CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

lunedì 5 settembre 2022

5 SETTEMBRE (primo giorno di scuola) (16)


















Prosegue in:


6 Settembre (17)














Il nostro Paese si fa più a Parigi che a Torino, o a Roma, o a
Napoli. L'influsso che la rivoluzione francese esercitò sull'Italia
fu dapprima soltanto ideologico e limitato a quella sparuta pat-
tuglia d'intellettuali ch'erano gli unici in grado d'intenderne i mo-
tivi.
Ma dal 1796 in poi le idee si presentarono sotto forma di baio-
nette che misero a soqquadro l'assetto politico della penisola ri-
baltandone il vecchio equilibrio e lasciandovi, anche dopo il lo-
ro ritiro, quei fermenti che di lì a poco avrebbero dato avvio ai
moti risorgimentali.




Ecco perché il quasi ventennale dominio francese fu, per l'Italia,
di decisiva importanza....
...La comparsa di Napoleone rimescolava tutto l'assetto degli
Stati italiani, che da mezzo secolo non aveva più subito traumi.
La situazione italiana era così distribuita:
I Savoia regnavano sul Piemonte e la Sardegna.
La Lombardia era una provincia austriaca.
Genova serbava la sua autonomia.
Il Veneto faceva Repubblica con Venezia e il suo residuo stra-
scico di 'dipendenze' istriane e dalmate fino a Corfù.
A sud del Po sopravvivevano i vecchi Ducati di Parma e Pia-
cenza sotto i Borbone, e di Modena e Reggio sotto gli Este,
senz'altro avvenire che il loro passato.
Poi cominciavano le 'Legazioni' (Ferrara, Bologna ecc.), pun-
ta avanzata degli Stati pontifici che inglobavano la Romagna,
Marche, Umbria e Lazio.




La Toscana faceva ancora Granducato sotto la dinastia dei
Lorena, ma con l'eccezione di Lucca, Repubblica indipenden-
te.
Dall'Abruzzo in giù era tutto Regno delle Due Sicilie, o Reame
come si chiamava per antonomasia, sotto la dinastia dei Bor-
bone di Napoli.
Il 'deus ex machina', lo Stato-guida di questa costellazione era
l'Austria, direttamente padrona della Lombardia, indiritteman-
te della Toscana perché il Granduca apparteneva alla stessa ca-
sa dell'Imperatore di Vienna, anzi era suo fratello, e  del Reame,
che la regina Maria Carolina, a sua volta zia dell'Imperatore, a-
veva sottratto all'influenza dei Borbone spagnoli, cui suo marito
Ferdinando apparteneva per metterla sotto quella degli Asburgo-
Lorena.




Questo groviglio dinastico è piuttosto complicato, lo sappiamo,
ma in onor della storia, rappresenta la situazione cui volgevano
le sorti dell'Italia, o meglio da cui dipendevano le sorti dell'Italia...
Era una tipica sistemazione da 'ancien régime', in cui gli Stati ve-
nivano considerati patrimonio personale dei vari titolari, che ogni
tanto addirittura se li barattavano come fattorie.
In essi non c'era posto per altri protagonisti che il Principe, laico
o ecclesiastico che fosse.
Anche là dove vigeva un regime repubblicano - come a Venezia,
a Genova e a Lucca -, il potere s'incarnava in un piccolo gruppo
di uomini o di famiglie che lo esercitavano come loro esclusivo
monopolio.
Il potere era tutto, e tutto era del potere!




Anche la cultura era rimasta legata al suo carro, e la massa, oltre
a non avere strumenti per esprimersi, non aveva nemmeno la co-
scienza di sé e un alfabeto con cui formarsela e manifestarla.
E' indispensabile, quindi, una breve panoramica della situazione
sociale per capirne 'anche' l'attuale che stiamo vivendo..., perché
fu proprio su di essa che l'esercito rivoluzionario di Napoleone, a
 differenza di tutti gli altri invasori che nei secoli lo avevano pre-
ceduto, agì da elemento catalizzatore creando, in contrapposto al
Principe, un nuovo interlocutore: la pubblica opinione.




'L'opinione dei milanesi nello spazio di un mese è cambiata ed un
avvenimento (la rivoluzione francese), che dapprincipio fu accol-
to con ammirazione e con giubilo, poco dopo si riguardò con dileg-
gio e come una pubblica sciagura' scriveva con amarezza Pietro
Verri nei suoi 'Pensieri sulla rivoluzione'.
La sua diagnosi era sostanzialmente esatta, e non si applica sol-
tanto a Milano.
In tutta Italia, all'iniziale ondata d'entusiasmo per le grandi notizie
che giungevano da Parigi, ne era seguita una di sbigottimento. Ed
è facile ricostruirne i motivi.




La rivoluzione francese, malgrado certe sue venature proletarie e
socialiste, era un fatto essenzialmente borghese. Ma in Italia di
borghesia ce n'era poca e di poco peso.
Quella che si era formata nell'età comunale del Tre e del Quattro-
cento si era sbriciolata sotto i regimi spagnoli e controriformisti
che avevano restaurato un tipo di società feudale.
La scoperta dell'America che aveva spostato i traffici dal Mediter-
raneo all'Atlantico e l'inflazione dovuta all'alluvione dell'oro e dell'-
argento americani avevano rovinato i nostri ceti industriali e mer-
cantili. E la Controriforma li aveva moralmente screditati ripristi-
nando i valori del sangue e del rango al di sopra di quelli economi-
ci e culturali.




Mentre nell'Europa riformata l'imprenditore prendeva il sopravven-
to sul nobile, imponendo i suoi valori - il lavoro e il risparmio -, in
Spagna e in Italia era il nobile terriero e redditiero che prendeva il
sopravvento sull'imprenditore facendo dell'ozio e del fasto un crite-
rio di distinzione sociale..... 


(TESTO CONSIGLIATO: I. Montanelli, Storia d'Italia)












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