CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
30 MAGGIO 1924

giovedì 26 giugno 2025

25 MAGGIO 457








Precedenti capitoli di Storia  


Prosegue con la Storia 


(& un esempio)  [2]  &  [1]







Benché l’incomparabile e decantatissima maestà di questa città meriti un pennello più elegante e curioso  per dipingerla coi suoi veri colori più che con i miei, poiché confesso ingenuamente la mia insufficienza e indegnità, come se fossi il più indegno fra tutti a descrivere una Vergine così bella, così rinomata, così gloriosa perché la mia penna rozza potrebbe piuttosto macchiare ed eclissare i raggi splendenti della sua ineguagliabile lode di bellezza, piuttosto che aggiungervi lustro: eppure, poiché ho finora continuato questa esile e nuda narrazione delle mie osservazioni di cinque mesi di viaggi in paesi stranieri, questa nobile città in un certo senso mi sfida, che io la descriva anche così come le altre città che ho visto nel mio viaggio, in parte perché mi ha offerto un intrattenimento molto amorevole e gentile per lo spazio di sei settimane, che è stato il periodo più dolce che io abbia mai trascorso per l’intera mia esistenza.

 

Per la Storia che la creò e fece così bella, però, dobbiamo appuntare taluni episodi disdicevoli, annotare direi, giacché in questo mio cammino attraverso l’odierno Viaggio, mi hanno sorpreso...




Il primo luogo di Venezia che fu abitato fu il Rialto, quello che ora chiamano il primo Rialto abitato deriva da rivus altus, cioè un profondo fiume, perché l’acqua lì è più profonda che intorno alle altre isole. E il primo che abitò nello stesso Rialto fu un povero uomo chiamato Joannes Bonus, che si guadagnava da vivere lì pescando.

 

Dopo di ciò molti si rifugiarono presso la casa di quest’uomo per la sicurezza delle loro vite al tempo di Radagiso, Re dei Goti, perché con un enorme esercito di duecentomila uomini invase l’Italia, devastandola a ferro e fuoco, finché, preso Fiesole, un luogo vicino a Firenze, dal console Stillico, nel diciottesimo anno del regno di Onorio Imperatore e nell’anno Domini quattrocentonove, fu impiccato per la sua barbara crudeltà.

 

Circa cinque anni dopo la morte di Radagiso, Alarico, un altro Re Goto, giunse in Italia e saccheggiò gravemente la campagna, tanto che molti abitanti terrieri furono costretti a ritirarsi nella laguna, dove costruirono piccole e povere case su alcune delle piccole isole, o meglio su quell’isola vicino a Rialto.




Non molto tempo dopo, poco dopo la morte di Alarico, qual Flagello di Dio, giunse in Italia Attila re degli Unni, e devastò il paese con una inaudita ferocia al tempo dell’imperatore Marziano. Grande fu la rovina dell’Italia al tempo di quest’uomo, che distrusse completamente Aquileia, Milano, Padova e molte altre città nobili, radendole al suolo. Pertanto, a coloro che abitavano le diverse isole della laguna, se ne aggiunsero altri mandati a Padova, i quali gettarono le prime fondamenta di questa gloriosa città di Venezia il giorno 25 maggio verso mezzogiorno, nell’anno quattrocentocinquantasette, il terzo anno dell’imperatore Marziano.




E per il miglior compimento di questa nobile impresa furono eletti tre consoli dai cittadini di Padova, che avevano la carica principale su tutti gli altri, i cui nomi erano Tommaso Candiano, Alberto Faletro, Zenus Daulus. Quanto al nome della città, deriva da una provincia o territorio chiamato Venetia. Infatti, quella parte della Lombardia che ora è chiamata Marca Tarvisiana, aveva in precedenza il nome di Venetia, parola alterata rispetto al nome antico con l’aggiunta della lettera V.

 

L’antico nome di Venezia era Enetia, che derivava dalla parola Eneti, un popolo della Paflagonia che accompagnò Antenore in tutto il suo viaggio tra il loro paese e la città di Padova, che in seguito fondò. Pertanto, poiché ci fu una trasmigrazione di tutte le principali famiglie dei territori di Venezia in questa città di nuova fondazione, pensarono opportuno imporre il nome di Venetia, dopo di che la provincia perse il suo nome e la città lo ha sempre mantenuto fino a oggi. Questo per quanto riguarda il primo nome originale di Venezia.

 



C’è un solo ponte per attraversare il grande canale, che è lo stesso che porta da San Marco a Rialto e unisce entrambe le rive del canale. Questo ponte è comunemente chiamato Ponte di Rialto, ed è di gran lunga il più bello per un solo arco che abbia mai visto, letto o sentito. Si dice infatti che sia costato circa ottantamila corone, che fanno ventiquattromila sterline. In verità, la vista esatta di ciò mi ha procurato non poca ammirazione nel vedere un ponte di quella lunghezza (poiché è lungo duecento piedi, il canale è largo almeno quaranta passi, come ho già scritto) così curiosamente compatto insieme da un solo arco; e mi fece subito ricordare il famosissimo ponte dell’imperatore Traiano, così celebrato dagli storici antichi, in particolare dal degno autore greco Dione Cassio, che costruì sul Danubio per entrare nella regione della Dacia, ora chiamata in parte Valacchia e in parte Transilvania, quando mosse guerra al re Decebalo.




Infatti, lo stesso autore scrive che il suddetto ponte, costruito interamente in pietra squadrata, conteneva venti arcate, ciascuna delle quali era alta centocinquanta piedi sessanta piedi di larghezza, e la circonferenza di ogni arco tra i pilastri comprendeva centosessanta piedi di arco. Ma questo incomparabile ponte a un’arcata, più grande di Rialto, supera di gran lunga il più bell’arco di Traiano sia in lunghezza che in larghezza. Infatti, questo è sia quaranta piedi più lungo di qualsiasi arco del suo ponte, sia cento piedi più largo, come dichiarerò più avanti nella sua descrizione più dettagliata. Ma in altezza credo che sia leggermente inferiore all’altro. Per il confronto di entrambi i ponti in base alla larghezza e alla lunghezza dei loro archi, ho ritenuto opportuno menzionare (e spero non del tutto impertinentemente) il suddetto ponte dell’Imperatore in questo luogo.




Ma ora procederò con la descrizione di questo impareggiabile ponte di Venezia. Inizialmente fu costruito solo con legname (come ho sentito dire da diversi gentiluomini veneziani), ma poiché ciò non corrispondeva alla magnificenza delle altre parti della città, lo deturparono e costruirono questo sontuosissimo ponte con pietra bianca squadrata, con due belle file di botteghe sul ponte e graziose casette per artigiani, che sono solo botteghe, non abitazioni.

 

Di queste botteghe ce ne sono due su ciascun lato del ponte fino alla sommità. Dal lato di questo ponte, che è verso San Marco, ci sono dieci rampe di scale che portano alla sommità, dall’altro lato, verso Rialto, dodici rampe. Allo stesso modo, dietro queste botteghe ci sono delle bellissime scale che portano alla sommità, che si estendono in lunghezza dal retro fino al bordo più lontano del ponte.




Di queste scale dietro le botteghe ce ne sono quattro coppie, due dietro le due file di botteghe da un lato del ponte e altrettante dall’altro, e ogni grado di scale contiene cinquantacinque gradini. Inoltre, questo ponte ha due bellissime terrazze o ringhiere realizzate sul bordo dello stesso da entrambi i lati, per sporgersi e ammirare i bei palazzi lungo il Canal Grande, ognuno dei quali ha sei diverse partizioni a ogni salita, ciascuna delle quali contiene nove piccole colonne tornite di pietra bianca. E in cima ci sono altre due partizioni sul marciapiede, che è lungo trentadue passi, cioè centosessanta piedi. Tanta è la larghezza del ponte.

 

Così che ogni lato del ponte contiene in tutto quattordici diverse ringhiere o tramezzi in pietra, di cui sei costituiscono una salita, sei un’altra, e due si trovano sul marciapiede pianeggiante in cima. Tutti i tramezzi su entrambi i lati sono in numero di ventotto, e tutti i pilastri sono duecentocinquantadue.

 

In cima al ponte, direttamente sopra quelle file di edifici di cui ho parlato, dove si trovano le botteghe degli artigiani, si trovano due begli archi a un’altezza piuttosto comoda che adornano notevolmente il ponte. In quegli archi ho visto il ritratto delle teste di due giganti unni che giunsero in Italia con Re Attila, realizzato con grande precisione all’interno della cima. 

(Thomas Coryat)





 

Coryat annota le sue impressioni riguardo al continente frettolosamente, come erano state frettolosamente assorbite nel corso dei cinque mesi di Viaggio tra i Paesi Bassi e l’Italia. Ad onta delle aspettative dell’autore, il suo libro di memorie scritto in modo brillante e colmo di umorismo nello stile dell’epoca, non trovò un editore disposto a pubblicarlo.

 

Coryat si rivolse ad un gruppo di amici che corredano l’opera di panegirici allo scopo di convincere l’editore a invogliare anche gli eventuali lettori. Vi troviamo allora Ben Jonson, autore della commedia ‘Il volpone’; nella prima frase questi scrive:

 

‘Ecco una macchina, tutta composta di estremità, di testa, di dita e di piedi. Ciò che i suoi laboriosi piedi hanno misurato, le sue veloci dita hanno trascritto e la sua fine testa ha dettato’

 

Quindi sono i viandanti gli autori delle più interessanti relazioni di viaggio. Il loro modo di spostarsi li legava più strettamente all’ambiente visitato. In maniera più intensa provavano i disagi del pernottamento e risentivano delle condizioni del clima e del tempo.

 

È ancora più importante il fatto che chi andava a piedi si attaccasse più facilmente alla Natura attraversata, il viaggiatore a piedi era inammissibile per un nobile, a meno che non fosse decaduto o lo facesse in incognito. Allora, chi sono questi viandanti? 

 

Eccone uno, ovvero un antico pagano… e leggiamo dal suo diario: 

 

 

26 GIUGNO 2025: Attila è sceso dalle Alpi!              




     

 

Venezia, 24/06/2025 - Extinction Rebellion ha calato un grande striscione da una gru di fronte all’Hotel Danieli, dove alloggiano alcuni degli ospiti dello sfarzoso matrimonio di Bezos. Lo slogan “Tassare i ricchi per ridare al pianeta” mette l’accento sull’impatto che i consumi dei super ricchi hanno su ambiente e clima e suggerisce che i patrimoni ultramiliardari vengano tassati per finanziare una transizione ecologica giusta e democratica

 

Mentre Venezia si prepara ad accogliere tantissimi ultra miliardari per il matrimonio di Jeff Bezos, un grande striscione con scritto: “Tassare i ricchi per ridare al pianeta” e la popolare effige del Robin Hood di Walt Disney, è comparso oggi pomeriggio in cima alla gru antistante l’Hotel Danieli, a Venezia. Alla chiusura del cantiere in Riva degli Schiavoni, non appena gli operai si sono allontanati, quattro persone di Extinction Rebellion si sono arrampicate sulla gru, assicurate con imbraghi e caschetti di protezione. Arrivati in cima, i climber travestiti da Robin Hood, hanno esposto lo striscione.

 

Il luogo è simbolico: l’Hotel Danieli è infatti uno degli hotel di lusso nel centro di Venezia dove in questi giorni alloggiano gli ospiti di Jeff Bezos. Anche il travestimento ha una forte carica simbolica, come spiega Jorge, una delle persone di Extinction Rebellion presenti sul posto: “Sabato a Venezia si celebrerà il matrimonio del secondo uomo più ricco del mondo.” - racconta - “Uno sfoggio di ricchezza e un divario tra chi ha troppo e chi troppo poco che ricorda i tempi di Robin Hood e del principe Giovanni. Robin Hood rubava ai ricchi per donare ai poveri, Extinction Rebellion più semplicemente chiede che chi ha troppo venga tassato per finanziare una transizione ecologica giusta e democratica”.




Il riferimento è alle notizie che trapelano sullo sfarzoso matrimonio, i cui ospiti arriveranno con 80 jet privati e per cui la sposa ha in programma 27 cambi d’abito. Un evento contestato da molti cittadini riuniti nel comitato “No space for Bezos”, che raccoglie, oltre a Extinction Rebellion, il centro sociale Morion, ANPI e i comitati cittadini contro la turistificazione che accusano il sindaco Brugnaro di avere svenduto la città.

 

Extinction Rebellion, in particolare, pone l’accento sul contributo sproporzionato dei super ricchi all’aumento della temperatura globale, confermato da numerosi studi il più recente dei quali, pubblicato su Nature Climate Change in maggio, mostra come l’1% più ricco della popolazione - coloro che guadagnano più di € 147.200 l’anno - sia responsabile del 20% dell’aumento delle temperature.

 

Mentre lo 0,1% - le circa 800mila persone con un reddito personale superiore ai 537.000 euro e a cui appartengono personaggi come Jeff Bezos, Bill Gates e Mark Zuckerberg - sono responsabili per un notevole 8%. E tuttavia, secondo il Tax Justice Network, applicando una tassa del solo 2 - 3% sui patrimoni più ricchi si potrebbero ricoprire i costi finanziari per la riduzione dell’impatto del cambiamento climatico della maggior parte delle nazioni, raccogliendo fino a 2.600 miliardi di dollari.




E infatti ieri, in piazza San Marco, Greenpeace su uno striscione di 400 metri quadrati, ha esposto la scritta “If you can rent Venice for your wedding, you can pay more tax” affiancata da volto beffardo di Jeff Bezos. Ovvero: “Se puoi affittare Venezia, puoi pagare più tasse”.

 

Ma già lunedì scorso, attivisti del comitato cittadino avevano calato uno striscione con scritto “Bezos” con una croce rossa sopra, dal campanile della chiesa di San Giorgio, dove potrebbe svolgersi la cerimonia nuziale. E subito era divampata la polemica.

 

Sia il sindaco Luigi Brugnaro che il presidente della Regione Gianluca Zaia hanno infatti attaccato la protesta e auspicato che Venezia “accolga a braccia aperte chi come Bezos porta visibilità e ricchezza alla città”. 








L’eco delle polemiche è arrivata oltreoceano e ha spinto l’entourage di Bezos a rilasciare dichiarazioni rassicuranti sull’impatto e il sostegno alla città, attraverso organizzazioni no-profit e progetti associati, il ricorso a maestranze e prodotti locali. 

 

“Venezia, l’Italia e il pianeta non hanno bisogno di graziose concessioni filantropiche. Siamo cittadini, non sudditi” - afferma Jorge di Extinction Rebellion - “Le stesse persone che stanno causando la scomparsa della nostra città sono qui a festeggiare, col benestare del sindaco Brugnaro, imprenditore indagato per corruzione”.

 

Un messaggio che sarà rilanciato sabato 28 giugno, in una grande manifestazione nel giorno del grande party finale, spostato all’Arsenale per tentare di ridurre l’impatto delle contestazioni. 

(Extinction Rebellion)


 

 

  


E A VOI CHIVVEFREGA!? (dedicata a Rimini giacché Morte a Venezia...)








Prosegue a Rimini 


giacché Morte a Venezia 


(per mano di Amazon)  













Prosegue il 25 Maggio






Vagava talora, apparentemente senza mèta, lontano dagli abitati...

 

In quei momenti sembrava come ebbro…  o ‘pazzo’ secondo l’allora non meno dell’odierna scienza e non meno della Comune - imposta e civica – dicono demente coscienza – raccolti nei conformati e risoluti statuti coltivati da più saggi ciarlatani (non ancora ergastolani solo liberi pensionati associati!) differenziati…

 

Oppur ed ancor meglio, trapiantati innestati e moltiplicati in onor della calunnia in pieno giorno evaporata fino alla discarica d’un cielo aperto; per quella della notte si attende la confraternita della morte, o meglio che dico? Ronda della notte: il dipinto preferito della madama dei fratelli de‘Europa unita da ugual medesima sorte e disciplina per cotal maestria fino al Rinascimento della Galleria, là ove, in verità e per lo vero, correre sognare e sorpassare qual nuovo avvento dell’arte dello scacco, ogni matto permettendo permesso & concesso in nome del già detto Rinascimento…

 

Eppur come li tempi furon e sonno sempre insonni [circa la presunta ragione conforme alla innominata economica deficienza… conferita dalla Ronda al caravan preferito con diritto d’asilo esiliata in esclusivo campeggio a numero chiuso criptato alla grotta dell’egiziano, e non prima d’esser giudicati & consumati al più noto spiedo Martello… Strega permettendo…] confusi per sogni migliori & distribuiti in grandi magazzini… Donaldo permettendo qual miglior papero del quartiere…




Oppur, comunali globali universalmente e  globalmente moralmente e modernamente ‘connessi’ con Amazon, il più fico Veneziano di Venezia affogata per propria mano mentre la Repubblica serena, ammira e applaude l’armato ammiraglio, i marinai foglia di coca digeriscono in coperta mentre il resto della ciurma affoga in un mare di merda!  

 

A cui diffidare e non certo affidare, per nostra comune e Superiore Natura - da taluni o tutti, quei dotti sapienti nonché accreditati Dottori di scienza moderna in dote al progresso; ma di certo e spero, visto l’astinenza di una diversa e più duratura Storica Teologica scienza non meno della Filosofica scienza…, che almeno un Dio Straniero ci osservi in codesta umida fossa…

 

…di gioia ritrovata….

 

Giacché vi è sempre chi perseguita e mai - siatene più che certi, Frate meo compagno di codesto difficile cammino; mai, dicevo frate meco per proprio coscienzioso spirito fino al mio stesso cammino, per sempre servi e cani devoti della propria ed altrui onorata panza in difetto di vera e più nobile sostanza che ne certifica la razza; giacché l’anima hanno pur rottamato e dismesso fino all’adorata cuccia in più prestigiosa architettura edificata e da ognun nobilitata e ammirata come la più bella fiera con annessa piazza… in cui ammirare bestie e genti d’ogni paese transitare pascolare e creare l’effetto scenico della Storia premiato dal mostro alla mostra del cinema; agli storici strozzini della carta igienica in uso, giacché ogni viale un cinema a cielo aperto, consigliamo la Stampa libera in disuso di più nobile arbitrio, là ove regnava la consuetudine del Libro Antico et hora perseguitato a tempo pieno e indeterminato, per effetto alcolico conferito dall’ebbrezza di un noto deficiente nominato i.a. quando raglia, quando dorme e non bombarda aia, ovvero la piazza della ronda preferita… che guarda ammira critica ed in ultimo, bacia lo manico della panza senza il buco per leccarlo con tutto ciò che più li allieta e gratifica…




Alla ruota dell’israelita si raccomanda di rimembrare la Storia ubriaca in transito… mai sobria e neppure sazia di verità altrettanto antica che penzola mascherata mentre cammina e, non volendo loro mal grado al di sopra del tasso con interesse consentito, investire per la futura merda o prelibato sterco dell’impero non ancora regime a tempo pieno…

 

Il veicolo certamente va collaudato!    

 

Oggi non meno di ieri - semplicemente perché ‘li mezzi’ si son pur evoluti - delli deficienti ambulanti in codesti ospizi per solo gli immobili residenti dotati di ZTL a circuito chiuso, si son più che moltiplicati peggio delli panni, …dei pani è meglio non parlarne; di dementi ne abbiamo – entro e fuori le urbane selve entro e fora le ciclopiche mura – un sovrannumero da circo con tanto di prefisso per il corriere del giorno, per loro la porta mai chiusa, come la più nota casa del vicolo ove ogni vizio è una virtù; purché sia ben accompagnata & fiutata con cura per non disperderla nel nebbioso volgo d’un vino povero e certamente quasi sempre ubriaco al grado del marinaio non ancora mozzo dell’intero giorno; e affinché venga seminata con maggior privilegio di come vi era entrato da galeotto con il dono di annusarlo respirarlo e concederne un piccolo assaggio, e certamente, mai berlo fuori pasto…

 

La pecorina dell’Ammiraglio mira alla selvaggina di bordo fino alla Venezia affogata per propria mano, Amazon permettendo, giacché non può ammazzarla senza il permesso del regista pluripremiato dalla Cultura del BelPaese senza più la vera ed onesta caciotta aspirare alla mozzarella…




Circa la loro defecata natura venduta, e quasi sempre o troppo spesso, subappaltata alla più nota pizza napoletana del mercato del grammo rionale di Monopodio associato ad ogni malgoverno dal nord al sud per come fu ben ed ancor meglio narrato per ogni Osteria da fuori bordo: volgari eccedenti e stracolmi di più nobili fiori proibiti, giacché il letame concede loro solo i petali dei minerali e/o metalli migliori, con tasche stracolme di doppifondi del loro indistinguibile evaporato profumo, concedendo il naufragato diritto di poterlo inalare a tempo pieno e indeterminato, come il suffragio universale con cui ancora votarlo per la dose di ogni giorno fino alla (tossico) dipendenza totale, o meglio che dico, …eroina di turno!

 

Serviti & riveriti nonché accuditi da ogni dotto ciarlatano con vasti meriti di sottocultura conferita dal Ministero - e non solo mistero universitario - con cui si acclamano con tanto di prefisso da esporre al condominio, affinché il corriere non sbagli la dose del giorno, ed affinché la lavandaia ne esponga il bucato per una società migliore e certamente più pulita di pria; il letame fondi la più nota e accreditata scienza economica o accademia; e in codesta scienza allo tavolo anatomico di cui fanno banchetto al fine della guerra a cui esporre ogni intestinale intestino non ancor digerito, non concediamo neppur il privilegio di andar di corpo, gli doniamo solo l’orina dello Spirito evasa ed evacuata al di sopra e mai sotto siffatto italico gabinetto così ‘mal’ servito & riverito…




Eppur mi dicono che possono ‘anco’ su quello e non solo dal lontano èvo donde proveniamo ed ‘anche’ [mi dolgono pure le venerate gambe e non solo quelle appena nominate] ‘doppo’ lo misfatto dei secoli contati adorati come sniffati così magnificamente, nonché conservati sino alla vendemmia del ’984 e mai più consumato, affinché, almeno così dicono, il sangue mai più sia versato su strade consumate evaporate al sole della cocente estate…

 

Fissi tra gli infissi della moderna ‘parabola’ del povero Barolo ove ognuno si rallegra vedendo il povero condominio demolito dalla vodka del giorno, e quanto in realtà cieco seppur con più nobile Vista servita iperveloce come la pizza migliore, - ma tutto questo signori miei è pur industrioso progresso, ed allora siamo lieti di proseguire l’antica via… ‘umiliati’ ancor più di pria…

 

Ed infatti si compiacciono della loro lingua in uso di distintivo palato con cui masticare ogni cosa ancor viva nascondersi e maledire al muro del pianto… 





Lo volevan servire ed ancor più seviziare, infatti, più svenuto e morto di pria, e mai al vostro servizio porre saluto di convenuto alla porca figlia del padrino con il permesso del santo maggiordomo del giorno, benedirla ad hore sul cortile della piazza in attesa dell’offerta della corte intera; sono atterrati da più fortunata stiva in attesa di un precoce destino con cui cuocere ognuno a fuoco lento fino al ponte della Cima o più nobile soffitta da cui ammirare ogni Colosseo!

 

Ed allor fratelli e sorelle qui riuniti in sì luogo smettiamo di brucare erba o volare a piè libero che anco lo cacciator assiso è ito fino ad Assisi - per unire le parabole come Francesco, e chi prima del Santo in diversa rima allieta e sfama ad animar l’Anima quanto lo Spirito chiuso nel proprio ed altrui Sole donando le penitenze di peccati mai compiuti alla dote di una Luna che disdice siffatta conquista e illumina una diversa semina…

 

[da Saramonda d’Orange in ‘Poesie Sciolte Bocconi Brevi’ sconosciuta poetessa provenzale da cui li biografi narrano: ‘giacché la mela al pari della messa… era finita dovette ricorrere alla dispensa della rubrica dell’alimentare: Segna anco questo come lo cacio sennò ma ammalo!…’]   








venerdì 20 giugno 2025

LUPI (dedicato agli amministratori delle buone tavole)

 








Precedenti serate 


con Caccia & Tortura 


Prosegue con i Lupi, 


ovvero, 


Il branco 'umano'







Ciò che più stupisce, ed in qual medesimo tempo intimidisce e intimorisce, non più l’arroganza pascolata e protetta affinché il progresso abbondi di sana duratura demenza mascherata per intellighenzia risaltando ogni più remunerata ignoranza detta ‘umana’ deficienza ingannare l’umanità intera; ma chi; in verità e per il vero, al meglio la ispira e non solo sazia, ed edifica per ogni silente opera dai tempi in cui la veloce scimmietta progrediva da un Ramo ad una Selva, ignorando il fiero Lupo che l’osserva per ogni acrobatica acrobazia, fino ad un circo in cui diverrà il numero preferito ben protetta da una gabbia ed esposta ai prodigi della civiltà attraversata…

 

Che la Fiera mediti su stessa medesima e assumi consapevole coscienza della propria nell’altrui esistenza, se vuol ammirare ogni più fiera nobile esistenza narrare la vera Storia che non sia un numero da circo esposto alla logica del baraccone di turno.

 

Di fenomeni da baraccone ne abbiamo un sovrannumero, e il loro molesto dire ciarlare ingannare e dominare, dovrebbe essere sottoposto alla logica del pericolo, e non certo il povero Lupo che ingombra un Sogno malato di un uomo sudato di troppo vapore che vaga senza pudore e conoscenza e pretende di volare nell’altrui cielo di sana duratura Ragione infangare ogni nostro Elemento!




Il nostro Pensiero spazia vola e ingombra il sogno malato di un parassita detto umano, e se voliamo troppo in alto rispetto al vagare senza mèta di un orango alato nonché meccanizzato, allora prenda bene la mira ed annoti la Rima o il Verso del Ramo mirato e contraccambiato, in quanto alle intere schiere di fiere alate ci confondiamo; assieme a lupi volpi e altre bestie danzanti di cui saziate il vostro ingordo appetito, ci uniamo  e vaghiamo nel segreto Passo fino alla Cima della vera e più retta arte evolutiva, per solo tradurre ed insegnare ciò cui non hanno mai né imparato o solo ancora digerito in questo vostro pollaio, in quanto l’alito appesantito da uno sgradevole ulceroso morbo con cui condite il vostro fumo o rogo preferito, spesso si difetta in questa vostra strana evoluzione da circo, dell’intero apparato in uso, ovvero, ove si trova l’Intelligenza e lo stomaco in cui depositato lo sterco del diavolo cogitante conferito dalla lingua che mandibola pensando di parlare, ma che dico?, ragionare con sano intelletto ben masticato.




L’anatomia una scienza seria e è bene correttamente interpretarla ed ancor meglio intenderla per poter stabilire ove, in verità e per il vero, dimora l’Anima e/o la Coscienza, e ciò che le unisce e divide per ogni esistenza ancora in Vita, o la prematura morte che le separa, se al di sopra o al di sotto, o nel mezzo della Selva ove ogni strada sembra smarrita e persa, rispetto dove la predisposta Scienza asservita al progresso, e non più e solo l’antica Commedia, classifica enumera digerendo e riponendo nell’intestino più vicino all’orifizio alla fine del terreno sentiero, ove depositare le proprie sentenze dette umane, con le quali coltivare, e quantunque seminare, altri e più nobili profumati gironi di escrementi, raccolti differenziati, e troppo spesso, ciarlati in più soffice carta affini all’igiene dell’intero personale; e alla fine di codesto ciclo terreno o processo digesto-intellettivo, scaturire dal buco ove ancor meglio si ragiona e apostrofa il giudizio finale.

 

Se un poco puzza di calunnia e non solo, sicuramente edifica il cesso del nobile gusto con cui vi cantiamo e ancor meglio narriamo dalla bocca del Lupo!

 

Così a voi traduco!

 

Questa è arte da Lupo, il vostro, un cesso a cielo aperto!  




Non lontano dalla cucina del sapere ove ogni cuoco addetto al rogo della vera e più duratura Ragione edifica il menu del giorno con solo il condimento o sapore colto e interpretato dall’accento che al meglio edifica e glorifica il nobile palato, con il privilegio del gusto della lingua, la quale masticando ogni vita si nobilita e glorifica della stessa arte primitiva evoluta e progredita da una grotta fino ad una cavernosa caverna con più nobile Vista dotata di I.A., senza diritto di Pensiero e con permesso di libero eccesso anche se talvolta, o troppo spesso, viene pregata anche in chiesa con la speranza di perdono; e seppur l’accento e il condimento o procedimento di cottura medesimo seppur divisi ma uniti dal ferro e dal fuoco fino ai più moderni èvi della nobile paideia, quantunque riconosciuti dall’intera Selva e chi al meglio la interpreta dai tempi della vigilata pecunia augurando veleno per ogni essere fiero della propria primitiva indomita Natura.

 

E un Lupo che al meglio interpretandola, di rimando risponde alla vigilata pecunia!  

 

Sì!




Il Lupo con la “L” maiuscola solo per farvi intendere e ancor meglio comprendere, chi minuscolo e chi adulto in questo vostro strano cammino comprensivo della corretta grammatica in cui delineare il retto Sentiero e come meglio predisporlo all’Arte del Lupo che comanda la Rima di rimando, in quanto se il velenoso morbo detto umano ingombra il primitivo sentiero, è bene far udire l’ululato di chi sopravvissuto al maestro del libro in cui incisa e coniata la grammatica della pecunia, se la Strofa uscita di nota dal libro miniato e entrata in una selva in cui comporre più nobile Rima, non datami la colpa, io sono un loro Profeta e non certo un maestro del Tempio, o peggio, uno scriba ammaestrato!


Sono fuggito da una Bibbia e poi riparato in una antica Selva, ogni Sogno ho scolpito con solo un più nobile ululato, la pecunia tremava di terrore ed anche se il cane pastore la vigilava dai tempi di Omero, e ancor prima e dopo di come fui cantato e dotata di un più inarticolato apparato, ogni mio accento si distingueva e da ogni Paese udito giacché qualcuno avvedeva saggezza qualcun altro primitiva fierezza. 




Ogni Fiera, infatti, tremava al mio cospetto fino alla più alta torre della parabola del Progresso, ed ogni viandante intimorito si chiedeva di cotal troppa indisciplinata selvaggia ingordigia o disperata parola e pretende la mia testa sulla stessa piazza con uso di affilata rivoluzionaria ghigliottina; qualcuno consigliava più nobile veleno per mostrarlo allo spiedo, qualcun altro si ingegnò nella grammatica della trappola fino alla vigilata parola in odor di eretica eresia, affinché nessuna pecunia, dall’osteria fino alla cucina d’una più nobile mensa, la possa e debba udire… o consumare scondita; a dispetto del rinomato e più ricco condito sermone del pastore e l’intero popolo che prega un più corretto Verbo… o menu del giorno, conferito da un Universo poco compreso e un dio che lecitamente o non vi dimora… quale chef del nuovo millennio; se sia un dio o uno strano Lucifero simile ad un lupo mannaro, solo il Verso perseguitato e braccato d’un più nobile eretico Lupo compone la dovuta strofa nella differente differenza circa la povera solitaria  Dottrina avversa alla ricca pregata pascolata pecunia belare e/o divorare… medesima Storia…   

 

E chi, in verità e per il vero, l’azzanna alla gola!  




Della lingua ne faccio tesoro la divoro per prima così da non dover udire le vostre verbose calunnie in odor di morte; dopo divoro l’intestino là ove nascono e crescono le sulfuree nebbie dell’ingordo appetito evaporato e depositato per ogni industrioso cesso a cielo aperto proprio vicino ad una pura fonte ove scorgo di nuovo la discarica della morte; poi mi dedico al molle calvo ventre con in dote le corna della notte, dell’elmo di Scipio mi ci cuocio l’intestino e al sole lo ripongo come fosse miele, della pecorina del pastore mi ci dedico dopo appena digerito questo miele vagabondo con solo le corna per riconoscerlo fino in fondo…

 

Il ventre apro e squarcio di questa bella pulzella che al mio ululato ha preferito l’inarticolato suono d’uno strano richiamo, questa bella bambina del bosco l’ho predata e attentata alle spalle mentre coglieva le mie fragole preferite, hora fa compagnia a più saporiti funghi porcini con cui doverla distinguere e riconoscere in questa selva ove sono cuoco e padrone, se il paese intero ed ogni bottega la cerca trovando solo il rosso cappuccio di ciò cui rimasto dopo sì fiero pasto, sappia che l’ho posseduta prima di leggere il suo ultimo messaggio; parlava con strane verbose parole circa la morte edificandola fino alle più alte Cime del nostro sapere, proclamava uno strano turismo da fiera per ogni cumulo ove dormo assieme alla neve sognando ghiaccio eterno simile all’Universo intero ove mi disseto, prometteva al suo strano compagno una condotta forzata ove convogliare l’intera mia energia, quando è venuta alla strofa convenuta con sommo piacere le ho donato il mio nettare sgorgare dalla lingua al molle ventre, poi l’ho sepolta assieme al resto della sua maledetta pecunia… e che il pastore ne faccia più nobile cappuccino da destinare alla sorte del roccioso convento… non lontano dall’eremo ove mi nascondo!   



    

Di paesi e viandanti da quassù ne vediamo tanti troppi, di greggi ne abbiamo perso il conto, di pascoli e strani recintati confinati regimi, ne sentiamo l’odore di morte, di profanati paesaggi ispiriamo la nostra braccata preghiera affinché la vita vigili contro l’ingorda morte e la sorte che meglio gli conviene; da guerre tra strane fiere fuggiamo come impazziti e percorriamo vallate cime e confini, viaggiamo di notte e approdiamo ad un mondo migliore in cui la sorte decide le Ragioni del più forte, quando approdiamo in Cima alla Stella del nostro fiore preferito intoniamo una Poesia e scorgiamo un umile bambino a lui la dedichiamo quando un giorno lo avvistammo e udimmo ed allora svelammo il nostro Segreto…  





IL PITTOGRAMMA AGGIORNATO, ovvero, qualcuno volò sul nido di…

 

 

 

 

In cima a un passo di montagna vicino a Cocullo, nell’Italia centrale, giacevano sei sacchi neri. Dentro c’erano nove lupi, tra cui una femmina incinta e sette cuccioli: un branco intero. Avevano mangiato fette di vitello avvelenato lasciate fuori qualche giorno prima, morendo nelle ore successive, con ringhi di dolore impressi sui loro volti.

 

Anche tre grifoni e due corvi imperiali sono stati uccisi, probabilmente insieme ad altri animali che si sono nascosti, morendo nel nulla. Il veleno crea una serie di morti, diffondendosi attraverso intere catene alimentari e contaminando terra e acqua per anni.

 

L’incidente del 2023 è stato descritto come ‘culturalmente medievale’ dalle autorità del parco nazionale. ‘È stata una brutta giornata per tutta la squadra’, dice Nicolò Borgianni, un addetto al campo avvoltoi di Rewilding Apennines, che ricorda ancora la splendida giornata di maggio in cui gli animali perirono: fiori alpini che spuntavano tra l’erba e la neve che ancora impolverava le cime delle montagne all’orizzonte dal punto panoramico a 1.300 metri. ‘Ma ci sono molti casi come questo’.




Come in tutti gli avvelenamenti in questa zona, nessuno è stato perseguito. I cadaveri sono stati smaltiti e la vita è continuata. Ora il terreno è divorato dai cinghiali che scavano il muso nel terreno in cerca di bulbi da mangiare.

 

Declassare la protezione del lupo è una decisione sbagliata. Non offre alcun aiuto concreto alle comunità rurali.

 

Negli anni ’70, i lupi erano sull’orlo dell’estinzione in Italia, ma grazie a rigorose misure di protezione e agli sforzi di conservazione, ora ne restano più di 3.000. In molte zone d’Europa, gli agricoltori devono imparare a convivere di nuovo con i lupi, che tornano in luoghi da cui sono stati assenti per centinaia di anni, e molti temono che predino il bestiame. La storia che si sta svolgendo in questa piccola valle italiana si sta ripetendo in tutta Europa. ‘Gli agricoltori si sentono abbandonati dal governo, quindi risolvono i loro problemi da soli’, afferma Borgianni.




Da marzo 2025, l’UE sta allentando le sue protezioni da ‘strettamente protetto’ a ‘protetto’, il che significa che se i lupi sono percepiti come una minaccia per le comunità rurali, gli stati possono organizzarne l’abbattimento. Avvelenamenti come quello di Cocullo rimarranno illegali, ma gli ambientalisti temono che l’allentamento delle protezioni darà più potere ai vigilanti.

 

Angela Tavone, responsabile della comunicazione di Rewilding Apennines, teme che questo possa creare altre ‘catene della morte’ come quella di due anni fa. ‘I gruppi di allevatori possono sentirsi più liberi di agire contro i lupi grazie alla modifica della normativa UE’, afferma.

 

Chiunque abbia ucciso il branco di lupi nel 2023 non è riuscito a tenerli lontani. Mesi dopo, un altro branco si è insediato lì. Quasi due anni dopo, nello stesso punto, si trovano una mezza dozzina di escrementi di lupo, alcuni risalenti a poche settimane fa. Il territorio del branco si sovrappone ai pascoli montani utilizzati per bovini e ovini in primavera e in estate. Qui la maggior parte della dieta dei lupi è costituita da cinghiali, ma negli escrementi si possono trovare anche peli di mucche o cavalli. Borgianni stima che circa il 10% della loro dieta sia costituita da bestiame. Un branco monitorato dagli scienziati nella regione sembrava consumarne quasi il 70% durante l’inverno.



 

Gli avvoltoi sono spesso le sentinelle di un evento di avvelenamento. L’Appennino ospita il più alto numero di avvoltoi dotati di GPS in una singola popolazione, quindi gli osservatori sanno che qualcosa non va se i loro dispositivi smettono di muoversi. ‘Se si indaga, si scoprono questi incidenti’, afferma Borgianni. Sono animali sociali e fino a 60 uccelli possono nutrirsi di una singola carcassa, quindi decine di esemplari possono essere spazzati via rapidamente. Dal 2021, il team di Rewilding Apennines ha recuperato 85 carcasse di tutte le specie.

 

L’avvelenamento da predatori è un problema che affligge tutta Europa e il mondo, ma sappiamo poco sulla sua entità, perché gli animali generalmente muoiono lontano dalla vista. Gli allevatori affermano che questi predatori al vertice della catena alimentare minacciano il loro sostentamento e che risolvere i conflitti è complesso.

 

Giù a valle, l’azienda agricola di famiglia di Cristian Guido, con annesso ristorante, Il Castellaccio, si estende su freschi pascoli di montagna. Vent’anni fa, quando iniziò a dedicarsi all’agricoltura, non c’erano molti lupi in giro. Due notti fa, le telecamere a circuito chiuso hanno immortalato una coppia di lupi che vagavano per l’azienda. A volte Guido riesce a sentirli ululare dal bosco vicino all’azienda.




Da maggio, le sue 90 pecore salgono ogni giorno sulle colline per ingrassare con l’erba succulenta, e scendono la sera. Un giorno dello scorso ottobre, 18 di loro non sono tornate. Guido crede che la colpa sia dei lupi, forse perché hanno inseguito le pecore giù da un dirupo.

 

Non c’erano prove che fossero stati uccisi da un lupo (spesso non ce ne sono), quindi non ha ricevuto alcun risarcimento. Ora, quando porta i suoi animali su al mattino, non sa se torneranno tutti. ‘Temo che accadrà di nuovo’, dice.

 

Non è il solo. ‘Altre fattorie hanno subito la stessa perdita’, dice. Negli ultimi anni, una mezza dozzina di lupi morti sono stati appesi lungo strade e fermate degli autobus da persone che protestavano contro il loro ritorno.

 

‘Trovo i lupi bellissimi, ma continuo a chiedere aiuto. È semplicemente impossibile tenerli lontani. E so che se li si spara, si subiranno danni sempre maggiori’, afferma. Guido ritiene che le protezioni per i lupi non avrebbero dovuto essere ridotte, ma che gli allevatori debbano ricevere maggiore supporto.




Ciò includerebbe anche rendere più facile la richiesta di indennizzi e più rapida la loro distribuzione. A suo avviso, bisognerebbe dare maggiore sostegno agli agricoltori che costruiscono recinti a prova di lupo vicino alle loro proprietà.

 

Una ricerca condotta quest’anno sui conflitti tra allevatori di lupi e allevatori nella Grecia settentrionale ha scoperto che i lupi erano spesso il capro espiatorio di problemi radicati, come difficoltà finanziarie, politiche governative inadeguate per la protezione dei mezzi di sussistenza, cambiamenti climatici, mancanza di servizi e spopolamento rurale. ‘I nostri risultati sottolineano che, sebbene i lupi abbiano un impatto negativo sugli allevatori, i fattori economici e politici giocano un ruolo maggiore’, hanno concluso i ricercatori. Lo studio ha rilevato che sistemi di compensazione equi erano essenziali per la coesistenza.

 

Queste conclusioni sono condivise da una coalizione di ONG, tra cui BirdLife Europe, ClientEarth e l’Ufficio europeo per l’ambiente, che affermano che, invece di fornire supporto agli agricoltori che vivono a stretto contatto con i lupi, l’UE ne ha permesso l’abbattimento. ‘Declassare la protezione del lupo è una decisione sbagliata che privilegia i vantaggi politici rispetto alla scienza e polarizzerà ulteriormente il dibattito’, affermano le ONG. ‘Non offre alcun aiuto reale alle comunità rurali’.




Virginia Sciore è un’allevatrice con 150 capre al pascolo sui monti del Morrone. Dal 2018 ne ha perse cinque. ‘Si vede negli occhi delle capre che sono terrorizzate: è successo qualcosa in montagna’, dice. A volte trova un collare o un ciuffo di pelo, ma di solito spariscono senza lasciare traccia, quindi non chiede alcun risarcimento. ‘Non so se sia stato un lupo’, dice.

 

‘La maggior parte degli agricoltori non crede nella coesistenza’, dice Sciore. ‘Conoscono storie di lupi importati. Vogliono credere a queste cose. La gente è arrabbiata e la rabbia viene proiettata sul lupo’.

 

Il conflitto sui lupi si inserisce in un contesto di più ampio allontanamento dalle protezioni ambientali in tutta Europa. L’anno scorso, i leader dell’UE hanno ridimensionato i piani per ridurre l’inquinamento e proteggere gli habitat dopo le proteste degli agricoltori, mentre una legge per il ripristino della natura si trasformava in un bersaglio politico. ‘È un momento storicamente difficile per affrontare questo problema’, afferma Tavone.




L’incidente di Cucollo ha rappresentato un punto di svolta per il team di Rewilding Apennines. In risposta a ciò, hanno creato la loro prima unità cinofila antiveleno. Un cane malinois di nome Wild, che a sei mesi è ancora in fase di addestramento, nei prossimi mesi fiuterà potenziali casi di avvelenamento.

 

Con l’avvicinarsi della primavera, si avvicina anche il periodo più pericoloso per gli avvelenamenti, con gli allevatori che cercano di proteggere il bestiame giovane e vulnerabile. Individuare rapidamente i casi di avvelenamento è fondamentale, e Wild contribuirà in questo. Chi lotta per proteggere la fauna selvatica sta intensificando i propri sforzi. ‘La lotta è ancora in corso’, afferma Tavone.

 

Con l’avvicinarsi della primavera, gli avvelenamenti aumentano, perché gli allevatori cercano di proteggere i giovani animali.

 

(L’uomo più potente del mondo sta usando il suo potere per punire le organizzazioni giornalistiche che non seguono i suoi ordini o che criticano le sue politiche. Le azioni di Donald Trump contro la stampa includono divieti, cause legali e la selezione personale di giornalisti.




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Katharine VinerKatharine Viner

 

Caporedattore del GuardianEditor-in-chief, the Guardian

 

 

 

BREVE COMMENTO

 

 

 

Ciò che affermato dal Guardian in conclusione di questo articolo è più che vero, ma aggiungo per volenterosi lettori e non solo del Guardian, ci sono ben altri e più invisibili ‘attori’ che attentano osservano e intimidiscono, monitorando in modo continuato (da questo piccolo paese da dove scrivo) e apparentemente lecito (anche la mafia si insinua legittimamente nell’altrui economia e non solo del Sapere) ogni fase di ‘costruzione’, o meglio, ‘ricostruzione’ della verità di ogni argomento illegittimamente defraudato di ogni Diritto di esprimerla al meglio nella forma come nello stile di rimando al fine della comune Storia a cui tutti indistintamente apparteniamo.

 

Ovvero, pur vero che il Lupo un predatore, ma non certo un pericolo per la vasta comunità degli allevatori, anche se vengono numerati e portati all’attenzione con mezzo stampa alla pubblica opinione con brevi inarticolati antichi argomenti che suscitano, o dovrebbero, il rammarico per i capi decimati, ispirando, in verità e per vero, per gli addetti ai lavori la comprensione di un abuso protratto nei Secoli di indebito dominio ‘humano’, la qual cosa in questo piccolo paese approda, di conseguenza, anche al Libero Arbitrio e la verità che in esso si cerca di occultare o mistificare.




Il modus operandi antico quanto l’uomo, ma non certo per la Natura vittima di ogni abuso la quale, seppur vittima indiscriminata, cerca di apostrofare la verità vilipesa, per chi al meglio sa leggerla intenderla e comprenderla!

 

Quindi attentare anche il semplice istinto del tutto ‘humano’ di informazione e scrittura di ogni singolo soggetto pensante e scrivente ispirato dalla sua Natura, è un processo evolutivo a cui il nostro antenato assiso alla sua caverna mentre tracciava un pittogramma altrettanto antico, apparteneva e distingueva; delineando con un tratto la Storia di cui tracciava l’icona specchio e geroglifico del vasto mondo della caccia nella uguale sorte di sopravvivenza, elevandolo e distinguendolo dal soggetto trattato nella differenza - appunto - che corre fra l’uomo e la bestia; altresì vero che seppure l’ominide da cui deriviamo prosegue medesimo atto con maggior Coscienza e proiettato in ugual sorte di sopravvivenza, l’evoluzione della specie comprende e sottintende non più l’estinzione, bensì la tutela di ogni Natura indebitamente cacciata preservandone il motivo dipinto per ogni forma di preesistente reciproco equilibrio, circa ugual medesima sopravvivenza.




Questo processo di estinzione non solo di una o più specie comprende anche il singolo atto evolutivo e istintivo abdicando ad una sommaria arte involutiva il destino dell’intero nostro Sapere e rinnegando, in qual medesimo tempo, ogni Genio da cui deriviamo.  Quindi non solo attentare o sovrintendere l’arte pittografica antica, ma sopprimere e reprimere ogni istinto concernente l’intera arte evolutiva destinandola ad un improprio formicaio asservito all’economia collettiva con il beneficio di poterla reprimere e distruggerla, nonché violentarla in modo continuato abusando e godendo di cotal misfatto.  

 

Provare piacere per tale pratica farebbe inorridire ogni essere humano, e dalla Natura ho imparato che la comprensione della dialettica a cui mi dedico supera il limite a cui il medesimo humano ha illegittimamente ed impropriamente imposto: talché talvolta avendo superato questa barriera del suono e viaggiando alla velocità della luce, mi sembra di udire le intere loro preghiere, le loro strofe o bestemmie di dolore; per cui il Pensare e rispondere e dar voce a chi nulla può se non l’amore, mi sembra un dovere con cui evolvere ogni specie vivente.




Quando ogni individuo, e non solo il Lupo viene attentato nel proprio Ecosistema con false pretestuose argomentazioni, il ruolo giocato dagli ‘attori’ e non meglio specificati ‘registi’, è molto più vasto dell’argomento della specie impropriamente trattata.

 

Semmai il pericolo proviene da altre ed aliene forme di predazione a cui anche l’allevatore nell’economia in cui inserito conviene, destinando il presunto danno all’esclusività del predatore in oggetto; conviene al sistema politico locale, perché permette in maniera piuttosto licenziosa di abusare della Natura operando un modo indiscriminato di caccia, con la scusante della salvaguardia e tutela, un abuso per ogni specie illegittimamente privata del proprio ambiente naturale e favorendo più dannosi insediamenti a danno della Natura intera, ma proficui per una illecita Economia a  breve scadenza.

 

Il che rende il loro nell’altrui operato, una forma di corruzione del sistema in uso apparentemente democratico ed a cui ogni individuo e non solo chi parla in difesa della Natura, ma del libero arbitrio, tende ad esprimere il proprio dissenso, e di cui vittima come il povero Lupo difeso nel continuo avvelenamento a cui costretto. Sia per il capro espiatorio in oggetto, da tempi remoti e non solo di un èvo che pensavamo sorpassato, per un fine illegittimamente privato di ogni più lecito Diritto ad ogni forma di verità sottratta alla Natura della vera e più evoluta Parola…

 

(dedicato a tutti gli avvelenatori del Libero Arbitrio)