Prosegue in:
Sempre e solo un sol uomo.... (da 1 a....2)
Il vero inquisitore non picchia...
Parla, intimidisce, sorprende.
Il vero inquisitore sa che un buon interrogatorio o una sana e retta
inquisizione non consiste nelle torture fisiche ma nelle sevizie psicologiche
che seguono le torture fisiche (di quelle ne prova il vero piacere).
Sa che col corpo ridotto a un ammasso di piaghe l’interrogato sarà
felice di rifugiarsi in qualcuno che lo tormenta con le parole e basta.
Sa che dopo tante sofferenze niente come l’annuncio pacato di altre sofferenze
piegherà la sua resistenza fisica e morale.
Il vero inquisitore non si mostra mai coi personaggi della
commedia che ha nome Persecuzione: per rivelarsi aspetta
che il sipario sia calato sul primo atto. Soltanto allora, come un regista
che coordina il lavoro della sua troupe, egli interviene: graduando le domande
con pazienza, studiando le risposte con intelligenza, accettando i silenzi con civiltà.
Tanto a lui non importa rivelazioni straordinarie o immediate. Gli
interessano piuttosto piccole notizie con cui comporre il mosaico che gli
consentirà di individuare i punti vulnerabili della sua vittima, provocare
in lei senso di incertezza e di paura, infine l’abbandono totale.
Per questo quando l’inquisitore si presenta, non basta rifiutargli risposte.
Bisogna rifiutargli anche il dialogo, ogni forma di dialogo, e tenere il
cervello all’erta. Naturalmente è difficile: le torture fisiche diminuiscono il
funzionamento cerebrale. Però è necessario sforzarsi se si vuole capire
dove è giunta l’inchiesta, quel che hanno scoperto o non hanno scoperto.
Occhi e orecchi aperti, dunque…
…E memoria (1*),
fantasia, perché l’inquisitore non ha fantasia: è un tipo che vede il
potere come un fenomeno esterno, un cumulo di mezzi per conservare lo
status quo senza affaticarsi nella problematica. Non che sia un cretino o un
vanitoso assetato di gloria: spesso non è sollecitato nemmeno da ambizioni
personali, si accontenta di essere uno sconosciuto appena autorevole e
cioè di stare nell’-anticamera del Potere.
(O. Fallaci, Un Uomo)
(1*) Inquisitore - L’inquisitore fu una figura centrale nella repressione dei
reati contro la fede (intesa anche quale fede di vita circa il come concepire
la propria ed altrui esistenza… nella comune materia distribuita…) in quanto
rappresentante del papa, che gli delegava il proprio potere di giudicare i
colpevoli di eresia. Sono fondamentali anche i suoi rapporti con i vescovi, che
avevano l’autorità ordinaria di perseguire gli stessi reati nella propria diocesi
e con le autorità secolari, che erano indispensabili al funzionamento dei
tribunali della fede. Le funzioni, l’attività e i rapporti degli inquisitori
con le autorità ecclesiastiche e civili mutarono nel tempo ed ebbero
caratteristiche parzialmente diverse nei vari territori dove operarono. In
questa voce si cercheranno di delineare sinteticamente alcuni degli aspetti più
rilevanti della figura dell’inquisitore, in modo da offrire un quadro di
riferimento generale entro cui collocare le notizie e informazioni al riguardo che
sono presenti in molte voci del Dizionario, senza voler entrare nel dettaglio
delle questioni e pretendere di proporre tutta la storia del sistema
inquisitoriale dal medioevo a oggi.
Gli uffici medievali dell’Inquisizione: poche e
insicure sono le notizie sui primi inquisitori fornite da scarsi documenti e da
brevi accenni presenti in alcune cronache. Risale al 12 giugno 1227 la nomina
papale a cercatori e persecutori di eretici di Conrad von Marburg e dei suoi collaboratori. Non si trattava di un tribunale
itinerante, ma di un gruppo di giudici delegati che sollecitava i vescovi a
fare processi e premeva sulle magistrature secolari per l’esecuzione delle
sentenze. Fino ad allora avevano proceduto nei delitti contro la fede i vescovi
e, durante la crociata contro i catari in Linguadoca, dei legati pontifici, quasi
tutti cistercensi.
Gregorio
IX (1227-1241), pur continuando a
sollecitare l’azione dei vescovi, decise di delegare sempre più ai frati
domenicani il potere di agire come giudici speciali nei confronti degli
eretici. Tra il 1231 e il 1238 nominò diversi inquisitori domenicani in Italia,
in Francia, nel Regno di Aragona e in quello di Navarra.
Più tardi Innocenzo
IV (1243-1254) con la lettera ‘Cum super inquisitione’ dell’8 giugno 1254
organizzò la rete inquisitoriale della Penisola italiana in otto distretti, che
affidò in parte ai domenicani (Lombardia e Regno di Napoli) e in parte ai
francescani (Marca Trevigiana, Romagna, Toscana, Marche, Umbria e Lazio).
Molto scarsa e frammentaria risulta la
documentazione superstite della loro azione. Notevole fu l’attività degli
inquisitori in Linguadoca verso la metà del Duecento e oltre, della quale è
rimasta invece una discreta documentazione. Inquisitori furono presenti in
seguito anche in Inghilterra (per la repressione dei templari), in Polonia, in
Portogallo e nei Paesi Bassi. All’inizio la designazione degli inquisitori
rimase teoricamente in mano ai papi, ma poco a poco questo potere fu lasciato
ai superiori provinciali o locali degli Ordini mendicanti.
Gli inquisitori non ebbero sempre rapporti
facili con i vescovi, che si vedevano limitare e talvolta contrastare la
propria autorità giurisdizionale e neppure con le autorità secolari, non di
rado poco disposte ad eseguire i loro ordini, soprattutto nei primi tempi. I
giudici della fede non frequentavano scuole particolari: generalmente si
formavano nei normali Studia dell’Ordine cui appartenevano, erano di solito maestri
in Teologia e avevano una certa conoscenza del diritto canonico e civile.
L’inquisitore
costruiva la sua ‘cultura’ sul
campo, cominciando talvolta come vicario e venendo quindi istruito e iniziato
ai suoi compiti da colleghi già esperti. L’età minima richiesta per rivestire
l’incarico, stabilita da Clemente V al Concilio di Vienne (1311-1312), era di
quarant’anni. Lo stesso Concilio regolò i rapporti tra inquisitori e vescovi
con le norme della Multorum querela. La situazione non sempre chiara riguardo
alle nomine, alle giurisdizioni territoriali, alla competenza sui delitti
contro la fede, ai limiti di intervento dei singoli inquisitori, ma soprattutto
le scarse comunicazioni fra delegante e delegati, in pratica una certa mancanza
di regole e di comportamenti omogenei, che dominò per quasi tutto il medioevo,
mutò in parte tra il XV e il XVI secolo con la centralizzazione dei tribunali
della fede che avvenne in Spagna, Portogallo e Italia.
Inquisizione
spagnola e Inquisizione portoghese: Il I
novembre 1478 Sisto IV (1471-1484)
con la bolla ‘Exigit sincerae devotionis affectus’ fondò l’Inquisizione
spagnola, autorizzando i sovrani di Spagna a nominare, ma eventualmente anche a
revocare o sostituire, tre inquisitori per ogni città o diocesi del loro
territorio. Cinque anni dopo fu istituita all’interno dell’Inquisizione spagnola
una gerarchia che moderava il potere concesso precedentemente. A capo
dell’istituzione fu nominato dal papa su proposta del re un inquisitore
generale. Si formò un Consiglio generale centrale composto da tre, cinque o
talvolta sette membri, che coordinavano i tribunali di distretto e nei quali
nominavano da due a quattro inquisitori. Questi erano scelti, nella maggioranza
dei casi, tra la piccola nobiltà: i giudici, in genere letrados, dovevano avere
frequentato una delle università più prestigiose (Salamanca, Alcalá de Henares
o Valladolid), terminati i loro studi in Diritto canonico e spesso anche civile
nei sei Colegios Mayores e avere un’età di almeno quarant’anni, abbassata poi a
trenta. Spesso iniziavano la carriera come procuratori fiscali e potevano
passare man mano nelle sedi più prestigiose e talvolta entrare nel Consiglio
della Suprema Inquisizione o ottenere un vescovado. Le loro competenze nella
sede di distretto pare fossero minori di quelle dei loro pari grado operanti
nell’Inquisizione romana e venivano regolate dalle istruzioni della Suprema
emanate sin dai primi anni di attività del tribunale iberico. Non ci furono praticamente
rapporti tra gli inquisitori e i vescovi nella gestione del tribunale.
Gli
inquisitori normalmente risiedevano nella
città principale e, a partire dall’inizio del Cinquecento, ogni anno dovevano
effettuare la visita del distretto, pratica fortemente ridotta alla fine del
secolo e nel primo Seicento. Essi si servivano stabilmente di commissari
dislocati sul territorio per raccogliere informazioni e denunce e svolgere
altre mansioni, con l’ausilio di vario personale e dei familiari.
Con la bolla ‘Cum ad nihil magis’ emessa il 23 maggio 1536 da Paolo III (1534-1549) ebbe origine
anche l’Inquisizione portoghese. In essa il papa nominava tre vescovi (di
Ceuta, di Coimbra e di Lamego) come inquisitori generali e concedeva al re
portoghese la nomina di un quarto, scelto fra i vescovi, i religiosi o il clero
secolare, laureato in Teologia o in Diritto canonico. In realtà, a guidare il
tribunale fu sempre un inquisitore generale soltanto, secondo un sistema che fu
ufficializzato nel 1547 dalla bolla ‘Meditatio cordis’, che segnò la fine della
fase di fondazione del Sant’Uffizio. La situazione degli inquisitori dei tre
tribunali del regno (Coimbra, Évorae Lisbona), molti dei quali formati in
Diritto canonico, fu regolata da istruzioni simili a quelle dell’Inquisizione
spagnola. A Goa, invece, dove fu attivo l’unico tribunale extraeuropeo, fu
consistente anche il reclutamento di regolari. Anche nell’Inquisizione
portoghese ebbero luogo le visite del distretto tra metà Cinquecento e metà
Seicento, ordinate dal Consiglio generale.
Inquisizione
romana: con la bolla ‘Licet
ab initio’ del 21 luglio 1542 Paolo III decise di accentrare a Roma il
controllo della repressione dell’eresia protestante diffusa tra parecchi alti
prelati e nelle diocesi italiane e organizzò la Congregazione del Sant’Uffizio,
la cui giurisdizione avrebbe dovuto ricoprire tutta la cristianità con
l’esclusione dei territori spagnoli e portoghesi, ma di fatto si limitò
all’Italia e a poche altre zone. Il papa nominò una commissione di sei
cardinali inquisitori, cui attribuì i più ampi poteri, annullando ogni
esenzione e privilegio. I cardinali delegavano i loro poteri a dei frati
domenicani o francescani laureati in Teologia ed esperti in Diritto canonico, di
età superiore ai trent’anni, scelti all’inizio dai superiori dei loro Ordini.
Nei decenni successivi la nomina degli inquisitori venne sottratta lentamente
ai superiori degli Ordini e fu effettuata direttamente dalla Congregazione,
anche se probabilmente gli Ordini fornivano i nominativi di coloro che
ritenevano più adeguati a tale compito. Nella maggioranza delle sedi locali gli
inquisitori erano domenicani, mentre erano minori conventuali nel Granducato di
Toscana e nella provincia del Santo nella Repubblica di Venezia (con l’eccezione
della città di Venezia dal 1560 in poi). A Malta erano invece ecclesiastici
secolari, che ricoprivano contemporaneamente
l’incarico di nunzio apostolico….
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