CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

domenica 2 febbraio 2014

UN VIAGGIO D'INVERNO (3)



















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Stephen Sommier  (1)  &  (2)

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Un viaggio d'inverno (4)














Un Norvegese di media statura è sicuro di dominare tutta una folla di Lapponi. I Lapponi tipici poi, sono bruttacchioli assai.
Hanno fronte larga, zigomi più larghi ancora, e mento piccolo, ciò che dà al loro viso una forma triangolare. Contribuisce a renderli brutti il non lavarsi né pettinarsi mai, e l’avere spesso gli occhi cisposi e ammalati, a causa del riflesso della neve e del gran fumo nelle capanne.
Ma più caratteristico ancora dell’uomo è il suo vestiario, quasi tutto di pelle di renna, che esso non muta se non quando cade a brandelli. La biancheria brilla per la sua assenza. Da calze funziona il fieno col quale imbottiscono gli stivali, da camicia la superficie pelosa della pelle di renna.
Il risultato, come vi potete immaginare, non è dei più piacevoli per il naso d’un di noi. Quelle pelliccie bisunte, le cui macchie sovrapposte a molti strati potrebbero scrivere ognuna una pagina della storia del loro proprietario, tramandano un odore d’olio di pesce e di fumo, che ha una certa somiglianza con quello d’una salacca.
Il Lappone però non trascura il lato estetico del suo vestiario, che è ornato di striscie di panno dei colori più vistosi, rosso, giallo e azzurro. Le donne di Karasjok portano in capo un elmo coperto di panno rosso, simile di forma agli elmi della nostra cavalleria.




Di carattere il Lappone è timido e docile, e chi viaggia nel suo paese non ha nulla da temere; anzi è sicuro di ricevere sempre l’ospitalità all’uso antico. Ha però il sistema nervoso estremamente eccitabile, ed è molto superstizioso. I Lapponi, convertiti tutti al cristianesimo da lungo tempo, sono protestanti in Svezia, in Norvegia e in Finlandia; ortodossi in Russia. La religione che avevano avanti la loro conversione era strana assai….
Credevano e molte divinità celesti, terrestri e infernali; ma più importanti delle divinità per loro erano gli ‘sciamani’, specie di maghi, sacerdoti o medici, come chiamar li vorrete, che, intermediari fra le potenze soprannaturali e l’uomo, potevano influire sulla sorte dei mortali. Quando questi sciamani volevano mettersi in rapporto col mondo degli spiriti, cadevano in una specie di estasi o di sonno magnetico, accompagnato da convulsioni vere o simulate.
La nervosità speciale dei Lapponi permette di credere che, in molti casi almeno, gli svenimenti e le convulsioni di quegli stregoni non fossero mera impostura. Ancora adesso vi sono dei Lapponi che per un rumore improvviso o uno spavento diventano come pazzi.  Ve ne voglio dare un paio di esempi caratteristici.




Un giorno un viaggiatore stava con vari Lapponi tranquillamente seduto a chiacchierare accanto al fuoco. A un tratto qualcheduno di fuori dà un forte colpo di martello contro la parete della capanna. Nell’udire questo rumore improvviso e inaspettato, tutti i Lapponi cadono bocconi per terra, agitano per un momento convulsamente mani e piedi, e poi rimangono immobili e irrigiditi come fossero morti.
Un’altra volta il celebre Castrèn spaventò a bella posta una donna, soltanto col battere le mani all’improvviso davanti al suo bel viso. La donna s’alzò come una furia, e con grida strazianti si gettò su di lui, graffiando e picchiandolo di santa ragione; poi fece il giro di tutti quelli che erano nella capanna, strappando loro i capelli e bastonandoli con forza straordinaria, finché esaurita cadde a terra svenuta. Avanti di fare questa prova, il Castrèn, che sapeva a che cosa si esponeva, aveva avuto cura di levare dalla capanna le ascie, i coltelli ed ogni altra arma pericolosa, poiché in quello stato di delirio il Lappone più pacifico sarebbe capace di commettere un omicidio.
Ma torniamo ai nostri maghi….
Con qualche mezzo che probabilmente essi solo conoscevano, si esaltavano e poi cadevano in sincope; e quando tornavano in sé raccontavano quello che avevano fatto, veduto e sentito durante il loro sonno. E il loro racconto era meraviglioso davvero. Ognuno di essi aveva a suo servizio speciale qualche grande uccello, o qualche immane pesce, abitanti del regno dei morti. Appena si era distaccato da questo mondo, lo sciamano inforcava la sua fantastica cavalcatura, e si faceva condurre in cielo o sotto terra nel regno dei morti; ivi otteneva i responsi che poi riferiva ai credenti, i quali stavano a bocca aperta intorno a lui ad ascoltarlo.




Uno degli uffici principali di questi stregoni era di guarire le malattie. Secondo i Lapponi pagani, i mali di cui non potevano rintracciare la causa  erano regali che mandavan loro dal mondo di là i parenti morti, sia per odio o per punirli di qualche cattiva azione, sia per troppo amore, onde farli morire e godere così più presto della loro compagnia.
Il mago, chiamato dall’ammalato, andava nel regno dei morti, a cavallo sul suo pesce o sul suo uccello, a far visita al parente crudele che mandava la malattia, e cercava di persuaderlo a desistere dalla sua persecuzione. Naturalmente il morto in compenso della tregua chiedeva un sacrificio, ed il mago aveva la parte maggiore dell’animale immolato. Quegli stregoni Lapponi non adopravano sempre il loro potere magico per fare il bene. Da abili impostori quali erano, capivano che è proficuo essere padroni del male come del bene, e il farsi temere quando il farsi desiderare; e per questo, come attribuivano le guarigioni, così in certi casi si attribuivano anche le malattie.




















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