CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

giovedì 6 giugno 2013

UN ALTRO OMICIDIO (un giorno da ricordare 5/6/1968)


































Precedenti capitoli (per Bobby...):

negli occhi la stessa paura

vogliamo un mondo più nuovo

dal Sals River Launge al Bartolo's Restaurant....

ai Profeti.....

si spara.....

Prosegue in:

un altro omicidio (un giorno da ricordare: 5/6/1968) (2)













Le primarie si svolsero in una giornata grigia, sotto una cappa di smog;
Kennedy la trascorse rilassandosi nella casa del regista John Franken-
heimer sulla spiaggia di Malibu.
In un'intervista concessa quella mattina al giornalista dell'Associated
Press Saul Pett disse:
- Se qualcuno volesse sparare al presidente degli Stati Uniti, non sareb-
be un'impresa molto difficile. Non deve fare altro che nascondersi in
un edificio con una carabina munita di mirino telescopico e nessuno sa-
rà in grado di difenderti.




Il mare era molto mosso, ma Kennedy entrava e usciva dalle onde in-
sieme ai suoi figli ed al suo fedele cane. Un'onda particolarmente gran-
de investì lui e David, il figlio dodicenne.
Quando emersero dall'acqua stringeva la mano del figlio e aveva una
escoriazione sulla fronte.
Nel corso del pomeriggio apprese che i primi exit poll della Cbs in
California lo davano in vantaggio su McCarthy di sette punti.
A Theodore White disse che se fosse riuscito a conquistare la Cali-
fornia urbana e il South Dakota rurale nello stesso giorno avrebbe con-
quistato i boss democratici.




Richard Goodwin passò a casa di Frankenheimer e guardando attra-
verso la porta a vetri che dava sul patio scorse la sagoma di Kennedy
accanto alla piscina: si era disteso su due seggiole vicine, e la testa pie-
gata di lato inerte.
Per un breve istante Goodwin pensò che fosse morto.
Quando si rese conto che stava soltanto dormendo, pensò:
- Dio mio, immagino che nessuno di noi riuscirà mai a superare il trau-
ma di John Kennedy.




Bobby decise di non andare al solito party di fine elezione in qualche
sala da ballo stipata di sostenitori, con suite rigurgitanti di amici e uo-
mini dello staff e frotte di persone desiderose di parlare, congratular-
si o almeno stare nella stessa stanza con lui.
Dopo mesi in cui si era reso sempre disponibile agli amici, ma anche
agli sconosciuti, desiderava trascorrere la serata più importante della
sua carriera politica a Malibu seguendo i risultati delle elezioni alla
televisione, insieme ai familiari e agli amici più intimi.




Ordinò che fossero portati altri schermi a casa di Frankenheimer, ma
le reti televisive protestarono vivacemente perché avevano già inviato
all'Ambassador Hotel le troupe al completo.
Kennedy alla fine cedette e, dopo avere cenato presto, si fece accom-
pagnare all'hotel da Frankenheimer. Erano in ritardo e incoraggiò l'ami-
co a premere sull'acceleratore.
Ma dopo che mancarono l'uscita giusta in autostrada disse:
- Prenditela con calma, John. La vita è troppo breve.




Le ultime cinque ore della vita cosciente di Kennedy, tra l'arrivo all'-
Ambassador alle 19.15 e le 00.16, quando gli spararono in un corri-
doio vicino alla dispensa, furono anche un momento di svolta della
sua campagna: allora, infatti, persino i giornalisti e i collaboratori più
scettici cominciarono a credere che potesse conquistare la nomina.
Passò la maggior parte di queste cinque ore nella Royal Suite, al quin-
to piano dell'albergo, un appartamento spazioso con un lungo corri-
doio, un salotto e due camere da letto.




Il suo staff aveva affittato una seconda camera proprio di fronte alla
suite, ma la sindrome dell''esserci a tutti i costi' fece sì che sostenito-
ri, collaboratori, celebrità, giornalisti e amici si stipassero nella Royal
Suite e aggiungendo altro rumore all'esagerato frastuono, conversa-
zioni gridate e televisori con il volume al massimo.
Robert era sempre terrorizzato che davanti alla sua camera, come
proprio nello stesso albergo ci fossero gli stessi oscuri personaggi,
i burattini che massacrarono suo fratello su ordine della C.I.A.....




Kennedy andava avanti e indietro tra il salotto e le camere da letto,
seguendo le notizie alla televisione e rilasciando interviste informa-
li.
Gli stavano tutti alle calcagna, con continue domande e consigli:
volevano prendersi qualcosa di lui, come le folle ai comizi.
Pochi minuti dopo l'arrivo, ricevette una telefonata da parte di Bill
Daugherty, che si trovava in un albergo a Sioux South Dakota, in-
sieme ad alcune delle persone che avevano lavorato per la campa-
gna in quello stato.




Daugherty lo informava sulla sicurezza personale, e lo informò che
i risultati parziali lo mostravano in testa con più del 50% (il conteg-
gio definitivo lo avrebbe collocato al 50%, seguito dal binomio
Johnson-Humphery con il 30%, e da McCarthy con il 20%).
Si trattava di una disfatta clamorosa per Humphrey, che si era im-
pegnato in vari tour nello stato ben pubblicizzati, tenendo persino
un discorso alla cerimonia di consegna dei diplomi presso la scuo-
la secondaria che un tempo aveva frequentato.




I suoi sostenitori avevano condotto una costosa campagna pubbli-
citaria invitando gli elettori del South Dakota a mandare uno dei
loro alla Casa Bianca, votando per un elenco di delegati che - seb-
bene indicati sulla scheda come impegnati a votare Johnson - ave-
vano dichiarato che avrebbero scelto Humphrey alla Convetion.
Il numero dei votanti era il più alto mai registrato nel South Dakota
in un'elezione primaria presidenziale.
Il giorno successivo il 'Rapid City Journal', un quotidiano conserva-
tore, dichiarò che nonostante la 'battaglia serrata' combattuta dalla
gente di Humphrey, Kennedy aveva riportato un 'trionfo strepitoso'
contraddistinto da 'vittorie schiaccianti'.........
(Prosegue)












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