CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

venerdì 23 marzo 2012

UN DIVERSO PUNTO DI VISTA


Capitoli precedenti:

http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2011/10/28/la-genesi-4.html &

http://paginedistoria.myblog.it/archive/2011/10/29/la-genesi-5.html





Rousseau nel suo 'Emilio' aveva scritto:

'Quand'anche i filosofi fossero in grado di scoprire la verità, chi di loro si
interesserebbe ad essa? Ognuno è consapevole che il proprio sistema non
ha basi migliori degli altri, ma lo sostiene perché è il suo. Non c'è un solo
filosofo che venendo a conoscenza del vero e del falso, non preferisca la
menzogna che egli stesso ha trovato alla verità scoperta da un altro. Dov'è
il filosofo che, per desiderio di gloria, non ingannerebbe di buon grado l'
intero genere umano? Dov'è colui che nel segreto del cuore si proponga
un fine diverso da quello di distinguersi? Pur di elevarsi al di sopra della
plebe, pur di offuscare il lustro dei suoi rivali, che può chiedere di più? L'-
essenziale è pensare in modo diverso dagli altri. Tra i credenti è ateo, tra
gli atei è credente'.

Quanta verità contengono nel fondo queste tristi confessioni di un uomo
così dolorosamente sincero!
La nostra lotta senza esclusione di colpi per la sopravvivenza del nome si
volge al passato così come aspira a conquistare l'avvenire; combattiamo
contro i morti, giacché sono quelli che gettano ombra sui vivi.
Proviamo invidia dei geni che sono vissuti, i cui nomi, come pietre miliari
della storia, oltrepassano i secoli.
Il cielo della fama non è molto grande, e quanti più vi entrano, meno ne
tocca a ciascuno.
I grandi nomi del passato ci rubano lo spazio, e quello che essi occupano
nella memoria degli uomini lo sottrarranno a noi che aspiriamo a occuparlo.
E così ci rivoltiamo contro di loro, e da questo deriva l'acredine con cui
tutti coloro che cercano fama nelle lettere giudicano quelli che l'hanno con-
seguita e che godono di essa.
Se la letteratura si arricchirà molto, verrà il giorno della cernita, e ognuno
temerà di rimanere impigliato nelle maglie dello staccio.
Il giovane irriverente verso i maestri nell'attaccarli, in realtà si difende; l'ico-
noclasta, o distruttore d'immagini, è uno stilista che erige se stesso a imma-
gine, a icona.
.....Che significa quell'irritazione quando riteniamo che qualcuno ci rubi una
frase, o un pensiero, o un'immagine che credevamo nostra, quando subiamo
un plagio?
Rubare?
E' forse ancora la nostra, una volta che l'abbiamo data al pubblico?
La vogliamo soltanto per noi, e viviamo più affezionati alla moneta falsa
che conserva il nostro conio non a quella d'oro puro da cui è scomparsa
la nostra effige e la nostra iscrizione.
Accade assai di frequente che il nome di uno scrittore non è pronunciato
proprio quando  esercita la maggiore influenza sul suo popolo, quando or-
mai il suo spirito si è diffuso ed è penetrato profondamente negli spiriti di
coloro che lo hanno letto, mentre era citato quando i suoi pensieri e le sue
affermazioni, essendo in contrasto con quelle in voga, necessitavano della
garanzia del nome.
Quello che è suo è ormai di tutti, ed egli vive in tutti.
....Terribile passione quella di volere che la nostra memoria, se possibile,
sopravviva all'oblio dei posteri. Da essa ha origine l'invidia a cui si deve,
secondo il racconto biblico, il delitto che ha schiuso la storia dell'umanità:
l'assassinio di Abele per mano di suo fratello Caino.
Non fu una lotta per il pane, fu una lotta per sopravvivere in Dio, nella me-
moria divina. L'invidia è mille volte più terribile della fame, perché è una fa-
me spirituale.
Quando sarà risolto quello che chiamiamo il problema della vita, il problema
del pane, la terra si trasformerà in un inferno, poiché insorgerà con maggior
vigore la lotta per la sopravvivenza.




















.....Il cristianesimo scaturì dalla fusione di due grandi processi spirituali, quel-
lo giudaico e quello ellenico, ognuno dei quali era giunto per proprio conto
al solerte anelito, se non alla precisa definizione, dell'esistenza di un'altra vi-
ta.
Tra gli ebrei, la fede in un'altra vita non fu né generale né chiara, ma verso
essa furono condotti dalla fede in un Dio personale e vivente, la cui formazio-
ne è insita in tutta la sua storia spirituale.
Jahvè, il Dio giudaico, iniziò essendo un dio in mezzo agli altri dèi, il dio del
Popolo di Israele, che si rivelò sul monte Sinai tra il fragore dei tuoni. Ma era
così geloso da esigere che si rendesse culto a lui solo, e fu attraverso il mono-
cultismo che gli ebrei giunsero al monoteismo.
Era adorato come una forza viva, non come un'entità metafisica, ed era il dio
delle battaglie. Ma questo Dio, di origine sociale e guerriera, si fece più intimo
e personale nei profeti, e divenne di conseguenza più individuale e più universa-
le.
E' Jahvè che non ama Israele in quanto suo figlio, ma che lo eleva alla dignità
di figlio in quanto lo ama.
E la fede nel Dio personale, nel Padre degli uomini porta con sé la fede nell'im-
mortalità dell'uomo individuale, che già albeggia nel fariseismo, ancor prima di
Cristo.......
(M. De Unamuno, Del sentimento tragico della vita)







      

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