CHI DELLA FOLLA, INVECE,

CHI DELLA FOLLA, INVECE,
UN LIBRO ANCORA DA SCRIVERE: UPTON SINCLAIR

domenica 13 aprile 2014

INTERMEZZO POETICO (la Prima e l'Ultima) (33)










































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... e l'Ultima.... (34)










ALLA NATURA


Quando ancora giocavo col tuo velo
e in te mi radicavo come un fiore,
e sentivo il tuo cuore in ogni suono
battere delicato con il mio,
ed ero come te ricco di fede
e di richiami - guardavo la tua immagine,
trovavo ancora un luogo per le lagrine,
ancora un mondo per il mio amore;

e quando ancora mi volgevo al sole
come se ricevesse la mia voce,
e le stelle chiamavo mie sorelle,
la primavera musica di Dio;
e un vento che muoveva appena il bosco
il tuo spirito era la tua gioia
che muoveva le calme onde del cuore, -
mi avvolsero davvero giorni d'oro.

Nella valle ove fresca era la fonte
ed il giovane verde dei cespugli
giocava al fianco delle calme rocce
e l'Etere tra i rami traluceva,
e quando intorno i fiori traboccavano
ed ebbro ne bevevo il calmo alito,
e dall'alto scendevano su me
circonfuse di luce nubi d'oro:

e quando mi allontanavo per la landa,
dove nella penomra degli abissi
cantava il fiume un canto di titani,
e una notte di nubi mi chiudeva,
e la bufera con i suoi marosi
tempestosi viaggiava alla montagna,
e le fiamme del cielo mi avvolgevano:
anima della Natura, mi apparisti.

Spesso ebbro di lagrime e d'amore
come i fiumi che hanno errato a ungo
sentono il desiderio dell'Oceano,
io mi perdetti nella tua pienezza,
o bellezza del mondo! e insieme a tutti gli esseri,
via dalla solitudine del tempo,
pellegrino che torna nella casa
paterna, mi gettai nell'Infinito.

Voi benedetti, sogni dell'infanzia,
che celaste la povertà del vivere:
nutriste i buoni germi del mio cuore
e ciò che non conquisterò, donaste.
Nella tua luce e nella tua bellezza
Natura, senza pena né violenza,
simile ad un arcadico raccolto,
crebbe il frutto dell'amore.

Ora quel mondo della giovinezza,
che mi allevò e mi placò, è morto;
e questo petto che colmava un cielo
è come un campo arido di stoppie.
La primavera canta alle mie pene
amica come allora e consolante
ma l'alba della vita è dileguata,
primavera del cuore è già sfiorita.

Sempre dovrà il più amato amore
intristire. Ed è ombra ciò che amiamo.
Poiché i giovani sogni sono morti,
morta è per me quella Natura amica.
Questo nei giorni lieti non provasti,
come la patria tua ti è lontana (e nemica..),
né mai, povero cuore, ne saprai,
se non ti basterà vederla in sogno.

(Friedrich Holdernin, Le Liriche)

(Prosegue....)
















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