CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

giovedì 29 marzo 2012

LO SCIAMANO INCONTRA IL VEGGENTE
















EMANUEL SWEDENBORG  (29/01/1688-29/03/1772)



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da Dio a Dio (2) &

gni individuo che non vive poeticamente e uno stupido

Prosegue in:

Sogni di un visionario











Si crede generalmente che coloro che sono nati fuori dalla chiesa e che vengono
chiamati pagani, non possono essere salvati, perché non hanno la Scrittura e non
conoscono il Signore, senza il quale non esiste salvezza.
Tuttavia è dato che anch'essi sono salvati dalla misericordia del Signore che è Uni-
versale, cioè si esercita nei confronti di ogni uomo.
I pagani nascono uomini, esattamente come coloro che sono dentro la Chiesa;
sono anche più numerosi e non è colpa loro se non conoscono il Signore.
Chiunque pensi con buon senso, si rende conto che l'uomo non è nato per l'inferno,
perché il Signore è l'amore personificato e il suo amore vuole salvare tutti gli uomini.



















Ha anche provveduto a far sì che tutti abbiano una religione e attraverso questa una
conoscenza del divino e una vita interiore; infatti vivere secondo le credenze religio-
se è vivere interiormente.
Il punto primo e più importante di tutte le religioni è riconoscere il divino, e una reli-
gione che non riconosca questo non è una religione.
I precetti di tutte le religioni riguardano il culto, cioè il modo in cui il divino deve
essere adorato affinché l'uomo possa essere da lui accettato.
Come i cristiani, anche i pagani hanno una vita morale, a volte migliore di quella dei
cristiani.
L'uomo la cui vita morale è improntata a principi spirituali ha il Cielo in sé.
I pagani anche se non sono nel vero nella loro vita del mondo, ne sono comunque
informati nell'altra vita sulla base dell'amore.
































Ho capito da numerosi esempi che i pagani sono accettati nell'altra vita quando sul-
la terra hanno avuto una vita morale, sono stati obbedienti e subordinati, sono vissuti
nella carità reciproca secondo la loro religiosità e hanno avuto una coscienza.
Gli angeli li istruiscono nel vero e nel bene della fede con un'attenzione particolare.
Durante questa istruzione essi si comportano con modestia, intelligenza e saggezza,
e ricevono facilmente la verità e se compenetrano.
Essi non hanno in sé alcun principio sbagliato che occorra distruggere né alcuna idea
scandalosa contro il Signore, come avviene invece a numerosi cristiani che pensano
che il Signore sia un uomo qualunque.




























 



Quando i pagani apprendono che il Signore si è fatto uomo e si è manifestato al
mondo, lo riconoscono subito e lo adorano perché è il Dio del Cielo e della Terra
e il genere umano gli appartiene.
Nell'universo c'è un gran numero di terre abitate. Solo alcuni dei loro abitanti san-
no che il Signore ha rivelato il corpo umano su questa nostra Terra, ma dato che
essi adorano il divino, sono subito accettati dal Signore.
(E. Swedenborg, Cielo e Inferno)













martedì 27 marzo 2012

L'ORIGINE DELL'UMANITA'












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Le cosmogonie vediche, indù e persiane ci riferiscono che, già nei tempi mitici,
dèi e demoni, conoscendo la potenza del sacrificio sonoro, si batterono con
accanimento per il possesso di quella forza.
In certe occasioni non esitarono persino a farne cattivo uso.
La offuscarono con la menzogna.
Il 'Tandya Maha Brahmana' riferisce che, a causa di quella insostenibile situazione,
la Parola un giorno sfuggì parzialmente agli dèi e andò a stabilirsi nelle acque e ne-
gli alberi, nelle cetre e nei tamburi.


















La 'Chandogya Upanisad' espone gli stessi fatti in modo più filosofico.
Narra che il mondo fu generato dalla sillaba OM, che costituisce l'esssenza del
'saman' (canto) e del soffio. Elenca poi le differenti tappe che segnano la progres-
siva materializzazione del mondo: il 'saman' è l'essenza del metro poetico, il metro
del linguaggio, il linguaggio è l'essenza dell'uomo, l'uomo è l'essenza delle piante,
le piante sono l'essenza dell'acqua e l'acqua è l'essenza della terra.


























Secondo il trattato 'Il fruscio dell'ala di Gabriele' di Shihaboddin Yahya Sohrawar-
di, Dio possiede alcune parole maggiori che fanno parte delle parole luminose e-
mananti dal fulgore del suo volto.
Dall'irraggiamento di quelle parole procede tutta la creazione.
L'ultima di queste parole si manifesta nel fruscio delle ali di Gabriele: quella destra
è la luce pura e assoluta, ed è in rapporto soltanto con Dio; dall'ala sinistra, sulla
quale si stende una impronta tenebrosa, proviene il nostro mondo di miraggio e il-
lusione.
Il mondo non è altro che un'eco o un'ombra di quest'ala.
Secondo i Dogon (Africa), il signore della parola ha preso una parte della propria
parola e l'ha introdotta nella pietra, la materia più antica del mondo. Ciò significa
che al momento della creazione del mondo fisico una parte della forza del sacrificio
sonoro si rivestì di materia.



















In quello stesso momento comincia la già parziale decadenza del mondo acustico,
poiché le 'immagini' materiali (gli oggetti) elaborate durante questa seconda fase del-
la creazione non sono più che riflessi delle antiche immagini acustiche.
Sebbene un gran numero di quelle immagini materializzate siano ormai prive di ogni
sorta di voce, tutti gli esseri e tutti gli oggetti rivestiti di materia continuano tuttavia
a racchiudere una certa quantità della propria sostanza acustica originale.
Tale sostanza si manifesta nella loro voce, o nel suono che da loro si può trarre, o
semplicemente nel nome che portano. Si costituisce così, fra l'uomo e l'oggetto più
inanimato e muto, tutta una gerarchia di valori, stabiliti secondo il grado o l'intensità
con la quale ogni essere, o ogni oggetto, è capace di realizzare la sostanza della pro-
pria materia.
A seguito di questa evoluzione provocata dal demiurgo gli uomini persero i loro
corpi sonori, luminosi e trasparenti, e cessarono di librarsi nell'aria.



















Divennero pesanti e opachi e, allorché cominciarono a mangiare i prodotti della
terra, la loro natura acustica si attutì a tal punto che rimase soltanto la voce.
Anche la tradizione brahmanica riferisce che, ormai persino il loro linguaggio non
racchiudeva più che un quarto della parlata originale, avendo gli animali ereditato
ciò che restava.
Per attuare questa materializzazione del mondo acustico, fu necessaria la collabo-
razione di tutta una gerarchia di dèi, di demiurghi e di spiriti, i quali si trasmisero
di bocca e di grado in grado le loro forze sonore, al fine di tessere il velo di 'maya'
offuscando il suono-sostanza con la materia.


























All'inizio della creazione, il grande Morto enunciò un dio cui diede l'incarico di crea-
re (per mezzo di un grido, del vento o del tuono) un mondo di suoni e di luce.
Questo dio agiva dunque senza entrare in contatto con oggetti materali.
Per dare origine alla materia, egli si associò con il 'transformer', signore della mate-
ria.
Secondo alcune tradizioni dell'Asia settentrionale, fu la voce rauca di questo demiurgo
a formare le montagne, i baratri e le valli. Ma il suo aiuto non era certo disinterassato.
Il demiurgo è un dio ingordo e antropofago, che cerca di possedere gli uomini..........
(M. Schneider, La musica primitiva)












sabato 24 marzo 2012

IL DOGMA










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paginedistoria.myblog.it/archive/2012/03/24/il-dogma-2.html






....Il razionale, in effetti, non è altro che il relazionale; la ragione si limita a porre
in relazione elementi irrazionali.
La matematica è l'unica scienza perfetta in quanto somma, sottrae, moltiplica e
divide numeri, ma non cose reali e concrete; in quanto è la più formale delle
scienze.
Chi è in grado di estrarre la radice cubica di questo frassino?
E pertanto abbiamo bisogno della logica, di questo potere terribile, per trasmet-
tere pensieri e percezioni, e persino per pensare e percepire, giacché pensiamo
per mezzo di parole, percepiamo per mezzo di forme. Pensare è parlare con se
stessi, e il linguaggio è sociale, e sociali sono il pensiero e la logica.
Ma non hanno forse un contenuto, una materia individuale, incomunicabile e in-
traducibile?
E non sta in questo la loro forza?
Di fatto accade che l'uomo, prigioniero della logica, senza la quale non pensa,
ha voluto sempre porla al servizio delle proprie aspirazioni, e soprattutto della
sua aspirazione fondamentale. Si volle sempre, e soprattutto nel 'Medioevo',
porre la logica al servizio della teologia e della giurisprudenza, entrambe fonda-
te su ciò che l'autorità aveva stabilito.




La logica si pose solo molto più tardi il problema della conoscenza, della validi-
tà di se stessa, l'esame dei fondamenti metodologici. 'La teologia occidentale -
è essenzialmente logica nella sua forma e si fonda sulla legge; quella orientale è
retorica nella forma e si fonda sulla filosofia.
Il teologo latino è l'erede dell'avvocato romano, il teologo orientale del sofista
greco'. E tutte le elucubrazioni che si presumono razionali o logiche a sostegno
del nostro desiderio di immortalità, non sono altro che cavilli e ragionamenti so-
fistici. E' tipico e caratteristico di un modo di fare avvocatesco, infatti, porre la
logica al servizio di una tesi da difendere, mentre il metodo rigorosamente razio-
nale e scientifico parte dai fatti, dai dati che la realtà ci offre, per giungere o
meno a una conclusione.




















L'importante è impostare correttamente il problema, per cui il progresso con-
siste, non di rado, nel disfare ciò che è stato fatto. Il ragionamento cavilloso
presuppone una petizione di principio, e tutti i suoi argomenti sono 'ad pro-
bandum'. E la teologia che si presuppone razionale altro non è che un ragio-
namento cavilloso.
La teologia parte dal 'dogma', e il 'dogma', nel suo significato originario e più
diretto, significa decreto, ed è avvicinabile al latino 'placitum', ossia ciò che
dall'autorità legislativa è ritenuto conforme alla legge.
Su questo concetto giuridico si fonda la 'teologia'.
Per il teologo, come per l'avvocato, il dogma, la legge, è qualcosa di dato,
un punto di partenza che non si mette in discussione, se non per quanto ri-
guarda la sua applicazione e il suo esatto significato. E deriva da questo il
fatto che lo spirito del teologico o giuridico sia nel suo principio dogmatico,
mentre lo spirito strettamente scientifico, puramente razionale, è scettico,
cioè investigativo.


















E ribadisco nel suo principio, poiché l'altro significato del termine scetticismo,
quello oggi più corrente, di un sistema di dubbi, di diffidenza e di incertezza,
deriva dall'uso teologico o avvocatesco della ragione, dall'abuso del dogma-
tismo. Il voler applicare la legge d'autorità, il 'placitum', il 'dogma', a diverse
ed a volte contrapposte necessità pratiche, è ciò che ha ingenerato lo scetti-
scismo dubitativo.
E' l'avvocatura o, che è lo stesso, la teologia che insegna a diffidare della ra-
gione e non la vera scienza, la scienza investigativa, scettica nel senso origina-
rio e diretto del termine, che non si indirizza verso una soluzione già prevista
e procede soltanto a verificare un'ipotesi.
(M. De Unamuno, Del sentimento tragico della vita)











venerdì 23 marzo 2012

UN DIVERSO PUNTO DI VISTA (2)


Precedente capitolo:


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Il vero peccato, forse il peccato contro lo Spirito Santo, per il quale non esiste
remissione, è il peccato di 'eresia', cioè il fatto di pensare autonomamente.
Si è già sentito dire qui, nella Spagna, che essere liberale, vale a dire 'eretico',
è peggio che essere assassino, ladro o adultero.
Il peccato più grave è non obbedire alla Chiesa, la cui infallibilità ci difende dal-
la ragione. E perché ci deve scandalizzare l'infallibilità di un uomo, del Papa?
Che differenza esiste tra l'infallibilità di un libro: la Bibbia, di una società: la
Chiesa, di un solo uomo?
Cambia per questo la difficoltà razionale e sostanziale?
E non essendo dunque più razionale l'infallibilità di un libro o di una società ris-
petto a quella di un solo uomo, bisognava affermare questo supremo scandalo
per il razionalismo.
E' il vitale che si afferma, e per affermarsi crea - servendosi del razionale, suo
nemico - tutta una costruzione dogmatica, e la Chiesa la difende contro il razio-
nalismo, contro il protestantesimo e contro il modernismo.
Difende la vita.
Contrastò Galileo, e fece bene, giacché la sua scoperta, inizialmente, e sin quando
non fu armonizzata nell'economia delle conoscenze umane, tendeva ad infrangere
la credenza antropocentrica secondo la quale l'universo è stato creato per l'uomo;
si oppose a Darwin, e fece bene, giacché il darwinismo tende a infrangere la nostra
credenza che l'uomo è un animale singolare, creato espressamente per essere reso
eterno. E infine Pio IX, il primo pontefice creato e dichiarato infallibile, dichiarò
la propria irreconciliabilità con la cosiddetta civiltà moderna.
E fece bene.
Loisy, l'ex abate cattolico, scrisse:

Dico semplicemente che la Chiesa e la teologia non hanno favorito il progresso
scientifico, e che piuttosto l'hanno ostacolato, per quanto era in loro potere, in
particolari situazioni decisive; dico, soprattutto, che l'insegnamento cattolico non
si è associato né adattato a tale movimento. La teologia si è comportata, e tutto-
ra si comporta, come se possedesse in se stessa una scienza della Natura e una 
scienza della Storia con una filosofia generale intorno ad esse risultante dalla loro
conoscenza scientifica. Si direbbe che il campo di applicazione della teologia e
quello della scienza, distinti in via di principio e anche per definizione del Concilio
Vaticano, non debbano esserlo nella pratica. Tutto, più o meno, si svolge come
se la teologia non avesse niente da apprendere dalla scienza moderna, naturale 
o storica, e come se avesse attitudine o diritto di esercitare autonomamente un
controllo diretto e assoluto su tutto il lavoro dello spirito umano.

E così deve essere, e così avviene nella lotta contro il modernismo di cui Loisy
fu dottore e condottiero.
La lotta recente contro il modernismo kantiano e fideista è una lotta per la vita.
Può forse la vita, la vita che insegue la certezza della sopravvivenza, tollerare che
un tale Loisy, sacerdote cattolico, affermi che la resurrezione del Salvatore non è
un fatto di natura storica dimostrabile e dimostrato dalla sola testimonianza della
storia?
Leggete, d'altra parte, nell'eccellente opera di E. Le Roy, 'Dogme et Critique', la
sua esposizione del dogma centrale, quello della resurrezione di Gesù, e ditemi se
resta qualcos'altro di valido su cui fondare la nostra speranza.
Non si accorgono che qui è in gioco non tanto la vita immortale del Cristo, ridot-
ta forse a una sopravvivenza nella coscienza collettiva cristiana, quanto la garanzia
della nostra resurrezione personale, sia in anima che in corpo?
Questa nuova apologetica psicologica fa appello al miracolo morale, e noi, come
gli ebrei, chiediamo dei segni, qualcosa che si possa afferrare con tutte le potenze
dell'anima e con tutti i sensi del corpo. E se possibile, con le mani e i piedi e la boc-
ca.
Ma ahimè, non li otteniamo; la ragione attacca, e la fede, che senza di essa vacilla,
deve scendere a patti......E così nascono le tragiche contraddizioni e le lacera-
zioni della coscienza......
(M. De Unamuno, Del sentimento tragico della vita)








UN DIVERSO PUNTO DI VISTA


Capitoli precedenti:

http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2011/10/28/la-genesi-4.html &

http://paginedistoria.myblog.it/archive/2011/10/29/la-genesi-5.html





Rousseau nel suo 'Emilio' aveva scritto:

'Quand'anche i filosofi fossero in grado di scoprire la verità, chi di loro si
interesserebbe ad essa? Ognuno è consapevole che il proprio sistema non
ha basi migliori degli altri, ma lo sostiene perché è il suo. Non c'è un solo
filosofo che venendo a conoscenza del vero e del falso, non preferisca la
menzogna che egli stesso ha trovato alla verità scoperta da un altro. Dov'è
il filosofo che, per desiderio di gloria, non ingannerebbe di buon grado l'
intero genere umano? Dov'è colui che nel segreto del cuore si proponga
un fine diverso da quello di distinguersi? Pur di elevarsi al di sopra della
plebe, pur di offuscare il lustro dei suoi rivali, che può chiedere di più? L'-
essenziale è pensare in modo diverso dagli altri. Tra i credenti è ateo, tra
gli atei è credente'.

Quanta verità contengono nel fondo queste tristi confessioni di un uomo
così dolorosamente sincero!
La nostra lotta senza esclusione di colpi per la sopravvivenza del nome si
volge al passato così come aspira a conquistare l'avvenire; combattiamo
contro i morti, giacché sono quelli che gettano ombra sui vivi.
Proviamo invidia dei geni che sono vissuti, i cui nomi, come pietre miliari
della storia, oltrepassano i secoli.
Il cielo della fama non è molto grande, e quanti più vi entrano, meno ne
tocca a ciascuno.
I grandi nomi del passato ci rubano lo spazio, e quello che essi occupano
nella memoria degli uomini lo sottrarranno a noi che aspiriamo a occuparlo.
E così ci rivoltiamo contro di loro, e da questo deriva l'acredine con cui
tutti coloro che cercano fama nelle lettere giudicano quelli che l'hanno con-
seguita e che godono di essa.
Se la letteratura si arricchirà molto, verrà il giorno della cernita, e ognuno
temerà di rimanere impigliato nelle maglie dello staccio.
Il giovane irriverente verso i maestri nell'attaccarli, in realtà si difende; l'ico-
noclasta, o distruttore d'immagini, è uno stilista che erige se stesso a imma-
gine, a icona.
.....Che significa quell'irritazione quando riteniamo che qualcuno ci rubi una
frase, o un pensiero, o un'immagine che credevamo nostra, quando subiamo
un plagio?
Rubare?
E' forse ancora la nostra, una volta che l'abbiamo data al pubblico?
La vogliamo soltanto per noi, e viviamo più affezionati alla moneta falsa
che conserva il nostro conio non a quella d'oro puro da cui è scomparsa
la nostra effige e la nostra iscrizione.
Accade assai di frequente che il nome di uno scrittore non è pronunciato
proprio quando  esercita la maggiore influenza sul suo popolo, quando or-
mai il suo spirito si è diffuso ed è penetrato profondamente negli spiriti di
coloro che lo hanno letto, mentre era citato quando i suoi pensieri e le sue
affermazioni, essendo in contrasto con quelle in voga, necessitavano della
garanzia del nome.
Quello che è suo è ormai di tutti, ed egli vive in tutti.
....Terribile passione quella di volere che la nostra memoria, se possibile,
sopravviva all'oblio dei posteri. Da essa ha origine l'invidia a cui si deve,
secondo il racconto biblico, il delitto che ha schiuso la storia dell'umanità:
l'assassinio di Abele per mano di suo fratello Caino.
Non fu una lotta per il pane, fu una lotta per sopravvivere in Dio, nella me-
moria divina. L'invidia è mille volte più terribile della fame, perché è una fa-
me spirituale.
Quando sarà risolto quello che chiamiamo il problema della vita, il problema
del pane, la terra si trasformerà in un inferno, poiché insorgerà con maggior
vigore la lotta per la sopravvivenza.




















.....Il cristianesimo scaturì dalla fusione di due grandi processi spirituali, quel-
lo giudaico e quello ellenico, ognuno dei quali era giunto per proprio conto
al solerte anelito, se non alla precisa definizione, dell'esistenza di un'altra vi-
ta.
Tra gli ebrei, la fede in un'altra vita non fu né generale né chiara, ma verso
essa furono condotti dalla fede in un Dio personale e vivente, la cui formazio-
ne è insita in tutta la sua storia spirituale.
Jahvè, il Dio giudaico, iniziò essendo un dio in mezzo agli altri dèi, il dio del
Popolo di Israele, che si rivelò sul monte Sinai tra il fragore dei tuoni. Ma era
così geloso da esigere che si rendesse culto a lui solo, e fu attraverso il mono-
cultismo che gli ebrei giunsero al monoteismo.
Era adorato come una forza viva, non come un'entità metafisica, ed era il dio
delle battaglie. Ma questo Dio, di origine sociale e guerriera, si fece più intimo
e personale nei profeti, e divenne di conseguenza più individuale e più universa-
le.
E' Jahvè che non ama Israele in quanto suo figlio, ma che lo eleva alla dignità
di figlio in quanto lo ama.
E la fede nel Dio personale, nel Padre degli uomini porta con sé la fede nell'im-
mortalità dell'uomo individuale, che già albeggia nel fariseismo, ancor prima di
Cristo.......
(M. De Unamuno, Del sentimento tragico della vita)







      

giovedì 22 marzo 2012

UNA DIVERSA INTERPRETAZIONE


Precedenti capitoli:

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Nel XIX secolo, durante le 'Guerre Indiane', un uomo chiamato Smohalla
della tribù dei Sokulk, un piccolo gruppo di Nez Percé che viveva nei pressi
del fiume Columbia nella parte orientale dello Stato di Washington cominciò
a predicare il ritorno alla spiritualità delle origini.
Il suo messaggio attrasse molti seguaci e divenne noto come la 'Religione del
Sognatore'. Questa religione abbracciava l'idea di una Madre Terra benigna
e rifiutava la civiltà bianca europea e i suoi principi.
A quei tempi, la strategia del governo statunitense per affrontare la questione
indiana era quella di promuovere un vero e proprio genocidio culturale.
Poiché il governo di Washington riteneva che popoli seminomadi privi delle
nozioni di proprietà terriera e di confini territoriali non potessero non interferi-
re con la pace e la sicurezza dei coloni bianchi, vennero avviati dei programmi
per civilizzare le tribù indiane. Uno di questi consisteva nell'indurli a occuparsi
di agricoltura e di altri lavori tipici dei bianchi.
All'epoca in cui prosperavano le religioni antiche, quelle che chiamerò religioni
'primeve', i popoli, tra cui quelli dell'America Settentrionale, sentivano di esse-
re tutt'uno con il mondo vivente che li circondava. Costoro non pensavano di
avere una religione nel senso moderno del termine; la loro 'religione' era più
che altro un atteggiamento nei confronti del mondo e un modo di pensare e di
vivere.
Per loro, il mondo circostante era pieno di vita e di spiriti.
Dal punto di vista del nativo americano, come scrive Ruth Underhill in 'Red
Man's Religion':

'Il mondo non consisteva di materiali inanimati da utilizzare e di animali da
macellare e mangiare. Il mondo era vivo, e ogni cosa esistente poteva favo-
rirlo o danneggiarlo'.

In altre parole, il mondo intero era vivo e gli uomini si trovavano dentro quel
sistema vivente e non al di sopra. Per i nativi americani, ogni ente del mondo
che li circondava possedeva spiriti e poteri coi quali bisognava venire a patti
per garantirsi un'esistenza degna di questo nome.
Il loro era un mondo vivo, pullulante di spiriti, poteri e anime non umani.
Quali elementi fossero da considerarsi influenti era determinato dall'ambiente
e dall'ecosistema in cui un determinato popolo viveva. Nel caso di cacciato-
ri-raccoglitori di deserti, terre aride ed estremo Nord, erano gli animali quelli
che possedevano i poteri maggiori. Gli abitanti delle pianure sconfinate, inve-
ce, pur considerando gli animali esseri potenti e forieri di visioni, riservavano
la gran parte dei rituali alla venerazione delle infinite distese della terra e del
cielo, alle quattro direzioni del mondo e ai venti che le impersonificavano.
(J. Mason, Un mondo sbagliato)







martedì 13 marzo 2012

INTRODUZIONE



Fonti:


http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2012/03/13/il-discorso-di-antiochia.html








Dopo 1230 post, in altro blog, ho verificato l'impossibilità


effettiva del libero arbitrio e con esso delle capacità da parte


della cultura indipendente di potersi esprimere al di fuori


dei canali della 'casta' del potere politico-mafioso, e dei


meriti cui troppo spesso taluni vorrebbero attribuirsi per 


capacità non consone alla propria natura culturale.


In Italia, ancora oggi, a distanza di duemila anni tutto ciò


non appartiene alla storia passata, ma è ragione di indubbia


malafede storica, che impone una sorta di pizzo culturale


nell'ambito di quella stessa cultura che si svela per quello 


che in realtà è: intollerante, settaria, falsa, limitata, ed as-


soggettata al potere politico-mafioso. 


Se poi la vera cultura è al di fuori dalla ricca biblioteca di  


un Senato e con un esso un Parlamento governato da quello 


stesso potere con le relative caste, non faticherete ad accorgervi


della dislessia di chi privilegia interessi settari ed economici rispet-


to a chi vorrebbe adoperare i presenti mezzi di comunicazione per 


fini ed intenti consoni ad una probabile evoluzione socio-cultu-


rale cui taluni hanno destinato la nuova rivoluzione informatica.


Fintanto che la mia eresia secolare si deve confrontare con i 


valori di una nazione che non ha mai superato questi limiti e con 


essi, una costruzione storica falsata e limitante per tutti i soggetti 


cui debbono sottostare a questa triste realtà, non potremmo 


attenderci un reale progresso di pensiero, economico, sociale

ed evoluzionistico in qualsiasi ambito in cui questa mentalità 


ottusa e gretta tenderà per sua natura a manifestare i suoi ben 


noti vincoli.


Questa è l'introduzione di un eretico perseguitato dai limiti so-


ciali di una cultura che pur avendo radici secolari non è mai


riuscita ad andare oltre i suoi stessi intenti, e promuovendo in 


essa dubbi personaggi accompagnati a dubbi artifizi che con


la cultura non hanno nulla a che vedere. 


Il mio difetto è stato quello di consegnare a questa stessa cultura 


oltre che i miei scritti (tutti meno il mio ultimo lavoro in Rima),


anche preziose pagine scelte di letteratura attinte dalla mia


vasta biblioteca; biblioteca autonoma, senza nessun intento


di lucro eccetto che il sapere fine a se stesso.


Grave ed imperdonabile errore per quegli stessi mimi, buffoni,


politicanti di mestiere e con essi tutti coloro che infestano umi-


li e autonomi ricercatori o scrittori, che oggi come ieri hanno 


la sfortuna di abitare quella stessa cultura 'antiochiea' patria 


del sollazzo facile, specchio di un 'essere' ed 'apparire' nel contesto


di una costruzione storica con molte lacune e troppi vincoli legati


a motivi estranei agli stessi valori morali che vorrebbe promuo-


vere in seno ad una società detta civile e democratica.....




Da:


http://dialoghiconpietroautier.myblog.it &


http://paginedistoria.myblog.it   &


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