Prosegue in:
Le nostre montagne da salvare (2)
Uno dei gruppi montuosi importantissimi costituenti l’Appennino centrale
è quello del Terminillo, la di cui vetta più alta s’eleva a 2213 metri sul
livello del mare. Esso sorge interamente nell’Abruzzo, e facili e brevi sono le
vie di accesso; finora però è stato poco percorso e per nulla studiato.
Eppure le sue rocce di massiccio e grigiastro calcare che ne costituiscono
il nocciolo centrale, le sue creste curiose nella loro denudazione, gli aspri e
ripidi valloni che le acque hanno scavato nella compatta massa calcarea, le
brulle e selvagge gole nelle quali cupi scorrono fiumi e torrenti, i ripidi
pendii su cui si arrampicano pecore e capre in cerca di un misero pasto di
pochi licheni, fanno vivo contrasto con le circostanti vallate, colline e pianure
verdeggianti, ricche di prodotti, bene irrigate.
La disposizione orografica dell’Italia media presenta la riunione di
tanti gruppi, di tante ristrette giogaie staccate, nelle quali lo spartiacque
fra il mare Adriatico ed il Mediterraneo corre spesso non sulle più elevate
cime, ma per piccoli sollevamenti. Questo sistema di gruppi si trova disposto
con una regolarità grandissima; ciascun gruppo è foggiato a guisa di segmento
di cerchio con la convessità rivolta verso l’Adriatico, rimanendo, in parte,
come sovrapposto a quello che gli sorge verso nord, in modo che, incominciando
dal sud, la parte estrema settentrionale di ogni gruppo ricopre verso est la
parte estrema meridionale del gruppo sovrastante.
Nella regione Abruzzese che si stende dalle sorgenti della Nera a
quelle del Trigno la conformazione orografica è rappresentata da un vasto
altipiano, l’altipiano abruzzese, foggiato ad elisse allungata in direzione
NO.-SE. e sostenuto verso l’Adriatico da un piano inclinato in direzione NE.,
solcato da numerose correnti.
L’altipiano appartiene all’Appennino Centrale propriamente detto e si
formò geologicamente durante l’età terziaria, quando una pressione laterale,
diretta da SO. a NE. o viceversa (è ancor controverso), incurvò e pieghettò gli
strati sottomarini di quel mare che si stendeva là ove oggi sorge l’Italia, i
quali uscirono all’aria nei culmini delle loro crespe, mentre la supposta
Tirrenia, regione montuosa che al termine dell’età mesozoica emergeva ove ora è
il letto del mar Tirreno, andava sprofondandosi e sommergendosi. Questo
altipiano comprende tutta la provincia di Aquila, i confini della quale corrono
precisamente sulla cresta della catena che ne forma l’orlo in forma di conca
elissoidale. Oltre alle due linee che racchiudono l’altipiano, v’è una terza
linea trasversale che divide l’altipiano in due parti: in conca Aquilana
percorsa dall’Aterno, e in conca di Avezzano, le di cui acque sono raccolte dal
Liri e dal Velino. Il versante NE. poi, cioè il piano inclinato suddetto, è
diviso in due parti dal fiume Aterno-Pescara, le quali formano le provincie di
Teramo a N. e di Chieti a S.
Fra le tre linee poi si stendono parecchi altri gruppi montuosi, non
molto alti e lunghi, i quali racchiudono vasti altipiani a diversa altezza, con
facili passaggi dall’una all’altro fra la interruzione dei gruppi stessi. L’asse
maggiore dell’elisse formata dalle tre linee o gruppi principali è appoggiato
coll’estremità settentrionale ai Monti Sibillini e con la meridionale ai monti
napoletani per mezzo della cresta che congiunge il Monte Meta ai monti
d’Isernia ed al Monte Miletto. Delle tre linee, quella che costituisce l’orlo
orientale dell’altipiano è formata da una serie di gruppi divisi in due dal corso
del Pescara: essa comincia presso il gruppo dei Monti Sibillini alla gola di
Arquata, per la quale esce il Tronto, coi Monti della Laga, tronco montuoso
estendentesi dal Tronto al Vòmano per circa 30 km. in direzione di S. a SE.
Prosegue, dopo la gola da cui esce il Vòmano fra Monte Cardito e Monte Piano, nel
Gruppo del Gran Sasso (2921 m.) il quale ha il suo asse di direzione non nel
prolungamento dell’asse dei Monti Sibillini e della Laga, ma sensibilmente
piegato verso oriente fino al Monte della Guardiola a 32 km. dal mare. Dal
Monte della Guardiola la linea riprende la direzione di SE, e si abbassa ed
assottiglia sul Pescara col Monte Roccatagliata (975 m.). Tutte le diramazioni
che partono da questi gruppi vanno a finire, ramificandosi, nell’Adriatico e
formano i monti della provincia di Teramo. Al di là della gola o Passo di Popoli,
sorgono a continuare la linea orientale le montagne del Morrone ed il gruppo
della Maiella (2795 m.). Fin qui la linea si è mantenuta pressoché parallela
alla costa adriatica: ora si spiana nell’altipiano delle Cinque Miglia, poi volge
verso O. rialzandosi nei Monti di Castel di Sangro coi quali va a riunirsi al
Gruppo di Monte Meta. Tutte le diramazioni verso l’Adriatico delle montagne del
Morrone e della Maiella, coi Monti di Atessa, formano i monti della provincia
di Chieti (Abruzzo Citeriore).
La seconda linea che forma l’orlo occidentale dell’altipiano, a principiare
dal N., è nel primo tratto costituita dal gruppo di Monte Terminillo che si
stacca dai Sibillini e viene verso S. separando la valle del Velino e del
Tronto, e cioè la conca aquilana, dagli altipiani di Leonessa, di Cascia e di
Norcia i quali, inclinati verso la Nera, mandano a questa le loro acque per
mezzo del torrente Corno. Nel secondo tratto la linea occidentale, incominciando
con basse montagne fra Antrodoco e Cittaducale, per i monti del Turano e del
Salto, si rialza col gruppo di Monte Autore nella provincia Romana, per
arrivare sempre alta a Sora contro il Liri, al di là del quale segue una
diramazione del Monte Meta.
Al fiume Velino comincia pure la linea centrale trasversale che
divide in due parti l’altipiano abruzzese, separando così le acque del Velino e
dell’Aterno da quelle del Salto. Si stacca di fronte al Terminillo e per i
Monti Nuria (1892 m.), fra le Serre (1594 m.) e Monte Rotondo (2487 m.) viene
verso SE. al Monte Velino (2487 m.) che è il più elevato nell’interno
dell’altipiano, e poi al Monte Sirente (2349 m.). Di qui la linea piega più a
mezzodì, racchiudendo col piano di Sulmona e le ultime pendici della Maiella
l’altipiano delle Cinque Miglia, per finire sul Sangro a Castel di Sangro.
Il gruppo del Terminillo dunque, del quale intraprendiamo la descrizione,
appartiene, anzi è la prima parte dell’orlo occidentale che circoscrive
l’altipiano abruzzese. Quasi tutte le sue acque si versano nel Mediterraneo per
mezzo dei fiumi Velino, Nera e Corno: esso quindi non appartiene, se non per le
ultime sue diramazioni, alla linea spartiacque dei due mari. I limiti che
possiamo assegnare al gruppo del Terminillo sono a S., partendoci dal confine
della provincia d’Aquila con quella di Perugia, il corso del fiume Velino che
scorre dapprima nella bella e fertile piana di Rieti e, ricevuto al confine
dell’Abruzzo Aquilano il fiume Salto, passa sotto Cittaducale e si volge a SE. con
corso tortuoso per addentrarsi in anguste gole nelle quali correva l’antica via
Salaria.
Ad Antrodoco il confine meridionale del gruppo lascia il Velino
e segue il corso del rio Corno; poi risale verso NE. la ripida valle fino a
Sella di Corno (1000 m.) e scendendo pel versante opposto nella valle del
Raiale raggiunge il fiume Aterno (che dopo la confluenza col Gizio nel piano di
Sulmona prende il nome di Pescara). Il corso superiore dell’Aterno, dalle sue
sorgenti che sono a NE. di Montereale in territorio di Aringo nel monte Capo
Cancelli a 1347 m., segna il confine orientale, il quale da tali sorgenti pel
Passo dell’Aringo prosegue lungo il fosso Basciano, lungo la stretta sua valle
fino alla confluenza col Tronto a N. di Amatrice e poi per buon tratto lungo il
fiume Tronto fino alla confluenza con la Neia. Qui comincia il confine
settentrionale che segue il fosso la Neia dapprima e sale poi al Monte Pozzoni
(1912 m.) a N. di Cittareale e raggiunge il confine montuoso della provincia
aquilana coll’Umbria. Questo confine in direzione di NO. segna pure il limite
da questo lato del gruppo del Terminillo, il quale passa per il Monte Oro (1295
m.), per il Monte del Trognano (1321 m.), per la Forca di Rescia e il Monte
d’Ocri (1230 m.), attraversa il fosso Corno, e per la cima del Carpellone (1462
m.) volge a S. formando il limite occidentale: pel monte La Pelosa (1635 m.),
il Colle Lungo (1652 m.), il Monte di Corno (1735 m.), i Monti di Ceresa (1522)
e il colle La Forca (1294 m.) scende a raggiungere la valle del Velino nel
punto già accennato della confluenza col Salto. Tutto il territorio compreso
entro questi limiti, abitato già dai Sabini, è assai interessante per il suo
carattere e la sua varietà e può distinguersi in quattro principali giogaie.
Quella che possiamo chiamare giogaia centrale contiene la vetta più
elevata, il Terminillo propriamente detto. Essa è un imponente massiccio di
compatto calcare a grossi strati orizzontali verso l’alto e verticali verso il
basso. La giogaia è racchiusa fra il corso superiore del Velino a E., da
Antrodoco a Posta, fra il fosso Carpellone ed il piano di Leonessa
a N., fra il fosso di Cantalice e il piano di Rieti
a O., e a S. fra il corso inferiore del Velino da Rieti ad Antrodoco.
Il più terribile e spaventoso monte dei Sabini era il
Mons
Tetricus, dalla qual voce il grammatico Servio derivò il nome di tetrici
agli uomini tristi e dolenti.
Tetricae horrentes rupes, dice Virgilio;
ed è ormai riconosciuto essere l’odierno
Terminello, ora corrotto in
Terminillo. Sovra tutti i monti, infatti, che si elevano nell’antico territorio
dei Sabini, è desso il più orrido all’aspetto a causa dell’asperità delle sue rocce.
Lunghe costiere adducono alla vetta più elevata, mentre profondi e stretti
burroni solcano specialmente il pendio settentrionale del monte; citeremo la
costiera NO. che dal Monte Acquasanta (1850 m.) per i Sassatelli (2079 m.)
giunge alla vetta più elevata (2213 m.), la costiera S.SO. che da questa vetta
va al Terminilletto (2108 m.), e la costiera meno importante ma più lunga che
in direzione dapprima di E. volge poi a N. e va a rilegarsi al Monte Porcini
(2081 m.),
costiere curiosissime, esili, scagliose, tormentate, ripide, a pareti
fiancheggiate da precipizi, le quali s’innalzano sul pendio ripidissimo del
monte, quasi ponti arditi a rilegarne le cime. Aggruppati intorno alla
vetta centrale, altri monti in questa giogaia sorgono quasi a difesa del
gigante.
Noteremo a N. il Monte di Cambio (2084 m.) dal quale si dirama ad E. il
Monte Iazzo (1854 m.) e più dappresso il Monte Porcini (2081 m.) che si dirama
in una lunga costiera, ad E. della punta più elevata, costiera che cessa nel
monte i Valloni (2028 m.) cadente a picco sul vallone Ravara. A S., per tacere
d’altri meno importanti, sta il monte detto Euce dagli scrittori dei primi anni
del secolo, Enze in carte posteriori, ed Ove (1580 m.) nella carta
dell’Istituto Geografico Militare a provare la strana corruzione che avviene
nei nomi topografici. A NE. della giogaia centrale sorge la seconda giogaia con
la direzione di NE. Essa comincia di fronte ai Sibillini e termina di fronte
alla centrale: è racchiusa a E. fra il corso superiore del Velino da Posta a
Cittareale ed il corso del Tronto, fra i territori di Norcia a N., fra quelli
di Cascia e di Leonessa a O., e fra il fosso di Carpellone a S. La giogaia come
lunga costiera comincia a N. col Monte della Serra (1780 m.) formando il
confine dell’Abruzzo coll’Umbria, prosegue coi monti i Ticcioni (1617 m.), coi
monti i Pozzoni (1912 m.) e, staccandosi dal confine per addentrarsi
nell’Abruzzo, continua coi monti La Speluca (1799 m.) a NO. di Cittareale, San
Venanzio (1808 m.). La Boragine (1829 m.) e termina al monte La Cerasa (1550
m.) a N. di Posta. [136] La terza giogaia è a E. e a SE. della prima, e a S.
della seconda. Essa è composta di un’ammasso di monti raggruppati senza
apparente regolarità. È limitata a O. dal corso del Velino da Antrodoco a Posta:
a N. dalla Neia, a NE. dal Tronto dalla sua confluenza con la Neia fino alle
sorgenti che sono nel territorio di Poggio Cancelli, a SE. dal corso superiore
dell’Aterno e a S. dal corso del Raiale e dal rio di Corno.
Le vette principali di questo aggruppamento, procedendo da N. a S. sono
il Monte Rota (1536 m.) a NE. di Cittareale, il Monte (1407 m.) a E. di detta
città, il monte del Cimitero (1231 m.), il Colle Verrico (1306 m.) e più ad E.
la costa dell’Aringo col monte Capo Cancelli (1391 m.) ove sono le sorgenti
dell’Aterno, a NO. di Montereale, il Monte Gabbia (1502 m.), il Monte Rua (1238
m.), a SO. di Pizzoli, e principali sovra tutti il Monte Calvo (1901 m.), a N.
di Rocca di Corno, ed il Monte Giano (1826 m.) a NE. di Antrodoco. La quarta ed
ultima giogaia che forma il gruppo del Terminillo è situata a NO. della
centrale, a SO. della seconda giogaia. È anch’essa una lunga costiera,
racchiusa fra il fosso di Cantalice e il piano di Leonessa a E., e la valle
Nerina ed il piano di Rieti a O. Questa giogaia segna parte del confine fra
l’Abruzzo e l’Umbria, cominciando alla cima del Carpellone (1462 m.) a NO. di
Leonessa. Prosegue pel Colle Pérsico (1310 m.) pel monte La Pelosa (1647 m.), a
SE. del quale è il Monte Tilia (1779 m.) sovrastante a Leonessa, pei monti di
Corno (1738 m.) pel Passo della Fara (1525 m.), pel Colle La Tavola (1695 m.),
ed il Monte Palloroso (1592 m.), per cessare con piccole diramazioni nel piano
di Rieti. È in quest’ultima giogaia che si son voluti riconoscere situati i monti
Fiscellus, Gúrgures, e Severus degli antichi. Il Monte Fiscello fu causa, per
la sua topografia, di molti dissidi. Plinio lo ripose alla sorgiva del fiume
Nera: Sabini Velinos adcolunt lacus
roscidis collibus, Nar amnis exaurit illos e monte Fiscello labens (lib. III,
cap. 12). Silio lo attribuisce ai Vestini: . . . Vestina
iuventus Agmina densavit venatu dura ferarum, Qui, Fiscelle, tuas arces,
Pinnamque virentem, Pascuaque haud tarde redeuntia tondet Avellae. Da
Varrone lo si unì col Tétrico, confermando così che doveva essere dal lato dei
Piceni e dei Vestini, nella parte dei Sabini che guardava i Vestini, dove
scorre un ramo del fiume Nar (Nera).
Seguendo queste indicazioni, il Monte Fiscello è stato riconosciuto in
quella parte della costiera che s’erge fra i territori di Leonessa, di Labbro e
di Morro, dove si univa alla catena dei monti Tétrici, ed è forse il monte La
Pelosa (1647 m.) che domina a N. sul vallone detto di Fuscello, corruzione
dell’antico nome. Quanto ai monti Gúrguri, Varrone parlando dell’antica trasmigrazione
dei bestiami dai pascoli di Puglia nell’inverno, a quelli dei monti
nell’estate, dice che dalle amene pianure Reatine di qua e di là dal Velino, i
muli si menavano nell’estate sugli alti monti Gúrguri: itaque greges ovium longe abiguntur ex Apulia in Samnium
aestivatum..... Muli e Rosea campestri aestate exiguntur in Gurgures altos
montes.