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Sogni di un visionario (6/1)
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Fuggire la volgarità della vita (8)
Non impressionatevi troppo – dice il mio compagno di Viaggio…
…Tra poco entreremo in un mondo diverso, un mondo musicale… Stiamo per
giungere nel paese delle acque e fuggiamo quello delle grandi fogne a cielo
aperto o sotterranee, nel regno sonoro vibrante iridato delle grandi cascate.
Alcuni stranieri lo hanno chiamato il paese dei ‘Niagara d’Islanda’.
‘Nordamericani indubbiamente!’.
‘Dall’Occidente sono sempre venuti qui numerosi turisti; ma la guerra
ci ha recato gli Americani’.
Ancora qualche tempo di marcia tra i roccioni sconvolti, poi l’orecchio
comincia a tendersi. E’ un po’ la situazione di Renzo nei Promessi Sposi
quando, durante la fuga nella notte, ode, or sì or no, il richiamo familiare
dell’acqua corrente, la voce dell’Adda.
C’è infatti nell’aria un’eco di acque misteriose, quasi un lontano
boato d’organo. Nell’estatico silenzio della terra artica esso diventa nota
musicale, corrente di suoni, armonia.
Man mano che avanziamo mille voci diverse si rivelano: sono i diversi
accenti delle acque, le gamme alte e basse che con i mormorii e tocchi infiniti
scandiscono sulla infinita varietà dei basalti e dei quarzi le loro note, quasi
sopra una gigantesca tastiera!
Ed ora raccogliamo una di queste armonie di queste Terre artiche…
Conobbi Knud a Reykjavik: lo vidi circa quattro mesi prima che….
‘Volete conoscere l’Eskimo?’, mi
aveva detto un amico che alloggiava allora con me all’hotel Borg. E’ arrivato
stasera per mare e ripartirà domani per la sua amata Groenlandia…
Lo chiamano l’Eskimo, quantunque suo padre fosse danese. Ma Knud è nato
in terra groenlandese, a Jakobshavn, da madre eschimese. E, più che un padre,
egli era rimasto legato alla madre, da un attaccamento indistruttibile e da un
affetto dolcissimo. Tutto il danaro (anzi tutto il suo danaro) da lui profuso
per l’elevazione civile e culturale della razza eschimese, tutti i viaggi e le
esplorazioni che aveva compiuto in terre abitate dagli indigeni artici per
rivelare al mondo l’esistenza di questi uomini taciturni rudi coraggiosi, non
era forse la restituzione d’un debito d’amore verso la madre?
Questo forse era il ‘complexus’ di Knud…
Quando lo vidi era un pomeriggio sereno e malinconico dell’estate
artica…
Knud si trovava nella sala d’attesa di un Albergo (di questa vita…): è
venuto per vedere la squadra dei volatori atlantici d’Italia giunti da poco a
Reykjavik al comando di Italo Balbo. Essi hanno suscitato la curiosità e
l’ammirazione del popolo islandese, ma in questa nuova esibizione all’attuale
decennio hanno mortificato con la loro
volgarità l’intera regione…
Ma torniamo a Knud, basso piuttosto tarchiato, correttamente abbigliato
all’europea, Knud ha, sotto una capigliatura color di foca, un volto rosso,
quasi abbrustolito dal gelo polare e asiaticamente zigomato. Sembra ebbro: è
silenzioso. Gli occhi, lunghi e azzurrastri, girano qua e là, su questo e su
quello, ma paiono piuttosto sperduti, quasi storditi. Si può ben dire del suo
sguardo che è inafferrabile e che ha quel ‘fascino’ cui i giovani d’oggi
sembrano non credere…
Qualcuno mi sussurrò che Knud era solito bere molto alcool dai molti
gradi. Ed anche quel giorno doveva aver bevuto!
‘E’ ubriaco!’.
La battuta non può essere completamente smentita, ma non risponde tutta
al vero: è inoltre troppo realista, brutale. L’abitudine all’alcool, se mai,
non è una colpa, ma piuttosto una difesa da parte di popolazioni costrette a
lottare contro geli terribili, i massimi del ‘sotto zero’.
Nello sguardo di Knud non vi è soltanto un principio di ebbrezza alcolica,
ma qualcosa oltre: c’è, coi ricordi del Viaggiatore e dell’esploratore, lo
‘spen’ dell’uomo Spirituale abituato a viaggiare per altri e più concreti mondi
fuori dallo loro eterna Grande Notizia e falsa promessa: un debito con la
madre, un debito con il suo Dio Straniero…
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