Prosegue in:
Il Tempo & la Memoria (2)
Nel grande e vasto panorama della ‘cultura italiana’ di questi ultimi
tempi ove al lettore attento esigente distratto e confuso dal grande evento
mediatico della televisione ed i suoi derivati, tutto si è propinato offerto
venduto e svenduto per l’opera ‘virtuale’ di un futuro sereno e prosperoso
alla conquista di un (apparente) mondo civile e (dicono) ‘evoluto’ e, dove, i
veri e sani ricercatori di una più profonda e duratura verità ne fuggono il
fine utilitaristico e ‘commerciale’ in seno a quella verità (manichea) che distingue la cultura da mercato
‘materiale’ e il ‘bene’; sono rimasto affascinato da un’opera di raro e
notevole acume storico così prezioso in questi giorni.
Sono rimasto colpito e affascinato da un libro, pur la mia modesta
biblioteca affollata da ‘titoli storici’ di stimato ed accertato valore
documentario e nozionistico, il cui dispiegarsi attraverso le complesse trame e
vicende di una realtà e verità ‘teologica-sociale’ spesso dimenticata
appartenente alla nostra realtà
‘genetica’ che ci vuole in apparenza ‘uomini e donne’ evoluti emancipati laici
e liberi da ogni vincolo e pregiudizio ‘ortodosso’ nel quotidiano vivere la
nostra socialità, svela e narra senza quell’accademismo cui i nostri ‘docenti’
e addetti ai lavori non sono mai sprovvisti nei lori saccenti sermoni (spesso
per ridurre il frutto delle loro ed altrui opere al cerchio antiquato e
polveroso dell’Università sotto certi aspetti non dissimili dal ‘tavolo di
lavoro’ dei personaggi storici così mirabilmente ‘fotografati’ ed interpretati
da questa attenta ‘ricercatrice’; e prendendo in prestito il moderno termine
‘mediatico’ della parola ‘regista’ in un mondo dove prevale il valore dell’immagine rispetto al contenuto del suo
opposto, il montaggio consequenziale proiettato nella sfera del Tempo di questi
rari ‘documenti’ proposti in questo difficile e non certo ‘battuto’ sentiero
storico… teatro del nostro passato quanto del nostro ‘comune’ presente, è di
rara sintesi e capacità che va molto oltre al comune messaggio ‘visivo’ cui la
nostra cultura, è, ai tempi di intenet, avvezza) documentando nella ‘sequenza’
del passato così ben ‘ambientato e ricostruito nella scenica archivista, un
presente cui tutti apparteniamo, compresi quegli ‘Eretici’ che giornalmente
vengono privati della vera ‘memoria’ storica appartenente alla verità cui tutti
dovremmo essere partecipi per un grado di giudizio vero e non falsato nelle
‘verità mediatiche’ che confondono ragione e giustizia.
Un ‘Tomo’, usando il termine antico inteso come veicolo e strumento di
verità, che svela molto di più di ciò che in realtà ‘non’ dice, eccetto che il
lento ed avvincente svolgersi dei ‘fotogrammi storici’ così sapientemente e
magistralmente ‘montati’ nella sfera del ‘Tempo’; Tempo dove regna e imperversa
un immagine così diversa e falsa (dalla realtà) come ad esempio il culto di
quella ‘santità’ così venerata ed osservata nella celebrazione della
cristianità antica quanto moderna, muovendo e proiettando nell’Universo del
quotidiano le verità dei suoi minuti come inganni…, e ore, come illusioni
riflesse nella sfera dei secoli…, ove, come dicevo, la Storia dei vinti muove i
suoi passi: ‘fotogrammi’ che ci fanno vedere ed ammirare un panorama (storico)
cui tutti apparteniamo, ed in cui la nostra cultura e società ha costruito il
suo ‘pedigree’ genetico. (Autore del
blog)
Il libro propone un percorso lungo secoli tra le fonti dell’opera
inquisitoriale del Duecento, risalendo attraverso quelle veicolate dalla
tradizione agiografica e dalla ricerca erudita e storica moderna fino al
momento originario del protomartire fra Pietro da Verona, dei suoi compagni di
fede e dei suoi nemici nella svolta di metà Duecento.
Ne è risultata un’opera che è come la relazione di un restauro o il
resoconto del filologo sulle
interpolazioni che hanno alterato il testo antico: le ridipinture e gli
interventi, individuati accuratamente, entrano così a far parte della storia
stessa e ne raccontano una dimensione fondamentale, quella che è costituita
dall’errore e dalla deformazione involontaria o deliberata delle memorie e dei
racconti. Ed è perciò che questo libro offrirà da oggi in poi un ‘passaggio’
obbligato di riferimento non solo per gli storici dell’Inquisizione medievale
ma per tutti coloro che sono interessati alla lotta per il controllo della
memoria che si svolge dietro le superfici tranquille della trasmissione del
sapere.
Della svolta del Duecento, momento decisivo di quella che H. Barman ha
definito la ‘rivoluzione papale’, appare qui in primo piano il conflitto tra i
frati predicatori e i ‘buoni cristiani dualisti’(i Perfetti) diventati dopo la
loro sconfitta gli ‘Eretici’. Nel processo di rifondazione del cristianesimo
occidentale il contributo dei frati fu determinante: non per nulla Machiavelli
parlò a questo proposito di una ‘riforma’ che aveva riportato nuovo vigore in
una religione invecchiata. Della riforma come ritorno alle origini fu aspetto
fondamentale il sangue dei nuovi martiri: un sangue versato in una rinnovata
Passione, seme di nuovi cristiani come lo era stato quello dei testimoni
antichi della fede. Quello di fra Pietro da Verona, vittima di un attentato che
rimane tanto oscuro nei suoi aspetti concreti quanto trasfigurato nella
celebrazione della santità eroica, doveva animare molti imitatori, mentre le
ceneri dei ‘buoni cristiani dualisti’ venivano disperse al vento e le loro
convinzioni erano raccolte in opere scritte per combatterli da chi, come
Raniero Sacconi, era stato già uno di loro.
L’intreccio fra cronaca dei fatti e proiezioni agiografiche si palesa
in atto fin dalle prime testimonianze. A questo si aggiunse la plurisecolare
catena di trasmissione delle conoscenze e del sistema dei valori in cui gli
eredi di San Pietro Martire furono sempre in prima linea. Il quadro che abbiamo
avuto davanti finora si palesa come il mito di fondazione a cui la vittoria
della religione ortodossa ha consegnato non solo l’atto iniziale ma anche la
riaffermazione costantemente tutelata e aggiornata delle sue ragioni contro
l’Eresia sconfitta. L’intreccio espresso nei ‘fotogrammi’ archivistici così
sapientemente interpretati e proposti (nonché riesumati dall’oblio delle ceneri
della Storia…) e ‘proiettati’ nel teatro del presente, evidenziano l’importanza
fin dagli inizi del controllo sulla memoria che l’Inquisizione considerò un suo
specifico campo.
(Adriano Prosperi nell’Introduzione del libro
di Marina Benedetti: ‘Inquisitori lombardi del Duecento’)
A quella domanda, ma
solo a quella, uno dei due sembrò palesare i tratti della paura, più che paura
…..terrore misto a comprensione.
Quello che io vidi,
e che riesco a raccontare in tutta la lenta cerimonia che si svolgeva
all’interno di quel mondo, di quell’ Universo… non fu solo orrore e terrore, ma
qualcosa d’altro, di più profondo, di più antico. Un conflitto tacito,
silenzioso, fra due strati di terra geologica che si incontrano dopo secoli, e
nella calma apparente gli elementi al pari della verità non detta del nostro
mondo, si confrontavano e misuravano nelle proporzioni del loro essere e
divenire. Cosa sarebbe stato dopo, solo la verità taciuta della storia, può
raccontarlo. Solo quella verità non del tutto spiegata, raccontata e troppo
spesso divulgata.
Io fui testimone
silenzioso di questo possente sisma, di questo vulcano, di questa terra, che
attraverso gli elementi manifesta il suo bisogno di verità attraverso la
costanza del divenire. Io fui partecipe di una verità taciuta, e di un
assolutismo che pretendeva cancellarla. Io ho visto la lava del vulcano, il
lento scorrere del torrente di fuoco e ghiaccio, e la terra…., dopo,
aprirsi. Io in quell’ improvviso
silenzio partecipai all’ illusione della morte annunciata ma ancora non
pronunziata sul volto dell’ – inquisitore - .
(Prosegue...)
(Prosegue...)
Nessun commento:
Posta un commento