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In un momento
in cui si guarda con sempre maggiore attenzione alla probabilità di sostanziali
e rapidi mutamenti climatici nel prossimo futuro, dovuti all’immissione
antropogenica di gas serra nell’atmosfera, è possibile trarre delle vitali
lezioni dallo studio della storia dell’ambiente.
I mutamenti
che avvengono in varie componenti del sistema globale sono in grado di condurre
a mutamenti climatici su scala planetaria: di tali cosiddetti fattori di
forzamento fanno parte le alterazioni naturali della composizione
dell’atmosfera, la posizione dei continenti sulla superficie terrestre, la
configurazione dei bacini oceanici, la topografia dei continenti e la quantità
di radiazione ricevuta.
Anche se tutti
questi fattori sono in uno stato di continuo mutamento, essi cambiano a
velocità assai diverse. Così, i primi tre assumono una reale importanza solo su
una scala temporale che superi i 10 milioni di anni, mentre il sollevamento
delle catene montuose ha avuto un impatto rilevantissimo negli ultimi 5 milioni
di anni, causando gli sconvolgimenti climatici che contrassegnarono la
transizione del periodo geologico Terziario al Quaternario, più o meno 2,4
milioni di anni fa.
Le nostre
informazioni più dettagliate sui fenomeni di mutamento globale del clima,
tuttavia si riferiscono alla scala temporale geologicamente assai breve
dell’ultimo milione di anni.
Durante questo
periodo, la maggior parte dei fattori di forzamento del clima sono mutati tanto
poco da poter essere considerati virtualmente costanti; coloro che studiano il
clima del passato li chiamano anche, in alternativa, ‘condizioni al contorno’.
Tali
condizioni limite determinano lo stato generale del clima globale e la
grandezza delle sue variazioni in risposta ai fattori di forzamento a
variazione più rapida. I più importanti mutamenti climatici dell’ultimo milione
di anni sono fondamentalmente dipesi dalle variazioni nella quantità di
radiazione solare ricevuta dalla Terra, anche se sono stati accompagnati da
cambiamenti naturali nella concentrazione di alcuni gas serra nell’atmosfera.
La quantità di
luce solare che riceve la Terra
varia secondo parecchie diverse scale temporali. Le variazioni più importanti,
comunque, consistono in un numero abbastanza piccolo di fluttuazioni
periodiche, fra le quali quelle a scala temporale più breve sono il ciclo
giornaliero e quello annuale.
A scala
temporale più ampia, le variazioni dell’orbita terrestre attorno al sole fanno
variare la quantità di radiazione solare ricevuta e si crede che questa sia la
causa dell’alternanza tra periodi glaciali e interglaciali.
Questo
andamento alternante si è verificato negli ultimi 750.000 anni, con una
periodicità vicina ai 100.000 anni. L’ultimo periodo glaciale è finito circa
10.000 anni fa ed è solo durante l’ultima parte del presente periodo
inter-glaciale, generalmente chiamato post-glaciale, che si è sviluppata la
civiltà umana.
Questi
mutamenti climatici, di grande entità pur se geologicamente recenti, sono
registrati in considerevole dettaglio dai fossili e da altri indicatori
ambientali che si sono conservati nei sedimenti accumulati sul fondo degli
oceani e dei laghi, ed anche in depositi di loess, strati formati da particelle
assai fini trasportate dal vento che in alcune regioni continentali possono
avere grande spessore.
La nostra conoscenza
dei climi ambientali del passato – paleoclimi e paleoambienti – si fonda sul
dettagliato studio stratigrafico di questi depositi e sulla ricostruzione degli
ecosistemi – paleoecologia – di cui un tempo facevano parte gli organismi di
cui studiamo i fossili.
Lo studio di
questi materiali, e in particolare di quelli relativi agli ultimi 250.000 anni,
può offrirci una certa comprensione di vari aspetti del sistema globale, che
possono esser direttamente rilevanti per le previsioni sia del clima futuro sia
delle risposte degli ecosistemi a tali mutamenti.
In modo
particolare, i settori in cui si possono fare progressi sono:
1) la
sensibilità del clima globale sia alle variazioni del bilancio radioattivo sia
ai naturali mutamenti nel contenuto di gas serra dell’atmosfera;
2) i
meccanismi con cui muta su scala globale;
3) i climi,
globali e regionali, esistenti in tempi in cui la temperatura media globale è
stata nettamente più bassa e/o un poco più alta dell’attuale;
4) la velocità
dei mutamenti climatici del passato;
5) il modo in
cui gli organismi e gli ecosistemi rispondono ai mutamenti del clima;
6) la velocità
con cui possono aver luogo tali risposte.
Anche se, come nella maggior parte dei campi dell’impresa scientifica, molto rimane ignoto, o noto solo in maniera imperfetta, ciò che sappiamo permette già di giungere ad alcune conclusioni che non vanno ignorate quando si considera il possibile impatto dell’effetto serra di origine antropica.
Anche se, come nella maggior parte dei campi dell’impresa scientifica, molto rimane ignoto, o noto solo in maniera imperfetta, ciò che sappiamo permette già di giungere ad alcune conclusioni che non vanno ignorate quando si considera il possibile impatto dell’effetto serra di origine antropica.
Si sosterrà,
altresì, che la più importante lezione è che – ammesso che non si prendano
delle misure per frenare le emissioni di gas serra – i mutamenti climatici
previsti per il prossimo secolo daranno luogo a climi più caldi di quanto non
abbia mai sperimentato la Terra
almeno per diversi milioni di anni, e che tali mutamenti climatici si
verificheranno più in fretta, di almeno un ordine di grandezza, dei più rapidi
mutamenti climatici del recente passato geologico.
Le
implicazioni di questo fatto per la capacità di risposta degli organismi e
degli ecosistemi sono assai profonde; molti ecosistemi muteranno drasticamente
ed è assai reale la prospettiva che molti organismi si possano trovare
minacciati di estinzione.
La prima
applicazione degli studi paleoclimatici ad essere oggetto di vasta attenzione è
stata forse la possibilità di utilizzare i climi più caldi del passato come
analoghi per il mondo più caldo del futuro.
Una buona
massa di prove indica concordemente che verso la metà del periodo
post-glaciale, cioè circa 6.000 anni fa, molte zone ad alte latitudini
dell’emisfero nord erano più calde di oggi. Similmente, varie linee di indagine
convergono a indicare che durante l’ultimo periodo inter-glaciale, circa
125.000 anni fa, il clima globale era più caldo di quanto non sia mai stato nel
periodo post-glaciale, e c’è un generale accordo sul fatto che il mondo è stato
più caldo ancora nel tardo Terziario, qualcosa come 3 o 4 milioni di anni fa.
Peraltro,
l’uso di questi periodi come analoghi per un mondo progressivamente più caldo,
come ha proposto in particolare Budyko, si scontra con dei problemi che
sembrano insuperabili, come ha sottolineato il gruppo di lavoro degli
scienziati dell’IPCC.
(Prosegue....)
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