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L'isola della Memoria (14/1)
Prosegue in:
Al di là del vetro (16/1)
Antico
in-folio dai fogli di pietra, città-libro, nei cui libri resta ‘ancora
tanto da leggere, da sognare, da capire’, città di tre popoli (ceco, tedesco,
israelitico) e, secondo Breton, capitale magica dell’Europa, Praga è
soprattutto vivaio di fantasmi, arena di sortilegi, sorgente di antichi Spiriti
ora resuscitati… Trappola che, se afferra con le sue brume, con le sue male
arti, col suo tossicoso miele, non lascia più, non perdona…
…Il suonatore di armonica è proprio uno di quei dipinti
barocchi in cui talvolta si riconoscono i tempi giammai andati solo rinati alla
Memoria… Praga in cui vagano strampalati bande di alchimisti, di
astrologi, di rabbini, di poeti, di giovani sognatori, di strani templari
acefali, di angeli e santi barocchi confusi in brocche rivendute da moderni e…
ignoranti nuovi mercanti… Praga di arcimboldeschi, di marionettisti, di concia
brocche, di spazzacamini… Città aggrottescata ed arroccata di umori stravaganti
e propizia agli oroscopi, alla clownerie metafisica, alle raffiche di
irrazionale, agli incontri fortuiti (ti saluto mia figlia diletta…), ai
concorsi di circostanze, ai ponti di scambio, al freddo barattato per nebbia in
una pallida e gialla mattina confusa per tramonto al crocevia della vita, alle
complicità inverosimili tra fenomeni opposti, ossia a quelle ‘coincidenze
petrificanti’…
…Una vecchia Zigana mi narra ed incanta… al crocevia ove
comprai l’Anima sua… ove narrai una strana avventura ove mi ricordai della sua
venuta… Mi narra lo Spirito comprato e mai barattato… lei girava e vagava a
piedi ed era primavera, profilo picaresco da padre mercenario ed alquanto scontento…
Profilo da tovaglia imbandita ma non consumata… preferisce la vita… Profilo da
giglio di campo in cerca della sua Rima…
A te dedico questo Frammento questa Eretica poesia… O Praga mia… O figlia mia...
Se la differenza fra il
mio tempo
e la donna con il suo
fagotto,
e un bimbo che domanda
moneta…,
è nella sosta della
macchina quieta
con la sua mano che chiede
preghiera,
e dona fastidio alla mia
ora veloce
che non conosce riposo
ad un rosso che non cambia
colore;
allora ho confuso nemico e
parola,
pensiero ed ora, tempo e
dovere.
Anche se ho udito il sacro
Verbo
in un lungo sermone
recitato a memoria
da un prete bigotto
servito da un putto,
ma è solo figura dipinta
sulla volta.
Bambino troppo grasso per
un paradiso
perché lo vuole angelo
senza peccato,
e sacro alla vista
dell’intera congrega,
ora prega in umile e
rispettosa attesa.
Con il sudore che scende
lungo la schiena
e la spiga che cresce
dalla zolla di terra,
diventa pane per un corpo
che non conosce
l’oscuro peccato…(1)
Ci viene rubata
assieme alla farina e
l’intero raccolto,
da un prete ciarlatano e
anche bigotto.
E da un alto prelato
potente quanto
un antico sovrano,
assieme ci confondono
dalla sera
al mattino,
perché un Papa gli ha
cinto la testa
corona d’oro di pietre preziose.
Giammai spine della nostra
illusione,
lasciando a noi solo il
conforto
di una elemosina lungo la
via.
Condannano in coro la
turpe eresia,
chi conosce solo fatica
e non ruba pane salato,
ma chiede moneta per il
riscatto
da un oscuro peccato.
Di chiodi forgiati parlano
i puritani,
di ferro battuto narrano i
ciarlatani,
questa l’oscura colpa che
li fece vagare
di giorno e di notte su un
carico pieno
di botte.
L’ebreo o lo zingaro e con
loro un frate
incappucciato,
dicono eretico ma il fuoco
l’ha appena
bruciato.
Sono il solo peccato,
forse un pensiero divino
mal pensato
perché invade ora la mia
attesa nervosa,
in una nuova carrozza che
non conosce
sosta. (2)
Pensiero lucente e
apparente
di un’altra mente:
del lavoro ne fa il suo decoro,
della regola il solo
motto,
mi cuce l’abito che ora
qui
indosso,
nello strano e fiero
ricordo
in nome del nostro Dio
per sempre risorto.
Inchiodato dal ferro di
una antica
leggenda,
tradito da un Giuda come
lo
zingaro,
perché legge il mio nobile
e sacro destino.
E per sempre deve vagare
in questo….
….ed in ogni altro reame.
(3)
Interprete della parola di
uno stesso
Dio,
ora turba la mia attesa
vicino
ad un semaforo…, incrocio
di fede.
Mentre il pedone
attraversa di fretta,
certo della mia…sola, ed
unica parola,
per la donna con solo il
fagotto,
è solo un’offesa accanto
ad un semaforo
per sempre rotto.
Per lei tinto di rosso,
del sangue e del
sacrificio,
una mano che implora
moneta e perdono,
in nome di un torto mai
arrecato
e per sempre subito
nell’antico peccato.
Mito di un Dio trasformato
in soldato,
lotta con un diverso
principio
divenuto peccato.
Antico più del loro Cristo
e il suo
martirio,
e il popolo domanda
l’inutile
sacrificio senza il
perdono
…di nessun Dio.
Agnello di Dio lava la
coscienza
del mito elevato a
coscienza,
che l’ha così trucidato…
in nome del loro peccato
(4)
E se la preghiera con
tutta
la congrega,
mi dona perdono per ogni
peccato
arrecato,
questa donna con il suo
fagotto,
mi dona la sola forza
di una smorfia senza il
giusto
perdono.
Un Dio per sempre morto,
del suo sporco e lurido
peccato.
Che no!
Non è una bestemmia
nella mia lunga attesa,
ma dovere per un uomo
di Fede.
Il disprezzo lungo la via,
lasciando al male la sola
e giusta
agonia,
una disgraziata elemosina
che invade la pace mia.
(5)
Ero viandante,
o forse solo un onesto
e stimato commerciante,
quando secoli or sono,
non ricordo la data e il
giorno,
viaggiavo a cavallo, e
forse,
… neppure da solo.
Porto i denari e il mio
sudato
commercio,
calzo i sandali da
convento
a convento.
Stampo la parola di Dio
perché è Vangelo.
Stampo la parola del suo
popolo,
che no! Non è perdono.
Ma solo una Bibbia che
insegna
il dovere,
e gonfia il ventre mai
sazio
del mio personale
scudiere.
Nominato anche banchiere,
oltre custode del verbo,
di cui vendiamo l’onesta
memoria,
stampata in questa sacra
storia. (6)
Casto di giorno ubriaco di
notte,
confuso fra una
elemosina
e il denaro dato in pegno…
ad un oste ed una botte.
Per non vedere gli scudi
dell’araldo già domani,
confiscare e poi confinare
il suo misero reame,
in nome del solo tributo
cui io sono l’onesto e
accorto
cassiere.
Per la causa della vera
fede.
Con solo la compagnia
della
malasorte per questo
privilegio
di corte.
Casto di giorno ubriaco di
notte,
il buon banchiere di corte
non conosce diversa sorte:
un usura più antica della
morte.
Lasciando altri morir in
buona
fede e senza preghiere,
gettati nel freddo della
candida
neve,
come il loro Signore morto
nel gelo di un Teschio.
Per non aver onorato
uguale
impegno,
nel Tempio maestro …
di questo principio di
fede. (7)
Navigo e viaggio
così come si deve,
per conferir parola
con lo stesso candore
della neve.
Per spiegare con umile
dire,
che il passo ha progredito
l’ardire,
parola del ‘divino sapere’.
Proporla poi in
stampa
all’ombra di un torchio,
come unico e antico
dovere,
dove chi non presta la
fede….
…finisce punito come si
deve. (8)
La stampa è il mio nuovo
sacramento,
il convento la mia sola
fede,
la bisaccia nutre così
l’onesto
e ricco il banchiere.
Ora conta i denari
e ne presta a chi ne
chiede,
con alto interesse
nominato
dovere.
Questo il suo ed il mio
mestiere,
la fede è cosa serie,
e la parola del profeta,
vale quanto l’oro di
un’intera
congrega.
Veste la mia sposa ci dona
ricca
stoffa,
la indossiamo nel giorno
in cui l’intera folla,
celebra il rito come sola
strofa
dell’unico libro
dell’intera storia.
Dentro una chiesa che urla
opulenza,
fuori c’è chi domanda
moneta.
Chi prega un tozzo di
pane,
chi un miracolo vicino
all’altare,
chi la tomba del santo…
per un miracolo che
attarda
ad arrivare. (9)
La mia fretta non conosce
carità,
in questa ricca attesa,
solo la parola di un
profeta
e la stampa della sua ora
divenuta preghiera per
l’intera
congrega.
Conta il tempo
fuori e dentro la terra,
tomba segreta di un
secondo
Dio,
diverso profeta,
su questa morta stella.
(10)
Lungo la via la stessa
donna
mi dona una rosa,
sulle braccia uno strano
fagotto.
Mi ferma il cavallo,
sembra l’ombra di un
peccato mai
raccontato.
La guardo,
la mano tocca la seta di
un suo
ricordo,
mi dice che quella è solo
la veste
di un giorno mai morto,
quando ornava un corpo
troppo bello
per esser mostrato alla
luce del giorno.
Mi dice che quello è il
suo ornamento,
dono e tesoro di un uomo,
è passato un giorno senza
tempo
divenuto sogno mai morto.
Ha sostato sull’uscio
della sua porta,
l’ha accarezzata per
l’intera notte
parlando di cose mai
udite:
perdono umiltà e amore,
diverso da un corpo
nutrito
e vestito
dalla sera al mattino.
Uno spirito risorto e
forse mai morto,
ecco cos’è quell’Uomo e il
suo lungo
discorso. (11)
Quell’uomo, mi dice,
le ha dipinto il corpo con
foglie
colme di albe a tramonti,
poi ha vestito il suo
dolce dormire
con valli fiorite,
dopo un deserto di spine.
Il mio corpo ha
contemplato,
bello come l’intero
creato:
un deserto prima della
neve,
questi i ricordi nelle sue
preghiere,
mentre scolpiva la parola
nella
pelle già morta.
Dopo averla lavata e
accarezzata,
le ha donato un ruscello
trasparente,
come sangue che scorre
nelle
vene.
A lui solo le spine per
questo sogno
duro a morire,
per questa rima e l’intera
poesia,
nominata vita. (12)
La donna,
accarezza il volto di un
uomo
e prega la sua poesia.
Litania di una stella
vista una sera
e cantata per tutta una
vita.
Poi la verità racconta la
segreta via:
ho allontanato i troppi
clienti,
e per un attimo ho
dimenticato
il misero peccato.
Il mestiere antico di chi
vende
la vita e con essa il suo
povero
corpo.
Ho preso la mano
dell’uomo,
ho cercato le linee della
terra
in una nuova alba e il suo
tramonto.
Ho cercato la luce di una
diversa
speranza,
perché non mi costringe a
vendere
il frutto della sua
creazione…
divenuta illusione
d’amore. (13)
Ho visto degli strani
crateri,
fuochi mai spenti
di una vita passata e non
ancora
del tutto dimenticata.
Ho visto i fuochi e i
bagliori
di una cometa,
baciare la nuda terra.
Ho visto la terra tremare
ed il vulcano raccontare,
lingue di fuoco e
torrenti…
seminare sangue nero come
la cenere.
Ho visto ogni cosa morire
ed il cielo sparire,
abdicare la luce del
giorno
ad un tramonto senza
contorno.
E mutare la vita in cupo
terrore,
e la speranza in morte
senza dolore. (14)
Ho visto la terra mutare
colore,
aprirsi la pietra e
l’acqua,
fuoco antico di un primo
pensiero
pulsare dolore.
Un parto senza nessun
Creatore.
Solo desiderio che
d’improvviso
diventa primo terrore,
poi solo parole d’amore.
Ho visto le luci di mille
colori,
poi l’uomo poggiare il suo
orecchio
sulla mia schiena per
sentirne il vigore.
Un cuore pulsa dal fondo
della terra:
conta i battiti della mia
ora,
conta i minuti della mia
esistenza,
scruta le viscere della
miniera,
semina il suo perdono
con una lacrima.
E incide come il fuoco che
avanza
per tutta la stanza.
Non fu amore a pagamento,
così come è mio dovere
e sacramento.
Non fu coito veloce di chi
cerca
facile piacere,
su una terra troppa bella
per prostituire l’amore.
Non fu orgasmo senza
sorriso,
del mercante che cerca
un paradiso.
Non fu pensiero perverso
di chi non conosce il
fiore.
Non fu mano invadente che
stringe
il seno,
e arriva fin sul di dietro
per profanare ogni
desiderio
a lui mai concesso.
Ma solo acqua,
lenta scorre da una
montagna
di parole,
luce di vita dona alla mia
vista
pensiero che avanza e
illumina
la terra.
È l’amore di un nuovo
Creatore.
La stella pian piano
diventa pianeta,
con la certezza di aver
visto un’antica
cometa,
una meteora come una
lacrima antica,
solo una luce divenuta
visione,
ad illuminare il mio
giorno
….di nuovo contorno. (15)
Quell’uomo mi ha lasciato
il sogno
ed il ricordo,
una lingua diversa incisa
nella memoria.
Quell’uomo mi insegnò la
rima
di un’altra vita,
scolpita fuori la porta.
L’ho inseguito per mari e
monti,
ho vagato stella per
stella e atteso
ogni cometa,
l’ho cerco dall’alba al
tramonto,
perché mi donò il sorriso
lieve
di un diverso dovere.
Mi vuole povera di giorno
e profeta di notte
ad aspettare le giuste
parole,
per raccontare la strana
visione
che vuole la mia vita
senza mèta
vagare in cerca di una
stella. (16)
Mi vuole prigioniera
leggere la mano di uno
sconosciuto,
e parlare con lui senza
parole
una lingua oscura alla
loro dottrina.
Sesso senza amore per
questa
segreta via.
La materia invece vaga di
giorno
come di notte,
alla ricerca di un nuovo
eretico
incarnato,
e vuole il suo Universo
svelato
in una stanza imprigionato,
e racchiuso in odore di
peccato.
Vuole la prima sostanza
increata
trasmutata e confusa per
immonda
eresia,
annunciare ad ogni maestro
del tempio
il segreto verbo.
E parlare di suo padre
nominandolo
per nome…
perché così diceva…:
son io il figlio di Dio,
non lo è certo il vostro Tempio
perché rinnega persino il mio nome. (17)
La donna ora
lo cerca in ogni incrocio
della strada
divenuta ricco mercato per
ogni
falso Signore:
non ricorda più il suo
nome
pur pregandolo tutte le
ore.
Lo cerca per ogni carrozza
e per ogni cavallo fin
troppo
sudato,
perché passano di fretta
per ogni strada di questo
nostro peccato.
Cercano la mano della
donna
e la moneta,
parente di ogni peccato
e di un falso apostolo
impiccato.
Cercano il chiodo del loro
vile
gesto
ad una mano
conficcato.
È solo primo scopo
di ciò che nominano e
chiamano
dovere di Chiesa.
Tacitare il vero peccato e
sacrificare
l’agnello dell’eterno loro
peccato.
Secondo Dio senza perdono,
e muto al ricordo
del Primo Creatore. (18)
Il suo sogno non
ancora morto
vaga ora in cerca di un
uomo,
chiede moneta e non vende
più
il suo bel corpo.
Lavoro non chiede perché
ha conosciuto solo le
pene…
chi il lavoro non
comprende
e sfrutta la povera
gente. (19)
Ricordo ancora le sue
parole.
Ricordo il silenzio farsi
nudo,
e il discorso entrar muto
nella mente.
Ricordo come sempre avessi
saputo,
ma in un sonno profondo si
fosse
chiuso,
il petalo d’amore che ogni
cliente
cerca con il cuore e la
mente.
Frugarono il mio corpo
troppo giovane,
nella vana ed inutile
speranza
di sentire quella brezza
leggera,
chi nel sogno cerca la sua
preghiera
che sa di eterna
primavera.
Non trovarono primavera
e nessuna altra stagione,
in quella lurida
preghiera.
Perché arido il pensiero e
l’istinto
ancor più perverso. (20)
Scoprii poi la stagione
mutar destino
una mano stretta dalla
sera al mattino,
parlare di un lento
cammino
e di vero amore.
Si apre come una rosa il
mattino
per leggere la bellezza
del creato,
nel mio giovane corpo ora
pregato.
E con lui le tante epoche
della terra
entrare nel ricordo
inconsapevole
della memoria.
Ogni primavera aprirsi
alla gloria
e ogni universo danzare la
sua strofa
per raccontare un’altra
storia. (21)
Mi disse baciandomi i
piedi,
di cercare carità nei loro
pensieri,
e attendere odio che non
conosce
parole…,
solo inutile dolore.
Mi disse che quella è la
disciplina
chi non ha udito il suono
della vita.
Chi non ha mai visto una
stella,
chi ha rinchiuso la
segreta parola
e la nostra cena in un
triste
destino,
fatto di pane e un poco di
vino. (22)
Mi disse senza parole di
cercare
carità,
senza il loro amore.
Perché confondono
l’istinto
con il sacrificio del vero
Dio.
Confondono poi la passione
con il dolore,
(scannando l’agnello in
suo nome),
e l’amore con una strana
ossessione
nominata amore
(in questo triste
banchetto elevato a Tempio).
Chi invece ha scoperto
l’amore
nel proprio Dio senza un
nome,
con me contempla il suo
Universo
fuori dal Regno nominato
Creato.
Fu il sogno divenuto
materia
che uccise l’anima di un
ricordo
mai pregato.
Vaga per ogni corpo di
quel sogno
pensato,
per scoprire la Prima forma perfetta
e invisibile,
alla sostanza di ogni loro
sogno creato. (23)
Fui io l’eretica della sua
parola.
Fui io perfetta amante
della sua strofa.
Fui io la sola donna della
sua vita.
Fu la più bella notte
d’amore
nel ricordo di un corpo
che è solo dolore.
Fui io che scoprii la
preghiera del silenzio
senza parole.
Fui io che imparai la
lingua
di un altro creatore.
Fui io che imparai a
pregarlo
e vederlo per ogni
elemento
e terra svelato. (24)
Quella notte ci cibammo
con un poco di pane e
vino,
nell’occhio della sua
natura
dove contemplo lo sguardo
del vero Dio.
Padroni di ogni elemento
perché ci nutre
più di ogni ricco
banchetto,
in questa visione ora
contemplo
l’amore,
non avendo imparato prima…
il suo vero nome. (25)
La mia anima caro signore
ha vagato per ogni dove,
talvolta negando alla
mente
la verità di cui si nutre
la gente.
Bruciarono il mio corpo
secoli
orsono,
qui non ricordo.
Assieme al mio amore,
questo sì lo ricordo.
Ricordo poi…
boschi di sole e neve,
l’odore del vento,
e l’acqua di ogni
ruscello.
I colori di ogni elemento
mai pregato solo annusato,
olfatto di uno strano
creato
senza odor di peccato.
Libertà in ogni elemento
in questa segreta
preghiera,
e la stessa gente
rincorrere il sogno
divenuto bestia feroce,
in nome della dottrina
d’amore.
Braccarono per ogni
agnello divorato
scordando il rito per ogni
loro peccato.
Ricordo poi il luogo del
sogno
divenire elemento della
terra
per tramutarci in pietra.
Acqua che disseta ogni
preghiera,
fuoco che scalda un
diverso ricordo,
parole regalate alla mente
scese da un cielo
invisibile all’occhio
che vede.
Ma cieco alla dèa divenuta
pietra.
Scoperta una mattina…
forse da quel Dio passato
una sera,
sul ruscello divenuto
letto
di un eterno amore
braccato…,
ma giammai trovato
nel desiderio pagato.
Perché il vero Creatore
accarezzò il volto…
…come fece quella notte,
e non ci fu sesso
nell’acqua
che scorreva da quel letto
senza tempo.
Senza nominar parola,
perché resuscita il gene
della sua prima memoria.
Strato di pelle
dell’infinita mia storia
caduta in questo corpo
e legata ad un sogno mai
morto,
vaga nel tempo di un
Secondo Dio
mai risorto. (26)
Mi disse senza muovere
le labbra,
di seguire un diverso
destino,
che non sia lavoro distesa
su un letto di spine.
Chi la rosa vuol rapire
dal suo
giardino per sempre
fiorito,
convinto così di coglierne
il
profumo.
Ruba solo l’amore di un
minuto,
in un sogno perduto,
non cogliendo la rosa
e il suo eterno profumo.
Ma l’eterno dolore
del tempo che avanza,
e orna muto la ricca
creanza
fatta materia,
per ogni profumo della sua
stanza.
Chi coglie la rosa e il
suo petalo,
dona a me solo le spine,
e all’uomo che qui narra
la sua
strana preghiera,
una corona della stessa
fine.
Nel giardino dell’amore
a loro mai rivelato,
e nel profumo….
….del loro primo peccato.
(27)
Poi volò via come il
vento,
come uno sguardo perso
in mezzo al deserto,
pian piano diventa
ghiaccio,
poi solo neve.
Sparì dalla mia vista,
una mano toccò il mio
cuore,
ed io leggo tante,
troppe parole.
Sparì nell’attimo di un
sorriso,
lasciando a me solo il
dubbio,
di un uomo mai morto
e forse mai venuto,
in ogni stagione che porta
il suo frutto.
Sparì senza sangue
macchiare
la neve,
dove cerco quel sogno
mai morto,
senza sangue macchiare
quella
fredda veste di seta,
ma donandomi un sogno
che diventa preghiera.
(28)
Lo cerco per sempre,
fuori da ogni porta in
mezzo
alla strada,
per ogni incrocio senza
un’anima,
dove l’uomo insegue una
speranza
nominata ricchezza.
Lo cerco in ogni vetro che
lavo,
in ogni finestra e occhio indiscreto
che diviene il loro
sguardo ottuso,
accompagnato con solo la
rima
del vero disgusto.
È la loro parola con solo
una bocca,
per comporre una smorfia,
un inno alla ricchezza
nascosta.
Viaggia sicura e porta
parola
della dottrina che segna
ogni via.
(G. Lazzari, Frammenti in Rima)
(Prosegue...)