Prosegue in:
Dietro le scene (2)
A senso d’equivoci, facciamo i nostri patti innanzi, che non ci sia
dopo da taroccare o da guastarci il sangue!
Io non vi conduco sul palcoscenico per fornirvi l’occasione di far la
corte alle donne della compagnia. Dio Guardi!... Prima di tutto posso
assicurarvi che perdereste il vostro tempo. Le attrici del teatrino meccanico
sono tutte ragazze ammodo, incapaci di fare uno sdrucio al sopraggitto del
decoro muliebre; e di esporsi al pericolo d’una rottura per soddisfare qualche
capriccio proprio od altrui.
La prima donna, benché eserciti il suo mestiere da circa dieci anni –
una marionetta di buona famiglia dura di rado fino a quindici – ha sempre, se
Dio vuole, tutta la mastiettatura intatta, la testa salda sulle spalle, e
nemmeno una vite spanata… che è tutto dire.
L’amorosa, maneggiata un po’ troppo spesso secondo le esigenze del
dramma moderno, ha qualche congiuntura un tantino sgangherata, e un occhietto o
due che le fischiano a ogni movimento, ma sono accidenti inseparabili dalla
natura burattinesca, e la brava figliola può sempre guardare in faccia il
prossimo suo senza diventar rossa.
La servetta ha sofferto le pene dell’inferno per un chiodo conficcato
male, Dio ci liberi tutti, nell’orifizio della noce del collo; pur tuttavia non
c’è barba di ballerino e di pantomimo che possa vantarsi di averle offerto da
bere un caffè…. Fuori di scena.
Tutte queste signore sono nubili, libere come l’aria – tranne
quell’incomodo del ferro incavicchiato nel cranio – e non hanno doveri da
compiere verso nessuno; e ciò non ostante si mantengono in tutto e per tutto
della simpatia che ha sempre dimostrato per loro Santa Madre Chiesa, e
meritevoli d’esser ricevute in qualunque casa di persone per bene. Conosco io
delle femmine, che recitano la commedia con molto minor successo, e che in
certe materie non potrebbero dire altrettanto.
E poi i burattini maschi sono gelosi….
Nessuno ha mai insegnato a chiudere un occhio… e chi si attentasse ad
allungare le mani nel gruppo, toccando imprudentemente certi tasti e tirando
certi fili alla sbadata, potrebbe sentirsi arrivare lì per lì un calcio tra le
quinte da portarne il livido per una settimana. Né soltanto bisogna badare dove
si cacciano le mani, ma è anche indispensabile stare attenti a dove si mettono
i piedi. Il palcoscenico delle marionette è sempre così ingombro di seggiole,
di panche, di sgabelli, di pioli, di carrucole, di puleggie fissate sul
tavolato, di rocchetti installati a mezz’aria, di puntelli volanti, di corde, di
cinghie, di fili di ferro – tutta roba che serve ai voli, alle trasformazioni,
alle apparizioni, alle apoteosi dei balli e delle pantomime – che per un passo
falso o per un gesto troppo vivace, c’è da provocare un cataclisma da
digradarne il terremoto della Guadalupa.
Così sul subito, l’effetto che si prova dietro il sipario d’un teatrino
di pupazzi, è un effetto bizzarro e sorprendente. Il luogo è angusto, oscuro,
imbarazzato. Tutto intorno aleggia un odore indefinibile, un profumo speciale,
acuto, vertiginoso, che dal naso sale al cervello; qualche cosa come un
miscuglio di vernice, di zoccolaia, di sudore, di segatura di cipresso, di
petrolio, di sugna e di… stivali; fuso e rimescolato talvolta con un soave
baccellone.
Gli stangoni delle quinte vi arrivano a mala pena alle spalle; di guisa
che la testa d’un uomo ordinario sporge al di sopra dei rattoppati cieli di
tela dipinta, e par che galleggi framezzo alle nuvole. Lungo le pareti, unte
come fette di pane levate allora di sotto lo stufatino, stanno impiccati
cinquanta a sessanta poveri diavoli di fantaccini d’ambo i sessi, che in quella
penombra vi guardano cogli occhi di vetro fissi e luccicanti; i quali, veduti
da vicino, hanno un’espressione di spavento o di rabbia che agghiaccia il
sangue nelle vene.
Uno ha la testa voltata alla rovescia e pendente orribilmente lungo la schiena; un altro mostra le braccia contorte e le gambe attorcigliate, e la vita ripiegata in tronco sui fianchi, come se avesse una cantonata sulla....
Uno ha la testa voltata alla rovescia e pendente orribilmente lungo la schiena; un altro mostra le braccia contorte e le gambe attorcigliate, e la vita ripiegata in tronco sui fianchi, come se avesse una cantonata sulla....
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