martedì 17 aprile 2012
VENT'ANNI FA
Prosegue in:
http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2012/04/17/prendete-e-mangiatene-tutti.html
Lì, in anni recenti, nel santuario più interno del Jokhang, sotto lo sguardo sereno
della figura più sacra, Jowo Shakyamuni, il Signore Prezioso, l'esercito aveva
tenuto i maiali, e il resto del Joklang era stato requisito come caserma.
Era stato seguito il detto di Mao:
Per riparare a un torto è necessario eccedere i propri limiti, e il torto non
può essere riparato senza che si eccedano i propri limiti.
Quello era l'epitaffio cinese per il Tibet.
Non chiudevi i templi: ci allevi i maiali.
Non ti limitavi a chiudere i monasteri: sconsacravi i monaci, li mandavi nelle fab-
briche e proibivi loro di pregare; e usavi le travi dei monasteri per farne pollai.
Nel Tibet, la politica di Mao di sistematica umiliazione del credo tradizionale
era arrivata alla sua apoteosi. Ora i cinesi ammettono 'sbagli....eccessi ed erro-
ri durante i dieci caotici anni della Rivoluzione Culturale', come il diplomatico
cinese Zheng Wanzhen si espresse nella sua difesa delle politiche cinesi che
scrisse nel 1987 per il 'Washington Post'.
I cinesi insistono sulle spese per lavori di restauro, ma i tibetani, è inutile dirlo,
non perdoneranno mai la dissacrazione dei loro luoghi sacri e l'insolenza dell'-
occupazione cinese.
Il buddhismo insegna il riserbo, la moderazione e la proprietà.
L'aspetto peggiore, più anti-buddista della politica cinese era di sancire che li-
beratori e rivoluzionari dovessero spingersi troppo oltre.
In Tibet, gli edifici ricostruiti e restaurati hanno la semplicità da Disneyland
della vernice fresca e dei fronzoli mancanti di carattere: e questo è vero in tutta
la Cina: lo stile tende a dilagare. Soltanto al Potala venne risparmiata la furia
filistea della Rivoluzione Culturale, e questo perché Zhou Enlai intervenne.
Ma fu nel Potala che un monaco mi mostrò una serie di monasteri dipinti su
un vecchio murale. Indicò uno dei monasteri.
- Distrutto da Cina,
disse.
Ne indicò un'altro.
- Distrutto da Cina.
Ne indicò altri sei e disse la stessa cosa.
Per quelle informazioni lo ricompensai con la foto del Dalai Lama.
Serrò le mani una contro l'altra e sibilò rivolto a me:
- Dalai Lama viene! Cina va!
I cinesi hanno invitato il Dalai Lama a tornare, ma per lui il rientro è da esclu-
dere finché non saranno accettate le sue condizioni.
E' improbabile che i cinesi accettino quelle condizioni, perché la più importante
riguarda l'indipendenza.
L'ostilità è talmente forte nel Tibet, e i suoi devoti sono così appassionati e nume-
rosi, che non avrebbe alcuna difficoltà a capeggiare una ribellione. E' un uomo di
pace, perciò questo è da escludere. Ma quand'anche qualche tibetano tentasse
una rivolta, questa fallirebbe.
I cinesi la soffocherebbero senza pietà: e non per spirito di vendetta ma per il be-
ne del Tibet. I funzionari di partito sono pronti ad ammettere i loro errori, ma
quello che trovano difficile da comprendere è perché i tibetani non siano neanche
un po' grati per le strade, gli autobus e le scuole che sono stati portati con grandi
spese su quell'altopiano.
Dicono:
- E' modernità! E' progresso! E' civiltà.
Per i cinesi, quando i tibetani dicono che le strade e le scuole sono soltanto un en-
nesimo oltraggio, è la prova d'avere a che fare con dei selvaggi sentimentali. Ma
questo non indebolisce la determinazione cinese: al contrario.
- Significa solo che c'è molto altro lavoro in quel benedetto posto,
dicono, facendo eco a missionari, colonizzatori, imperialisti e venditori di enciclo-
pedie di tutto il mondo.
....Dovete vedere il Tibet per comprendere i cinesi!
E chiunque abbia un atteggiamento sentimentale o di giustificazione riguardo alla
riforma cinese dovrebbe fare i conti con il Tibet come testimonianza di quanto a-
spra, di quanto tenace e materialistica, di quanto insensibile possa essere la Cina.
Loro sono realmente convinti che questo sia progresso!
E tuttavia perfino con la politica dello spingersi troppo oltre, e la turbolenza e il
danno nella recente storia del Tibet - bombardamenti, massacri, esecuzioni 'per
sabotaggio economico', continue critiche opprimenti, crocifissioni, torture, dissa-
crazioni, slogan idioti, canti poltici, umiliazioni, editti, insulti, razzismo, pantaloni
sformati, uniformi dell'esercito, cibo pessimo, lavori forzati, donazione di sangue
obbligatoria e sedute di autocritica - le cicatrici a stento si vedevano.
Le montagne erano d'aiuto, ma quello che contava di più era l'atteggiamento del-
le persone. Avevano trovato un modo di distanziarsi, cosa che avevano fatto nel-
la maniera più efficace: ridendosela di loro.
In anni recenti, lo sviluppo più serio è la scoperta cinese che il Tibet è un'attrazione
turistica.
I turisti vogliono monasteri.
I turisti vogliono templi e suono del gong.
I turisti adorano i monaci.
Così i cinesi hanno permesso al Tibet di ritornare, almeno superficialmente, alla
sua inerzia tutta spirituale.
I cinesi hanno raddoppiato tutti i prezzi nel Tibet.
Hanno dato il benvenuto all'Holiday Inn perché gestisca il loro migliore albergo e
hanno promesso di ricostruire il monastero di Ganden.
C'è un rivolo di turisti: la Cina ha detto che le piacerebbe averne 100.000 l'anno.
In quel caso, la distruzione di Lhasa potrebbe essere assicurata.
Ma è un luogo difficile da raggiungere.
Cinque giorni di viaggio via terra da Xian, oppure un lungo e pauroso volo da
Chengdu al piccolo e pericoloso aeroporto di Lahasa: così distante da Lhasa
che la gente deve recarsi la sera prima se vuole prendere un volo del mattino.
Questi viaggi difficili sono parte della ragione per la quale il Tibet è rimasto fi-
nora intatto. E l'altitudine può far sì che perfino una persona forte si senta male.
Ma la ragione principale per cui il Tibet è così poco sviluppato e non cinese e
così completamente antiquato e piacevole è d'essere l'unico grande luogo della
Cina dove non è arrivata la ferrovia.
La catena del Kun-Lun è una garanzia che la ferrovia non arriverà mai a Lhasa.
Questa è probabilmente un'ottima cosa.
Pensavo che le ferrovie mi piacessero prima d'avere visto il Tibet, poi mi sono
reso conto che i luoghi selvaggi mi piacevano molto di più!
(Paul Theroux, Il gallo di ferro)
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