lunedì 2 aprile 2012
NEGLI OCCHI LA STESSA PAURA
FUCILI FRA ME E LA CASA BIANCA 5-7 aprile 1968
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Un informatore dell'Fbi fece sapere che la mafia era pronta a mettere una taglia
di varie centinaia di dollari su Kennedy nel caso in cui arrivasse ad avere la pos-
sibilità di ottenere la nomina, e ogni settimana gli agenti del Bureau fornivano fo-
tografie di potenziali assassini a Frank Mankiewicz.
Kennedy sembrava affrontare le minacce con un fatalismo indifferente.
Se qualcuno parlava di un possibile assassinio diceva:
- Quel che succederà...succederà...
oppure:
- Se qualcuno vuole ammazzarmi, non sarà una cosa difficile,
o citava Camus:
- Sapere che morirai non conta...
Quando Warren Rogers di 'Look' gli domandò se tenesse che i fan fuori control-
lo potessero fargli del male disse:
- Diavolo non ti puoi preoccupare di una cosa simile. Guarda i loro volti. Questa
gente non vuole farmi del male. Vuole solo vedermi e toccarmi.,
ma poi aggiunse:
- Insomma, ormai partecipare alla vita pubblica è sempre una roulette russa.
Tollerava piccoli gruppi di guardie in borghese, ma soltanto se stavano a una certa
distanza e mantenevano un basso profilo, non dando troppo nell'occhio.
Si opponeva alla presenza di poliziotti in divisa intorno a sé, credendo che questo
scaldasse gli animi e aumentasse l'aggressività, oltre che farlo sembrare timoroso
del pubblico.
.....Come altri che hanno amato Robert Kennedy, Walter Fauntroy coltivava l'il-
lusione che egli non si rendesse veramente conto del pericolo di un'attentato. Era
troppo doloroso ammettere che a ogni corteo su una decappottabile anche Ken-
nedy, come a molti del suo entourage, venissero in mente Jackie con il suo tailleur
rosa e il Texas Book Depository.
Fauntroy fu talmente turbato dal commento di Kennedy sui fucili che lo separavano
dalla Casa Bianca che continuò a passeggiare al suo fianco anziché dare inizio al
rito delle 11. Infine, incapace di controllarsi più a lungo e continuando a domandarsi
se ci fosse in agguato qualche minaccia specifica, chiese a Kennedy a che cosa si
riferisse quando aveva parlato di fucili tra lui e la Casa Bianca.
Kennedy rivolse a Fauntroy uno sguardo penetrante e disse:
- Nulla.
Ma in un certo senso aveva già detto tutto.
Aveva detto che, come succedeva a Jackie, temeva che quel che era capitato a
Jack potesse un giorno accadere a lui. Aveva spiegato il motivo per cui Fred Dut-
ton aveva commentato che le foll adoranti lo liberavano da 'qualsiasi stato morbo-
so lo affliggesse in un dato momento; e anche perché Jim Stevenson scorgesse sul
suo volto 'una perdurante desolazione malinconica' e infine perché, dopo avere
viaggiato con lui nell'Indiana, il giornalista dell'Associated Press Saul Pett avesse
notato momenti in cui, 'finalmente quasi solo, finalmente tranquillo' fissava il
nulla guardando 'oltre tutto ciò che lo circondava'.
In quei momenti, scrisse Pett, 'in quegli occhi azzurri scivolava, come un'ombra su
un mare color turchese, uno sguardo di tristezza così infinita o di un dolore così
terribile che ci si sente costretti a distogliere gli occhi'.
Si dava per scontato che durante quei momenti di tristezza profonda Kennedy pensas-
se al fratello. Ma la frase detta a Fauntroy, come i commenti fatti a Joan Braden, sug-
gerisce piuttosto che la paura di trovare fucili tra lui e la Casa Bianca non lo abbando-
nasse mai.
Erano questi fucili a spingere la stampa e lo staff a trattarlo con una delicatezza di
solito riservata a chi è un malato terminale. E sono la spiegazione della passione con
cui si gettò nella campagna, come se dovesse fungere da eredità ed epitaffio.
Quattro giorni dopo la camminata per Washington in compagnia di Fauntroy, Kenne-
dy si trovava a Lansing nel Michigan, quando Fred Dutton irruppe nella sua camera
d'albergo e cominciò a tirare le tende.
Spiegò che la polizia aveva individuato sul tetto di un palazzo nei dintorni una persona
con un fucile. Kennedy, più adirato di quanto Dutton l'avesse mai visto, gli disse:
- Non chiuderle. Se vogliono sparare, lo faranno, (se vogliono ricattarmi avremmo
scoperto la mafia...).........
(Thurston Clarke, L'ultima campagna)
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