevano paura di dire. Naturalmente, dopo che il problema era stato esposto in maniera formale, il Consiglio era tenuto a mettersi al lavoro per risolverlo.
Si erano
presentate tre idee per una soluzione. Una delle tre sembrava più umana delle
altre due. E alla fine, proprio quella soluzione venne adottata. Era…
La Stabilizzazione!
Dapprima, non appena i popoli vennero informati, ci furono grossi guai, e in molte delle maggiori città scoppiarono rivolte di massa. Il mercato azionario crollò, e l’economia di numerosi paesi sfuggì a ogni controllo. I prezzi dei generi alimentari salirono, e ci furono carestie. Scoppiò la guerra… per la prima volta in trecento anni! Ma la Stabilizzazione era iniziata. I dissenzienti vennero distrutti, i radicali furono messi a! bando, portati via dal Carroccio. Fu un atto duro e crudele, ma sembrava l’unica risposta possibile. E finalmente, il mondo assunse uno stato rigido, uno stato controllato nel quale non potevano esserci cambiamenti, né in avanti né all'indietro.
Ogni anno,
ogni abitante del globo si sottoponeva a un difficile esame che durava un’intera
settimana, per stabilire se stesse o no deviando. Tutti i giovani ricevevano un’istruzione
intensiva di quindici anni. Chi non riusciva a stare alla pari con gli altri
semplicemente scompariva. Le invenzioni venivano studiate dagli Uffici
Controllo per accertarsi che non potessero alterare la Stabilità. Se si
scopriva che avrebbero potuto alterarla…
— Ed è per questo che non possiamo permettere l’uso della sua invenzione — spiegò il Controllore a Benton. — Mi spiace.
Osservò
Benton, lo vide sussultare, impallidire; vide che gli tremavano le mani.
— Andiamo —
disse dolcemente — non la prenda così. Ci sono sempre altre cose da fare. Dopo
tutto, lei non corre il rischio di finire sul Carroccio!
Ma Benton
fissava il vuoto a occhi sgranati. Alla fine disse: — Ma lei non capisce. Io
non ho inventato niente. Non so di cosa stia parlando.
— Non ha inventato niente! — esclamò il Controllore. — Ma io ero qui il giorno che lei stesso ha chiesto il brevetto! L’ho vista firmare la dichiarazione di proprietà! Ha dato a me il modellino!
Fissò
Benton. Poi premette un pulsante della scrivania e disse, parlando in un
piccolo cerchio di luce: — Mandatemi le informazioni sul numero 34500-D, per
favore.
Passò un
momento, poi nel cerchio di luce apparve un tubo. Il Controllore afferrò l’oggetto
cilindrico e lo passò a Benton. — Troverà qui la sua dichiarazione firmata —
disse — e in uno dei riquadri ci sono le sue impronte digitali. Può averle
lasciate soltanto lei.
Stordito, Benton aprì il cilindro ed estrasse i documenti che conteneva. Li studiò per qualche attimo, poi li rimise lentamente nel cilindro, che restituì al Controllore.
— Sì —
disse — è la mia grafia, e quelle sono senza dubbio le mie impronte. Però non
capisco. Non ho mai inventato qualcosa in vita mia, e non sono mai stato qui in
passato! Cos’è questa invenzione?
— Cos’è? —
fece eco il Controllore, stupefatto. — Non lo sa? Benton scosse la testa. — No,
non lo so — disse lentamente.
— Se vuole
scoprire di cosa si tratta, dovrà scendere agli Uffici. Io posso solo dirle che
il Consiglio di Controllo ha negato l’autorizzazione ai progetti che ci ha
mandato. Sono semplicemente un portavoce. Dovrà discuterne con loro.
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