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Fondata nel 1718, New Orleans fu in origine una cittadina francese, che restò
legata alla madrepatria fin verso il 1755, fino ai tempi cioè della Guerra dei
Sette Anni.
Ormai sottratta di fatto all'influenza francese, divenne colonia spagnola nel
1762, e tale restò per breve tempo. Nel 1800 Napoleaone riottenne il domi-
nio della Louisiana, che però vendette poco dopo, nel 1803, agli Stati Uniti,
dando così un grosso dispiacere ai coloni indigeni, e cioè ai creoli. Allora New
Orleans era assai piccola: aveva circa 10.000 abitanti, per metà negri.
Nel XIX secolo la popolazione della città crebbe enormemente, i commerci
si svilupparono, e tutto a poco a poco cambiò.
Cambiò anzitutto la composizione della popolazione, che in quarant'anni si
decuplicò e in cento si moltiplicò per trenta, con l'arrivo di gente dei più di-
versi paesi. Dal 1809 al 1810 giunsero circa 3000 schiavi da Haiti, attraver-
so Cuba, e arrivarono anche molti dei loro padroni bianchi.
I primi che vennero ad aggiungersi ad altre migliaia di schiavi venuti dalle
Indie Occidentali alla fine del XVIII secolo, portarono con sé misteriosi riti
voodoo, coi loro 'dottori' e le loro 'regine'.
Dal resto degli Stati Uniti giunsero i mercanti e i coloni ed anche i predicatori
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di origine inglese e di religione protestante; dall'Europa arrivarono nuove on-
date di emigranti, fra cui quelli di origine italiana finirono per costituire, all'-
inizio di questo secolo, il più numeroso gruppo etnico extra-americano re-
sidente in città.
Quanto ai negri era ancora possibile, negli anni successivi alla Guerra Civile,
riconoscere agevolmente i membri delle diverse tribù africane, importati
a New Orleans direttamente dall'Africa occidentale in anni non troppo lon-
tani: i più numerosi erano venuti dal Senegal, dalla costa della Guinea, dal
delta del Niger e dal Congo.
Fra le genti venute dal Dahomey erano i feroci Arada, gli originari cultori
del voodoo. Così, nel secolo scorso, la città del delta del Mississippi era
un miscuglio di culture disparate: europea, e cioè soprattutto francese, in-
glese, spagnola e italiana, da un lato; africana, nelle sue diverse espressioni,
dall'altro.
Inserita tardivamente in una società protestante, era rimasta, nel fondo,
cattolica; ma era anche, di fatto, la capitale del voodoo negli Stati Uniti,
come fu definita.
Fra i bianchi e i neri, una casta intermedia: quella dei creoli di colore,
che erano i figli nati dai rapporti fra i padroni bianchi e le loro schiave
negre, e che erano stati liberati per testamento dal genitore, o erano i
loro discendenti.
Il cattolicesimo della popolazione della città, e più in generale della
Louisiana, negli anni precedenti l'acquisto dello stato da parte degli Sta-
ti Uniti, e in quelli successivi in cui perdurò come dato culturale di fon-
do, aveva avuto, e continuò ad avere per lungo tempo, delle conseguen-
ze positive per quanto riguardo le tradizioni - e fra esse, i canti, le danze,
la musica - degli schiavi, molti dei quali, come si è visto, erano di recen-
te importazione.
Costoro erano infatti trattati con durezza - anzi, con maggior durezza di
quanta ne usassero i padroni protestanti - ma erano lasciati liberi di colti-
vare le loro tradizioni, i loro riti, le loro credenze.
Fu questo il principale motivo per cui certi costumi, certi linguaggi musi-
cali di chiara origine africana erano rimasti ben vivi in Louisiana fino all'-
inizio di questo secolo, nello stesso modo in cui sono tuttora vivi ad Haiti
e in altri paesi ex schiavisti di cultura cattolica.
Fra queste tradizioni, fra questi costumi, vanno compresi - oltre ai riti
voodoo - le danze, i canti, il modo di percuotere i tamburi che i negri
continuarono a praticare per gran parte del secolo scorso, durante gli
anni della schiavitù e per un ventennio dopo l'Emancipazione, nella Con-
go Square, a New Orleans.
Delle cerimonie che si svolgevano nei giorni di sabato e di domenica
su quella grande spianata su cui oggi si apre Beauregard Square, e che
pare fossero cominciate intorno al 1805, non mancarono le descrizioni
di chi poté assistervi.
Ecco quanto scrisse, nel 1835, Henry Didimus nella sua biografia del
musicista creolo Louis Moreau Gottschalk, autore di varie composizio-
ni ispirate al folklore della sua New Orleans, fra le quali 'La Bamboula
- Danse des Nègres' resta forse la più famosa:
"Se uno straniero, a New Orleans, visita nel pomeriggio di uno dei
suoi giorni di festa le pubbliche piazze giù in città, le troverà zeppe
della sua popolazione africana, vestita di ogni tipo di abiti da cerimo-
nia, sfarzosi, barbari, impegnata in un vero e proprio saturnale.
Avvicinandosi a questa scena piena di una infinita allegria, egli comin-
cerà a percepire un suono mosso, continuo, basso, sordo, che domi-
na le risate, i richiami, le grida di mille voci; e si domanderà con me-
raviglia di che cosa mai possa trattarsi.
E' la musica della 'bamboula', la danza della 'bamboula': una danza
che prende possesso di tutta la vita del negro, e fa affiorare gli istin-
ti, i sentimenti, la sensibilità che la natura ha dato alla sua razza e
che sono rimasti allo stato latente, essendo stati parzialmente ed in-
discriminatamente soffocati dal tocco della civilizzazione....di ben altre ....
bambole......".
(A. Polillo, Jazz)
Prosegue in:
http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2012/08/22/la-bamboula-2.html &
http://paginedistoria.myblog.it/archive/2012/08/21/la-bamboula-3.html
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