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L'inchiesta dell'inquisitore (47/6)
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Quattro personaggi in cerca d'autore (49)
A Malaspina, naturalmente, non bastava il solo e semplice resoconto del
viaggio dal punto di vista geografico e scientifico: egli voleva intervenire
anche nella politica economica e militare del paese, e avrebbe voluto suggerire
addirittura una radicale svolta, da attuare mediante il ‘cambiamento’ della
corrotta compagine governativa, guidata dal furbo per quanto corrotto Godoy.
… Ma non si trattava solo di questo, perché il clima politico generale
negli ultimi anni si era irrimediabilmente avvelenato, proprio a seguito dei
fatti di Francia, e senza che Malaspina, pur informato, ma lontano dalla Spagna
e dall’Europa, ne avesse potuto seguire e valutare tutti i risvolti. Sin
dall’inizio dello scoppio della rivoluzione in Francia, la monarchia spagnola
si era dichiarata contraria a qualsiasi tentativo di innovazione nel sistema di
governo. La politica illuminata di Carlo III tramontò definitivamente con il
successore Carlo IV.
L’ascesa di Godoy coincise con il Terrore in Francia e con l’uccisione
di Luigi XVI. In questo quadro e nonostante il permanere di un clima sempre più
turbolento, Malaspina ritenne di poter essere utile al paese, uscendo allo
scoperto e inviando al ministro Valdés un primo plico, datato 19 gennaio 1795,
da consegnare a Godoy. Ma la risposta del primo ministro, dopo appena qualche
giorno, fu molto dura e quasi minacciosa: la missiva del capitano Malaspina era
brutta, sia nella forma che nel contenuto e non era neppure il caso di
segnalarla al re.
Era evidente che Godoy voleva interrompere subito, ancor prima che
nascesse, il filo diretto tra Malaspina e la corte…. Il 17 febbraio 1795
Malaspina comunicò a Greppi di essere alle prese con il lavoro di raccolta dei
dati del Viaggio, per la pubblicazione promessagli dal ministro Valdés nel
giorno del ricevimento a corte. Nella medesima lettera, il comandante parlava
della morte dell’amico William Carmichael, rappresentante degli Stati Uniti in
Spagna sin dal 1780. Questo nome ci consente il riferimento a un altro episodio
molto grave e sintomatico del clima e dell’ambiente in cui Malaspina si è
venuto a trovare.
Durante il ricevimento all’ambasciata – infatti – un invitato, Antonio
Coste, aveva applaudito alla notizia giunta da Parigi della morte sulla
ghigliottina di Maria Antonietta; ma in seguito a un’inchiesta, alcune persone
presenti al ricevimento vennero coinvolte in un breve fermo di polizia e
sottoposte a processo. Anche in questa circostanza si può registrare la
presenza dei ‘bravi’ di Godoy….
Uno dei problemi non risolti nella vicenda (più che complessa)
Malaspina risulta essere, a questo punto, proprio quello relativo all’
‘imprudenza’ con la quale egli insisté nella sua azione politica e nei suoi
‘utopistici’ progetti di riassetto del governo…. Probabilmente Malaspina fu
spinto a perseverare in questa direzione proprio dal crollo militare del 3
marzo 1795, lasciandosi guidare dal clima di sfiducia che si era allora creato
attorno a Godoy, ritenendo, altresì, che fosse più che giusto (come in effetti
è) reagire adeguatamente a tale grave disfatta politica e morale…
In tal senso può essere valutato il suo esplicito desiderio di essere
ancora una volta ‘utile a questo paese in momenti tanto tormentosi’,
accompagnato dall’impegno – assunto col ministro Valdés – a pubblicare i
risultati del Viaggio e a completare la stesura definitiva del progetto ‘in
tutte le sue parti’, cioè anche nelle parti politiche. Da qui la sua grande
cura nella raccolta di tutti i dati relativi ai cinque anni di navigazione, di
ricerche, di scoperte, di riflessioni in materia economica (umana) e politica.
Poco idoneo in campo letterario, come egli stesso si definiva,
Malaspina segnalò e accettò la collaborazione di padre Gil, ritenuto uomo di
lettere, ma ahimé anch’egli legato agli intrighi di potere della corte. Ma
questo ‘tandem’ non ebbe vita facile: subito si evidenziarono le differenze già
nel predisporre le linee generali dell’opera. Padre Gil era per la fredda
esposizione dei dati, mentre Malaspina era anche dell’idea di approfondire le questioni
politiche e i commenti. Questa diversità di opinioni non solo rallentò il
lavoro comune, ma scatenò attorno ad esso la ricerca di ‘cartas secretas’, la
voglia di sequestri e di sigillazione dei ‘diarios’ e degli appunti, per finire
con l’occultamento del materiale prodotto e dei verbali dello stesso processo,
tutto nello stile dell’Inquisizione.
Padre Gil informava continuamente gli amici di corte (sempre in
contatto epistolare con lui…) e lo stesso Godoy delle difficoltà di proseguire
il lavoro, e aveva accusato il Malaspina di ‘poca riflessione’ per essersi
indotto, ‘senza ordine di nessuno’, a
scrivere in materia di Stato, cioè ‘in materia così grave, segreta e delicata,
a cui solo alla casta è concessa .. corte…’. Il frate era praticamente scettico
sul buon esito di quel lavoro, ma aveva accettato perché sostenuto da Godoy e
Valdés; e, senza l’approvazine di Malaspina, aveva presentato al re, il 20
aprile del 1795, un ‘Piano particolare di Storia’, ricevendo dopo qualche
giorno da Carlo IV l’autorizzazione a scrivere ‘Memorie Segrete’, nonché alla
somma di 18.000 reales quale compenso – così si disse – per la redazione
dell’opera (spiata.. in segreto…).
(Prosegue....)
(Prosegue....)
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