Prosegue con la Storia
Benché l’incomparabile e decantatissima maestà di
questa città meriti un pennello più elegante e curioso per dipingerla coi suoi veri colori più che
con i miei, poiché confesso ingenuamente la mia insufficienza e indegnità, come
se fossi il più indegno fra tutti a descrivere una Vergine così bella, così
rinomata, così gloriosa perché la mia penna rozza potrebbe piuttosto macchiare ed eclissare i
raggi splendenti della sua ineguagliabile lode di bellezza, piuttosto che
aggiungervi lustro: eppure, poiché ho finora continuato questa esile e nuda
narrazione delle mie osservazioni di cinque mesi di viaggi in paesi stranieri,
questa nobile città in un certo senso mi sfida, che io la descriva anche così
come le altre città che ho visto nel mio viaggio, in parte perché mi ha offerto
un intrattenimento molto amorevole e gentile per lo spazio di sei settimane,
che è stato il periodo più dolce che io abbia mai trascorso per l’intera mia
esistenza.
Per la Storia che la creò e fece così bella, però, dobbiamo appuntare taluni episodi disdicevoli, annotare direi, giacché in questo mio cammino attraverso l’odierno Viaggio, mi hanno sorpreso...
Il primo luogo di Venezia che fu abitato fu il Rialto, quello che ora chiamano il primo Rialto abitato deriva da rivus altus, cioè un profondo fiume, perché l’acqua lì è più profonda che intorno alle altre isole. E il primo che abitò nello stesso Rialto fu un povero uomo chiamato Joannes Bonus, che si guadagnava da vivere lì pescando.
Dopo di ciò molti si rifugiarono presso la casa di
quest’uomo per la sicurezza delle loro vite al tempo di Radagiso, Re dei Goti,
perché con un enorme esercito di duecentomila uomini invase l’Italia,
devastandola a ferro e fuoco, finché, preso Fiesole, un luogo vicino a Firenze,
dal console Stillico, nel diciottesimo anno del regno di Onorio Imperatore e nell’anno
Domini quattrocentonove, fu impiccato per la sua barbara crudeltà.
Circa cinque anni dopo la morte di Radagiso,
Alarico, un altro Re Goto, giunse in Italia e saccheggiò gravemente la
campagna, tanto che molti abitanti terrieri furono costretti a ritirarsi nella
laguna, dove costruirono piccole e povere case su alcune delle piccole isole, o
meglio su quell’isola vicino a Rialto.
Non molto tempo dopo, poco dopo la morte di Alarico, qual Flagello di Dio, giunse in Italia Attila re degli Unni, e devastò il paese con una inaudita ferocia al tempo dell’imperatore Marziano. Grande fu la rovina dell’Italia al tempo di quest’uomo, che distrusse completamente Aquileia, Milano, Padova e molte altre città nobili, radendole al suolo. Pertanto, a coloro che abitavano le diverse isole della laguna, se ne aggiunsero altri mandati a Padova, i quali gettarono le prime fondamenta di questa gloriosa città di Venezia il giorno 25 maggio verso mezzogiorno, nell’anno quattrocentocinquantasette, il terzo anno dell’imperatore Marziano.
E per il miglior compimento di questa nobile impresa furono eletti tre consoli dai cittadini di Padova, che avevano la carica principale su tutti gli altri, i cui nomi erano Tommaso Candiano, Alberto Faletro, Zenus Daulus. Quanto al nome della città, deriva da una provincia o territorio chiamato Venetia. Infatti, quella parte della Lombardia che ora è chiamata Marca Tarvisiana, aveva in precedenza il nome di Venetia, parola alterata rispetto al nome antico con l’aggiunta della lettera V.
L’antico nome di Venezia era Enetia, che derivava
dalla parola Eneti, un popolo della Paflagonia che accompagnò Antenore in tutto
il suo viaggio tra il loro paese e la città di Padova, che in seguito fondò.
Pertanto, poiché ci fu una trasmigrazione di tutte le principali famiglie dei
territori di Venezia in questa città di nuova fondazione, pensarono opportuno
imporre il nome di Venetia, dopo di che la provincia perse il suo nome e la
città lo ha sempre mantenuto fino a oggi. Questo per quanto riguarda il primo
nome originale di Venezia.
C’è un solo ponte per attraversare il grande canale, che è lo stesso che porta da San Marco a Rialto e unisce entrambe le rive del canale. Questo ponte è comunemente chiamato Ponte di Rialto, ed è di gran lunga il più bello per un solo arco che abbia mai visto, letto o sentito. Si dice infatti che sia costato circa ottantamila corone, che fanno ventiquattromila sterline. In verità, la vista esatta di ciò mi ha procurato non poca ammirazione nel vedere un ponte di quella lunghezza (poiché è lungo duecento piedi, il canale è largo almeno quaranta passi, come ho già scritto) così curiosamente compatto insieme da un solo arco; e mi fece subito ricordare il famosissimo ponte dell’imperatore Traiano, così celebrato dagli storici antichi, in particolare dal degno autore greco Dione Cassio, che costruì sul Danubio per entrare nella regione della Dacia, ora chiamata in parte Valacchia e in parte Transilvania, quando mosse guerra al re Decebalo.
Infatti, lo stesso autore scrive che il suddetto ponte, costruito interamente in pietra squadrata, conteneva venti arcate, ciascuna delle quali era alta centocinquanta piedi sessanta piedi di larghezza, e la circonferenza di ogni arco tra i pilastri comprendeva centosessanta piedi di arco. Ma questo incomparabile ponte a un’arcata, più grande di Rialto, supera di gran lunga il più bell’arco di Traiano sia in lunghezza che in larghezza. Infatti, questo è sia quaranta piedi più lungo di qualsiasi arco del suo ponte, sia cento piedi più largo, come dichiarerò più avanti nella sua descrizione più dettagliata. Ma in altezza credo che sia leggermente inferiore all’altro. Per il confronto di entrambi i ponti in base alla larghezza e alla lunghezza dei loro archi, ho ritenuto opportuno menzionare (e spero non del tutto impertinentemente) il suddetto ponte dell’Imperatore in questo luogo.
Ma ora procederò con la descrizione di questo impareggiabile ponte di Venezia. Inizialmente fu costruito solo con legname (come ho sentito dire da diversi gentiluomini veneziani), ma poiché ciò non corrispondeva alla magnificenza delle altre parti della città, lo deturparono e costruirono questo sontuosissimo ponte con pietra bianca squadrata, con due belle file di botteghe sul ponte e graziose casette per artigiani, che sono solo botteghe, non abitazioni.
Di queste botteghe ce ne sono due su ciascun lato
del ponte fino alla sommità. Dal lato di questo ponte, che è verso San Marco,
ci sono dieci rampe di scale che portano alla sommità, dall’altro lato, verso
Rialto, dodici rampe. Allo stesso modo, dietro queste botteghe ci sono delle
bellissime scale che portano alla sommità, che si estendono in lunghezza dal
retro fino al bordo più lontano del ponte.
Di queste scale dietro le botteghe ce ne sono quattro coppie, due dietro le due file di botteghe da un lato del ponte e altrettante dall’altro, e ogni grado di scale contiene cinquantacinque gradini. Inoltre, questo ponte ha due bellissime terrazze o ringhiere realizzate sul bordo dello stesso da entrambi i lati, per sporgersi e ammirare i bei palazzi lungo il Canal Grande, ognuno dei quali ha sei diverse partizioni a ogni salita, ciascuna delle quali contiene nove piccole colonne tornite di pietra bianca. E in cima ci sono altre due partizioni sul marciapiede, che è lungo trentadue passi, cioè centosessanta piedi. Tanta è la larghezza del ponte.
Così che ogni lato del ponte contiene in tutto
quattordici diverse ringhiere o tramezzi in pietra, di cui sei costituiscono
una salita, sei un’altra, e due si trovano sul marciapiede pianeggiante in
cima. Tutti i tramezzi su entrambi i lati sono in numero di ventotto, e tutti i
pilastri sono duecentocinquantadue.
In cima al ponte, direttamente sopra quelle file di edifici di cui ho parlato, dove si trovano le botteghe degli artigiani, si trovano due begli archi a un’altezza piuttosto comoda che adornano notevolmente il ponte. In quegli archi ho visto il ritratto delle teste di due giganti unni che giunsero in Italia con Re Attila, realizzato con grande precisione all’interno della cima.
(Thomas Coryat)
Coryat annota le sue impressioni riguardo al
continente frettolosamente, come erano state frettolosamente assorbite nel
corso dei cinque mesi di Viaggio tra i Paesi Bassi e l’Italia. Ad onta delle
aspettative dell’autore, il suo libro di memorie scritto in modo brillante e
colmo di umorismo nello stile dell’epoca, non trovò un editore disposto a
pubblicarlo.
Coryat si rivolse ad un gruppo di amici che
corredano l’opera di panegirici allo scopo di convincere l’editore a invogliare
anche gli eventuali lettori. Vi troviamo allora Ben Jonson, autore della
commedia ‘Il volpone’; nella prima frase questi scrive:
‘Ecco una macchina, tutta composta di estremità, di
testa, di dita e di piedi. Ciò che i suoi laboriosi piedi hanno misurato, le
sue veloci dita hanno trascritto e la sua fine testa ha dettato’
Quindi sono i viandanti gli autori delle più
interessanti relazioni di viaggio. Il loro modo di spostarsi li legava più
strettamente all’ambiente visitato. In maniera più intensa provavano i disagi
del pernottamento e risentivano delle condizioni del clima e del tempo.
È ancora più importante il fatto che chi andava a
piedi si attaccasse più facilmente alla Natura attraversata, il viaggiatore a
piedi era inammissibile per un nobile, a meno che non fosse decaduto o lo
facesse in incognito. Allora, chi sono questi viandanti?
Eccone uno, ovvero un antico pagano… e leggiamo dal suo diario:
26 GIUGNO 2025: Attila è sceso dalle Alpi!
Venezia, 24/06/2025 - Extinction Rebellion ha calato un grande striscione da una gru di fronte all’Hotel Danieli, dove alloggiano alcuni degli ospiti dello sfarzoso matrimonio di Bezos. Lo slogan “Tassare i ricchi per ridare al pianeta” mette l’accento sull’impatto che i consumi dei super ricchi hanno su ambiente e clima e suggerisce che i patrimoni ultramiliardari vengano tassati per finanziare una transizione ecologica giusta e democratica
Mentre Venezia si prepara ad accogliere tantissimi
ultra miliardari per il matrimonio di Jeff Bezos, un grande striscione con
scritto: “Tassare i ricchi per ridare al pianeta” e la popolare effige del
Robin Hood di Walt Disney, è comparso oggi pomeriggio in cima alla gru
antistante l’Hotel Danieli, a Venezia. Alla chiusura del cantiere in Riva degli
Schiavoni, non appena gli operai si sono allontanati, quattro persone di
Extinction Rebellion si sono arrampicate sulla gru, assicurate con imbraghi e
caschetti di protezione. Arrivati in cima, i climber travestiti da Robin Hood,
hanno esposto lo striscione.
Il luogo è simbolico: l’Hotel Danieli è infatti uno
degli hotel di lusso nel centro di Venezia dove in questi giorni alloggiano gli
ospiti di Jeff Bezos. Anche il travestimento ha una forte carica simbolica,
come spiega Jorge, una delle persone di Extinction Rebellion presenti sul
posto: “Sabato a Venezia si celebrerà il matrimonio del secondo uomo più ricco
del mondo.” - racconta - “Uno sfoggio di ricchezza e un divario tra chi ha
troppo e chi troppo poco che ricorda i tempi di Robin Hood e del principe Giovanni.
Robin Hood rubava ai ricchi per donare ai poveri, Extinction Rebellion più
semplicemente chiede che chi ha troppo venga tassato per finanziare una
transizione ecologica giusta e democratica”.
Il riferimento è alle notizie che trapelano sullo sfarzoso matrimonio, i cui ospiti arriveranno con 80 jet privati e per cui la sposa ha in programma 27 cambi d’abito. Un evento contestato da molti cittadini riuniti nel comitato “No space for Bezos”, che raccoglie, oltre a Extinction Rebellion, il centro sociale Morion, ANPI e i comitati cittadini contro la turistificazione che accusano il sindaco Brugnaro di avere svenduto la città.
Extinction Rebellion, in particolare, pone
l’accento sul contributo sproporzionato dei super ricchi all’aumento della
temperatura globale, confermato da numerosi studi il più recente dei quali,
pubblicato su Nature Climate Change in maggio, mostra come l’1% più ricco della
popolazione - coloro che guadagnano più di € 147.200 l’anno - sia responsabile
del 20% dell’aumento delle temperature.
Mentre lo 0,1% - le circa 800mila persone con un
reddito personale superiore ai 537.000 euro e a cui appartengono personaggi
come Jeff Bezos, Bill Gates e Mark Zuckerberg - sono responsabili per un
notevole 8%. E tuttavia, secondo il Tax Justice Network, applicando una tassa
del solo 2 - 3% sui patrimoni più ricchi si potrebbero ricoprire i costi
finanziari per la riduzione dell’impatto del cambiamento climatico della
maggior parte delle nazioni, raccogliendo fino a 2.600 miliardi di dollari.
E infatti ieri, in piazza San Marco, Greenpeace su uno striscione di 400 metri quadrati, ha esposto la scritta “If you can rent Venice for your wedding, you can pay more tax” affiancata da volto beffardo di Jeff Bezos. Ovvero: “Se puoi affittare Venezia, puoi pagare più tasse”.
Ma già lunedì scorso, attivisti del comitato
cittadino avevano calato uno striscione con scritto “Bezos” con una croce rossa
sopra, dal campanile della chiesa di San Giorgio, dove potrebbe svolgersi la
cerimonia nuziale. E subito era divampata la polemica.
Sia il sindaco Luigi Brugnaro che il presidente della Regione Gianluca Zaia hanno infatti attaccato la protesta e auspicato che Venezia “accolga a braccia aperte chi come Bezos porta visibilità e ricchezza alla città”.
L’eco delle polemiche è arrivata oltreoceano e ha
spinto l’entourage di Bezos a rilasciare dichiarazioni rassicuranti
sull’impatto e il sostegno alla città, attraverso organizzazioni no-profit e
progetti associati, il ricorso a maestranze e prodotti locali.
“Venezia, l’Italia e il pianeta non hanno bisogno
di graziose concessioni filantropiche. Siamo cittadini, non sudditi” - afferma
Jorge di Extinction Rebellion - “Le stesse persone che stanno causando la
scomparsa della nostra città sono qui a festeggiare, col benestare del sindaco
Brugnaro, imprenditore indagato per corruzione”.
Un messaggio che sarà rilanciato sabato 28 giugno, in una grande manifestazione nel giorno del grande party finale, spostato all’Arsenale per tentare di ridurre l’impatto delle contestazioni.
(Extinction Rebellion)