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.... Rivolge il pensiero alla divinità, egli ha il cielo come punto di
riferimento.
Ed è logico.
Tutti vedono infatti che tutto ciò che è nel cielo non diminuisce né
cresce, non si trasforma né è soggetto a disordine, ma si muove di moto
armonico in un ordine ben proporzionato, che le fasi della luna sono regolari e
che il sorgere e il tramontare del sole si verificano sempre in tempi
determinati, e di conseguenza hanno considerato il cielo dio o trono di dio. Un
essere siffatto, non soggetto a crescita o diminuzione, estraneo a qualsiasi
modifica dovuta a trasformazione o mutamento, è al di fuori del ciclo di
nascita e morte; immortale e indistruttibile per natura, è assolutamente privo
di macchia.
Eterno, in continuo movimento ai nostri occhi, o gira intorno al grande
demiurgo per impulso di un’anima nobile e divina che abita in lui, ovvero,
ricevendo il movimento dal dio stesso, così come, credo, i nostri corpi
dall’anima che è in noi, compie la sua orbita infinita con moto incessante ed
eterno.
(Giuliano imperatore, Contra Galilaeos)
Viviamo di riflessi, Aristeo. Le statue degli Dei: che quei simulacri
rientrassero nei templi riaperti al culto, che si riempissero di nuovo le
narici del fumo dei sacrifici. Irrompeva il divino fra noi, la sua pace.
Il fiato di Helios, Egli è il Grande che rende visibile il suo potere
attraverso la molteplicità degli intermediari.
Dovevo rinnovare il culto antico, eliminando le incrostazioni. Una
rinascita, figlia della necessità, in un’epoca che minaccia d’essere l’ultima.
Che grande compito, che immensa missione. La mia mente avanzava in una landa,
l’immoto paesaggio delle pianure galliche. Mi sentivo spinto da un’energia,
l’accontentamento di un sogno avverato. Le messi crescevano, i boschi
spuntavano, le acque dei fiumi correvano verso la foce, ogni cosa obbediva al
suo demone, secondo ordine e misura, l’Impero, la sua consunzione s’era fermata
ora gli Dei tornavano. In mezzo alla folla umana vi sono alcuni dallo sguardo
acuto che s’innalzano al di sopra, sanno vedere.
E il segreto carpito diventa messaggio.
Sono io, non sono più io, ma sono ancora io!
(L. Desiato, Giuliano l’Apostata)
Mi sembra opportuno esporre a tutti le ragioni che mi hanno convinto
che la macchinazione dei Galilei è un’umana menzogna messa su con capziosità.
Essa non ha niente di divino, ma agendo sulla parte irrazionale dell’anima che,
come i fanciulli ama le favole, ha reso credibili le loro mostruose invenzioni.
E’ mio proposito discutere di tutte le loro dottrine, ma preliminare è questo
avvertimento: se i miei lettori hanno intenzione di muovere obiezioni, è
opportuno come si fa in tribunale, che non devino dal tema e, come si dice, non
rispondano con accuse finché non si siano difesi dalle prime imputazioni.
Opportunità e chiarezza esigono che essi espongono il loro pensiero
quando vogliono confutare qualche nostra idea, quando invece si tratta di
difendersi dalle nostre imputazioni, che non rispondano con altre accuse.
(Giuliano Imperatore, Contra Galilaeos 1-2)
Ma Giamblico, era assorto e non udiva le parole del discepolo, come
parlando a se stesso, gli occhi verdi fissi nelle nuvole che il sole rivestiva
di trasparenze dorate, cominciò: ‘Sì, sì, noi tutti abbiamo dimenticato il
verbo del Padre, bambini nella culla, noi sentiamo la voce del Padre, ma non la
riconosciamo. Occorre che nella nostra anima tutto taccia, la voce celeste e la
voce terrestre.
Allora noi lo conosceremo….
Finché la ragione ci illumina il pensiero come il sole meridiano, non
potremmo veder Dio… Ma quando la ragione declina, l’estasi, come rugiada
notturna, discende nel nostro spirito. Gli spiriti inferiori non possono
provare l’èstasi, essa è privilegio soltanto dei saggi, che vibrano e fremono
come la sonante lira sotto la carezza divina.
Donde viene questa luce che rischiara la nostra anima?
Non so: essa giunge improvvisamente, quando uno meno se l’aspetta.
Io dico: silenzio!
Ascoltatelo in silenzio!
Eccolo!
Che tutto taccia!
Il mare, la terra, il cielo.
Ascoltatelo!
Egli riempie di se tutto l’universo, penetra gli atomi, col suo
respiro, illumina la materia – il caos, orrore degli dei – come il sole, al
tramonto indora le nuvole scure…
Sì, sì, guarda: ella vorrebbe dire il motivo della sua tristezza, ma
non può.
E’ muta.
Ella dorme e tenta d’invocare Dio nel sonno, ma la pesante materia
glielo vieta, e a stento riesce a contemplarlo in una confusa sonnolenza.
Tutto, le stelle, il mare, la terra, gli animali, le piante, gli uomini, non
sono altro che sogni della natura, che pensa a Dio.
Ciò che essa contempla, nasce e muore.
Ella crea per semplice contemplazione, come in sogno.
E tutto, così, le è facile; per essa non vi sono difficoltà né
ostacoli, ecco perché le sue creature sono tanto belle, tanto libere, tanto
inutili e divine.
Il corso dei sogni della natura è simile a quello delle nuvole.
Non ha né principio né fine.
Al di fuori della contemplazione non esiste nulla.
Più è profonda, e maggiormente silenziosa.
La libertà, la lotta, l’azione non sono che contemplazioni divine,
indebolite, incomplete o non ancora perfette.
Nella sua grande stasi, la natura crea forme; e le lascia sfuggire dal
suo seno materno, una dopo l’altra, come il geometra che non ha altra fede se
non nelle sue figure.
(D. Merezkovskij, Giuliano l’Apostata)
Una cena frugale, l’ho consumata seduto a terra su una stuoia.
Un piatto di polenta, una manciata di lenticchie, acqua cruda di pozzo.
Una stanchezza mi ha colto, un sonno affannoso, mentre cominciavo a scrivere. E
nel sonno, piuttosto, in quel dormiveglia, semisdraiato, la mano che teneva il
foglio una mano me l’ha afferrata.
L’ho riconosciuto subito, il mio Demone.
Aveva una faccia emaciata, gli occhi spaventati delle sibille.
Che fai?
Che vuoi?
Ha lasciato la presa ed è uscito dalla tenda.
Mi sono alzato, l’ho seguito.
Nella notte: supernum, sempiternum, divinum… l’ho chiamato coi nomi
più potenti.
Ma quello era sparito.
E’ stato allora che ho veduto in cielo una fiaccola ardentissima simile
a una stella cadente, che ha solcato da un angolo all’altro la volta. La stella
di Ares, minacciosa che non tocca mai terra. Accanto alla tenda lo stendardo
con la scritta ‘Soli Invicto’ pendeva
sfilacciato inerte, arso dal calore delle sabbie.
(L. Desiato, Giuliano l’Apostata)
… Tale era la situazione morale e religiosa allorché l’Evangelo fece il
suo ingresso nel mondo. Si è detto, con intenzione ironica, che esso abbia
cominciato col creare i mali di cui annunziava la guarigione. Ma l’ironia,
giustificata in alcuni casi isolati, ricade, nella sostanza, sopra il
motteggiatore. E’ vero, l’Evangelo ha condotto a maturità le malattie che esso
poi ha ‘guarite’ (su tal punto certo c’è molto da dire…). Si noti bene: le
‘malattie’ c’erano già e la missione cristiana le ha intensificate soltanto per
guarirle più presto….
… Era opinione popolare tra i più antichi Cristiani, come pure tra gli
Ebrei degli ultimi tempi, senza contare la immensa moltitudine di Dèmoni che
conducevano nella natura e nella storia il loro gioco audace, ogni individuo
umano avesse al fianco un buon angelo che vegliava su di esso, e uno Spirito
cattivo che gli tendeva continui agguati. L’uomo che si lascia guidare da
quest’ultimo, è, in realtà, già un ‘indemoniato’, ossia, il peccato stesso è
una specie di ‘ossessione’. C’è qui sotto, non si può negare, una giusta
osservazione della schiavitù morale in cui cade l’uomo che si abbandona ai
propri istinti: ma la spiegazione è, senza dubbio, ingenua e primitiva.
In tutte queste idee sui Dèmoni, che dominarono il mondo cristiano del
II e nel III secolo, è facile ravvisare dei caratteri che imprimono in esse il
marchio di una manifestazione reazionaria, una vera e propria minaccia per la
cultura. Non si dimentichi però che sotto la scorza di quelle credenze si
nascondeva un progresso morale e quindi anche spirituale: questo progresso
consisteva nell’attenzione al problema del male, nel riconoscimento della
potenza del peccato e del suo dominio nel mondo. Ciò spiega come uno spirito
così altamente colto quale era Tertulliano, potesse accettare senza riserve la
credenza nel Dèmoni.
E’ interessante di vedere come nella esauriente esposizione che egli ce
ne ha data (nell’Apologetico) si siano fusi gli elementi greco-romani e i
giudei-cristiani. Io la riporto per intero. Essa entra nell’ordine del discorso
inteso a dimostrare che dietro gl’idoli inerti di legno e di pietra si
nascondono i Dèmoni (‘la difesa di Porfirio s’inserisce nella interpretazione -
fisica -, naturalistica del culto. Le immagini e gli altri simboli venerati nei
templi sono scritture figurate: il cristallo, il marmo di Paro, l’avorio,
guidano il pensiero del credente alla luminosità del divino, l’oro lo conduce a
considerare la purezza del fuoco, perché il metallo non soggetto a
contaminazione, la pietra nera significa l’invisibilità della natura divina, la
raffigurazione umana degli Dei, nella loro bellezza e negli aspetti più
differenti, è simbologia della razionalità del divino, della inviolabilità
delle sue belle forme, della sua diversità… E non c’è niente da meravigliarsi
se i più ignoranti considerano le statue soltanto pezzi di - legno e pietre -:
allo stesso modo, coloro i quali non sanno leggere, vedono nelle stele solo
pietre, nelle tavolozze pezzi di legno, nei libri un papiro intrecciato…’
Porfirio, Vangelo di un pagano), i quali non potendo resistere ai Cristiani, sono costretti a
svelarsi, dando a conoscere ciò che essi sono (non dimentichiamo che ugual
idoli presenteranno il conto, o meglio, il torna-conto della ricchezza della
futura Chiesa, la quale trarrà ugual spunto ‘devozionale’ nei confronti dei sui
fedeli, protratto fino ai nostri giorni, e di cui il Medioevo è la massima
punta esponenziale di detto fenomeno, che, come dicevamo all’inizio, aveva
contribuito a combattere per poi istillare medesima piaga o ‘favola’ nella
coscienza ‘evoluta’ ed ‘involuta’ dei suoi......
(Prosegue....)
(Prosegue....)
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