CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

sabato 28 gennaio 2023

HERNANDEZ IL NATURALISTA (4)

 










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quello strano sorriso 


non men del destino  


e in questo 28 Gennaio 











per sfogliare ancora 


il suo libro 


Prosegue con Hernandez 


alla prova del "9" (5/7)







Hernandez nacque fra il 1515 e il 1520, dei suoi inizi sappiamo poco, doveva esser uomo di meriti se arrivò ad essere medico del Re. Prima di diventarlo tradusse in spagnolo la ‘Storia naturale di Plinio’, corredandola di note e osservazioni erudite. Plinio influenzò profondamente gli erboristi rinascimentali, soprattutto i tedeschi, che furono i primi ad occuparsi della materia. Otto Brunfels, un certosino convertitosi al laturanesimo, pubblicò nel 1532 un erbario illustrato da Hans Weidltz, il quale era il medesimo che aveva ritratto Hernan Cortes e i suoi indiani nel 1526.




Le illustrazioni dell’erbario risultarono così migliori del testo, tanto che questi erbari così ben illustrati, raggiunsero la Spagna e influenzarono Francisco Hernandez, che, come egli stesso scrive,

 

‘Venne preso dall’irrefrenabile desiderio di visitare il Nuovo Mondo per osservare le mirabili cose in esso contenute’.




Finalmente, il Re diede il consenso, dettò le sue ‘Istruzioni’, e accettò di finanziare di tasca propria l’intera spedizione. Filippo II si trovava allora invischiato in una quantità di guerre, le quali gli avevano fatto accumulare, o avevano fatto accumulare allo stato, soprattutto verso l’estero, l’enorme debito di 37 milioni di ducati. Ma sebbene la Spagna fosse sull’orlo della banca rotta, egli trovò il tempo di assicurare il suo patronato al viaggio di Hernandez, ad esso egli si interessò personalmente durante i cinque anni degli studi, come è provato dal carteggio fra lui e Hernandez rinvenuto negli Archivos de Indias di Siviglia.




Hernandez, che aveva ormai passato i cinquant’anni, si trovò a dover affrontare i disagi del clima e dell’altitudine; disagi dei quali non sapremmo nulla, se egli non avesse scritto diciotto e più lettere al Re, alcune delle quali pubblicate nel 1842.

 

Acquistati cavalli e muli, ancora rari e costosi in Messico, e trovati e selezionati dagli assistenti che scovassero a loro volta artisti indigeni capaci di illustrare le raccolte, Hernadez riuscì ad individuare, in due anni, 800 nuove piante, che fece illustrare tutte a colori. Dovendone indicare il luogo di provenienza, si procurò i servigi del topografo e geografo Francisco Dominguez.




Gli artisti indigeni, comunque, erano buoni osservatori, abili a cogliere la pianta nelle sue caratteristiche generali ed a notarne ogni particolare. Uno di questi era Martin de la Cruz, che, attingendo le proprie conoscenze delle erbe medicinali dai ‘vecchi delle tribù’ che ne serbavano il ricordo non meno della conoscenza, aveva composto un erbario azteco col titolo ‘The Aztec Herbal of 1552’, e edito da William Gates nel 1939.




 Nel 1572, Hernandez scriveva al Re di aver completato tre volumi in folio grande di tavole di piante, e aggiungeva di avere fatto disegnare  anche ‘aves pregrinas ignotas’, uccelli esotici sconosciuti. La spedizione percorse il Messico in lungo ed in largo per cinque anni, ne divise il regno vegetale azteco in due grandi gruppi naturali, quello del legno e quello delle erbe, quindi suddivise piante e alberi in quattro grandi classi a seconda degli usi.

 

Hernandez, inoltre, ebbe cura di registrare, sulla base di informazioni ottenute dagli interpreti aztechi, le proprietà medicinali delle singole piante. Ai nostro occhi, il valore del tesoro da lui raccolto sta nell’aver messo a profitto le conoscenze dei collaboratori indigeni, e raccogliendone le informazioni non si astenne al grande riconoscimento che da loro dipendeva e che gli attribuì a pieno titolo. Hernandez riempì 16 volumi in folio, e nel 1576, sesto anno della spedizione, egli si ritirò definitivamente a Città del Messico allo scopo di attendere alla stesura finale dell’opera in vista della progettata pubblicazione.




Questa, purtroppo, incontrò numerosi insormontabili ostacoli. Prima l’ostilità di altri medici spagnoli delle province, poi il mancato sostegno finanziario da parte di Filippo II, e dopo cinque anni, non prima di aver completato l’opera in sedici volumi con l’aiuto del figlio, ripartì per la Spagna. Ma giunto a Madrid, Hernandez ebbe una nuova e più tremenda delusione, la grande opera, qual tesoro di etnobotanica, di geografia e di informazioni mediche, non andava pubblicata, bensì solamente inviata alla biblioteca dell’Escorial!

 

Hernandez vedeva così sepolti i suoi preziosissimi manoscritti!

 

Egli si era proposto ed era riuscito a terminare ciò che i suoi predecessori non avevano saputo maturare, ossia di dare un panorama naturalistico del Nuovo Mondo; e seppur l’aveva dato, ora gli si negava la pubblicazione della grande immensa opera. Hernandez non resse a questa sofferenza attribuibile all’altrui ingorda ignoranza data dalla ‘summa’ dell’invidia sancita dai limitati naturalisti di corte i cui scribi o scrivani, senza alcuna vera conoscenza ottenuta sul ‘campo’, ne limitarono la pubblicazione offuscandone la conoscenza con il pretesto di fornire la propria.

 

E con la salute minata dalle fatiche delle esplorazioni morì ad un anno dal rimpatrio.




Qualche anno più tardi, quasi per una beffa del destino, la sua opera tornava a destare l’attenzione di Filippo II, il quale prese la decisione di pubblicarla, sia pure in forma compendiata: egli ne affidò l’incarico a Nardo Antonio Recchi, cui ordinò di ‘scegliere le parti più utili del manoscritto’. Recchi intese, per ‘più utili e importanti’, le parti contenenti informazioni mediche. E dopo aver compendiato l’opera di Hernandez e averla preparata per la stampa, Recchi morì.




L’intera opera passò al nipote, il quale la propose all’attenzione di un grande mecenate delle lettere, il principe Federico Cesi, duca d’Acquasparta, patrono della scienza e fondatore dell’Accademia dei Lincei. Acquistata l’opera a caro prezzo, il principe affidò ad alcuni artisti l’incarico di setacciare gli archivi alla ricerca di altre illustrazioni relative al manoscritto di Hernandez, ed il principe scrisse un epilogo in forma di saggio, Theatri Naturalis Phytosophicae Tabulae, e fu pronta alla stampa nel 1628.

 

E il principe avrebbe senza dubbio sostenuto il costo della pubblicazione, se ancora una volta, il male e la morte non fossero intervenuti ad impedirla. Così l’Accademia dei Lincei si trovò sì il ‘sacro legato’ della pubblicazione dell’opera di Hernandez, ma non i soldi per realizzarla. Finalmente, un socio esterno dell’Accademia, Francesco Stelluti, riuscì ad ottenere il denaro necessario dall’ambasciatore spagnolo don Alfonso Turiano, e nel 1649, ciò che rimaneva del grande tesoro di Hernandez, con la preziosa collaborazione dei suoi indigeni, primi naturalisti delle Americhe, veniva finalmente stampata a Roma in un volume di 950 pagine, Thesaurus theatri naturalis.




In esso tra infiniti altri figuravano il disegno e la descrizione hernandeziani del quetzal, che appariva col suo nome azteco di quetzaltoloct, ma l’illustrazione risultò tanto scadente, che da lì a non molti anni, un autorevole studioso vi si sarebbe riferito come quella di un uccello ritenuto favoloso.

 

Il questzal, insomma, usciva dalla scena delle scienze europee subito dopo esservi entrato!

 

(V.V. Hagen)









martedì 24 gennaio 2023

IL SORRISO DEL QUETZAL

 








Precedenti 


e più umani capitoli 


dalla Natura ispirati 


per ascoltare e osservare 











il Sacro Quetzal.... 


Prosegue con la:



 




Seconda parte dell'Articolo  


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& con Hernandez  (4)














BREVE INTRODUZIONE 

 

 

La mia professione prende in considerazione anche un tema di portata ben più ampia della stessa evoluzione: la natura e il significato della Storia.

 

La Storia si serve dell’evoluzione per strutturare gli eventi biologici nel tempo. La Storia sovverte lo stereotipo di scienza come impresa arida ed esatta, che da ogni complessità riesce a cavar fuori l’unicità e riduce ogni cosa a esperimenti di laboratorio controllati, ripetibili, non condizionati dal tempo.

 

Le scienze storiche sono diverse, non inferiori.

 

I loro metodi sono comparativi, non sempre sperimentali; spiegano, ma generalmente non cercano di fare previsioni; riconoscono l’irriducibile stravaganza che la Storia comporta e ammettono il potere limitato che hanno le circostanze attuali nell’imporre o nel cavar fuori soluzioni ottimali; la regina delle discipline di cui essi fanno parte è la tassonomia, la Cenerentola di tutte le scienze.

 

Allorché scrissi ‘Quando i cavalli avevano le dita’, ho osservato con un certo divertito distacco come la Storia stesse lentamente emergendo in testa ai miei interessi e si diffondesse per tutto il volume come un trasposone.

 

‘Il sorriso del fenicottero’ (come ‘il pollice del panda’) ne è la sineddoche: una stravagante struttura, forzatamente indotta da un diverso passato e rabberciata alla meglio con parti a disposizione.

 

Prima che la teoria evoluzionistica ridefinisse l’argomento in modo irrevocabile, l’antropologia della prima metà dell’Ottocento fu teatro di un violento dibattito tra due scuole di pensiero, il monogenismo e il poligenismo.

 

I monogenisti rivendicavano per tutti un’origine comune nella coppia primordiale, Adamo ed Eva (le razze inferiori, essi sostenevano, erano degenerate dalla perfezione originale in un periodo successivo). I poligenisti, invece, sostenevano che Adamo ed Eva erano antenati soltanto delle popolazioni bianche e che le altre razze, inferiori, erano state create separatamente.

 

Sia l’una sia l’altra argomentazione poterono alimentare una dottrina sociale di disuguaglianza, ma sicuramente il poligenismo ebbe maggior presa in quanto era una giustificazione convincente a favore dello schiavismo e delle dominazioni nel proprio e in altri paesi.

 

‘Una mente benevola’,

 

scriveva nel 1839 Samuel George Morton (un eminente poligenista americano),

 

‘potrebbe rammaricarsi dell’inattitudine degli indiani a civilizzarsi... La struttura della mente degli indiani sembra diversa da quella degli uomini bianchi... Gli indiani non solo sono restii a qualsiasi condizionamento dell’istruzione, ma per la maggior parte sono incapaci di un processo ragionativo continuo su argomenti astratti’. 

(S.J. Gould)




Gould approfondisce ulteriormente non più una tesi ma una sorta di incontrovertibile postulato scientifico (se mi è concessa l’affermazione, giacché questo sfocerà in una grande ‘summa’ evoluzionistica con cui leggere i medesimi ‘atti evolutivi’…  non solo scientifici, ma altresì storici per ciò che sarà l’‘Equilibrio puntinato’…) che contraddice scientificamente, e a Ragione, le presunte disuguaglianze di cui la Storia si nutre e per Secoli nutrita (e non solo dall’800 ad oggi), evitando ogni più approfondito studio in merito alla  propria e altrui ‘statura’ e non solo evolutiva, letta nel sano ‘equilibrio’ ‘di cui e con cui’ la Ragione si compone o dovrebbe, per ogni presunta differenza (e non solo di razza o di specie) dedotta*, compresa ovviamente quella che intercorre fra l’uomo appena detto e la…’bestia’...; se fosse vero il contrario dedurremmo e raccoglieremmo maggiori frutti lungo il comune Sentiero…   

(*se fosse stato ben compreso come approfondito, quindi adottato, come principio in cui ogni Natura - crea e ha creato - e non solo l’elemento finale [ovvero evolutivo] dato dalla cogitata ‘parola’ per sacralizzarla [la Natura e con medesima ‘parola’  - diversa dal ‘verso’ - di cui l’atto ne contraddice l’elevata funzione per ogni oltraggio a Lei arrecato], riflessa nel quotidiano contesto storico-evolutivo, taluni e frequenti fenomeni [di medesimo tellurico evento scisso dal proprio naturale contesto alla deriva cui approdata la Ragione umana] non avrebbero proseguo.




Ovvero, la Storia non meno di quella scientifica [di cui Gould, l’evoluzionista, puntualizza], non compirebbe lo stesso circolo vizioso - di morte e distruzione - per come annoverata negli archivi della trascorsa come odierna Memoria, letta nel cerchio imperfetto dello zero - da cui anche in questo caso - di differenzia; giacché lo ‘zero’ elemento matematico imprescindibile ma diverso dallo ‘zero’ del nulla assoluto [da non confondersi con una diversa dottrina, e da cui lo zero deriva] a cui sembra aspirare [con parola e intelletto] l’‘humano’.

 

Ragion per cui concordo pienamente con entrambe i Gould (l’evoluzionista e il naturalista], rilevando come il razzismo si nutra di tutto ciò che Sacro nei [rimossi] principi della vita confinandola nell’incompreso e più vasto regno della ‘materia’ sottratta all’atto di Dio; muovendo i propri dissoluti assolutistici meriti e fini, facenti parte da uno sottocultura data dalla summa dell’estrema ignoranza [la quale vaga da sinistra alla destra, dall’alto al basso, da uno all’altro polo, ed infine propagata dall’alto d’un corrotto cielo e da una menomata parabola distribuita qual falsa moneta…] asservita ad un potere sempre più centralizzato e corrotto [al pari di un formicaio].

 

E non più ad ugual Logica con cui la Natura ha forgiato l’Intelletto, la Natura - si badi bene - per tramite di un Architetto, oppure e al contrario, ugual ‘architettura’ [sottratta all’atto di un Dio] con cui leggere e decifrarne il Sentiero; ma seppur - atei o credenti - affine ad una architettura evoluzionistica di cui l’uomo dovrebbe confermarne il fine dato da un principio, seppur paradossalmente ne sancisce la prematura ‘fine’ in ugual spirale di vita [più simile ad una vite in difetto di avvitamento nella presunta edificata crescita avversa a se medesima, piuttosto che una diversa Spirale evolutiva ove leggere e comprendere l’intero Universo, letto per ogni calco e impronta qual più probabile codice genetico…].




Potere, dicevo, inferiore alla forza della Natura ed ora percepita in ‘pericolo’ - fors’anche e meglio - in un più profondo apocalittico abisso -, al pari del rimosso indigeno a cui si prometta la Terra perennemente derubata, fors’anche ‘purgata’ da ogni sano [promesso  compromesso] Elemento per miglior intestino dato dalla ‘summa’ delle interminabili e più fruttuose guerre intestinali di cui la Storia si nutre, e dicono evolve - fors’anche dissolve - in grazia dell’altrui ingordo appetito.

 

Storia sempre al servigio e incarnata dal ‘potere [di uno o più] sovrano’

 

[il quale a sua volta incarna la volontà da cui deriva la presunta ‘summa’ dell’investito e successivamente votato potere, e da cui come lo ‘zero’ poco fa enunciato, si frammenta divide e ramifica sulla vera essenza e finalità del ‘potere’ medesimo non meno della corretta interpretazione che la Storia gli attribuisce nel merito o assoluto dissenso; e come nella ugual Storia interpretato per ogni ‘atto’ offerto al grande Teatro d’un palcoscenico sempre esaurito; e di cui gli antichi sovrani ne disconoscevano il vero principio precipitato nell’abisso dato dallo ‘zero’ assoluto, seppur interpretato con zelo illuminato d’assolutistico ‘nulla’; posto al bivio di ugual Ragione e Intelletto; se fosse vero il contrario di questo seppur breve enunciato, non avremmo visto - anche se ancora ne scorgiamo e raccogliamo - morte distruzione e ricchezza per mano di pochi sovrani per lo più ignoranti; i quali poco hanno compreso circa la vera ‘summa’ della Storia connessa con lo Stato evolutivo assommata al Sacro [donde deriva il principio da loro nominato ‘divino’ in conformità dell’esercitato ed altrettanto sacralizzato potere]; e seppur ben ritratti con altrettanta ‘summa’ d’arte, con pose annoverate da grandi gesta e notizie; a nostro avviso più bassi e meschini di fiere e più nobili animali!...]

 

piccolo ed ignorante [mi pare che anche Plutarco lo descrisse in ugual termini].




Non meno dell’odierna costante immagine del politico asservito - con cui antiche e nuove corti - si compongono scomponendo il sano divenire del Sapere, e la vasta folla del populismo qual ultimo atto dell’intero degrado storico-evolutivo, asservita all’ignoranza [del potere pre-costituito] - seppur dotta e sempre connessa [o sconnessa… questo il vero dilemma fine e principio d’ogni tragedia!] per il bene dell’intero paese, se fosse vero il contrario, bensì la saggezza fosse seminata e giammai estirpata, non assisteremmo al Denaro così derubato come mal raccolto per l’intero ed ugual fiero paese!

 

Commedie e Tragedie lette e dedotte come ben interpretate, [seppur talvolta o troppo spesso, dietro riparate quinte], tanto nelle uguali finalità [che perseguivano e ancora perseguono in ugual intenti], come dal misero inferiore intelletto con cui muove argomenta e nutre  - differenza e odierno razzismo -, asservito ‘dal e al’ progresso, fors’anche il miglior pasto… dicono d’ognuno; Nessuno - infatti - esiliato e in alto mare…

 

Ogni Eretico di fatto non conforme all’impero, torturato perseguitato punito - ed infine -, esiliato e privato d’ogni diritto compreso del misero suo avere - al pari e non meno - dell’Indios;  da cui ne deriva la strana ‘storica’ formula – ‘summa’ - dell’intelligenza [compresa l’artificiale o nuovo alchemico artifizio] di cui il vecchio e nuovo sovrano abbonda nelle casse zeppe d’altrui oro predato [ovvero: più oro rubato maggiore l’intelletto dato in conformità al comandamento ad ogni tavola celebrato in merito al rito officiato], qual predatore assoluto, come l’araldo e lo stemma dell’aquila ‘miniata’ aspirare ad un diavolo che striscia e nulla più frutta all’altrui ingordigia!

 

[All’uomo appena nato, Adamo ed Eva al Giardino è fatta preghiera di non nutrirsi della mela proibita…]




Infatti il ‘sovrano’ si serve di medesimi mezzi dati dalla ‘summa’ del progresso con cui rimuovere - o meglio potremmo dire ‘abdicare’ -, le facoltà del Pensiero e della Conoscenza, seppur espresse all’infinito aliene dall’Infinito da cui deriva la vera grammatica da cui la vita.

 

Giacché se non sorge illuminato Pensiero [storico-evolutivo], ‘dubitativo affermativo o critico’, quindi ‘scettico’, con il quale la Scienza [assommata alla filosofica] ha posto - e ancora pone - [ovvero la proibita mela] le solidi Ragioni dell’Essere ed avere dinnanzi alla medesima via nelle alterne vicissitudini di ugual Sentiero - condito anche dalla perenne e più saporita malavita - per ogni grado e ruolo dell’economica fratellanza unita o massoneria; non avremmo l’inganno dell’uguaglianza per come viene interpretata l’intera vita economica in offerta petrolifera, giammai potremmo dire prolifica, e dal sovrano tutelata nella presunta legge del diritto, e successivamente posta nell’assoluta invisibile disuguaglianza qual fine evolutivo dell’oblio economico-assolutistico!

 

Dacché, ne deduciamo e prendiamo ‘atto’, che se non sussistano i principi della corretta ed incorrotta Conoscenza affine all’umano - connesso e non scisso - alla Natura che invoca ed ispira un ugual Pensiero di degrado in medesima simmetrica distruzione, saremmo non più al pari ma al di sotto dell’Indios, e ugualmente al di sotto della bestia alata sacralizzata, la quale, tanto l’indigeno come la ‘bestia’ uniti dal Sacro reciproco vincolo dato dall’antico [tellurico] potere del ‘patto’ conferito dalla più elevata e nobile Madre Natura; diverso dal ‘contratto’ feudale [per non nominarlo con diverso e più appropriato nome] con cui uno e più stati si contraddistinguono contendono - e in ultimo - dividono - non più un seminato frutto -, ma l’intero bottino dato dalla perenne ‘caccia’ [e non solo all’ambito oro]!




Il Potere e l’invisibile spirituale Forza conoscono bene i sacri vincoli che legano e uniscono l’Universale Intelletto, in nome della predata Terra o della Sacra piuma, certo predata anch’essa, ma con consapevolezza della nuova crescita e mai nell’estinzione con cui piuma e indios periti e abdicati ad uno scaltro scrivano con cui coniato e cinto l’inganno all’elmo al patto sovrano.

 

E si badi bene non solo l’Indios, ma anche ogni popolo e singolo predato di ugual diritto [si guardi con sgomento cosa succede dopo un secolo in ugual terra d’Ucraina], nella perenne rimozione, come dicevo, qual atto finale nell’indiscusso merito conferito [e non certo per potere divino] dalla ‘summa’ storica perpetrato con ugual mezzo d’inganno, di cui pochi Conquistadores [o comuni ladri in nome e per conto di una dubbia economia e l’oro che ne deriva] a danno di molti e troppi, che nel contarli proviamo vergogna per la loro Storia distribuita ogni hora!

 

La rimozione d’un più profondo Cogito e non solo cartesiano ma anche divino [posto in assenza e direzione del comune Tempo] conferito in merito all’universale Intelletto dato dalla Natura, a cui non si più né concedere né permettere [taluni teologi e non solo economi propensi verso questa monolitica dottrina] l’indubbia facoltà creativa [ispirata e abdicata per interposta persona, come evoluta quale semplice ‘atto evolutivo’ in cui la specie migliora] e odiernamente abdicata al mascherato artifizio quale falso strumento per simmetrico ingegno certamente in difetto, dacché l’umana specie smarrisce il naturale contesto e non solo genetico donde derivata ‘atto’ e facoltà evolutiva per ogni reciproco umano rapporto - e simmetricamente - la stessa Natura.




Non tralasciando la disquisizione e non più antica, circa le medesime facoltà di parola e Pensiero ad uso esclusivo ‘humano’ [questioni di punti di vista e non più di mira da cui l’umano Pensiero fuggito, giacché senza principio d’Intelletto, ed hora come ben leggete se non difettate di comprendonio, rivolto ai stratigrafici e più profondi motivi d’una rimossa deriva da cui  più ‘fiera’ terra nata e ramificata per ogni ramo e albero evolutivo…], dettate e concesse da un Dio, sia questo al servizio del progresso nella finalità della sua architettura, sia lo stesso finalizzato al Sacro nella sacralità in cui crocefissa la vita nella dubbia e carente interpretazione evolutiva [asservita ad un falso progresso].

 

Non dissimile da un progetto Orwelliano in atto, tendere quindi finalizzare, per opera di pochi [ingloriosi conquistadores e ingegneri delle libere facoltà intellettive] nell’improprio ausilio e costante esercizio del presunto e già citato progresso [in difetto del libero arbitrio e propenso al controllo della Coscienza d’ognuno privata del dovuto sano libero intelletto] - ma non certo evolutivo -.

 

Concretizzato nel sottomettere piegare e influenzare, quindi sovvertire, l’intero albero genetico [non meno del medesimo Albero Sacro] di cui Natura e Uomo connessi e indivisibili, ritenendo l’ultimo arrivato, un suo frutto e non certo un seme, giacché la Conoscenza dell’atto del Cogitato Pensiero posta nella finalità e miglioramento delle reciproche specie - e non solo la propria - per come l’evoluzione pone e non certo oppone, il proprio ‘comandamento’ dato dal sano e più saggio illuminato Intelletto.




‘Comandamento’ inteso in seno al dibattito evolutivo e successivamente mal interpretato, come il Gould evoluzionista ci insegna, ponendo in essere ed avere un dubbio codice morale alieno a qualsiasi Natura con la scusa di migliorarla, sancito nelle false ragioni interpretative del più forte.

 

Sicuramente e per approfondirne il contesto, riflesso nel vasto dibattito evolutivo di cui Wallace e Darwin ottimi interpreti e naturalisti, verificarono come rilevarono sul vasto campo di studio per ogni terra studiata; il primo - simmetricamente - ebbe medesima ugual intuizione del secondo e la pose all’immediato suo cospetto, peccato ma non peccando che un antico credo lo abbia squalificato nell’Architettura di ugual progetto creativo, concedendo fama fortuna e gloria solo al Secondo.

 

Per mia Logica non lo escludo dal ‘Primo’ dibattito evolutivo, ma considero il reciproco miglioramento quale miglior forma per la specie in ‘atto’, ed anzi, viste le simmetriche circostanze in cui il medesimo pensiero maturato, ne considero una proporzione trascurata posta in ugual ‘atto’ sancito - e in qual tempo o ancor meglio, ‘universale tempo’ ampiamente trascurato.

 

Quindi, come la ‘meccanica quantistica’ in riferimento alla leggi della Fisica specifica ancor meglio la ‘materia’, posta alla maggior conoscenza della vita, e concernente la spiegazione del singolo ‘fotone’ di luce principio di medesimo viaggio in ‘atto’, tendo in ugual ‘atto’ creativo-evolutivo, inteso qual ‘summa’ della conoscenza, a considerare validi entrambi gli assunti, onda e particella.




Non conferendo determinazione predominante né all’una né all’altra visibile forma e principio d’‘atto’ di medesima vita posta alla visibile luce d’ognuno.

 

Considero validi entrambi gli assunti anche quando la ‘materia’ dedotta dalla stessa sua scienza, nei termini di determinazione o indeterminazione posti nei limiti della stessa, tende - quindi prossima - all’altrettanto calcolata impossibilità dedotta dalla meccanica quantistica di calcolare se medesima; come Godel sembra indicare e proporre in un successivo dibattito evolutivo, posto nelle ragioni della Fisica.

 

Godel qual riprova del presente enunciato ora riproposto fra Darwin e Wallace, si avviò alla prova matematica dell’esistenza di Dio!

 

Quindi prendiamo ‘atto’ che il processo evolutivo in costante spirale qual forma di reciproca crescita, posto nello specchio e riflesso dell’Universo, dacché non si possono escludere i principi fondamentali della Vita - per ogni suo Elemento - da cui nata e evoluta la Terra, semmai comprenderne ‘il e dal’ principio con cui e per cui ogni specie regna e ha regnato, sussistere delle proporzioni in cui la spiegazione della ‘materia’ con l’‘atto’ della stessa scissa in varie dottrine, impossibile e limitante. La ‘meccanica quantistica’ - una di queste - posta nel regno della Fisica, ma ancor prima della Filosofia, più che nel dominio della sua applicazione, comporta una presa di coscienza filosofica posta nel limite dell’osservazione e dell’oggetto osservato, successivamente dedotta e sperimentata fra onda e particella!   




Quindi ed ancora, penso - semmai -, che l’ostacolo debba non considerarsi tale quando la luce della verità si rivela, e rivelandosi fra le due possibilità recepite nell’ordine della ‘materia’ non può escludere un sentiero a dispetto di un altro, non tende cioè a privilegiare una via a dispetto di un’altra [come ci dice la stessa Scienza e non solo Fisica]; chi si investe di questa presunta superiorità data da una errata formula interpretativa dell’evoluzione come fu ed è in questo tempo tratto dalla ‘materia’ nell’ordine della Storia.

 

E la stessa non manca di idioti spacciati per intelligenti, per come intendere e approdare, non tanto ad una Cima, ma semmai alla corretta e più saggia interpretazione dell’uguale Architettura evolutiva posta e scritta nell’uguaglianza.        

 

Quindi conferita dalla costante osservazione come dal calcolo, ma la summa dell’Intelletto per la dovuta conservazione della specie ha comportato più approfonditi studi sul reciproco rapporto che regna nell’intero ecosistema Natura.

 

Ovvero, se alteriamo un certo equilibrio anche se non perfetto, giacché questo sembra regnare solo nell’Elemento della Natura, come l’acqua il vento e così via, e per come dedotto e specificato un determinato parametro di perfezione, stabiliamo che per i Conquistadores la ‘perfezione’ sancita da una nobile conquista, coronata qual altrettanto nobile fine; per l’indigeno spodestato, invece, ignaro del progresso e la sorte che lo pone e confronta in ugual ‘materia’ e non solo storica, tal termine che intende o sottintende la ‘perfezione’ posta su un diverso grado di giudizio.

 

Ovvero ed ancora: l’arretratezza o la civiltà?




Taluni scienziati tendono a postulare in seno ad un costante dibattito socio-evolutivo, non sussistere quindi misurabile solo nell’ordine dei manufatti con cui creare o adattarsi alla sopravvivenza tratti dagli elementi della natura, ma semmai - e al contrario - nell’arte d’intenderne e specificarne il ruolo della vita all’interno della stessa.

 

Da che cosa sorga la profanazione solo l’indigeno lo comprende anche quando pecca nel sacrificio di ugual storia che lo renderà vittima assoluta; e anche se in questo caso certamente il paragone può cedere ad un severo quanto sommario giudizio, di certo sappiamo che il costante rapporto che lo pone nell’Ecosistema [profanato dall’altrui imperfezione] interpretata e tradotta in puro senso deistico-animistico dell’intera natura da cui deriva un diverso e sacro elmo dato da una sacra piuma, più completo e affine alla sopravvivenza.

 

La Natura dinnanzi all’uomo cosiddetto ‘civilizzato, perirà di morte prematura, e questo non lo insegna solo la Storia!

 

Di ciò abbiamo un vasto repertorio ‘storico-socio-antropologico’ sempre in seno ad un costante dibattito evolutivo. Con tutte le aberrazioni del caso, mai l’indigeno è stato partecipe di uno o più eccedi nei confronti della Natura. Più probabile che la sopravvivenza intesa come difesa del territorio per ogni specie abbia ed ha influito (nel motivo di ugual tributo), portando l'uomo sia civilizzato che indigeno, alle successive fortune o sfortune; citando come esempio Cortes, il quale individuò i nemici d’un comune nemico i quali fecero la sua fortuna, in seno ad un Re restio nel finanzialo. Ma Cortes non èra un indigeno nemmeno l’uomo della provvidenza, sicuramente un abile avventuriero, il quale si pone fra una guerra o disputa territoriale traendone profitto.




Certamente la guerra nel vasto dibattito evolutivo esiste e sempre esistita, compresi tutti coloro che per propria e altrui sfortuna, la seminano e coltivano per ogni campo e sacra foresta, ma certamente differisce dalla cosiddetta ‘sopravvivenza’ di Cortes. C’è differenza fra ‘sopravvivenza’ e ‘ricchezza’. Chi brama la ricchezza, partecipando all’altrui oro e non solo, certamente deve essere considerato un comune ladro in ragione del proprio stato.

 

Nulla più!

 

Se poi la Storia ne accentua l’abilità posta nel merito o nel difetto, questo non certo un giudizio evolutivo, semmai storico per come l’ugual materia difetta non più alla luce funzione di ugual vita ed a cui ognuno aspira anche in difetto di abile archibugio, e con tal mirato ingegno aspirare alle tenebre della perenne conquista della natura, avversata con una umile freccia!

 

In seno alla Storia per come correttamente letta ed interpretata ed in ultimo assimilata dall’arte evolutiva debbo, soprattutto quando in questo stesso momento in cui scrivo medesimi Conquistadores si adoperano con ugual prodigiosi artifizi dati dall’efficienza o ancor meglio deficienza tecnica, in ragion d’un valido pensiero posto all’infinito e contrastato da ugual fucile ben puntato; schierarmi con l’umile freccia…  

 

Così come si esplicita l’arte creativa e non solo evolutiva in seno a medesima vita!




Ed ancora, tanti e troppi morirono e non solo per il ferro e fuoco nemico armati di abili manufatti in difesa, o al contrario, nell’offesa del costante progresso e per come lo stesso dedotto e quantunque posto [giacché saremmo stati più abili e saggi nel porlo in differente e consona condizione], ma anche per disarmata mano d’un virus dell’uomo evoluto, lo stesso male che secoli dopo ha continuato ad uccidere ugual genti e interi villaggi, dicono ignorati dal potere sovrano

 

Quindi se dovessimo verificare con lo stesso calcolo evoluzionistico posto nella previsione come nella prevedibilità, ci accorgeremmo che i frutti che andremmo a raccogliere, dalle correnti marine che stanno modificando il loro percorso, alla rotta di migrazione d’ogni singola specie, al buco dell’ozono, alle malattie, fino alle estinzioni di massa, alle guerre assommate ai cambiamenti climatici sempre più repentini e pericolosi, dati da una ‘summa’ alterata del rapporto evolutivo con l’intero ecosistema propriamente o impropriamente occupato o colonizzato. I buddisti dicono dal micro al macro cosmo sussiste un immenso incalcolabile equilibrio, ciò detto da una dottrina, e la scienza ce ne fornisce puntuale conferma!

 

Ed anche questo termine pone un limite interpretativo dato dalla corretta spiegazione del progresso, del quale non si può ricondurre merito evolutivo o di sopravvivenza dato ad una singola specie che occupa uno spazio seppur piccolo colonizzandolo, ma la ‘summa’ della sua ricchezza conferita dall’equilibrio interpretativo dello spazio reale che, in verità e per il vero, occupa nell’intero ecosistema a sua volta giudicato (anche) dalla Storia.




Se omettiamo il secondo parametro non regna la crescita ma l’involuzione per ogni Elemento della Terra da ognuno abitata e vissuta quotidianamente. Giacché l’equilibrio di ogni Ecosistema (conferito dalla Natura), e non solo quello impropriamente detto civilizzato, regna per ogni legge evolutiva e principio di reciproco rapporto per ogni specie vivente e non… conferita dagli altrettanti reciproci rapporti di ogni Elemento, i quali a loro volta conferiscono i meriti delle successive evoluzioni, o al contrario, involuzioni al pari di estinzioni e non più naturali come conosciute nell’intero arco della storia e non solo geologica del nostro pianeta, con le quali la Terra dalla crosta alla cima, non più evoluta, ma precipitata per umana mano (e presunto intelletto) nell’apocalittico abisso.

 

Presa la dovuta ‘coscienza evolutiva’ - se ancora ne possediamo una -, delle grandi capacità di cui l’Intelletto dispone - o dovrebbe - disporre nell’apportare la dovuta opera per il miglioramento della specie e non solo la propria, e visto che lo spazio occupato come dicevo, dipende da ogni reciproco rapporto che se alterato ne comprometterebbe la sopravvivenza, l’umano detto dovrebbe assumere maggior consapevolezza data dalla reale conoscenza da ciò cui deriva la sua vera natura, e non  solo la propagandata presunta falsa ‘ricchezza’, limitata all’‘artifizio’ dato dal breve ingegno per ogni impropria conquista sottratta all’arte evolutiva; dacché riconosciamo nell’artificioso artifizio un ottimo ‘manufatto’, esulare però, dalla evoluzione di cui il miglioramento per ogni specie in ugual ‘atto’, e non solo ‘umano’, ne consacra e certo non mortifica e avvilisce l’Intelletto evolutivo.


 



Ovvero, se fosse solo l’umano a migliorare e la Natura in completo degrado, avremmo ottenuto il beneficio e merito (o meglio maleficio) del ‘paradosso umano’, sancito e dedotto nella irreversibile ed altrettanto paradossale condizione in cui leggere e narrare ugual immobile Storia, ma non certo simmetrica a quella evolutiva, i due rami si scindono e dividono, perché le estinzioni per come le conosciamo per opera della Natura, assommate agli interconnessi rapporti nei milioni di storia e non solo evolutiva ma anche geologica, nel disastro ne hanno sancito il miglioramento, e all’ultimo Secondo dell’èra geologica misurata nella ‘materia’ hanno partorito l’uomo di cui si narra (compreso dell’Anima come dello Spirito), propriamente o paradossalmente, circa differenza data e conferita dalla ‘summa’ dell’Intelletto posto nelle orbite e variegate specie del ‘caso’ - o al contrario - del ‘fine’, comunque nel ‘caso’ leggiamo e deduciamo - per ora - solo la ‘fine’, comunque  ed ancora, otterremo per ugual Sentiero dato verso la presunta Cima o Abisso, le altrettante variegate regioni e ragioni del dominio non più della luce, da cui nato (e fu la Luce), bensì delle tenebre (e Lucifero della schiera degli angeli…).


[PROSEGUE CON LA SECONDA PARTE]