CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

sabato 24 febbraio 2018

GLI ICEBERG (91)











































Precedenti capitoli:

Il mondo a 'roverso' (90)

Prosegue in:

Turner (92)  &

Prode homo che corri (in)fermo (93)














I giorni tra gli iceberg trascorsero lentamente…

Stavo lassù nella cabina, sul ponte, oppure andavo a prua, o salivo in plancia con il binocolo e l’album da disegno…

Gli iceberg erano come Frammenti che passavano galleggiando: una geografia diversa, pensavo, da quella che avevo imparato leggendo e crescendo (un panorama in cui pochi possono comprenderne la bellezza nascosta  vera Natura delle cose in questo mondo a riverso raccontato…).

Gli iceberg creano uno sconosciuto senso di spazio perché l’orizzonte si ritrae da loro e il cielo ascende, dietro, senza linee di comprensione (e dalla medesima ed uguale comprensione possiamo dedurre i comportamenti della Materia assente al vero paesaggio della Natura, ma ora taci e ascolta!) E’ questa prospettiva che incuteva paura alle famiglie dei pionieri non meno dei nuovi e vecchi esploratori e avventurieri. Ragion per cui come far comprendere al dotto quanto all’ignorante suo servo ed allievo la bellezza se non attraverso la metafora dell’Arte qual Natura intera?

Gli iceberg… dunque…




Quando l’artista scompare in un progressivo smarrimento di ‘ego’, e la vera autrice dell’Opera detta è la Terra: la ‘luce’ è come una creatura, una parte viva e integrante dell’intera scena! Il Paesaggio è luminoso, imponente, reale! Cessa di essere semplicemente simbolico, come lo è in Europa.

…Al vertice del suo successo di pubblico e di critica, nel 1859, Frederic Edwin Church, uno dei più eminenti luministi, s’imbarcò per il lago al largo della costa di Terranova, voleva disegnare gli iceberg, i quali gli sembravano la materializzazione della luce in Natura. I piccoli schizzi che aveva realizzato dal vero hanno una meravigliosa intimità, Church rende tanto la monolitica imperscrutabilità degli iceberg quanto l’aspetto logoro e tormentato che hanno quando arrivano a sud, nel Mare del Labrador. Osservando attentamente un disegno eseguito il primo di luglio, notai che Church vi aveva tracciato sotto, a matita, le parole: ‘strano sovrannaturale’.

Il quadro ad olio che ricavò dagli schizzi fu chiamato ‘Gli iceberg’. E’ così imponente che l’osservatore ha quasi la sensazione di potervi entrare, com’era appunto l’intenzione dell’artista. In primo piano v’è uno zoccolo di ghiaccio, parte di un iceberg che riempie quasi tutto il quadro e si erge bruscamente sulla sinistra. A destra, lo zoccolo di ghiaccio inondato diventa parte d’una grotta scavata dall’acqua. Al centro, nella distanza, c’è una baia in bonaccia, che si apre sulle acque oceaniche più scure a sinistra, e queste continuano verso un orizzonte tempestoso e altri iceberg più lontani. Sullo sfondo, dall’altra parte della baia, domina un’alta muraglia di ghiaccio e di neve che si estende completamente a destra del quadro. Nell’aria dell’oceano, in alto, aleggia una nebbia ondulata. Le ombreggiature e le forme degli iceberg sono tracciate con mano esperta ed i colori, per quanto leggermente abbelliti, sono veri…

Vi sono due stranezze in questo paesaggio divenuto molto famoso, la prima, quando fu presentato a New York il 24 aprile 1861, la reazione fu meno entusiasta di quanto si aspettasse l’artista; ma ‘Gli iceberg’ differiva dal resto delle sue opere per un dettaglio cruciale: non vi era traccia d’esseri umani. Convinto di aver forse commesso un errore, Church riportò l’opera nel suo studio e aggiunse in primo piano un rottame d’un naufragio, una parte dell’albero maestro con la relativa coffa. Poi il quadro fu presentato a Boston, dove non ebbe un’accoglienza migliore da quella ricevuta a New York. Soltanto quando arrivò a Londra i critici e il pubblico si entusiasmarono. La Gran Bretagna con la sua lunga storia di esplorazioni artiche apprezzava assai più il soggetto dell’opera.




La seconda stranezza è che il quadro di Church ‘sparì’ per 116 anni. Nel 1863 fu acquistato da Sir Edward Watkin, dopo la presentazione londinese, e venne appeso nella sua tenuta presso Manchester, chiamata Rose Hill, quindi venne ereditato dal figlio e fu poi venduto con il resto della proprietà; in seguito fu donato alla vicina chiesa di Saint Wilfred, ma venne restituito a Rose Hill perché di dimensioni troppo grandi. Prima del 1979 Rose Hill era diventata un riformatorio; ‘Gli iceberg’, che era appeso senza cornice su una scala, era stato firmato (impropriamente) da uno dei ragazzi del riformatorio (ignaro - ed ignari - del valore che questo rappresentava, il riformatorio del resto è anch’esso un ampio quadro in rappresentanza della propria società tradotta anche in ‘socialità’; un aspetto cioè, altrettanto paesaggistico della società qui dedotta e rappresentata, ma noi come l’artista volgiamo l’occhio al Paesaggio astenendoci al riformatorio espressione di una determinata natura propriamente umana….); ed i proprietari bisognosi di fondi per il riformatorio l’offrirono in vendita; il quadro così tornò a New York ed il 25 ottobre 1979 fu venduto all’asta per due milioni e mezzo di dollari, il prezzo più alto pagato per un dipinto negli Stati Uniti sino a quel momento.




La decisione di aggiungere a ‘Gli iceberg’ l’albero maestro spezzato attesta senza dubbio l’intuito commerciale di Church ma anche qualcosa di più complesso: e questo giudizio è nel contempo troppo cinico e troppo semplicistico. Per quanto ci sforziamo, in ultima analisi possiamo ricavare ben poco senso dalla natura senza far ricorso a sistemi del genere. Sia che si tratti di spoglie affermazioni della presenza umana come l’albero cruciforme di Church, oppure degli strumenti intangibili e metaforici della mente, noi portiamo i nostri mondi nei paesaggi che ci sono estranei (oppure i quali non comprendiamo talché diventano orridi incomprensibili alieni pazzeschi…), allo scopo di chiarirli ai nostri stessi occhi; è difficile che potremmo fare diversamente, corriamo il rischio di trovare la nostra autorità finale nelle ‘metafore’, anziché nella Terra. Indagare le complessità di un paesaggio lontano, dunque significa provocare pensieri circa il proprio paesaggio interiore ed i paesaggi familiari della memoria: la Terra ci sprona (assieme alla Natura che la compone) a comprendere noi stessi.  

Molti occidentali hanno pensato ad un confronto con le cattedrali quando hanno cercato una metafora per gli iceberg, e credo che le motivazioni siano più profonde delle ovvie corrispondenze delle linee e della scala. E’ una cosa legata alla nostra passione per la luce (chi vive o vegeta nel torpore della ‘materia’ poco o nulla comprende, scorge solo un iceberg ed una strana Natura parente ed affine alla pazzia di una vita o un’opera malmente e nebbiosamente descritta giacché per taluni il ghiaccio è solo ciò che affiora da un bicchiere stracolmo di ciò che doppiamente s’intende per Vita…)…




…La convinzione del ‘loro’ tempo così sorseggiato e bevuto come un’aperitivo al bar preferito ed assieme a lui la Terra senza prospettiva alcuna circa il vero paesaggio dell’intera Natura, in attesa dell’ora di pranzo di un pasto confermare la vera e sola certezza di conquista così con il ‘polo’ che ne deriva imporre proprio alieno clima dell’uomo in ciò da cui evoluto (nella prospettiva della nascita della Terra così come s’intende tal parola e non certo politica) e privato della forma con cui si compone infinita Opera (per ciò che rettamente intendesi Opera); questo il ‘magnetismo’ dedotto nella formula di ogni umana ciclica prospettiva in metafora tradotta. Per propria limitata natura e volontà di conquista l’uomo alieno non meno d’allora alla vista di qualsiasi ‘iceberg’ affiorare alla navigazione sicura per ogni avventura divenuta conquista; e chi l’Opera osserva e conserva (in cotal ‘Church’ o ‘Galleria di Stampe’ proposta oggi come ieri offerta) anche se non del tutto compresa nella presunta aliena natura rappresentata, giacché si è sempre abituati ad accompagnare ghiaccio al Dionisio o Bacco che sia, può solo - così come la Storia dipinta o se preferite nella vera Natura inserita e da quest’ultima ritratta, può solo, dicevo, null'altro che raffigurare e rappresentare nella spirale in cui tratta la metafora della vita intera alla luce della vista dedotta (per chi pensa vedere, dopo di ciò - infatti - definiremo il senso propria della ‘vista’ e con essa il respiro che l’accompagna…, andremo a descrivere il volo, il nuotare l’attraversare l’emigrare di chi senza parola ammirare  godere e comporre cotal Opera incompresa…) e con cui osservata, giacché non certo fortuna conosce e per sempre conoscerà tal medesimo intento, solo per coloro che di vera luce s’intendono e con essa l’Opera di ogni Natura ritrarre il profilo di un apparente Nulla galleggiare verso un diverso mare, e con lui interi ecosistemi che ne derivano anche loro alla deriva d’una cieca natura pretendere godere del dono della forza con cui si compone la propria ed altrui vista…




Per chi certamente abituato a vedere galleggiare ben altri iceberg tal dipinto non può comprendere e con lui l’intera Arte fin qui ritratta e scritta: confinerà il quadro (e con essa lo scritto) ad una scuola - o se preferite - il riformatorio con cui la corrotta natura umana compone l’arte d’ogni giorno, ed in questo mondo ‘roverso’ sicuramente poco e nulla comprendiamo al ‘riformatorio’ in cui l’Arte della Vita costretta adornare eventi a noi sconosciuti. Poco e nulla assisisi dentro questo quadro (nella Galleria delle Stampe così come la vita…) circa l’opera riformata di questi artisti della Parola, giacché con questa si distinguono e traggano aspirazione del loro genio (per noi demenza), o al contrario, sfortuna e malata natura, sicché riprendendo le parole dal medesimo intuito dell’autore proposto: “negli ultimi novant’anni (non meno di pria) l’uomo europeo non meno dell’americano autore del quadro narrato, non ha fatto altro che realizzare una manipolazione più complessa dei materiali, un sorprendente dominio sui principi fisici della materia. Ci lasciamo abbagliare dai semplici stili d’espressione. La nostra non è un’epoca di ‘mistici’ (ma di adepti, di affiliati, di politici corrotti, di insana economia, di principi deviati di falsi realizzatori… edificatori, economisti banchieri e con loro tutti i manipolatori della vera Parola la quale anch’essa da ugual principio ispirata: iceberg galleggiare Natura afflitta e perseguitata in nome e per conto di una falsa democrazia per sempre celebrata… e rappresentata…)…






…Come una ‘Vela al vento’ entro nel difficile merito di questo capitolo, giacché il ‘confino’ narrato nel sofferto Viaggio visibilmente osservato anche nella sovrapposta prospettiva comporre Opera di cui lo Spirito prendere dovuta coscienza di quanto non visibilmente manifesto. Interpretare, oppure tradurre, in più vasta armonia quanto contemplato ma talvolta non del tutto decifrato dallo stesso ingegno il quale scompone l’immagine alla retina affissa qual Panorama comporre Parola e con Lei più certa, e dicono anche, interpretazione di quanto osservato.

Questa la lingua e scienza di un più probabile e certo Architetto.

Questa la sua Opera.

Questa la segreta sua Natura.

Questa l’incompresa Poesia dettare Rima o pennellata che sia… all’invisibile via…

Così è mio compito in riferimento al disegno prospettato (o al quadro come ora narrato) dar conferma di quanto precedentemente ed ora scritto: infatti dall’invisibile dimensione narro e scrivo Parabola circa la vita, ed anche se non letta né vista in questa ‘Galleria di stampe’ debbo lasciare testimonianza della Verità accertata. Debbo cioè, così come il Tempo, nascondere nella giara il sofferto papiro di cui spesso motivo di altrui dissenso raccolto nell’incomprensione, di chi, pur ammirando ugual panorama non ne decifra il contesto (il che purtroppo ancor peggio sicché il limite proprio fa di ogni verità parabola e poi martirio) eccetto che per superiore e presunta propria natura la quale possiede, o vorrebbe, tutto ciò che il Primo Dio manifesta e crea, e di cui, chi pretende sovrintendere le condizioni del Tempo imposto…, in realtà non ha ben compreso come la Spirale evolve in codesta ‘Gallerie di stampe’… infinita prospettiva: Natura donde dal Nulla tutto evoluto e nel Nulla (apparente) tornato in quanto Nulla osservato più di quanto il mondo nella ‘materia’ pensato e quindi accertato…




Certo non cosa semplice anche perché nel solitario mio cammino la tela simile ad una prospettiva la qual comprende Logica e Fine dall’Architetto (sovra)posta… Non facile come un semplice disegno riflesso di un Primo Pensiero del panorama ammirato, giacché i piani si cui si sviluppa e svolge l’immagine specchio di cui la vista la quale pian piano si profila richiede paziente comprensione intesa nello Spirito nell’atto di osservare la propria Natura, in quanto non sono certo io il pittore in questione, mi limito unicamente rivelare intento in ciò che pensiamo vedere, giacché la ‘visione’ ultima rilevata, evoluta nel Tempo…

Ed alla fine il vero Artista dell’Opera ha conferito Parola, non di facile comprensione, come quando ignari della geologia navigammo o attraversammo la cima (come il Polo narrato in cotal mondo roverso) non decifrando il graduale e progressivo disegno manifesto circa la superficie cui la vista posta, ed anche, le dinamiche le quali rilevano forma e consistenza...




La mia ‘Vela’ il qual vento sprona cotal ‘infinita’ Rima ora principia l’elemento qual Spirituale intento, giacché il male incarnato nella materia ha spezzato l’Albero ove ancorata la difficile rotta…, ed al bivio di questo Principio sono sempre un Eretico per nome e conto di Dio…

…Ci troviamo al nostro esilio meditando quadri nuovi per codesta ‘Galleria di stampe’ giacché il modesto rifugio offre vista ammirevole, con il telescopio ho pensato scrutare non solo la volta di cui si è soliti conoscere le limitate o infinite prospettive relative al Tempo, ma anche medesimo profilo comporre un’unica tonalità ben distribuita quale Universo di vita in multiforme linee e colori graduati, in molte e fors’anche infinite, sfumature di un’unica tonalità, quella per intenderci, la quale cura ogni male di cui la vista afflitta in ciò che nominano vita… Ed assieme a quelli tutti i contesti che danzano la propria Rima ben udibile e percepibile. Quindi innumerevoli quadri godiamo da quando creato questo cielo alla terra inchiodato dalla linfa se pur malata sempre nutrire lo Spirito e l’Anima di ciò cui l’Infinito specchio dell’Universo e Prima Coscienza in lei e con lei evoluta (qualcuno potrebbe rimproverare bestiale motivo degradato nell’ottica di una visione priva di qualsivoglia contenuto e spogliata del pensiero ridotto ad uno stato vegetativo; purtroppo nei tempi dell’odierna Parabola siffatta meditazione non conosce prerogativa con la quale nasce la vita e questa nutre e dispensa in lei la propria terapia, giacché questa [visione]concepita in medesima rivelazione tratta al canone dalla materia dispensata ma anche questo argomento ripetuto... e detto…)…

(B. Lopez & G. Lazzari simmetrici Sogni Artici in Eretici Viaggi tradotti)

(Prosegue...)

















sabato 17 febbraio 2018

DIVERSI GLI UMORI.... (fuori e dentro ogni muro...) (88)






























Precedenti capitoli:

La soluzione? Successiva al Tempio del Cielo (87/ 86)

Prosegue in:

Niente più, niente men che marionette... (89)  &

Il mondo a roverso, ovvero: parentesi artica d'inizio secolo (90)













Varij al mondo son gli humori,
Varie son le fantasie,
Varij son i gusti ed i sapori,
Varie son le bizzarrie,
Ch'a le genti, in varie vie,
Del cervello esalan fuori,
Varij al mondo son gli humori,



  
Che, sì come gira il mondo,
Similmente anche i cervelli
Van girando a tondo a tondo,
Come ruote o molinelli,
Ed in aria fan castelli
Pien di fumi e vapori.
Varij al mondo son gli humori.



  
Chi di bianco vuol la veste,
Chi la vuol di color bruno,
Chi sta sempre in spassi e feste,
Chi non vuol piacer alcuno,
Chi gli piace star digiuno,
Chi se ciba a i primi albori,
Varij al mondo son gli humori.



  
Chi la taglia, chi è poltrone,
Chi s'allegra e chi s'adira,
Chi è famiglio, chi patrone,
Chi trastulla, chi sospira,
Chi salir ad alto ammira,
Chi star sempre fra i minori,
Varij al mondo son gli humori.




Chi si veste, chi si spoglia,
Chi buratta, chi fa pane,
Chi d'andar a studio ha voglia,
Chi pe' chiassi e a cose vane,
Chi ha le membra schiette e sane,
Chi le gomme e chi i tumori.
Varij al mondo son gli humori.




Chi lo schioppo vuole in spalla,
Chi la picca, chi il bordone,
Chi cavalca una cavalla,
Chi un giannetto, chi un frigione,
Chi si paga di ragione,
Chi fa strepiti e rumori,
Varij al mondo son gli humori.



  
Chi sta sempre fra banchetti,
Chi non vede mai un tordo,
Chi vuol sempre i panni netti,
Chi non cura l'esser lordo,
Chi è sagace, chi balordo,
Chi ama il puzzo, chi gli odori,
Varij al mondo son gli humori.




Chi vien debol per la fame,
Chi talhor vomita il core,
Chi al pensiero ha cose infame,
Chi alla gloria, chi all'honore,
Chi sta sempre su l'amore,
Chinon vuol de' suoi favori,
Varij al mondo son gli humori.



  
Chi va a piedi, chi a cavallo,
Chi in carrozza, chi in lettica,
Chi gli piace il suono e 'l ballo,
Chi non vuol durar fatica,
Chi di rape si nutrica,
Chi va dietro a' buon sapori,
Varij al mondo son gli humori.



  
Chi sta in letto profumato,
Chi a giacer sul terren duro,
Chi tien sempre il petto armato,
Chi senz'arme sta sicuro,
Chi gli piace andar pe'l scuro,
Chi di notte in ciechi horrori,
Varij al mondo son gli humori.




Chi gli piace la militia,
Chi la pace e l'unione,
Chi non teme la giustitia,
Chi l'ha in gran veneratione,
Chi per donne ha passione,
Chi disprezza i loro amori,
Varij al mondo son gli humori.




Chi è storpiato, chi è diritto,
Chi va gobbo e chi va zoppo,
Chi cammina, chi sta fitto,
Chi va pian, chi di galoppo,
Chi vuol poco, chi vuol troppo,
Chi vuol bassi, chi tenori,
Varij al mondo son gli humori.




Chi gli piace il litigare,
Chi lo fugge a più non posso,
Chi il mal' odia a tutt'andare,
Chi sel vuol tirare addosso,
Chi gli piace il bever rosso,
Chi del bianco i bei colori,
Varij al mondo son gli humori.



  
Chi vuol fare il tamburino,
Chi il cerusico o 'l barbiero,
Chi il sartor, chi il ciavattino,
Chi il magnan, chi il rigattiero,
Chi brama esser cavaliero,
Chi non cura tali honori,
Varij al mondo son gli humori.



  
Chi disegna di tor moglie,
Chi non vuol tal soma addosso,
Chi la getta e chi la coglie,
Chi va via, chi non s'è mosso,
Chi non ha camicia indosso,
Chi ha vestir da gran signori,
Varij al mondo son gli humori.



  
Chi vuol fare il ciarlatano,
Chi il buffon, chi il commediante,
Chi il sensal, chi il cortegiano,
Chi ancor fa il viandante,
Chi il cocchiero e chi il pedante,
Chi il cucir, chi il far strafori,
Varij al mondo son gli humori.




Chi non piacel'Ariosto,
Chi del Tasso è tutto amante,
Chi il Guarin tien sempre accosto,
Chi il Petrarca vuol, chi Dante,
Chi il Boccaccio o 'l Cavalcante,
Chi dà al Bembo i primi honori,
Varij al mondo son gli humori.



  
Chi gli piace andare in Gretia,
Chi in Dalamtia, chi in Dania,
Chi in Boemia, in Persia o Svetia,
Chi in Polonia o Transilvania,
Chi in Spagna, chi in Germania,
Chiin Etiopia, u' stanno i mori,
Varij al mondo son gli humori.




Non v'è in somma alcun che stia
Fermo un'hora in un pensiero,
Ma la nostra fantasia
Scorre ogn'hor per l'emispero,
Ond' al fine è di mestiero
Ch'ella esali i suoi vapori,
Varij al mondo son gli humori.



  
Perché dentro della testa
Tutti quanti habbiamo un grillo,
Che girar già mai non resta,
E tal gusto ne sentiamo
Ch'ancor noi sempre giriamo
Per seguire i suoi humori,
Varij al mondo son gli humori.



  
E di qui nascon poi tanti
Pensier strani e chiribicci,
Stratagemme stravaganti,
E girandole e capricci,
Versi, sdruccioli e bisticci,
Sdegni, amor, rabbie e furori.
Varij al mondo son gli humori.




E di ciò l'alma natura
Par che molto si diletti,
Ed ha gusto oltra misura
Il trovar varij concetti,
E, se varij son gli effetti,
Varij ancor son gl'inventori,
Varij al mondo son gli humori.



  
E perché nel capo adesso
Sento forte saltellare
Il mio grillo, io vò con esso
Ritirarmi a trastullare,
E voi gite a riposare,
Nobilisismi signori,
Varij al mondo son gli humori.


PROSEGUE PER IL FINE

(G.C. Croce; graphic design telecamera fissa mod. orwell 5/1 hal 500)
















mercoledì 14 febbraio 2018

INDOVINELLO CON RIMA (86)


















Precedenti capitoli:

Volgersi al meglio.... (85)

Prosegue in:

La soluzione? Successiva al Tempio del Cielo (87)














Al sodalizio alessandrino di Ipazia e Sinesio, che durò forse due anni, vengono attribuite certe ‘attività più sotterranee’ nell’ambito del platonismo. Sinesio è da identificare con l’omonimo studioso della natura, inventore di uno strano modello di alambicco e autore di un contemporaneo trattato di alchimia, che riporta nel manoscritto la dedica ‘a un sacerdote del Gran Serapeo’. Due volte nelle epistole Sinesio ripete che ‘la geometria è una cosa sacra’. Altrove parla delle virtù della tetrattide, simbolo della numerologia neoplatonica-neopitagorica di Giamblico, cui peraltro si ispira un sacro’ quanto giovanile patto di studio fra quattro allievi di Ipazia. Se le allusioni al segreto iniziatico contenute nell’‘Epistola a Erculiano’ possono essere indizio di un insegnamento esoterico, nel ‘Dione’, dedicato a Ipazia, sono certamente dissimulate ‘dottrine inviolabili’.





  
Il Tempo l’avvolge come una piovra….

Tutto il Tempo del mondo, passato, presente, futuro… tutto chiuso in un cerchio senza centro o col centro in ogni luogo.

Il Tempo… è un’invenzione!

Non c’è passato né futuro!

E’ tutto presente, scritto in ogni istante…

E la morte non esiste!

Forse, è solo un passaggio, una porta verso l’Infinto.

Solo una porta…

Che porta all’Eternità…. o al male della strana materia che Tempo era…




Il trattato ‘Sui Sogni è stato composto’ scrive Sinesio ‘tutto in una notte, anzi nell’ultima parte della notte che mi portò quel sogno che mi ingiunse di scriverlo,e in qualche momento, due o tre, mi sembrò di essere quasi una terza persona,l’ascoltatore di me stesso’.

Oltre a Porfirio, Sinesio cita abbondantemente i ‘logia’, gli ‘Oracoli caldei’:

Non inclinare al mondo Nera Luce
Sotto cui giace Abisso infido e informe,
oscuro tutt’intorno, rigurgito di Sporco,
pieno d’immagini, privo d’intelletto.



  


Tutto galleggia in maniera irreale, in questo mondo del bene e del male!

Eccolo… il mio libro perduto. Le mie parole di sapienza!

UNA VOCE:

Le treman le mani!

Non riesce quasi più a leggere…

Lo apre dubbiosa!

Questo lo strano indovinello:

Pur se il male commesso non hai

Il tempo dovrai servire

Espiare colpe mai commesse

Chi tremar fa l’altrui.…

Non legge suscita umore

Sai dirmi

qual intelletto divenuto muscolo

privato del retto Pensiero

muove  l’altrui tamburo

senza Verità aver fondato?






A pochi anni dalla rovina del Serapeo, gli ‘Oracoli caldei’ figuravano tra i libri all’indice, il cui possesso espone(va) all’accusa di magia e faceva incorrere nelle temibili sanzioni che avevano seguito l’editto di Costantino e preceduto quello teodosiano: le leggi di Costanzo ‘contro stregoni eretici e indovini’ e di Teodosio stesso ‘contro aruspici e maghi’. Se, come è stato scritto, ‘in tempi turbolenti la matematica può essere una scienza pericolosa’, a quei tempi l’unione di neoplatonismo e occultismo teurgico poteva costare la vita. E’ difficile in tutta l’età antica separare gli interessi scientifici ‘positivi’ dalla sfera dell’irrazionale. L’astronomia era un campo inseparabile da quello dell’astrologia. Teone, ultimo docente a noi noto in via ufficiale del Museo di Alessandria, personaggio di altissimo prestigio non solo tra i suoi contemporanei ma ancora per tutto il millennio bizantino, aveva pubblicato uno studio sulla nascita di Sirio, un altro ‘sui presagi, sull’osservazione degli uccelli e sui gridi dei corvi’; altri, stando a Giovanni Malala, riguardavano gli scritti ‘di Ermete Trismegisto e di Orfeo’, nella tradizione ermetica e orfica, oltre che neoplatonica, aveva composto inni religiosi che celebravano gli astri.




  

Il Canone Astronomico!

“Forse hanno trovato la copia che si credeva perduta per sempre. Quella che fa della mia vita semplicemente UNA VITA!”

UNA VOCE:

Consultazione alla Biblioteca.

Ecco la strada verso il Libro dei Libri.

Una copia sola.

Non svanita, non bruciata, non perduta.

Copiata da un amanuense.

Un monaco santo.

E nell’anello un indovinello.

Stanza zero.

Scaffale Uno.

Piano Secondo!

Eccolo!





Ipazia, come scrive il suo contemporaneo Filostorgico, ‘divenne molto migliore’ del padre ‘soprattutto nell’arte dell’osservazione degli astri’. Che abbia dispensato ai suoi più selezionati studenti ‘una dottrina esoterica in margine ai programmi ufficiali’, che ‘l'insegnamento tecnico-astronomico di Ipazia non fosse che un’ingannevole facciata al riparo della quale veniva dispensata una rivelazione esoterica, questa sì veramente originale’, è apparso evidente, fra gli altri, anch eal maggiore biografo di Sinesio. Ma l’astronomia era, in effetti, più di una facciata. Uno dei ‘segreti’ dell’esoterismo pagano era proprio l’identificazione degli dèi dell’olimpo politeista con i corpi celesti e le costellazioni, e di qui la loro riducibilità a formule matematiche. Il linguaggio universale della matematica e dell’astronomia, praticato per primi, fra gli ellèni, dai pitagorici (e non a caso Ipazia viene spesso definita tale), aveva reso possibile fin da età remote il globalizzarsi di quella che già gli antichi, e poi il moderno esoterismo, chiamano la Tradizione: la circolazione delle stesse dottrine e conoscenze ancestrali, e delle stesse figure astrali (numeriche, ‘divine’), dal nucleo della mitica sapienza caldea sia verso occidente, in Asia Minore, in Grecia e forse anche più a ovest, sia a oriente, fino all’India, nella cui antica mitologia e poesia epica si scompongono e ricompongono, come in un gigantesco caleidoscopio, personaggi divini e semidivini dai tratti simili a quelli dei miti greci.






Il Tempo dice il mio

ed altrui Borsellino

amico di un rinomato Falcone

avvolge come una piovra!

Tutto il Tempo del mondo,

passato, presente, futuro…

Tutto chiuso in un cerchio

senza centro o col centro

In ogni loco!

E’ un’invenzione (non regna reato per ciò detto!)

Non c’è passato né futuro...

E’ tutto presente, scritto in ogni istante….

E la morte non esiste!

Forse, è solo un passaggio uno strano Tempio.

E l’antico ritornello

Complice dello strano (loro) Tempo…

Non ripeto solo Introduco

 a chi del Tempo in ogni luogo

con la Sfera sua imperfetta

che tutto il Potere dona

qual ‘evoluta’ padrona

Muove per la dovuta Materia






 A permettere queste spesso sorprendenti consonanze e affinità, talvolta considerate, dai mistici antichi come dai moderni, specialmente di estrazione confessionale, ‘miracolose’ e frutto di una ‘rivelazione’ trascendente, sono di fatto la comune osservazione del cielo stellato e la possibilità di comunicazione e circolazione dei suoi risultati mediante il linguaggio quantitativo, invariabile e indifferente alle diversità linguistiche, offerto appunto dalla matematica e dall’astronomia. Nel ‘Discorso sul dono’ di Sinesio si legge:

“L’astronomia è già di per sé una scienza più che degna, ma può servire ad ascendere a qualcosa di più alto, può essere l’ultima tappa, io credo, verso i misteri della teologia, una tappa a loro consona, poiché il corpo perfetto del cielo ha la materia sotto di sé e il suo moto è stato equiparato dai più alti filosofi all’attività dell’intelletto. Questa scienza procede alle sue dimostrazioni in maniera incontrovertibile e si serve dell’aiuto della geometria e dell’aritmetica, che non ritengo disdicevole chiamare retto canone di verità”.

Come provano il contemporaneo fiorire della numerologia giudaica e la persecuzione di Valente contro i ‘mathematici’, la natura tecnica dell’insegnamento di Teone e Ipazia non solo non esclude ma avvalora l’interesse per la sfera dell’esoterismo che furono praticati in un modo o nell’altro non solo nella scuola di Proclo e di Damascio...ma da quasi tutti i neoplatonici...





  
Tutto galleggia in maniera irreale

In questo mondo del bene e del male!

Ecco di nuovo … il mio libro inquisito!

Le parole di Sapienza…

Attendi e Indovina!

E odi il Mistero divenuto

Tutto racchiuso

entro il Tempo Suo

Astuto!

Muove quel che qui taccio

E fors’anche mai detto

Giacché Prima del Tempo

e dell’Universo Intero

Muove l’indovinello

Spirale di vita!

O cos’è mai quello

Privato del retto Pensiero?!

A te sarà detto

Lo potrai leggere doppo di questo!

(liberamente ispirato da M. R. Menzio & S. Ronchey)








Perché sei così idiota,
disse il gatto alla trota

e tu perché pensi di
esser un lupo (rispose lei)

mentre guardi la mia anima
che nuota,

pensando di cibarti con un sol
boccone quanto il mio regno

che mai affoga,
ma nuota libero come una trota.

Perché io son furbo disse
il gatto risentito,

amico d’un antico felino,
son bella e intelligente

e tutti mi voglion accarezzar la mente.

Io non son bello
rispose a lei anche l’uccello,

ma tutti i cacciatori mi voglion braccare,
e forse anche tu gatto di reame,

che spesso con la volpe te ne vai
silenziosa come la neve,

di me e delle mie rime ti vuoi cibare.

Per cui da questo ramo guardo la trota,
da cui un giorno ebbi ad imparare.

Tu invece felino di reame
zoppichi con la volpe
tua sola compare.

Vagando in ogni angolo
di reame convinta
or di nuotare poi di volare.

Ma né l’uno o l’altro dono
hai mai imparato ad apprezzare.

Perché non hai le ali per volare
e le rime per nuotare.

E le rime ti son nemiche
per questo reame.

Soprattutto quando vuoi convincere
la gente, che la volpe è nemica
della tua bramosia di regnare.

Ma siete uniti nel cuore
e nella mente
dalla sola sete che dona il potere!

L’arte di comandare,
calunniare, torturare,

e poi anche...d’ammazzare non meno del rubare…
ogni Verità divenuta eresia
…e rima per questo grande reame.

(Pietro Autier)

(Prosegue...)