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circa le nostre
Prosegue con
Lunedì 18
dicembre 2023 la notizia della reintroduzione dei primi 5 lupi grigi nel Parco
Nazionale delle Rocky Mountains in Colorado viene rimbalzata dalle testate
giornalistiche internazionali, a segnare l’inizio di un ambizioso programma
approvato dalla volontà popolare di quello stato che si è democraticamente
espressa a favore del ritorno dei lupi in quella regione dove erano stati
sterminati e da circa 80 anni non si sentivano più ululare. Per contro, il
giorno dopo, la Commissione europea presenta la proposta di abbassare il
livello di protezione del lupo in tutti gli Stati membri. ‘Proposed change in
the international status of the wolves’ (europa.eu).
Non essendo
stata presentata alcuna prova valida scientificamente della necessità di
degradare lo status europeo di protezione del lupo, lo stesso giorno, dal sito
dell’EEB (European Environmental Bureau) si legge che quasi 300 ONG hanno
firmato una lettera congiunta chiedendo al presidente della Commissione Europea
di sostenere le attuali protezioni dei lupi in tutta Europa. ‘Almost 300 NGOs
sign joint letter for EU wolf protection (eeb.org)’
La Commissione Europea si era recentemente impegnata a “decidere su una proposta per modificare, ove opportuno, lo status di protezione del lupo all’interno dell’UE, per aggiornare il quadro giuridico e per introdurre, ove necessario, ulteriore flessibilità” entro la fine del 2023. Le ONG di tutta Europa ora temono che tali cambiamenti vengano attuati in modo poco trasparente, sulla base di prove limitate e selettive e senza alcuna base scientifica.
‘Il
consenso è inequivocabile e la nostra visione collettiva non potrebbe essere
più chiara: qualsiasi cambiamento allo status del lupo in Europa deve essere
basato su fatti scientifici. A meno che non vi siano nuove e sostanziali prove
scientifiche raccolte dai servizi della Commissione europea, riteniamo che la
scienza e l’opinione pubblica siano chiare: la modifica dello status di
protezione del lupo – sia ai sensi del diritto dell’UE che della Convenzione di
Berna – non è giustificata’.
Scrive
l’EEB.
Ora, ripercorrendo le tappe, sappiamo che la conservazione del lupo in Europa è disciplinata essenzialmente dalla Convenzione di Berna e dalla Direttiva Habitat dell’UE. Che la Convenzione di Berna sulla conservazione della fauna selvatica e degli habitat naturali europei è entrata in vigore nel 1982. Che la Convenzione di Berna mira a conservare la flora e la fauna selvatiche e i loro habitat naturali, in particolare quelle specie e habitat la cui conservazione richiede la cooperazione di diversi Stati’, dando particolare enfasi alle ‘specie in pericolo e vulnerabili’, compresi i lupi.
Il lupo è
elencato come specie particolarmente protetta nell’Appendice II della
Convenzione. Tuttavia, nove parti contraenti dell’Unione europea hanno
presentato riserve sul suo status giuridico nei loro Paesi. Sono infatti
possibili delle deroghe ai sensi dell’articolo 16 al fine di prevenire danni
gravi (in particolare alle colture, al bestiame, alle foreste, alla pesca,
all’acqua e ad altri tipi di proprietà) e nell’interesse della sanità pubblica
e della sicurezza pubblica.
In altre parole, le norme esistenti sulle deroghe consentono di bilanciare i diversi interessi con gli obiettivi di conservazione previsti dalla direttiva. La direttiva autorizza quindi gli Stati membri ad adottare misure in deroga a determinate disposizioni al fine di affrontare specifiche sfide che eventualmente si presentano in relazione alla convivenza uomo – lupo. In questo contesto, gli Stati membri hanno a disposizione i mezzi adeguati per affrontare i conflitti e le circostanze locali, in linea con il principio di sussidiarietà.
Gli Stati
membri fanno un uso diverso delle deroghe. Alcuni di essi non hanno mai o quasi
mai utilizzato le deroghe per eliminare i lupi (ad esempio Portogallo e
Italia), alcuni ricorrono alle deroghe in modo molto limitato (ad esempio la
Germania), mentre altri si avvalgono delle deroghe frequentemente o
sistematicamente (ad esempio Francia e Svezia).
‘Considerando
il panorama giuridico frammentato e la natura transfrontaliera della maggior
parte delle popolazioni di lupi, la cooperazione delle popolazioni
transnazionali è diventata un paradigma fondamentale per la conservazione dei
grandi carnivori sia ai sensi della Convenzione di Berna che della Direttiva
Habitat’ (Linnell et al. 2008).
D’altro canto, il lupo continua a godere anche di un forte sostegno pubblico, come dimostra la raccolta dati lanciata dalla Commissione Europea nel 2023. Anche se lo scopo non era quello di raccogliere opinioni a favore o contro la tutela del lupo nell’UE, ma di ottenere dati rilevanti da inserire in un’analisi completa della situazione del lupo, oltre il 70% degli intervistati ha espresso il proprio sostegno al mantenimento dello status di protezione del lupo, rispetto al 29% a favore della riduzione del suo status di protezione. Un sondaggio d’opinione condotto da Savanta per conto dell’Eurogroup for Animals in sei paesi dell’UE nel 2020 ha inoltre rilevato che la maggioranza del pubblico ritiene che “i lupi abbiano il diritto di esistere in natura; appartengono al nostro ambiente naturale e dovrebbero essere rigorosamente protetti”.
Un altro sondaggio
più recente tra i residenti nelle comunità rurali condotto sempre da Savanta
per conto della stessa organizzazione in 10 paesi dell’UE ha rilevato che “un
significativo 68% degli intervistati sostiene il mantenimento di uno status di
protezione rigorosa dei grandi carnivori”.
Il 24 novembre 2022 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione non legislativa sulla protezione dell’allevamento e dei grandi carnivori in Europa. La risoluzione riflette i diversi punti di vista delle parti interessate sul conflitto tra lupi. Essa accoglie con favore e sostiene la proposta svizzera del 2022 di declassare lo status di protezione dei lupi ai sensi della Convenzione di Berna, sottolineando che lo stato di conservazione del lupo a livello paneuropeo giustifica un abbassamento del suo status di protezione. Chiede alla Commissione di effettuare ulteriori studi e analisi, nonché una valutazione dell’efficacia delle misure di mitigazione dei danni testate o implementate nell’ambito di LIFE e di altri meccanismi di finanziamento dell’UE. Infine, la risoluzione chiede alla Commissione di sviluppare una procedura di valutazione per garantire lo stato di protezione delle popolazioni in determinate regioni non appena sarà stato modificato lo stato di conservazione desiderato delle specie.
Nella sua
risposta alla risoluzione del Parlamento europeo, la Commissione Europea ha
dichiarato, tra l’altro, che nel corso del 2023 effettuerà un’analisi
approfondita di tutti i dati scientifici e tecnici disponibili e di tutte le
altre circostanze rilevanti a portata di mano, al fine di valutare se siano
necessarie ulteriori misure, anche per adeguare lo stato di protezione delle
specie di interesse comunitario alla base del progresso tecnico e scientifico.
Di seguito
e in breve ecco cosa risulta da tale relazione, che dovrebbe costituire quella “analisi
approfondita” che la Commissione si era impegnata a realizzare: (The situation
of the wolf (canis lupus) in the European union : an in-depth analysis).
Innanzitutto si afferma la necessità di ottenere dati scientifici tramite il monitoraggio delle popolazioni di lupo presenti in tutto il territorio europeo. I vantaggi derivanti dall’utilizzo degli stessi metodi di monitoraggio del lupo in tutta l’Unione Europea sono stati sottolineati più volte, ma, si dice, non è semplice perché il monitoraggio del lupo non dipende solo da aspetti ecologici (la dimensione della popolazione di lupi, le caratteristiche del paesaggio, la disponibilità di neve d’inverno, ecc.) ma anche da aspetti operativi e sociali, come la disponibilità di risorse economiche e scientifiche, la disponibilità di volontari o operatori per svolgere il lavoro sul campo, e la capacità delle istituzioni di coordinare il lavoro. Quindi i risultati sono discontinui e frammentati.
Ci sono,
poi, le valutazioni dello stato di conservazione ai sensi dell’articolo 17
della Direttiva Habitat, secondo cui ogni Stato membro è tenuto a riferire ogni
sei anni alla Commissione europea sullo stato di conservazione degli habitat
naturali e delle specie elencate negli allegati presenti nel proprio Paese.
L’Agenzia europea per l’ambiente poi riunisce i dati ed effettua una
valutazione dello stato di conservazione per ognuna delle 9 regioni
biogeografiche dell’UE.
A livello biogeografico dell’UE, il report “Articolo 17” più recente, relativo al periodo 2013-2018 conclude che il lupo è presente in sette regioni biogeografiche dell’Unione europea (Pannonia, Regione Continentale, Alpina, Atlantica, Mediterranea, del Mar Nero e Boreale). Tuttavia, lo stato di conservazione è positivo solo nella regione alpina. Negli altri sei, il lupo ha uno stato di conservazione ancora sfavorevole e inadeguato, il che significa che, anche se la specie non sarà più minacciata nel prossimo futuro, saranno necessari ulteriori sforzi affinché raggiunga uno stato di conservazione soddisfacente in tutte le regioni. Nella valutazione precedente (2007-2012), il lupo si trovava in uno stato di conservazione positivo in due delle sette regioni biogeografiche, quella alpina e quella atlantica.
Nell’analisi,
poi, compare la questione sull’utilità del controllo letale sui lupi per
ridurre i danni al bestiame e sull’opportunità di un eventuale abbattimento
mirato, o non mirato.
Nel documento si legge tra le altre cose: “Il controllo letale è l’aspetto più controverso della gestione del lupo tra il grande pubblico e anche tra i professionisti della conservazione (Lute et al. 2018). Il controllo letale è spesso finalizzato a mitigare i conflitti sociali conferendo potere alle parti colpite (Woodroffe e Redpath 2015), e i benefici possono essere principalmente sociali o psicologici se con esso si riesce a placare gli allevatori di bestiame (Linnell e Cretois 2018). Quando il controllo letale è finalizzato a ridurre le predazioni dei lupi, nella migliore delle ipotesi risolve i conflitti solo temporaneamente, a meno che la popolazione di lupi non venga sterminata o ridotta gravemente su vaste aree (Bradley et al. 2015; Linnell e Cretois 2018). Laddove vengono uccisi i lupi, i loro territori vengono solitamente e rapidamente occupati da altri lupi e sarà necessario continuare a uccidere i lupi anno dopo anno. In Scandinavia, ad esempio, i territori dei lupi uccisi sono stati rioccupati in meno di un anno, quando la densità della popolazione di lupi era elevata. La rioccupazione è stata più rapida dopo l’abbattimento legale degli individui rispetto ai territori in cui gli individui sono scomparsi per ragioni sconosciute.
I risultati
degli studi che valutano l’effetto di tali provvedimenti letali sui danni al
bestiame sono talvolta contraddittori, e le argomentazioni fornite dai settori
pro-lupo e anti-lupo sono profondamente parziali, il che aggiunge una
complessità sociale a un processo che è già molto complesso da un punto di vista
ecologico. In sintesi, la ricerca sull’abbattimento mirato dei lupi condotta in
Europa è inconcludente e l’abbattimento non mirato (cioè la caccia) non sembra
ridurre le predazioni dei lupi sul bestiame a meno che non venga effettuato con
tale intensità da ridurre drasticamente la densità dei lupi su vaste aree.
Tuttavia, questo tipo di caccia potrebbe non essere compatibile con la
Direttiva Habitat ed è socialmente rifiutato da gran parte del pubblico in
Europa”.
IL RACCONTO DELLO SCIAMANO
L’accettazione di Ootek nei
miei confronti ebbe
un effetto positivo
sull’atteggiamento di Mike.
Anche se Mike
continuava a nutrire
il radicato sospetto
che non fossi
del tutto a
posto con la
testa e che
potessi rivelarmi pericoloso
se non osservato
da vicino, si
è rilassato per
quanto la sua
natura taciturna glielo
permetteva e ha
cercato di essere
collaborativo. Questo è stato un
grande vantaggio per
me, perché posso contare
il suo aiuto
come interprete tra
me e Ootek.
Ootek aveva molto da insegnare alla mia conoscenza delle abitudini alimentari dei lupi. Dopo aver confermato quanto avevo già scoperto sul ruolo dei topi nella loro dieta, mi disse che anche i lupi mangiavano moltissimi scoiattoli di terra e talvolta sembravano addirittura preferirli ai caribù. Questi scoiattoli di terra sono abbondanti in gran parte dell’Artico, sebbene Wolf House Bay si trovi appena a sud del loro ambiente naturale. Sono parenti stretti del citello comune delle pianure occidentali, ma a differenza del citello hanno uno scarso senso di autoconservazione. Di conseguenza diventano facili prede di lupi e volpi.
In estate,
quando sono ben
nutriti e grassi,
possono pesare fino a un
chilo, tanto che
un lupo può
spesso ucciderne un
numero sufficiente per
preparare un buon
pasto con solo
una frazione del
dispendio energetico richiesto
dalla caccia al
caribù.
Avevo pensato
che i pesci
difficilmente potessero entrare
nella dieta dei
lupi, ma Ootek
mi assicurò che
mi sbagliavo. Mi
raccontò di aver
osservato più volte
i lupi mentre
pescavano il carangide
o il luccio.
In primavera, al
momento della deposizione
delle uova, questi
grossi pesci, che
a volte pesano
anche quaranta libbre,
invadono l’intricata rete
di stretti canali
nelle paludi paludose
lungo le rive
del lago.
Quando un
lupo decide di
inseguirli, salta in
uno dei canali
più grandi e
guada controcorrente, schizzando
violentemente mentre procede,
e spingendo il
luccio davanti a
sé in canali
progressivamente più stretti
e meno profondi.
Alla fine il
pesce si rende
conto del pericolo
e si volta
per correre verso
il mare aperto;
ma il lupo
si mette sulla
sua strada e
basta un rapido
colpo di quelle
grandi mascelle per
spezzare la schiena
anche al luccio
più grande.
Ootek mi ha detto che una volta ha visto un lupo catturare sette grossi lucci in meno di un’ora. I lupi catturavano anche i polloni mentre questi pesci pigri stavano risalendo i corsi d’acqua della tundra, mi ha raccontato; ma la tecnica del lupo in questo caso consisteva nell’accovacciarsi su una roccia in una sezione poco profonda del ruscello e afferrare le ventose mentre passavano, un metodo piuttosto simile a quello impiegato dagli orsi quando catturano il salmone.
Un’altra fonte
di cibo, anche
se minore, era
costituita dalle scorpene
artiche: piccoli pesci
che si annidano
sotto le rocce
nelle acque basse.
I lupi li
catturavano guadando lungo
la riva e
rivoltando le rocce
con le zampe
o con il
naso, afferrando questi pesci
esposti prima che
potessero scappare.
Più tardi,
durante l’estate, potei
confermare il resoconto
di Ootek sulla
pesca delle scorpene
osservando lo zio
Albert dedicarvi parte
del pomeriggio. Sfortunatamente non
ho mai visto
i lupi catturare
lucci; ma, avendo
sentito da Ootek
come lo facevano,
l’ho provato io
stesso con notevole
successo, imitando quanto
riportato azioni dei lupi
sotto tutti gli
aspetti, tranne che
usai una corta lancia,
al posto dei
denti, con cui
somministrare il colpo
di grazia.
Queste informazioni supplementari sul lupo erano affascinanti, ma è stato quando siamo arrivati a discutere del ruolo svolto dai caribù nella vita del lupo che Ootek mi ha davvero aperto gli occhi.
Il lupo
e il caribù
erano così strettamente
legati, mi disse,
che erano quasi
un’unica entità. Mi
spiegò cosa intendeva
raccontandomi una storia
che somigliava un po’ all’Antico
Testamento; ma che,
così mi assicurò
Mike, faceva parte
del folklore semireligioso
degli eschimesi dell’entroterra che,
ahimè per le loro anime
immortali, erano ancora
felicemente pagani.
Ecco, parafrasato,
il racconto di
Ootek.
“In principio
c’erano una Donna
e un Uomo,
e nient’altro, camminava,
nuotava o volava
nel mondo finché
un giorno la
Donna scavò una
grande buca nel
terreno e cominciò
a pescarvi. Uno
dopo l’altro tirò
fuori tutti gli
animali e l’ultimo
che tirò fuori
dalla buca fu
il caribù. Poi
Kaila, che è
il dio del
cielo, disse alla
donna che il
caribù era il
dono più grande
di tutti, perché
il caribù sarebbe
stato il sostentamento
dell’uomo.
La Donna liberò il caribù e gli ordinò di uscire sulla terra e di moltiplicarsi, e il caribù fece come aveva detto la Donna; e col tempo la terra si riempì di caribù, così i figli della Donna cacciarono bene, furono nutriti e vestiti e avevano buone tende di pelle in cui vivere, tutte provenienti dai caribù.
I figli
della Donna cacciavano
solo i caribù
grandi e grassi,
perché non avevano
voglia di uccidere
i deboli, i
piccoli e i
malati, poiché questi
non erano buoni
da mangiare, né la
loro pelle era
molto buona. E,
dopo qualche tempo,
avvenne che i malati e
i deboli arrivarono
a superare in
numero i grassi
e i forti,
e quando i
figli videro ciò
rimasero sgomenti e
si lamentarono con
la Donna.
Allora la
Donna fece una
magia, parlò a
Kaila e disse:
‘Il tuo lavoro
non va bene,
perché i caribù
si indeboliscono e
si ammalano, e
se li mangiamo
anche noi dobbiamo
diventare deboli e
ammalarci’.
Kaila l’ascoltò e mi rispose: ‘Il mio lavoro è buono. Lo dirò ad Amorak [lo spirito del lupo], e lui lo dirà ai suoi figli, e loro mangeranno i malati, i deboli e i piccoli caribù, così che la terra sarà lasciata ai grassi e ai buoni’.
E questo
è quello che
è successo, ed
è per questo
che il caribù
e il lupo
sono una cosa
sola; perché il
caribù nutre il
lupo, ma è
il lupo che
mantiene forte il
caribù”.
Rimasi leggermente
sbalordito da questa
storia, perché non
ero preparato a
ricevere una lezione da questo eschimese
illetterato e privo
di istruzione che
mi teneva una
conferenza, anche sotto
forma di parabola,
illustrando la teoria
della sopravvivenza del
più adatto attraverso
l’azione della selezione
naturale. In ogni
caso, ero scettico riguardo
alla felice relazione
che Ootek postulava
esistesse tra caribù
e lupo.
Anche se le mie recenti esperienze mi avevano già disilluso della verità di molte credenze scientificamente provate sui lupi, non potevo credere che l’onnipotente e intelligente lupo limitasse la sua predazione sulle mandrie di caribù all’abbattimento dei malati e degli animali semi-infermi quando avrebbe potuto, presumibilmente, scegliere gli individui più grassi e succulenti. Inoltre, avevo quelle che pensavo fossero ottime argomentazioni con cui demolire la tesi di Ootek.
‘Chiedigli
allora’,
…dissi a
Mike,
‘come
mai ci sono
così tanti scheletri
di caribù grandi
ed evidentemente sani
sparsi per la
capanna e in
tutta la tundra
per miglia a
nord di qui’.
‘Non
c’è bisogno di
chiederglielo’,
…rispose Mike
con sfacciato candore.
‘Sono stato io a uccidere quei cervi, ho quattordici cani da sfamare e per questo ci vogliono forse due, tre caribù alla settimana. Anch’io devo nutrirmi. E poi, ho dovuto uccidere un sacco di cervi ovunque in tutto il paese delle trappole. Metto quattro, cinque trappole attorno a ciascun cervo in questo modo e prendo molte volpi quando vengono a nutrirsi. È inutile che io spari ai caribù magri. Quello che devo avere sono quelli grossi e grassi’.
Ero sconcertato.
‘Quanti
pensi di ucciderne
in un anno?’
Gli ho chiesto.
Mike sorrise
orgoglioso.
‘Ho
una mira dannatamente
buona. Ucciderne forse due,
trecento, forse di
più’.
Quando mi
sono parzialmente ripreso
da ciò, gli
chiesi se questa
fosse la stessa
usanza per i
cacciatori di pellicce.
‘Ogni
cacciatore di pellicce fa’ lo
stesso se non peggio!’,
…mi rispose.
‘Gli indiani, gli uomini bianchi, fino al sud, dove vanno i caribù in inverno, devono ucciderne un sacco, altrimenti non riescono a trarne il giusto guadagno. Naturalmente non sono sempre fortunati ad avere abbastanza caribù; poi devono dare da mangiare ai cani dei pesci. Ma i cani non possono nutrirsi bene con i pesci: si indeboliscono e si ammalano e non riescono a trasportare carichi. Il caribù è migliore’.
Sapevo, dopo
aver studiato i
documenti di Ottawa,
che c’erano
milleottocento cacciatori di
pellicce in quelle
parti del Saskatchewan,
del Manitoba e
del Keewatin meridionale
che costituivano l’area
invernale della mandria
di caribù di
Keewatin. Sapevo anche
che molti di
questi cacciatori di
pellicce erano stati
intervistati da Ottawa,
tramite l’agenzia delle
società commerciali di
pellicce, per ottenere
informazioni che potessero
aiutare a spiegare
il rapido declino
delle dimensioni delle mandrie
di caribù. Avevo
letto i risultati
di questo sondaggio.
I cacciatori
di pellicce e i commercianti
negano a un cacciatore
di uccidere più
di uno o
due caribù all’anno;
e fino all’ultimo cacciatore
residente o non, avevano insistito
sul fatto che
i lupi massacravano
i cervi a
migliaia.
Sebbene la matematica non sia mai stata il mio punto di forza, ho provato a calcolare alcuni totali partendo dalle informazioni a disposizione. Essendo un tipo prudente per natura, ho dimezzato il numero dei cacciatori di pellicce, e poi ho dimezzato le uccisioni annuali di caribù di Mike, prima di moltiplicare i due. Non importa quante volte ho moltiplicato, ho continuato a ottenere la cifra fantastica di 112.000 animali uccisi ogni anno dai cacciatori di pellicce in questa zona.
Mi resi
conto che non
era una cifra
che potevo usare
nei miei rapporti,
a meno che
non desiderassi essere
inviato alle Isole
Galopagos per condurre
uno studio decennale
sulle zecche delle
tartarughe.
In ogni caso, ciò che Mike e Ootek mi avevano detto erano in gran parte prove per sentito dire, e non era questo ciò che ero incaricato di raccogliere. Con decisione misi da parte queste rivelazioni inquietanti e tornai ad apprendere la verità nel modo più duro.
(Ferley Mowat)
LA COMMISSIONE
E ora
veniamo alla raccolta dati commissionata attraverso il Comunicato Stampa della
Commissione del 4 settembre 2023
circa la situazione delle popolazioni di lupi in Europa e il loro impatto.
Ecco un riepilogo dei risultati: il 4 settembre 2023 la Commissione “ha invitato le comunità locali, gli scienziati e tutte le parti interessate a presentare dati aggiornati sulla popolazione di lupi dell’UE e sul loro impatto”. Questa raccolta mirata di dati è stata avviata nel quadro dell’analisi approfondita sulla situazione del lupo nell’UE che la Commissione si era impegnata a svolgere in risposta alla risoluzione del Parlamento europeo del 24 novembre 2022.
In totale,
oltre 19.000 email sono state inviate all’indirizzo email indicato dalla
Commissione entro la scadenza del 22 settembre 2023. Le email non correlate
all’argomento, o inviate dopo la scadenza o considerate ripetitive sono state
rimosse, lasciando poco meno di 18.500 email da analizzare.
Sono state
inviate e-mail da 24 Stati membri, 23 dei quali hanno una popolazione di lupi, la
stragrande maggioranza di coloro che hanno inviato un contributo alla raccolta
dati mirata (oltre il 98%) voleva esprimere un’opinione sull’argomento,
piuttosto che fornire dati sulle popolazioni di lupi e sul loro impatto. La
maggioranza (71%) si è espressa a favore del mantenimento dell’attuale status
di protezione del lupo, mentre meno di un terzo (28%) ha chiesto di ridurne lo
status. Il resto (meno dell’1%) ha formulato altri commenti sull’esercizio di
raccolta dati o sul lupo in Europa.
Il comunicato stampa della Commissione invitava le comunità locali, gli scienziati e tutte le parti interessate a presentare dati aggiornati sulla popolazione di lupi e sui loro impatti. La pagina web della Commissione sui grandi carnivori specificava inoltre che questi “dati devono basarsi su metodologie di monitoraggio nazionali concordate o su altre procedure/metodologie ufficiali” e che tali “dati saranno trasferiti anche alle autorità competenti”.
Ma, come
indicato sopra, mentre la maggior parte dei messaggi di posta elettronica
inviati esprimeva un parere sulla questione, solo una piccola percentuale di
messaggi di posta elettronica (meno del 2%) forniva dati sulla popolazione di
lupi e sul loro impatto. I messaggi di posta elettronica contenenti dati
attendibili sono stati comunque analizzati in dettaglio e confrontati con i
dati ufficiali sulla popolazione di lupi e sull’impatto sul bestiame forniti
alla Commissione dalle autorità competenti degli Stati membri (o identificati
attraverso altre fonti di informazione in cui i dati ufficiali non erano
disponibili) e successivamente utilizzati per il Rapporto di Approfondimento.
Nel report di raccolta dati si può leggere un riepilogo delle e-mail ricevute per ogni Stato membro e, più specificamente, di quelle che forniscono dati sulle popolazioni di lupi e sull’impatto sul bestiame. A noi interessano particolarmente i dati relativi all’Italia: in totale dall’Italia sono state inviate 1101 email, oltre il 90% era favorevole al mantenimento dello status di protezione del lupo. 13 e-mail hanno fornito dati sulle popolazioni di lupi e/o sui danni al bestiame. Quattro di queste presentavano i dati del Primo Monitoraggio Nazionale del Lupo 2020-2021 (ISPRA) che è la stessa fonte di informazioni utilizzata per il Rapporto di Approfondimento.
Le
amministrazioni regionali di Lombardia e Trento hanno fornito dati aggiornati e
documentati sui danni e risarcimenti nelle rispettive regioni. Sebbene i dati
siano più aggiornati (2022) rispetto a quelli del rapporto ISPRA, è difficile
integrare i dati con il resto dei dati delle altre 20 regioni, dato che queste
regioni hanno territori limitati.
Un comitato
agricolo regionale ha fornito dati sulle popolazioni di lupi nella sua regione
che sono superiori a quelli ufficiali, ma si basano principalmente su
avvistamenti e trappole fotografiche che possono portare a significativi doppi
conteggi. I dati non sono in linea con le metodologie di monitoraggio
concordate.
Un’associazione
di cacciatori ha fornito stime sulla popolazione di lupi e sui danni al
bestiame per la fascia appenninica. Essi ritengono che i dati più recenti
dell’ISPRA non siano completi a causa del monitoraggio che, dicono, è stato
effettuato solo in alcune regioni mentre in altre sono state effettuate stime.
Nonostante queste preoccupazioni siano state rilevate, i dati forniti non sono stati comprovati e sono troppo su scala locale per essere confrontabili con le cifre ufficiali.
Una
cooperativa regionale e un’associazione regionale di agricoltori hanno entrambe
fornito una stima del numero di lupi nella loro provincia, ma non hanno fornito
prove concrete. Non è quindi possibile sapere se i numeri si basino su una
metodologia di monitoraggio concordata. In entrambi i casi i dati relativi ai
danni da lupo coincidono o si discostano solo leggermente da quelli forniti
dalla Regione.
Un’altra
cooperativa regionale ha fornito dati sul numero di lupi e sui danni nella sua
regione per il 2018 e il 2019: questi dati sono molto locali e non aggiornati.
Una email di un privato considera sottostimati i dati relativi alla popolazione di lupo in Toscana del 2016. L’ultimo rapporto di monitoraggio dell’ISPRA fornisce dati più aggiornati che non si basano più su stime di esperti.
In
conclusione mi pare che la “analisi approfondita” ordinata dalla Commissione
Europea non fornisca dati o basi scientifiche attendibili e sufficienti per
poter procedere con la proposta avanzata il 20 dicembre scorso dalla
Commissione Europea stessa. Mi sembra che le azioni e le iniziative che partono
da soggetti politici non siano mai attinenti alla realtà oggettiva, bensì
dipendano da motivazioni ben lontane da ciò per cui determinati apparati sono
nati.
La protezione dell’ambiente in cui viviamo non può prescindere dalla salvaguardia delle specie che rappresentano preziosi anelli di una catena trofica sana e che troppo spesso sono messe a rischio da decisioni sconsiderate. Mi auguro che la proposta della Commissione cada nel vuoto, poiché non ha supporti né validazioni accettabili. In fondo penso al patrimonio che noi esseri umani abbiamo ereditato dalla Storia, ai resti di antiche civiltà, a opere d’arte preziose che mai vorremmo andassero perdute…
Ecco,
perché allora non consideriamo i lupi, gli orsi e tutti gli animali a rischio
di estinzione allo stesso modo?
Perché non c’è l’unanime desiderio di cercare di preservare una tale ricchezza che neppure ci appartiene ma che siamo tenuti a proteggere persino contro…noi stessi?
(Italian Wild Wolf)
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