CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

martedì 25 giugno 2013

PROSTITUTE & BIBBIE















Prosegue in:

prostitute & bibbie (2)











New York (ma non è la sola..) è una città portuale, quindi la prostituzione
probabilmente esisteva da sempre, nelle bettole e nelle locande per i ma-
rinai, nelle sale da ballo, nelle drogherie sorte intorno a Collect Pound e
poi a Five Points.
Ogni volta che i giornalisti fanno cenno all'immoralità della promiscuità,
in realtà usano un escamotage per riferirsi alla prostituzione; condizioni
simili erano ritenute il prodotto o il terreno fertile per la prostituzione e
alludervi esplicitamente era un tabù sulla stampa del bel mondo.




Allo stesso modo si considerava la promiscuità razziale un segno di immo-
ralità e di incitamento alla prostituzione. La censura sul meretricio e sulla
possibilità di considerarlo un fenomeno economico e sociale degno di no-
ta continuò per tutto il secolo e fino al successivo, e lo trasformò in un'os-
sessione collettiva.
Lo vedevano ovunque ed era davvero così, anche se con modalità diver-
se da quelle credute. Per esempio è molto eloquente che in quel periodo
nessuno abbia mai notato o almeno commentato sulla stampa il mercimo-
nio sessuale implicito nel fenomeno delle 'hot corn girls'.




Se non altro dal punto di vista simbolico erano le ragazze a essere in ven-
dita e non le pannocchie.
Prima della Guerra Civile i bordelli erano concentrati soprattutto nella zo-
na portuale e nei bassifondi, in Cherry e Water Street, a Five Points e sul-
la Bowery.
Le sale da ballo, invece, erano locali che ospitavano un albergo, un salo-
on e un bordello sotto lo stesso tetto, con i servizi, personale e clienti in
comune.
La casa più importante e famosa era quella di John Allen al 304 di Water
Street.




Allen (si badi bene..) veniva da una famiglia di ecclesiastici: due dei suoi
fratelli erano pastori presbiteriani, e un terzo era pastore battista; lui stes-
so aveva studiato allo Union Theological Seminary, ma a un certo punto a-
veva cambiato vita e verso il 1850 insieme alla moglie aveva aperto una
casa di malaffare.
Il locale, rivolto ai marinai, non era molto più rispettabile di quelli in cui
si praticava il reclutamento forzato, ma esteriormente aveva un aspetto
vistoso e si diceva avesse incassato ben 100.000 $ in dieci anni.




La sua équipe di venti ragazze era agghindata con bustini scollati di raso
nero, gonne e calze scarlatte, e stivali rivestiti di rosso e ornati di campe-
nellini.
Allen l'aveva decorata con varie suppellettili religiose, rendendola così ul-
teriormente peccaminosa. Tre giorni la settimana, a mezzogiorno, leggeva
passi della Bibbia a prostitute e baristi poco prima che la casa aprisse, e
anche durante le ore di attività, a volte, chiamava a raccolta i dipendenti a
cantare inni (religiosi & morali...).
Le stanze del bordello religioso erano ognuna provviste di copie della Bib-
bia, sui tavoli del saloon erano sparpagliate riviste religiose, le pareti e-
rano decorate con litografie sacre e in occasioni speciali Allen regalava
ai suoi clienti copie del Vangelo e della Sacra Bibbia......
(Prosegue......)














domenica 23 giugno 2013

L' AQUILA (del Gran Zebrù)











"Una coraggiosa impresa è stata compiuta da alcune guide della Val.....
...hanno raggiunto e violato un nido di aquile reali su una parete di di-
rupi. La guida B accompagnata da un agente del Parco è riuscita a cat-
turare un aquilotto che però ha reagito artigliandone una mano; per...
libersarsene è stata costretta a ucciderlo sbattendolo contro la roccia....
(Dai giornali)

Una notizia:

sei alpinisti morti sul Gran Zebrù.....

Precedenti capitoli:

con Pietro Autier sulle orme del Payer

sulle orme del Payer  (2)

sulle orme del Payer  (3)

Prosegue in:

l'aquila del Gran Zebrù (2)











Benché siano passati più di 30.000 anni, io, grande aquila dei Feruc, maschio,
vecchissimo e forse ormai immortale, ricordo quel mattino di ieri.
Era l'età felice nella valle non c'erano né strade né ferrovia né ponti gettati so-
pra il fiume, e non si udivano altri rumori se non il vento, le acque, le frane, gli
uccelli, e i boschi erano pieni di bestie... e di ....; ed io non avevo visto ancora
l'uomo......




Degli uomini mi avevano parlato a lungo i genitori, come di animali strani, ma
non li avevo mai visti. Dicevano ch'erano bruttissimi ma furbi, più furbi di noi
aquile e perfino delle marmotte e delle volpi che sono furbissime.
Che non avevano becco né artigli, né ali né penne e neppure il pelo propria-
mente detto, di cui pure sono ricoperti anche i topi e i ghiri.
Che si muovevano più lentamente di tutti gli animali eppure con la loro astuzia
riuscivano a uccidere perfino gli orsi adulti. E si raccontava che un uomo aves-
se rubato le uova da uno dei nostri nidi; e le avesse bevute; ma questa era forse
una leggenda.




Certo il mondo allora era infinitamente più piacevole, più splendido il sole, più
grandi le montagne, più verdi i boschi, tutto più allegro e più pulito. Oppure è
una mia illusione e la sola differenza sta nel fatto che quella era la mia gioventù?
Anche oggi noi aquile siamo le regine delle rupi ma allora lo si era assai di più.
Grandi e magnifiche eravamo.
Poi cominciò la decadenza, ma la colpa è stata nostra?
Dite, sinceramente, dite pure: è colpa nostra se oggi siamo ridotte così sole e
poche?




Era mattino presto e già risplendevano, bianche, gialle e rosa, le guglie delle
somme creste, bellissime. Ma giù nei valloni restava ancora un po' del buio
della notte. Il cielo limpido, l'aria del Nord, l'odore delle rocce riscaldate dal
sole a poco a poco, una dolce giornata cominciava.
Vidi salire velocissima, come se portasse una notizia, mia sorella, a cui volevo
bene. Venne da me, disse che aveva scoperto un nido di uomini, maschio e
femmina con tre quattro figli piccoli: era in una piccola caverna, nel fondo del-
la valle presso il fiume.




Le dissi: 'Conducimi a vedere'.
Mi sentivo bene, avevo fame. Ci precipitammo a piombo.
'Là' indicò mia sorella 'dove c'è quel fumo'.
Ora ci abbassavamo lentamente. La famiglia era tutta su un breve prato, dinan-
zi alla spelonca. Stavano riscaldandosi al primo sole (si preparavano per un'...)
Gli uomini!
Rimasi sbalordito. Non mi aspettavo che fossero così grossi grassi e neppure
così orribili a vedersi. Proprio schifosi con quella pelle bianca e i grotteschi ce-
spugli di pelo qua e là, e quelle due gambe davanti lasciate ciondolare.
Sulle spalle avevano delle pelli di animale, forse di capra.




Ma era stupefacente come stavano diritti sulle gambe posteriori alla guisa di
scoiattoli, e si servivano delle altre due con meravigliosa varietà di movimenti.
I figli poi di pelo non ne avevano, tranne in testa; dovevano essere molli, e mol-
to appetitosi.....Benché cercassi di tenermi contro sole, dovetti fare qualche ma-
novra errata perché a un tratto mi videro.
La madre, che aveva il pelo in testa più abbondante, e due grandi mammelle,
prese il figlio ad uno ad uno e li portò di corsa nella tana mentre il maschio, a-
gitando un'asta, lanciava verso di me degli urli come non avevo mai sentito, non
tutti uguali come fanno di solito i mammiferi, ma di suono vario, cosicché ora
sembrava un cane, ora una pecora, ora una cornacchia, ora un orso, ora una
gallina......
(Prosegue....)















MADDALENA LA FALSA STREGA















Prosegue in:

Maddalena la falsa strega (2)











Un'altra visione, ben diversa e soprattutto più densa di conseguenze
per la storia della stregoneria moderna, fu prospettata dal folclorista
statunitense Charles Godfrey Leland (1824-1903).
Per quest'uomo ricco e coltissimo, nato e cresciuto in una città raffi-
nata come Philadelphia, l'approccio con la magia popolare italiana fu
come la scoperta di un mondo perduto.




Leland raccolse una grande quantità di testimonianze della Toscana
e dell'Appennino tosco-romagnolo, le fece tradurre dal dialetto all'-
italiano, le volse in inglese, le riordinò e compose tre opere.
Nella prima, 'Etruscan Roman Remains in Popular Tradition', stam-
pata nel 1892, affermava:




C'è nel Nord Italia una zona montagnosa conosciuta come la
Romagna Toscana, i cui abitanti parlano una forma grezza
di dialetto bolognese....
Per intenderci, la regione di cui parlo si può descrivere co-
me quella tra Forlì e Ravenna. Tra questa gente la streghe-
ria o stregoneria - o, come ho udito chiamarla, 'la vecchia
religione' - esiste ad un grado tale che molti italiani ne ri-
marrebbero stupiti. 
Questa stregheria, o vecchia religione, è qualcosa di più 
della magia e qualcosa di meno di una fede. Consiste nelle 
rimanenze di una mitologia di spiriti, i principali dei quali 
conservano i nomi e gli attributi degli antichi etruschi....





Il folclorista nel corso della sua ricerca, fu iniziato al culto strego-
nico della 'Romagna-Toscana' da una donna, conosciuta a Firenze
nel 1886, che si guadagnava da vivere facendo la cartomante e la
chiromante e che egli indicò sempre con lo pseudonimo di Madda-
lena.




Sulla base di una lettera, scritta e firmata dalla donna con una gra-
fia molto incerta, c'è chi ipotizza che il suo cognome fosse Talenti,
altri pensano che fosse Taluti o Taiuti.
Comunque sia, la fonte primaria delle informazioni di Leland fu....
Maddalena, che occasionalmente gli fece conoscere altre streghe,
tra le quali una certa Marietta.
A un certo punto Leland si insospettì, tanto che in una lettera del
23 giugno 1889 e una del 28 dello stesso mese, scrisse che Madda-
lena e Marietta avrebbero potuto essersi inventate dei versi magi-
ci facendoli passare come qualcosa di antico (in realtà sappiamo di
certo che erano due cirlatane...).




Forse espose a Maddalena i suoi dubbi e ottenne ampie rassicura-
zioni, dato che in una successiva lettera, scritta nel gennaio del 1891,
annotava:

Maddalena fu regolarmente addestrata (.....) come una strega.
Ha detto l'altro giorno che non si può mai arrivare alla fine di
questa stregheria, o stregoneria. 
La sua memoria sembra essere inesauribile (tanto è vero che 
non riusciamo a comprendere l'origine o il pozzo della sua...
scienza segreta.....).
Fa parte della formazione di una strega imparare incantesimi
senza fine, e questi sono sicuro che sono di origine estrusca...
Maddalena mi ha scritto lei stessa circa 200 brevi messaggi
di questo folklore, incantesimi e storie.....(compresi scanna-
menti e vari altri accidenti....).




Certo, una prima perplessità viene dal fatto che le formule magiche
riportate in entrambe le opere di Leland (Etruscan Roman Remains,
e Legends of Florance) non hanno alcuna corrispondenza con le tra-
dizioni raccolte nella stessa epoca, e nessuna attinenza storica circa
i consueti argomenti riguardanti il paganesimo, neppure alcuna corri-
spondenza con il folclore locale.
Ma è soprattutto la struttura delle brevi formule a lasciare perplessi:
sono troppo ripetitive e simili l'una all'altra per poter provenire da
aree culturali tanto diverse come le campagne toscane e le colline
romagnole...... 
(Prosegue...)  













lunedì 17 giugno 2013

LA 'TESTA' DELL' UOMO ELEFANTE













Prosegue in:

la testa dell'Uomo Elefante (2)











Il dottor Treves mise per iscritto, dopo molti anni, i suoi ricordi
sull'Uomo Elefante, sembra fosse interessato non solo a presen-
tare la propria testimonianza in nome del culto vittoriano del sen-
timentalismo, ma a rispondere a certe accuse rivoltegli in occasio-
ne della morte di Merrick.
E' difficile capire in che cosa consistessero con precisione queste
accuse dal circospetto 'Rapporto dell'inchiesta del coroner' appar-
so sul Times il 16 aprile 1890.




'Il coroner ha detto che il defunto era stato presentato al pubblico
come curiosità e che, quando è sopravvenuta la sua morte, si è
deciso per ragioni prudenziali di svolgere questa inchiesta'.
Fu presumibile per proteggere Merrick dai suoi sfruttatori che Tre-
ves lo fece ricoverare nell'ospedale di Londra e che il dottor F.C.
Carr Gomm, direttore di questa istituzione, raccolse con una sot-
toscrizione pubblica una somma sufficiente a farvelo rimanere.




Tuttavia venne esibito anche in seguito, con la supervisione del
dottor Treves, in vari congressi medici e costretto a mostrare le
proprie 'nudità' per amore della scienza e del progresso, come a-
veva fatto sapere in precedenza per il profitto del suo impresario.
Comunque, poiché il coroner stabilì che era morto nel proprio
letto per cause naturali, l'unico tribunale che avrebbe potuto con-
testare il comportamento di Treves era la sua stessa coscienza.
Ma anche davanti a un giudice così spietato, egli avrebbe potuto
invocare come circostanza attenuante il fatto che i rapporti da
lui preparati per questi congressi sono la sola testimonianza at-
tendibile a nostra disposizione di quello che era l'aspetto dell'Uo-
mo ..... Elefante nei suoi ultimi giorni.....




Sono redatti nel linguaggio neutro della 'teratologia' e di conse-
guenza non è facile capire basandosi soltanto su di essi, che cosa
avesse fatto di Merrick la meraviglia della sua epoca (visto che an-
che il dottor Treves in fin dei conti adoperò, come precedentemen-
te altri, il povero Uomo Elefante...): 'alcune esostosi congenite del
cranio; abbondanti escrescenze papillomatose e grandi masse pen-
dule con riferimento alla pelle (colore, origine, gen...), grande allar-
gamento dell'arto superiore destro, interessante tutte le ossa'.




A un certo punto, tuttavia, Treves si interrompe per spiegare l'ori-
gine del nome (forse è più corretto dire.. dei nomi...) mitologico
di Merrick: 'Per la massiva deformazione del capo e per le ampie
aree coperte da escrescenze papillomatose, il paziente è stato chia-
mato 'l'Uomo Elefante'; e più avanti ci conferma che 'Merrick attri-
buiva la propria condizione a uno choc subito dalla madre quando,
(un lontano 11 settembre, ma forse ancor prima...) poco prima che
lui nascesse, venne buttata a terra da uno elefante in un circo'.




Era in quella maniera che Merrick poteva affrontare ciò che altri-
menti gli sarebbe parso mostruosamente inspiegabile; come parla-
re di 'esostosi congenite' e di 'escrescenze papillomatose' era la
soluzione data dal dottore al medesimo problema.
Ma il loro linguaggio antimitologico non dà idea dell'attrazione e
insieme della ripugnanza suscitata dal suo aspetto, l'aspetto per in-
tenderci dell'Uomo Elefante, che gli rendeva impossibile uscire per
strada senza essere circondato dalla folla (e senza neppur impedire
che la stessa folla da baraccone, divenisse la nuova ed inaspettata
ricchezza....del dottor...).




In questo senso non ci aiutano molto nemmeno le diagnosi succes-
sive che definirono la sua malattia congenita 'iperostosi generalizza-
ta con pachidermia' o 'neorofibramatosi multipla' (tumori sparsi nei
nervi ed ovunque dal cranio alla pelle).
Ma nel suo ultimo saggio su questa 'delicato' tema, destinato al let-
tore generico (ricordiamo che il dottor Treves gode di cospicue sov-
venzioni dall'ospedale cui dipende, nonché dallo Stato stesso..., ra-
gione per cui il saggio destinato ad un volgo inesperto tendeva a tra-
scurare molti più particolari, di quanto in realtà il bravo dottore vole-
va svelare....).
Comunque il dottor Treves enuncia l'Uomo Elefante in questi termi-
ni:




"La sua caratteristica più impressionante è la testa enorme e defor-
me. Dalla fronte sporgeva una grande massa ossea simile a una pa-
gnotta, mentre dalla nuca penzolava un sacchetto di pelle spugnosa
con l'aspetto di un fungo, la cui superficie ricordava un cavolfiore
bruno.... L'escrescenza ossea sulla fronte gli occludeva quasi com-
pletamente un occhio.  La circonferenza del capo non era inferiore
a quella media della vita di un uomo. Dalla mascella superiore spor-
geva un'altra massa ossea. Usciva dalla bocca come un moncherino
rosa, rovesciando il labbro superiore e riducendo la bocca stessa a
una mera apertura sbavante.... Il viso non era più espressivo di un
blocco di legno nodoso....".
(Prosegue....)









giovedì 6 giugno 2013

UN ALTRO OMICIDIO (un giorno da ricordare 5/6/1968)


































Precedenti capitoli (per Bobby...):

negli occhi la stessa paura

vogliamo un mondo più nuovo

dal Sals River Launge al Bartolo's Restaurant....

ai Profeti.....

si spara.....

Prosegue in:

un altro omicidio (un giorno da ricordare: 5/6/1968) (2)













Le primarie si svolsero in una giornata grigia, sotto una cappa di smog;
Kennedy la trascorse rilassandosi nella casa del regista John Franken-
heimer sulla spiaggia di Malibu.
In un'intervista concessa quella mattina al giornalista dell'Associated
Press Saul Pett disse:
- Se qualcuno volesse sparare al presidente degli Stati Uniti, non sareb-
be un'impresa molto difficile. Non deve fare altro che nascondersi in
un edificio con una carabina munita di mirino telescopico e nessuno sa-
rà in grado di difenderti.




Il mare era molto mosso, ma Kennedy entrava e usciva dalle onde in-
sieme ai suoi figli ed al suo fedele cane. Un'onda particolarmente gran-
de investì lui e David, il figlio dodicenne.
Quando emersero dall'acqua stringeva la mano del figlio e aveva una
escoriazione sulla fronte.
Nel corso del pomeriggio apprese che i primi exit poll della Cbs in
California lo davano in vantaggio su McCarthy di sette punti.
A Theodore White disse che se fosse riuscito a conquistare la Cali-
fornia urbana e il South Dakota rurale nello stesso giorno avrebbe con-
quistato i boss democratici.




Richard Goodwin passò a casa di Frankenheimer e guardando attra-
verso la porta a vetri che dava sul patio scorse la sagoma di Kennedy
accanto alla piscina: si era disteso su due seggiole vicine, e la testa pie-
gata di lato inerte.
Per un breve istante Goodwin pensò che fosse morto.
Quando si rese conto che stava soltanto dormendo, pensò:
- Dio mio, immagino che nessuno di noi riuscirà mai a superare il trau-
ma di John Kennedy.




Bobby decise di non andare al solito party di fine elezione in qualche
sala da ballo stipata di sostenitori, con suite rigurgitanti di amici e uo-
mini dello staff e frotte di persone desiderose di parlare, congratular-
si o almeno stare nella stessa stanza con lui.
Dopo mesi in cui si era reso sempre disponibile agli amici, ma anche
agli sconosciuti, desiderava trascorrere la serata più importante della
sua carriera politica a Malibu seguendo i risultati delle elezioni alla
televisione, insieme ai familiari e agli amici più intimi.




Ordinò che fossero portati altri schermi a casa di Frankenheimer, ma
le reti televisive protestarono vivacemente perché avevano già inviato
all'Ambassador Hotel le troupe al completo.
Kennedy alla fine cedette e, dopo avere cenato presto, si fece accom-
pagnare all'hotel da Frankenheimer. Erano in ritardo e incoraggiò l'ami-
co a premere sull'acceleratore.
Ma dopo che mancarono l'uscita giusta in autostrada disse:
- Prenditela con calma, John. La vita è troppo breve.




Le ultime cinque ore della vita cosciente di Kennedy, tra l'arrivo all'-
Ambassador alle 19.15 e le 00.16, quando gli spararono in un corri-
doio vicino alla dispensa, furono anche un momento di svolta della
sua campagna: allora, infatti, persino i giornalisti e i collaboratori più
scettici cominciarono a credere che potesse conquistare la nomina.
Passò la maggior parte di queste cinque ore nella Royal Suite, al quin-
to piano dell'albergo, un appartamento spazioso con un lungo corri-
doio, un salotto e due camere da letto.




Il suo staff aveva affittato una seconda camera proprio di fronte alla
suite, ma la sindrome dell''esserci a tutti i costi' fece sì che sostenito-
ri, collaboratori, celebrità, giornalisti e amici si stipassero nella Royal
Suite e aggiungendo altro rumore all'esagerato frastuono, conversa-
zioni gridate e televisori con il volume al massimo.
Robert era sempre terrorizzato che davanti alla sua camera, come
proprio nello stesso albergo ci fossero gli stessi oscuri personaggi,
i burattini che massacrarono suo fratello su ordine della C.I.A.....




Kennedy andava avanti e indietro tra il salotto e le camere da letto,
seguendo le notizie alla televisione e rilasciando interviste informa-
li.
Gli stavano tutti alle calcagna, con continue domande e consigli:
volevano prendersi qualcosa di lui, come le folle ai comizi.
Pochi minuti dopo l'arrivo, ricevette una telefonata da parte di Bill
Daugherty, che si trovava in un albergo a Sioux South Dakota, in-
sieme ad alcune delle persone che avevano lavorato per la campa-
gna in quello stato.




Daugherty lo informava sulla sicurezza personale, e lo informò che
i risultati parziali lo mostravano in testa con più del 50% (il conteg-
gio definitivo lo avrebbe collocato al 50%, seguito dal binomio
Johnson-Humphery con il 30%, e da McCarthy con il 20%).
Si trattava di una disfatta clamorosa per Humphrey, che si era im-
pegnato in vari tour nello stato ben pubblicizzati, tenendo persino
un discorso alla cerimonia di consegna dei diplomi presso la scuo-
la secondaria che un tempo aveva frequentato.




I suoi sostenitori avevano condotto una costosa campagna pubbli-
citaria invitando gli elettori del South Dakota a mandare uno dei
loro alla Casa Bianca, votando per un elenco di delegati che - seb-
bene indicati sulla scheda come impegnati a votare Johnson - ave-
vano dichiarato che avrebbero scelto Humphrey alla Convetion.
Il numero dei votanti era il più alto mai registrato nel South Dakota
in un'elezione primaria presidenziale.
Il giorno successivo il 'Rapid City Journal', un quotidiano conserva-
tore, dichiarò che nonostante la 'battaglia serrata' combattuta dalla
gente di Humphrey, Kennedy aveva riportato un 'trionfo strepitoso'
contraddistinto da 'vittorie schiaccianti'.........
(Prosegue)












mercoledì 5 giugno 2013

L' OMICIDIO (7)














Precedente capitolo:

Alcatraz Island (6)

Prosegue in:

l'omicidio (8)











- Uccidi l'animale, uccidilo, uccidilo.....
ripeteva lamentandosi...
Stroud bagnò le ammaccatture, e le spruzzò con whisky.
- E' stato Carletto?
Kitty annuì con il capo.
- Mi prese il medaglione con il ritratto di mia figlia. Disse
che lo terrà finché io non vado a stare con lui.
Alla luce scialba della lampada fumigante, essa non poté rile-
vare l'atteggiamento del viso del suo corteggiatore. Poi udì
un cassetto che si apriva; si mise a sedere brancolante e vi-
de Stroud che esaminava accuratamente un vecchio revolver,
che essa aveva....




Il viso di Stroud era calmo e pallido.
Mandò avanti con sicurezza la canna, vide che l'arma era
vuota, e frugò di nuovo nel cassetto...
- No!
Kitty piangeva, agitandosi dal letto e cercando di fissarlo
con i suoi occhi.
- Non intendevo questo, no, non ritornare là, egli ti ucciderà!
Stroud rimise l'arma nel cassetto, lo chiuse fortemente, le si
sedette vicino accarezzandole i capelli, e aspettava che l'whi-
sky agisse.
Stroud può avere pensato alle scene della sua fanciullezza,
ai suoi racconti delle percosse fatti da Elisabetta, e l'odio per
le punizioni fisiche si ridestò nuovamente in lui.




Quando la respirazione di Kitty sembrò regolare, Stroud strin-
se la sua protetta e la baciò.
Fu l'ultimo bacio della sua vita di amante.
Dopo dieci minuti, il commesso del negozio di Jorgenson, ri-
spondeva a Stroud che non si vendevano cinque pallottole,
ed egli ne comprò una scatola.
Alle 18.30, Carletto era di ritorno alla sua villetta, e andava
brancolando nell'oscurità.
Accese con un fiammifero la lampada, e la luce si rifletté su
Stroud che stava seduto in un angolo, con il cappello in testa.




Stroud si alzò poiché la luce della lampada si rifletteva tremo-
lante sulla sua faccia. Carletto lo osservò ed il sorriso gli scom-
parve.
- Sei stato tu a colpire Kitty?
Le lunghe braccia di Stroud si abbassarono lentamente, ed il
suo pesante soprabito pendeva aperto....
Carletto fissava il giovane esile, dal viso pallido e con l'assur-
do cappello bianco in testa. Egli stava misurando con l'occhio
la distanza tra la tavola coperta di tela incerata e l'angolo.....
(Prosegue....)