Precedenti capitoli:
Composti da buone maniere (pre e post) natalizie (1)
E finalmente (o miei diletti) a reti unificate il 'mondo a roverso' (del dotto pio maestro) (3)
Tacer non
posso, se me l’ comandasse
Il mondo
tutto, anzi il Silentio istesso
E
scoppierei, se fuor non eshalasse
Un strano
humor, qual ho nel capo impresso,
E se con
ragion viva non mostrasse
Ch’ogn’un
che nasce al mondo è pazzo espresso
E ch’in
pazzia colui ciascun preccede
Che più de
gli altri saggio esser si crede.
[2]
Parmi la
strana cosa in questo mondo
Ch’ogn’huomo
sia soggetto a la pazzia,
E che ’l cervello a tutti giri a tondo
E che vi
sian de’ pazzi in ogni via,
Onde sol a
pensarvi mi confondo,
E non posso
quietar la fantasia,
Ché, vadi
ove mi voglia fra la gente,
Ognun
saggio si tien, ognun prudente.
[3]
Onde,
vedendo quanto l’huom s’inganna
In questo
pazzo e bestial humore,
Poi che,
quanto esser savio più s’affanna,
Tanto più
la pazzia dimostra fuore,
Per mostrar
ch’anchor io son pazzo a canna
- Anzi
forsi in tal genere il maggiore -
Fra me feci
pensier di non più mai
Con saggi
conversar, poco né assai.
[4]
E per veder
se 'l mondo tutto a un modo
Fatt’ era,
in un loco alto me n’andai,
E
risguardando sopra il terren sodo
Qualche
savio veder pur mi pensai,
Ma il mio
parer fu vano, onde ne godo
Poi ch’io
mi vidi haver compagni assai
Anzi, ch’in
tutta la mondana piazza
Altro non
rimirai che gente pazza.
[5]
In mezo un
amplo e spatioso prato
Vidi una
pianta di tanta grandezza
Che co’ i
rami occupava da ogni lato
Un miglio o
poco manco di larghezza
Sotto la
qual, tosto che l’huomo è nato,
Va a
trattenersi con somma dolcezza,
Sia di che
grado o sesso esser si voglia,
Forza è ch’ivi
ognun corra, ognun s’accoglia.
[6]
Al dipartir
da quella nobil pianta
Che fan le
genti poi di mano in mano,
A la qual
di non gir nessun si vanta,
Ciascun si
parte col suo ramo in mano:
Chi ne tira
giù un bronco, chi ne schianta
Un altro, e
chi le frondi agguaglia al piano;
Altri,
pensando trarne maggior frutto,
Abbracciano
col tronco l’arbor tutto.
[7]
Quest’è l’arbor
del mondo universale,
Ov’ognun
corre a prendere il suo ramo,
Né dirò sol
ci venghi il tale e 'l quale,
Ma tutto il
mondo, sin dal padre Adamo,
E ciò vien
da un instinto naturale
Ché tutti
un ramo di pazzia teniamo,
E, secondo
ch’un l’arbor più disfronda,
Tanto più
in quel pazzia cresce et abbonda.
[8]
Poi,
rivolgendo gli occhi in altra parte,
Altro non
rimirai che far pazzie,
E
contemplando il mondo a parte a parte
Tutto pien
di caprici e fantasie
Lo
ritrovai, e la Natura e l’Arte
Mille
strane chimere e bizarrie
Ne la testa
produce a questo e quello,
Di varii
humori empiendogli il cervello.
[9]
Vidi tal
casa venticinque volte
Venduta, et
altro tanto ricomprata,
E tratti a
terra i portici e le volte,
Cento volte
rifatta e fabricata,
Le riche
sale in stalle esser rivolte
Quindi
serrar, e colà far l’entrata
Poi
ritrovarla a l’ordine di pria
Né mai
haver patron che fermo sia.
[10]
Vidi tal,
che fu già lieto e felice,
Al fondo de
la ruota esser cascato,
E tal, che
fu già tristo ed infelice,
Esser
asceso a glorioso stato,
E dove il
lauro e 'l pino havean radice
Il salce
vile e 'l pioppo esser piantato,
E i chiari
rivi e i limpidi christalli
Fatti
pantani e puzzolenti valli.
[11]
Al fin vidi
ogni cosa ritornato
Quasi può
dirsi a l’ordine di prima
E 'l mondo
sottosopra rivoltato
Ben mille
volte dal piede a la cima,
Onde,
havendo a minuto contemplato
Il tutto,
ritornai ne la parte ima
Tutto
confuso, poi ch’in tanti e tanti
Non vidi un
sol che saggio esser si vanti.
[12]
Così d’una
in un’altra fantasia
Entrando,
non trovavo al mondo pace,
Ed ero
entrato in tal malinconia
Che d’huom
esser pareami una fornace:
Ogni
persona ch’io vedea per via
Mi
rassembrava una fiera rapace,
Né mi potea
fermar, né caminavo,
Ma come
moscha senza capo andavo.
[13]
E, come
havessi d’archi e di pallestre
Il petto
pien, trovar non potèa loco,
Pareami la
mia casa un monte alpestre
Et ogn’affanno
mi pareva un gioco.
Credei più
volte un animal silvestre
Esser, poi
m’accorgevo a poco a poco
Ch’io ero
un huomo di giuditio privo,
Non morto
in tutto, ma non troppo vivo.
[14]
Parea ch’ogn’un
corresse per le strade
E m’abbaiasser
dietro tutti i cani,
Hor ch’io
havessi nel petto mille spade
Hor che 'l
bargel m’havesse ne le mani,
Caduto
erami a noia la cittade
Né potea praticar
fuor tra villani,
Più volte
dubitai che 'l ciel calasse
O che la
terra sotto mi mancasse.
[15]
Hebbi timor
più volte che nel mare
Mentre va a
carreggiar le parti basse
Febo una
notte s’havesse anegare,
E mai più
questa sfera non girasse,
E s’io sentivo
piovere o tonare
Temei che
qualche nube si spezzasse,
O Giove
fesse a noi con forza integra
Come già
fece a i fier giganti in Phlegra.
[16]
Molte volte
mi venne fantasia
Lasciar il
mondo et ogni suo confino,
Poi in un
tratto quella passò via
E volea doventare
un tamburino
Ma poco mi
durò tal frenesia
Ch’io mi
disposi d’esser indovino
Hor musico,
hor poeta, et hor pedante,
Hor medico,
hor pitor, hor negromante.
[17]
Essendo al
fin volubil di cervello,
E più che
'l vento instabil de la mente,
Non mi piacendo
far questo né quello
Ogni mia
voglia se n’andò in niente
E,
conoscendo questo mio flaggello
Proceder
dal girar ch’io fo sovente,
Per isfocar
alquanto il mio martire
La lingua
sciolsi e così presi a dire:
[18]
“O misera,
volgar e cieca gente,
Non vedi ch’ogni
cosa a torno gira?
Girano gli
anni via velocemente
Col Tempo,
ch’ogni cosa al fondo tira,
Gira il sol
e la luna parimente,
Giran le
stelle tutte a chi le mira,
E di
continuo attorno 'l firmamento
Girano l’acqua,
l’aria, il foco e 'l vento.
[19]
Girano i
carri, carretti e molini,
Giran le
botti, i bronzi e le caldare,
Le
bigoncie, i boccai, piatti e catini,
Le pentole,
i coperchi e l’ingristare,
Giran le
burse, girano i quattrini,
Giran gli
uccelli in aria nel volare,
Son fatti
in giro i scudi e le scodelle
Le ruole, i
testi, i tondi e le patelle.
[20]
Girano i
pozzi, i secchi e le girelle,
Le palle,
le candele e i candelieri,
Le cathene,
botton, perle et anelle,
Le corone,
barrette ed i taglieri,
In giro
fatte son le mortatelle
I barili, i
bottazzi et i bicchieri,
L’isole e
'l mare, e quanto più remiro
Ritrovo ch’ogni
cosa è fatta in giro.
[21]
Però non de’
maravigliarsi alcuno,
S’io ruoto,
s’io vò in volta, s’io m’agiro
Se 'l mio
cervello a l’aer chiaro e al bruno
Macina e
vola, poi ch’io scorgo e miro
Volgersi
tutti i cieli a uno a uno
E ogni
creata cosa fatta in giro,
E se i
corpi maggior han tal soggetto,
Cadono i
minori anche in tal diffetto.
[22]
A tal ch’io
scorgo, e non è maraviglia,
Ch’ognun è
della pasta che son io,
E veggio
ogn’huomo, donna e ogni famiglia
Soggetta a
questa pianta, al parer mio:
Chi grida,
piange, fugge, chi bisbiglia,
Chi
bestemia tal’hor, chi chiama Dio,
Chi ride,
canta, gioca, balla e suona
Chi compra
e vende, e chi barratta e dona.
[23]
Chi corre,
chi si spoglia, chi si veste,
Chi
burratta, ch’impasta, chi fa pane,
Chi getta
via, chi fa banchetti e feste,
Chi suona
manacordi, chi campane,
Chi
accorda, chi discorda, chi riveste,
Chi parla
con ruffian, chi con putane,
Chi siede,
chi va piano e chi camina
Chi fabrica,
chi aconcia e chi ruina.
[24]
Chi brava,
chi la taglia, chi è poltrone,
Chi
combatte, chi medica, chi amazza
Chi è
servo, chi fattore, chi patrone,
Chi stenta
sempre, chi tranguggia e sguazza,
Chi in
spalla prende l’ scoppio, ch’il bordone,
Chi sospira
sovente, chi solazza,
Chi grida
con la moglie e se ne duole,
Chi non si
cura, facci quel che vuole.
[25]
Chi cade ne
la strada per la fame,
Chi per
troppo mangiar vomita il core,
Chi è
scelerato, perfido et infame,
Chi segue
la vergogna, chi l’honore,
Chi dorme
in letti d’or, chi sul lettame,
Chi segue
la militia, chi l’amore,
Chi va a
pie’, chi a cavallo e chi in lettica
Chi suda e
stenta e chi non vuol fatica.
[26]
Chi è
guercio, storpiato, chi diritto,
Chi gobbo,
chi fantastico, chi zoppo,
Chi fa del
ben, chi commette un delitto,
Chi di
portante va, chi di galoppo,
Chi va, chi
vien, chi salta e chi sta fitto,
Chi del
poco si duole, e chi del troppo,
Chi navica,
chi nuota, uccella e pesca,
[27]
Chi
chiacchiera, chi ciancia, chi cicala,
Chi
biasima, chi morde, chi berteggia,
Chi danza
nel cortil, chi ne la sala,
Chi sta
pensoso ogn’hor, chi buffoneggia,
Chi stretto
tien, chi del dinar fa pala,
Chi dice
baie e frasche, e chi motteggia,
Chi semina,
chi coglie, e chi s’adira
Chi suona
di liuto e chi di lira.
[28]
Ch’incagnato,
chi lieto, chi fernetico,
Chi
insaciabil, chi stolto, chi lunatico,
Chi turco,
chi maran, chi marzo heretico,
Chi
piacevol, chi dolce, chi gramatico,
Chi segue
in tutto l’ stil peripatetico,
Chi vuol
esser scoltor, chi mathematico,
Chi piace
flauti udir, chi trombe o naccare,
[29]
Havendo
finalmente a pien veduto
Tanta
instabilità fra le persone,
E
chiaramente havendo conosciuto
Ch’ognun si
volge e gira a ogni stagione,
Non posso a
questa volta restar muto,
Ma sfocar
mi convien tal passione
Ad alta
voce, poi ch’in ogni lato
Ogni cosa
tramuta habito e stato.
[30]
Oh quanti
son ne le cittadi, o quanti
Ribaldi, e
scelerati favoriti!
Quanti
huomini da ben vivono in pianti
Oh quanti
accarezzati parasiti,
Quanti
buffoni stanno in festa e in canto,
Quanti
buoni scacciati et abhorriti,
Quanti
giotti e gnattonici honorati.
[31]
Oh quanti
dotti se ne vanno a male,
Quante lingue
malvagie son prezzate,
Quante
donne da ben ne l’hospitale,
Quant’empie
meretrici son amate,
Quanti
ruffian su e giù per varie scale,
Portan
sonetti, lettere e ambasciate,
Quanti
gaglioffi portan oro intorno
Quanti
prudenti con vergogna e scorno?
[32]
Quanti
mormoratori accarezzati,
Quanti
fedeli in odio al lor patrone,
Quanti
riportator sono abbracciati,
Quanti
poltroni in gratia a le persone,
Quanti
semplici e giusti discacciati,
Quanti
ignoranti in gran riputatione,
Quanti
servi maligni e fraudolenti,
[33]
Quanti
villani son fatti signori,
Quanti
montanari aciviliti,
Quante
scritture di procuratori,
Quanti
gridi di quei che seguon liti,
Quanti
cervelli pazzi, quanti humori
Quanti
poveri son, quanti falliti?
Quanti
giudici ingiusti, quante spie
Oh, quante
falsità, quante bugie.
[34]
Oh quanti
amici finti e lime sorde,
Quanti
lacci intricati e vie dubbiose,
Quanti lupi
rapaci e gole ingorde,
Quante
fosse coperte e reti ascose,
Quanta
invidia che i cor lacera e morde,
Quanti
dirupi e vie precipitose,
Quanti
tribboli acuti e dure spine,
[35]
Oh quanti
intrichi, e quanta confusione,
Si trovan
hoggi dì sopra la terra?
E di tanti
travagli è sol cagione
La stupenda
pazzia ch'in noi si serra,
E tutti
siam di tal proffessione
E chi crede
esser savio, sogna ed erra,
Perché
chiaro si vede in detto e in fatti
Che questo
mondo è una gabbia di matti.
[36]
Ma volete
veder in generale
Questa
nostra chiarissima pazzia?
Mirate al
tempo de lo Carnevale,
Quanti
pazzi si vedon per la via,
Con
vestimenti fuor del naturale
Ove ognun
mostra la sua frenesia
Tagli,
ritagli, ricami e colori
[37]
Cappe,
cappotti, giubbe e gabbanelle,
Saltimbanchi,
saion, guanti e colletti,
Barrette
con medaglie e con cordelle,
Scarpe,
stivai, cinture e capelletti,
Volti
dipinti, maschere e rotelle,
Busti
lunghi, bizarri e corti e stretti,
Camicie
alte e sgolate, e pancie e gole
Come l'alma
pazzia comanda e vuole.
[38]
Ma per dir
le pazzie di tutti quanti
Voglio al
particolar venir un poco:
Non son
(ditemi voi) pazzi gli amanti,
Che non
posano mai né trovan loco,
Passa,
volta e rivolta, indietro e inanti
E spesse
volte, dopo tanto foco
Altro non
han che rabbia e gelosia?
[39]
Non son
pazzi i poeti a tutte l'hore?
Che quando
gonfi son di quel veleno
Sputano
rime piene di furore
E strane
inventioni han sempre in seno,
Hora
cantano d'arme, hora d'amore
E sempre
han di chimere il cervel pieno,
Perdono il tempo
e stentan tutta via.
Mirate voi
se questa è gran pazzia.
[40]
Non son
pazzi i scolari? I quali vanno
A le parti
lontane a studiare
E in vece
d'imparar, altro non fanno
Che starsi
con le femine e a giocare,
E vendon
spesse volte i libri c'hanno
E, standosi
a godere e trionfare,
Tornano a
casa più goffi di pria.
[41]
Non son
pazzi i dottori? Che la casa
Di
litiganti han piena, e d'avocati
E per
diffender questa e quella rasa
Stanno su i
libri lor sempre afocati?
E per empir
d'argento e d'or le vasa
Di procure,
instromenti e di lassati
Gli vien
rotta la testa tutta via.
Mirate voi,
se questa è gran pazzia.
[42]
Non son
fuora di sé i procuratori?
Quai, per
succhiar il sangue a le persone
Stan sempre
sul cridar e far rumori,
Dando assai
volte il torto a chi ha ragione.
Non son
pazzi gli giudici e auditori?
Quai, vinti
dal metal che 'l sol compone
La
figliuola d'Astreo cacciano via.
[43]
Non son
pazzi anche i medici? Li quali
Mai sempre
con gli infermi fan soggiorno,
E van di
qua, di là cercando i mali
Stando
sovente a orine e sterchi intorno,
A bolle,
croste, cure e serviciali
E, vadan
dove voglian, notte e giorno
Parlan di
febri e flussi tutta via.
Mirate voi,
se questa è gran pazzia.
[44]
Non son
pazzi gli astrologhi spacciati?
Che saper
voglion quel ch'in ciel si serra
E quel che
fan le stelle in tutti i lati,
Né a pena
san quel che si fa giù in terra.
Non son
fuora di sé tutti i soldati,
Che con
tanto furor vanno a la guerra,
In preda a
i scoppi ed a l'artiglieria?
[45]
Non sono
pazzi i loici da legare?
Che con le
lor fallancie fan parere
Nel cinque
il nove, e voglion sostentare
Che false
tutte son le cose vere.
Non occor
de' filosofi parlare,
Che giorno
e notte studian per sapere
La materia
ch'in capo han tutta via.
Mirate voi,
se questa è gran pazzia.
[46]
Non son
stolti i gramatici, che sempre
Su
l'ethimologia, sul disputare
Se ne
stanno, e seguendo simil tempre
Sempre il
contrario voglion sostentare?
Convien che
pur pensando il cor si stempre
De gli
oratori, che con bel parlare
Spogliano
il vero e copron la bugia.
[47]
Non son
pazzi i geometri? E senza sale,
Che con
tondi, compassi e forme quadre
Vogliono
del cielo misurar le scale
E giù,
dov'ha Pluton sue tristi squadre,
E saper
(tanto la pazzia gli assale)
Il giro
tutto de l'antica Madre,
E quanto
longo e largo il mondo sia.
Mirate voi,
se questa è gran pazzia.
[48]
Non son
senza cervello i mercatanti?
Che van
solcando il mar da l'Indo al Mauro,
Sprezzando
i beni e gli agi tutti quanti
Per adunar
insieme argento et auro;
Poi,
ritornando richi di contanti
Fortuna in
mar gli assalta, e per ristauro
Gli tôl la
vita e la lor mercanzia.
[49]
Non son
pazzi gli avari a tutto andare?
Che la
conscienza pongono in oblio
E atendon
di continuo a cumulare,
Non
pensando al lor fin acerbo e rio,
Ché la
Morte gli vien a ritrovare,
Né dir gli
giova “O caro tesor mio”,
Ch'altri se
l' gode, gioca e getta via.
Mirate voi,
se questa è gran pazzia.
[50]
Non son
pazzi color che spendon tanto
In fabricar
altissimi palagi?
Come se
certi fusser viver quanto
Il mondo
dura, in le richezze e in gli agi?
Che nel più
bel gli vien la Morte a canto
Onde al fin
poi con pene e con disagi
Mutano
albergo, e l'oro han tratto via.
[51]
Non è pazzo
chi tien la concubina
E fa patir
la moglie et i figliuoli?
Non è pazzo
chi robba et assassina?
Non son
pazzi i ribaldi e i marioli?
Che la
galea, la forca, e la berlina
Nel fin gli
porge poi affanni e duoli,
E in man
del boia il suo malfar gl' invia.
Mirate voi,
se questa è gran pazzia.
[52]
Non sono
pazzi i musici, che stanno
Sempre a
spiccarsi il senno et il cervello
Et hor
napolitane, hor note fanno
Per dar
diletto e spasso a questo e quello?
E se tal
hor per far servicio vanno,
Gl'ingrato,
senza por mano al borsello
Gli dona un
“Gran mercè, per cortesia”.
[53]
Non son
pazzi color che prendon moglie,
E fan cento
dissegni su la dote?
Poi
crescono in figliuoi, crescon le doglie,
Onde
s'impegna e vende ciò che puote;
Gridan per
casa spesso, e si raccoglie
Il vicinato
a udirgli, e chi percuote
La
consorte, chi i figli, e poi va via.
Mirate voi,
se questa è gran pazzia.
[54]
Non son
balordi e pazzi i cortigiani?
Che lascian
le lor case ove stan bene
E se ne
vanno a stentar come cani
Per quelle
corti di miseria piene,
E con
speranze incerte e pensier vani
Stolti
stanno aspettar chi mai non viene,
Onde il
servir tran spesso e 'l tempo via.
[55]
Non son
pazzi color, fuor di misura,
Che, spinti
dal desir d'un vano honore,
Entran
dentro un steccato con bravura,
A passarsi
con l'armi il petto e 'l core?
Muoion
dannati, e giù ne l'aria scura
Van le lor
alme a l'infernal calore,
Né vi è
ch'aiuto né favor gli dia,
Mirate voi,
se questa è gran pazzia.
[56]
Non son
bestie tutte le putane?
Che si
lascian goder a questo e quello
E sempre
con bertoni e con ruffiane
Stanno,
mentre hanno il viso adorno e bello;
Poi, quando
vecchie, putride e mal sane
Son
divenute, per più suo flaggello
Muoion ne
l'hospitale, o s'una via.
[57]
Non son
pazze le femine che fanno
Tante
misture da lisciarsi il viso
E tanto
sotto e sopra se ne danno
Ch'angioi
paion talhor del Paradiso?
Gionge la
sera, a letto se ne vanno,
Quando si
levan poi, oimè che riso:
Ch'un
diavol proprio par ch'ognuna sia.
Mirate voi,
se questa è gran pazzia.
[58]
Non è savio
quel pazzo che non pensa
Se non a
quel che 'l natural l'invita?
Né sente
dispiacer né doglia immensa,
Anzi
sempr'ha nel cor gioia infinita.
Non è pazzo
quel savio che dispensa
Fra studi e
libri tutta la sua vita
E non pensa
il suo fin qual esser sia?
[59]
Non son i
gentilhuomin' pazzi anchora
A tener
servi, donzelle e massare?
Qual tutti
d'union cercan d'ogn'hora
In mille
modi i patroni usurpare:
Graffignano
per casa e portan fuora
E mai altro
non fan che mormorare,
Mangiando
il suo gli biasman tutta via.
Mirate voi,
se questa è gran pazzia.
[60]
Non son
pazzi e ignoranti i servitori,
A non andar
più tosto a lavorare
Che ridursi
al servitio de' signori
I quai mai
non si posson contentare?
E se
cent'anni havesser con amore
Servito, un
sol error c'habbino a fare
Gli
scaccian, con obbrobrio e villania.
[61]
Non son
arcistoltissimi i villani
Che mai dan
suo dovere a' lor patroni?
Onde per
tai delitti iniqui e strani
Sono
soggetti a varie passioni,
Che di
banditi o sbirri ne le mani
Si trovan
sempre involti, e ne i bastoni,
E chi
l'argento e l'or gli porta via.
Mirate voi,
se questa è gran pazzia.
[62]
Non è
matto, bismatto, arcimattissimo
E 'n tutto
ignorantissimo e risibile
Colui che
cerca far l'appontatissimo
Sopra
l'opere altrui e 'l correggibile?
Che s'egli,
che si tiene arcidottissimo,
Fosse a
farn' una anchor ch'inteliggibile
Si tenghi,
forsi in asso restaria.
[63]
Ma che dic'
io? Non si conosce espresso
Che tutti
sian macchiati d'una pece
E ognun sia
di che voglia grado o sesso,
È pazzo, e
nuovamente dir mi lece
Che chi si
tien haver più scientia appresso
È più
stolto degli altri, a tal ch'in vece
D'esser
savio, raddoppia la follia.
Mirate voi,
se questa è gran pazzia.
[64]
Questa fu
causa già che fortemente
A occhi
caldi Herachlito piangèa
Per le
pazzie ch'a la mondana gente
Commetter a
suoi tempi anch'ei vedèa.
Democrito,
filosofo eccelente
Si spense i
lumi, sì gli parve rea
Mirar ne li
homin tanta frenesia.
[65]
Né vi dirò
che sol a quest'etade
Si sian
fatte pazzie, ma sempre mai
Vi son
stati de' pazzi in quantitade,
E ve ne
saran sempre, et pur assai,
Adesso ne
son piene le cittade
I castelli
e le ville, e dove i rai
Phebo
dispiega, in ogni loco e via.
Mirate voi
se questa è gran pazzia.
[66]
Ahi folle,
non m'accorgo che scrivendo
Le pazzie
d'altri, i' son un pazzo espresso,
E quanto
più mi vado rivedendo,
Miser, son
il di lei ritratto istesso.
Goffo ch'io
son, come mi vò perdendo,
In quel che
non m'importa, e veggo adesso
Ch'io vò
ciarlando e pur tacer dovrìa.
[67]
Ma non
posso tacer, che pur vo' dire
Le mie
pazzie de l'altre più famose,
Le qual
sforzato son sempre seguire,
Se ben
conosco che mi son dannose,
Ma per
voler con la più parte gire
Non vo'
tener le voglie in ciò ritrose,
E non vo'
far il savio, e ch'io non sia.
Mirate voi,
se questa è gran pazzia.
[68]
Son pazzo,
primamente perché veggio
Espressamente
che, s'io seguo Apollo,
Ogn'hora me
n'andrò di male in peggio
E d'aria e
vento restarò sattollo,
E
l'hospital m'aspetta, i' me n'aveggio,
Né fugir
posso, e pur, misero, sòllo,
Ma non
posso lasciar tal frenesia.
[69]
Son pazzo,
ché, per dare altrui piacere,
Dispenso il
mio cervello in cose vane,
E l' tempo
se ne fugge a più potere
E la mia
gioventù secca rimane,
E dove più
tal volta spero havere,
Resto
ingannato qual d'Esopo il cane,
E pur sto
saldo nel pensier di pria
Mirate voi,
se questa è gran pazzia.
[70]
Son pazzo,
ch'ingegnar io mi dovrei
Di trovar
qualche strada da guadagno
E porre in
essa tutti i pensier miei
Per non
haver bisogno del compagno,
Ché più
contento e lieto ne starei,
E non mi
lagnerìa di cui mi lagno,
Ma son rissolvo
mai la fantasia,
[71]
Son pazzo
ché per far altrui servicio
Corro a la
prima dove son chiamato,
Lasciando
chi mi ha fatto beneficio,
E poi
ritrovo l'altro tanto ingrato
Ch' anchora
che gli piaccia il mio capricio
Senza aprir
bursa né mostrarsi grato
Con un
“Bacio la man” mi manda via.
Mirate voi,
se questa è gran pazzia.
[72]
Son pazzo
ché quand'un me n'ha fatt'una,
Torno di
nuovo, s'ei mi chiama o vuole,
Poi getto
il tempo indarno, e la Fortuna
Minaccio
con asprissime parole,
E del
vento, de l'aria e de la luna
De le
stelle, del mar, del ciel, del sole
Mi doglio,
e so che pur la colpa è mia.
[73]
Son pazzo a
voler far anch'io 'l poeta,
E non saper
a pena s'io son vivo,
Ch'anchor
ch'a ciò m'inviti il mio pianeta
Pur del
libero arbitrio non son privo.
E posso
farlo, e non v'è chi me l’ vieta,
Ma par che
morto sia, quando non scrivo
Qualche
capriccio o strana bizzarria.
Mirate voi,
se questa è gran pazzia.
[74]
Son pazzo,
poi, in tanti modi e tanti
Che per un
mese havrei e più che dire.
Basta, noi
siamo pazzi tutti quanti
E saremo
così fin al morire,
Né sia chi
d'esser savio hoggi si vanti,
Ma pazzo
sì, a chi non vuol mentire,
Che non è
al mondo più gran compagnia.
[75]
Ma se
Fortuna d'ogni pazzo ha cura,
Spero anche
un giorno ne farà contenti.
Stiamo pur
in cervel, né habbiam paura
E siamo in
seguir lei ogn'hora intenti,
La qual un
dì ne ponerà in altura
E fuor ne
caverà di tanti stenti,
Che forz'è
che seguendola d'ogn'hora
De' suoi
amici si ricorda anchora.
[76]
E tu,
Pazzia, che col tuo grand'impero
La terra
abbracci, e ogni città possedi,
Et hai
d'ogni mortal dominio intiero,
Et a
null'altra di grandezza cedi,
Guida, ti
prego, il nostro bel pensiero
Che sempre
tuoi saremo, e se no l' credi
Fanne la
prova, che d'ogn'hor vedrai
Chi nasce
pazzo non guarisce mai.
Il fine.