CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

sabato 24 settembre 2022

IL LIMITE DELLA VITA (27)

 










Precedenti capitoli 


circa l'Immagine 


di questo mondo (25/6) 







Prosegue con il rifugiato capitolo: 


quasi al completo [28] 










& prosegue ancora nel...: 


1870  


1770  


1670  


1570








È noto che gli studi sulle Nde si sono sviluppati, in ambito medico e psicologico, a partire dalla fine degli anni Settanta del Novecento, sebbene anche prima di allora ci sia stato chi ha osservato e analizzato con il giusto occhio critico le “esperienze in prossimità della zona della morte”. Tra i precursori in quest’ambito viene ricordato e apprezzato il geologo svizzero Albert Heim (1849-1937), che nel 1892 pubblicò un breve lavoro sull’argomento, consistente nell’analisi di una piccola raccolta di casi uno dei quali riguardante lui stesso.

 

Heim fu un personaggio di grandi qualità culturali e di notevole eclettismo, di cui andrebbero meglio esaminate le attività e le pubblicazioni, che spaziavano dalla geologia e l’alpinismo all’impegno sociale a favore delle donne, dalle campagne contro l’abuso di alcol e tabacco alla creazione ed educazione di una nuova razza di cani adatta al recupero dei dispersi, dall’osservazione delle conseguenze di cadute da grandi altezze alla promozione della “suggestione” (ipnosi) per trattare certe lesioni dermatologiche quali le verruche.




Nella pubblicazione del 1892 Heim sintetizzò nel modo seguente le esperienze riferite da alpinisti sopravvissuti dopo essere precipitati durante una scalata:

 

“Non viene avvertito alcun dolore e si prova pochissima paura: ci si spaventa nettamente di più al cospetto di pericoli minori. Nessuna angoscia, nessuna disperazione, nessun dolore, ma tranquilla accettazione, profonda rassegnazione, sicurezza spirituale e rapidità di valutazione. L’attività mentale è enorme, cento volte più veloce e intensa del normale; non viene avvertita nessuna confusione e le eventualità di una via d’uscita vengono valutate in modo chiaro e oggettivo. Il tempo sembra dilatarsi. Si agisce con rapidità fulminea e le idee che vengono sono quelle giuste. In numerosi casi si ha una visione improvvisa di tutto il proprio passato. Infine chi precipita sente sovente bella musica e ha la sensazione di essere librato in uno splendido cielo azzurro con nuvolette rosa. Poi la coscienza si estingue senza alcuna sensazione di dolore”.




Rimasto confinato in un Bollettino di alpinismo svizzero, il lavoro di Heim ebbe pochissimi lettori al di fuori della ristretta cerchia degli abbonati e fu presentato negli anni (prima di una traduzione in inglese uscita nel 1972 su una rivista medica) soltanto nelle conferenze svolte dall’autore in alcune città svizzere, tedesche e francesi. In Italia a parlarne diffusamente fu un articolo comparso sul quotidiano La Stampa il 2 agosto del 1900, che passò però del tutto inosservato perché pochi giorni prima era morto il re Umberto I e per l’intera settimana i giornali dedicarono gran parte del loro spazio all’avvenimento e ai funerali solenni che si sarebbero tenuti il 6 agosto. 

(La Stampa)




Ottant’anni dopo l’articolo della Stampa, un grande alpinista, e non certo agli esordi della sua carriera, scrisse un libretto, possiamo definirlo un ‘Libro da guida’ ( nel 1978), sul Limite della Vita. Un saggio unico nel suo genere soprattutto perché, a mio modesto parere (se mi è consentito), rileva aspetti ‘psicologici’ notevoli ed inaspettati circa determinate ‘intuizioni’ riflesse in condizioni estreme, quindi rare testimonianze dinanzi alla morte, siano queste maturate per esperienza personale, siano esse raccolte tramite interposta persona. E quindi non rivolgendosi unicamente e solo alla ristretta cerchia degli alpinisti professionisti, ovvero gli ‘addetti ai lavori’ (se anche in questo caso ci è consentito il termine), soprattutto quando questi stessi si elevano a determinate quote, formando una ‘setta’, un élite, una nuvola fra gli dèi dell’Olimpo alla Cima in tal modo conquistato.




Sappiamo altrettanto bene che in tal procedere per ogni conquista, se il mare in burrasca, e se anche l’esperienza dell’onda superiore all’Elemento navigato, talvolta si naufraga alla deriva di una piccola isola senza una Terra ove riporre speranza alcuna. Una ‘frazione’ quale sfortunata disattenzione ove qualsiasi ‘calcolo’ può compromettere l’intero ‘enunciato’ scritto sull’Albero maestro di ogni Cima. Il conseguente naufragio conferisce la ‘somma’ del ‘calcolato pericolo’ per ogni umana - avversata – pretesa scritta nella (calcolata) certezza superiore a qualsiasi Elemento….

 

Divenuto invisibile - fortunato o sfortunato - destino posto nella condizione in cui dedurre ed interpretare le uguali condizioni di Vita per ogni Elemento dato o enunciato, ovviamente sottintesa anche la prematura morte in cui leggere ciò che al meglio o al peggio ci differenzia da ogni certezza divenuta conquista…

 

Compreso l’Elemento (e la Bestia) il quale per sua ricca o povera Natura non pone il Secolare baratro della differenza posta nel Tempo e da cui dedotto l’enunciato evolutivo in cui saperlo al meglio intenderlo interpretarlo o prevederlo, andando a configurare la congiunta maledizione (in cui spesso precipitato per sua insensibilità o ignoranza assoluta) in cui l’umano legge (senza del tutto intendere posto nelle condizioni del volere) il proprio Limite prestato alla stessa (presunta) conoscenza circa ogni (altrettanto presunta) conquista, e negando di conseguenza, Anima e Spirito, per ciò che spesso considerato inattesa avversata sfortuna per la Cima, sia questa dell’Albero maestro quanto della più nobile vetta cui un Tempo dimorava un Dio.

 

Giona o la bianca balena porrà distinguo avventura e Natura!




Quando, in verità e per il vero, sappiamo altrettanto bene che ciò che odiernamente conquistato - o peggio - predato al Dominio della conoscenza assoluta - o ancor meglio - alla Natura (posto nel fattore Tempo e Spazio contato così come calcolato), attribuito impropriamente al fattore prossimo al Nulla, e quindi prossimo allo zero, dacché senza linguaggio alcuno, che non sia una maledizione, un diavolo, un dèmone avverso al fallace genio umano, una futura bestia priva di sensibilità alcuna cagionata nel linguaggio cartesiano.

 

Una devota leggenda in cui leggere l’impropria grammatica da cui il fallace destino a cui legata la vita per ogni Elemento dal buon Dio conferito dato dalla somma con il Diavolo in persona.  

 

Insomma, badando alla somma, un improprio capriccio del Tempo certamente mal calcolato così come conquistato, senza somma alcuna per tutto ciò che non possiede la specificità né compresa né intuita nel confine in cui il linguaggio ‘umano’ impossibilitato, nell’intendere esprimere e comprendere, il limite in cui posta la propria condizione distante dalla vera grammatica in cui la Vita parla la propria Infinita Lingua.




Ovvero come se il valore del numero per ogni linguaggio in cui usato l’enunciato e non solo in merito al verbo come alla composta parola, ‘espressione’ e concetto in merito ad ugual medesima vita, non fosse in grado di esprimere il concetto stesso in cui espressa la matematica che lo deduce comprende ed esprime anche nella più corretta ‘espressione’ evolutiva, pur misurando calcolando - quindi delineando - con precisione assoluta la materia dall’immateriale donde nato.

 

Ovvero, non ancora abbiamo imparato a parlare né tantomeno intendere e volere il Linguaggio che al meglio ci ha creato.

 

La stiva il motivo dell’enunciato stesso.

 

La Conoscenza posta nella volontà e non solo umana, quale istinto nello sfidare sorte ed Elemento (donde Prometeo e il segreto, ogni segreto…), non conoscendo però Genio ed Elemento, neppure se per questo, il segreto Linguaggio che corre passa e vola fra l’onda o una particella;




fra il rumore e la vera Parola - o indecifrato Dialogo –

 

che soffia fra il vento e la bufera;

 

fra il ghiaccio e la neve;

 

fra il chiodo e il verso di un ungulato alato con gli occhi di un diavolo;

 

fra la Luce e la più oscura tenebra;

 

e il leggero battito d’ali che dall’alto ci guarda studia e medita;

 

fra l’Essere ed appartenere alla Terra, e la difficile Conquista di ogni retta Conoscenza;

 

e seppur navigata o arrampicata;

 

talvolta o troppo spesso aliena alla Grammatica con cui composta ogni più elevata Cima.




Troppo spesso naufragata o precipitata nel crepaccio d’un incompreso Linguaggio.

 

Scusate lor signori noi udiamo ed ascoltiamo il Vento, il frusciare d’ogni foglia al desiderio espressivo d’un lieve Pensiero composto al frusciare d’un battito d’ali, che siano Angeli o Dèmoni alati o strani lupi mannari correre rapidi nel torrente, il ponte così come Linguaggio che ne deriva pone la differenza fra la nostra e vostra intera esistenza, compresa la vera e duratura Conoscenza circa il valore di come nata la Prima incompresa Lingua.

 

Il loro richiamo, o strano ululato senza pentimento alcuno precipitato in forma di Elemento sino alla valle ove regna ignoranza e paura, albergata in ogni essere vivente che, in Verità e per il Vero, ci salva da ogni Abisso nominato dall’umano diabolico Diavolo,  puntuale per ogni Stagione del vostro naufragato Tempo, ci parla e rivela Linguaggio e Pensiero di uno strano Dio, per ogni Frammento del perduto paradiso, e con lui ogni verità abdicata a Satana in persona espressione di una strana parabola posta al Golgota della strana nuova via o somma espressiva; e per Lui potremmo combattere e morire nel più basso come elevato riparo.

 

Piuttosto che nel ventre del vero innominato Diavolo!


[PROSEGUE CON IL CAPITOLO QUASI AL COMPLETO]








  

Nessun commento:

Posta un commento