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Il culto dell'ignoranza (48/9)
Nel 2015 si stima che il 42% delle
persone di 6 anni e più (circa 24 milioni) abbia letto almeno un libro nei
12 mesi precedenti l’intervista per motivi non strettamente scolastici o
professionali. Il dato appare stabile rispetto al 2014, dopo la diminuzione
iniziata nel 2011.
Il 9,1% delle famiglie non ha alcun
libro in casa, il 64,4% ne ha al massimo 100. La popolazione femminile ha
maggiore confidenza con i libri: il 48,6% delle donne sono lettrici, contro il
35% dei maschi. La quota di lettori risulta superiore al 50% della popolazione
solo tra gli 11 e i 19 anni e nelle età successive tende a diminuire; in
particolare, la fascia di età in cui si legge di più è quella dei 15-17enni.
La lettura continua ad essere molto meno
diffusa nel Mezzogiorno. Nel Sud meno di una persona su tre (28,8%) ha letto
almeno un libro mentre nelle Isole i lettori sono il 33,1%, in aumento rispetto
al 31,1% dell'anno precedente.
I ‘lettori forti’, cioè le persone che leggono in media almeno un libro
al mese, sono il 13,7% dei lettori (14,3% nel 2014) mentre quasi un lettore su due
(45,5%) si conferma ‘lettore debole’, avendo letto non più di tre libri
in un anno.
L’8,2% della popolazione
complessiva (4,5 milioni di persone pari al 14,1% delle persone che hanno
navigato in Internet negli ultimi tre mesi) hanno letto o scaricato libri
online o e-book negli ultimi tre mesi.
Lettura e partecipazione culturale vanno
di pari passo; fra i lettori di libri, le quote di coloro che coltivano altre attività
culturali, praticano sport e navigano in Internet sono regolarmente più elevate
rispetto a quelle dei non lettori.
I cittadini stranieri residenti in
Italia che tra il 2011 e il 2012 dichiarano di aver letto almeno un libro sono
il 37,8%, indice di una minore propensione alla lettura da parte degli
stranieri rispetto agli italiani (52%).
Quasi la metà degli stranieri legge
almeno un quotidiano a settimana (48,6%) e il 29,5% settimanali o periodici.
Nel 2014, le famiglie italiane hanno
speso 3.339 milioni di euro per libri e 5.278 per giornali,
stampa e articoli di cancelleria: rispettivamente 11 e 18 euro al mese, lo 0,4
e lo 0,6% della loro spesa complessiva.
Tra il 2010 e il 2014 la spesa delle
famiglie per libri, giornali e periodici si è contratta del 18%, quella per
articoli di cancelleria del 31%. La riduzione risulta molto più alta di quella
registrata complessivamente per l'acquisto di beni (6%). Persone di 6 anni e
più che hanno letto almeno un libro nel tempo libero nei 12 mesi precedenti
l’intervista per classe di età (valori percentuali).
(ISTAT)
Se fosse un esame di fine anno sarebbero
tutti bocciati: manager, dirigenti e politici. Perché secondo
i dati dell’Aie, l’associazione italiana editori, presentati
alla Buchmesse, la Fiera del libro di Francoforte, sono loro i
peggiori lettori d’Italia.
I dati, in generale, per
il Belpaese non sono confortanti: il 58,8%
della popolazione nazionale durante l’anno non apre nemmeno un libro,
contro il 37,8% della Spagna, e il 30% della Francia. E tra
i laureati, il 25,1% dei neodottori italiani, ricevuta la pergamena,
abbandona completamente la lettura per svago o nel tempo libero.
Tuttavia, rispetto alla media, sono gli
eletti dai cittadini e la classe dirigente ad andare
peggio.
Il 39,1% dei manager, dirigenti
e politici d’Italia, infatti, non legge, nemmeno un volume ogni
dodici mesi.
Per fare un confronto:
in Spagna e Francia sono il 17%, meno della metà che da
noi. “Un dato impressionante – scuote il
capo Federico Motta, presidente dell’Aie – che porta a una semplice
riflessione: viviamo nella società della conoscenza, dove la capacità
competitiva del paese risiede nella sua cultura. Con questi dati siamo
destinati al declino”.
Perché politici e manager leggano
così poco, spiega Motta, “probabilmente
nemmeno loro lo sanno. Le ragioni della non lettura sono oggetto di
un dibattito aperto. Il problema è che è questa la categoria che
amministra l’Italia. Il tema vero è che siamo un paese che non parte
dall’inizio, dalla scuola, dai ragazzi, che non fa crescere
la gioventù nella cultura della lettura, e quindi evidentemente
non forma un popolo di lettori”.
E proprio questa fetta di cultura,
secondo l’associazione, in Italia avrebbe bisogno di un traino.
“Altrove in Europa, ad esempio, lo Stato investe nella
promozione della lettura – cita Motta – ma in questo paese siamo
quasi a zero”.
I fondi a disposizione del Centro
per il libro, istituto del ministero per i Beni e le attività
culturali con il compito di divulgare il libro e la lettura in Italia,
promuovendo al contempo autori e cultura nazionali
all’estero, lavora con fondi ridotti all’osso.
“La Francia, invece, ha investito
nel suo corrispettivo 33 milioni di euro – continua il presidente
di Aie – In questi anni abbiamo impiegato risorse nostre
cofinanziando le iniziative del Centro, nella speranza che fosse da
stimolo per il governo, ma invece che aumentare,
i fondi diminuiscono ogni anno”.
Visti i dati dello studio, però,
per Motta i conti tornano: “Il segno più o meno del nostro mercato del
libro è una conseguenza del fatto che la classe
dirigente e politica non sa cosa sia un libro perché non ne
legge nemmeno uno all’anno. Non si informa, non pensa di migliorare, e
considera cultura e letteratura un’appendice. Ciò che siamo è tutto in quei
dati”.
(Il Fatto quotidiano)
“La letteratura è la via più gradevole
per ignorare la vita”. La pensava
così il poeta Fernando Pessoa, contrariamente a quanto sembrano ritenere gli
italiani. Un popolo che, se guardiamo i dati sulla lettura relativi al 2013,
elaborati dall’ISTAT e dall’istituto di ricerca Nielsen, preferisce
dedicarsi concretamente alle occupazioni quotidiane, lasciando i libri a
prendere polvere sul comodino accanto al letto. E questo solo nella migliore
delle ipotesi.
Secondo il rapporto Nielsen, l’anno scorso appena il 43% degli italiani – ovvero
22,4 milioni – ha letto almeno un libro. Dato in calo rispetto ai due anni
precedenti: nel 2014 erano il 49% mentre nel 2012 il 46%. E in calo è anche il
numero di connazionali che nello stesso anno di riferimento hanno comprato un
libro. Sono il 37%, poco meno di 20 milioni. Due anni prima erano il 44%.
“L’Italia è un paese che ha sempre letto
molto poco – spiega Flavia
Cristiano, direttrice del Centro
per il libro e per la lettura, che ha commissionato l’indagine statistica –
l’istruzione di massa dagli anni ’60 in poi aveva generato un aumento dei
lettori. Ma adesso la crisi economica ha determinato un cambiamento della
qualità della vita i cui effetti si riflettono anche sulla diminuzione del
numero di lettori e acquirenti di libri”. Questioni di genere e lettori
giovani – cifre basse in generale, quindi.
Ma in queste percentuali a spiccare sono
le donne, che comprano e leggono di più rispetto agli uomini. Le lettrici
italiane sono il 48% della popolazione: dieci punti percentuali in più degli
uomini. Nella radiografia del paese che legge, a essere preponderante è,
quindi, il sesso femminile. Ma non solo. A dedicare qualche ora al giorno a un
libro, prima di andare a letto o mentre si sta seduti in metropolitana è una
fascia di popolazione relativamente giovane.
Il divario che da sempre divide il
territorio nazionale si riverbera anche sulla collocazione dei lettori più
accaniti lungo la penisola.
La quota maggiore di italiani che
leggono si registra, secondo dati Istat, nel Nord del Paese (50,6%). Scendendo
verso il meridione cala anche la percentuale dell’Italia che legge: 46,8% al
Centro, 30 e 32% rispettivamente per il Sud e le Isole. Dato quest’ultimo che
documenta l’annullamento della crescita che il Mezzogiorno aveva registrato nel
2012.
Grado di istruzione e abitudini
familiari – A incidere sulla propensione alla lettura sono anche le
qualifiche professionali degli italiani e l’amore per i libri che hanno
respirato in famiglia.
Per quanto riguarda l’istruzione,
secondo il rapporto Nielsen leggono e comprano più libri i diplomati e i
laureati: nel primo caso la percentuale dei lettori è del 49%, mentre quella
degli acquirenti è del 45%; il numero dei laureati appassionati della lettura è
del 60% mentre quello di chi si reca in libreria per acquistare un volume è
pari al 57%.
Cifre che rivelano sia quanto la
prossimità con il libro durante il periodo di studi incoraggi l’abitudine alla
lettura, sia quanto le disponibilità economiche incidano sul fenomeno.
Più nello specifico, secondo l’Istat,
facendo riferimento alla condizione professionale i livelli di lettura
superiori alla media riguardano dirigenti, imprenditori e liberi professionisti
(61,1%), impiegati (65,3%) e studenti (59,8%). I livelli più bassi di lettura
si registrano, invece, tra gli operai (30%), i ritirati dal lavoro (33,8%) e le
casalinghe (32%).
In alcuni casi avere una “biblioteca”
familiare può stimolare la passione per la lettura. Ma le indagini statistiche
hanno rilevato che una famiglia italiana su dieci non ha libri in casa. L’89,2%
dichiara di averne almeno uno (di questi il 28,9% non ne ha più di 25, mentre
il 64% ne ha al massimo 100), il 10,3% non ne possiede affatto.
Le regioni le cui case contengono meno
libri sono, come sempre, quelle del Sud – Basilicata, Calabria e Sicilia – cui
fanno da contraltare Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Liguria.
La disponibilità di una biblioteca
domestica rappresenta un’opportunità che può incoraggiare e favorire il
rapporto con i libri, ma non è una condizione sufficiente a garantire la
lettura.
Tra le persone che dichiarano di
disporre di oltre 400 libri in casa, una su quattro non ne ha letto nemmeno
uno. La lettura dei giovani è influenzata, inoltre, dalle abitudini dei
genitori. Il 75% di bambini di età compresa tra i 6 e i 14 anni con entrambi i
genitori che leggono legge a sua volta almeno un libro nel tempo libero.
Percentuale che scende a 35,4 se padre e madre non sono avvezzi alla lettura.
Dove vengono acquistati o da dove
provengono i libri letti?
La libreria rimane il canale
privilegiato per l’acquisto dei libri. Sia che faccia parte di una catena, sia
che sia una libreria tradizionale. Il 35% dei volumi comprati dagli italiani,
infatti, provengono da lì. Altri luoghi che registrano un’alta percentuale di
acquisti sono la grande distribuzione organizzata (ipermercati, autogrill,
supermercati) che si attesta al 18% e l’edicola, al 17%.
Una buona fetta di libri raggiunge casa
del lettore, poi, da Internet (11%). Percentuali più basse riguardano invece le
fiere, le bancarelle, le cartolibrerie e la vendita per corrispondenza.
Ma i libri possono raggiungere il cuore
del lettore anche attraverso vie alternative che non necessitano l’esborso di
alcuna somma di denaro. Una parte di questi, secondo il rapporto Nielsen, può
essere in casa già da tempo, può essere prestato (16%), può essere frutto di un
regalo (8%). Oppure può venire da una delle oltre 17.000 biblioteche che si
trovano sul territorio nazionale.
Il 18% dei libri letti dagli italiani è
stato richiesto e preso in prestito da queste istituzioni. In ogni caso la
spesa media per acquirente è scesa di nove punti percentuali rispetto al 2014:
un italiano spende in libri 57,47 euro all’anno, per un totale di 1,1 miliardi
di spesa complessiva (anche qui si registra un -14% rispetto al 2012).
Cosa leggono gli italiani?
La lettura nel nostro Paese è legata
allo svago e al tempo libero.
Il 71% predilige la narrativa e la
letteratura, il 15% biografie e autobiografie, il 10% e il 9% storia e
religioni, il 7% politica e attualità. Livelli minimi, poi, – 6 e 5% – per
manuali di taglio accademico e divulgazione scientifica generale.
Editoria digitale:
C’è da chiedersi se in un paese che
legge così poco il fenomeno degli e-book abbia stimolato la lettura. O se, al
contrario, le abitudini degli italiani abbiano arginato la diffusione dei libri
digitali, molto usati negli altri paesi europei.
In Italia i lettori di e-book nel 2014
sono stati il 3,6% della popolazione pari a 1,9 milioni di cittadini. Una cifra
che può sembrare esigua. Ma non lo è perché rappresenta un aumento del 17%
rispetto al 2012 in controtendenza con il calo del 9% dei lettori del cartaceo.
“Se la crisi economica è uno dei fattori
che ha determinato il calo dei lettori italiani – spiega Flavia Cristiano –
bisogna anche registrare il cambiamento delle abitudini culturali e del mondo
del libro, che ormai non è inteso come unico ed esclusivo mezzo di accesso
all’informazione e alla conoscenza. Credo che oggi si legga molto ma si legga
in maniera diversa.
E di questo responsabile è la Rete che
detta ritmi di lettura più veloci e brevi: oggi se devo cercare un’informazione
su un libro non devo leggerlo più tutto ma posso andare a rintracciare
direttamente quella specifica parola o concetto”.
Secondo gli editori, invece, sono altri
i fattori che ostacolano la lettura di libri: la mancanza di efficaci politiche
scolastiche di educazione alla lettura, il basso livello culturale della
popolazione, politiche di incentivazione all’acquisto dei libri inadeguate,
scarsa promozione dei libri e della lettura da parte dei media.
Tutte osservazioni corrette secondo la
direttrice del Cepell, centro voluto dal Ministero per i Beni culturali proprio
per sviluppare politiche di promozione della lettura.
“Siamo un paese che non ha – spiega
Cristiano – politiche di promozione, almeno non a livello unitario. E anche il
Cepell può far poco dal momento che le risorse sono veramente modeste. Noi
stiamo e abbiamo avviato dei progetti, come il Maggio dei libri o In vitro,
cercando di coinvolgere soprattutto i bambini”.
Uno sguardo all’Europa:
I dati emersi sia dall’indagine
Istat, sia dal rapporto Nielsen mostrano un’Italia fanalino di coda della
comunità europea.
Analisi confermata anche da Eurostat,
l’istituto di statistica dell’Unione europea. Sono i paesi del Nord Europa ad
avere un numero maggiore di lettori for leisure, ovvero non per studio o
lavoro ma per piacere: 71,8% la Svezia, 66,2% la Finlandia, 63,2% la Gran
Bretagna.
Il piacere:
Gli italiani che leggono per diletto
sono, però, veramente pochi. Se è vero che il 43% della popolazione ha letto
almeno un libro nel 2014, la percentuale scende drasticamente quando si
considerano i lettori forti, quelli cioè che hanno letto dodici o più libri nel
corso dei dodici mesi: solo il 5%. “La lettura non deve passare come
un’attività legata a un qualche obbligo – continua Cristiano – sottovalutiamo
il piacere, perché nessuno ce lo insegna. Leggere aiuta ad approfondire, a
costruire la propria personalità, a razionalizzare. E tutti devono essere messi
in condizioni di provare questo piacere. Oggi rischiamo di non poterlo fare
più. È un dovere per tutti i cittadini e un vantaggio per la società”.